Nella pratica si assiste sovente, in caso di acquisizione di partecipazioni non totalitarie in società, alla stipula di contratti volti a regolamentare la partnership, per l’esercizio dei diritti sociali, fino alle condizioni per la cessazione del rapporto tra le parti instaurato.
I patti parasociali sono dei contratti che intercorrono tra più soggetti, solitamente due o più soci di una società di persone o di capitali, che hanno lo scopo di regolamentare il comportamento da tenere durante la vita della società o in occasione dell’esercizio di alcuni diritti sociali. In altre parole, possono essere definiti come degli accordi stipulati dai soci, al di fuori dell’atto costitutivo e dello statuto, diretti a regolare reciprocamente i rapporti e gli obblighi, scaturenti dal contratto sociale. Essendo collocati al di fuori del contratto di società, sono correlati e subordinati ad esso, regolamentando situazioni giuridiche originanti da tale contratto. I patti parasociali possono essere stipulati tra tutti i soci, o soltanto tra alcuni di essi, al momento della costituzione della società o anche in un momento successivo. Si tratta di accordi che sono vincolanti solo per i soci che li firmano, a differenza delle clausole statutarie che invece hanno valenza per tutti i soggetti che di tempo in tempo saranno soci della società.
Al di là di quanto si possa pensare i patti parasociali hanno oggi un importante utilizzo pratico, soprattutto nelle società ove vi partecipano soci non appartenenti ad uno stesso nucleo familiare. In questi casi, ove si rende importante la stabilità societaria ai fini delle governance, i patti parasociali rappresentano uno strumento da prendere seriamente in considerazione. Non bisogna pensare, infatti, che tali accordi trovino applicazione soltanto nelle SPA. Anche nelle SRL questi accordi possono trovare applicazione, ma la loro redazione è totalmente lasciata all’autonomia negoziale delle parti coinvolte. Vediamo, quindi, di seguito un approfondimento sulla disciplina dei patti parasociali.
Indice degli Argomenti
- Come nascono i patti parasociali?
- La funzione dei patti parasociali
- Che cosa sono i patti parasociali di SPA ed SRL?
- Perché si stipulano i patti parasociali?
- Quante tipologie di patti parasociali esistono?
- Pubblicità dei patti parasociali
- Quali sono le caratteristiche dei patti parasociali?
- Contenuto dei patti parasociali
- Patti parasociali e clausole statutarie
- Il recesso dai patti parasociali
- Efficacia patti parasociali
- Il patto di co-vendita “drag along“
- Il patto di co-vendita “tag along“
- Le clausole di opzione Put e di opzione Call
- Fac simile di patti parasociali
- Patti parasociali: consulenza
La nozione di “patto parasociale” deriva da una brillante intuizione di Giorgio Oppo, che negli anni ’40 elaborò una nozione di patto parasociale fondata sul principio dell’autonomia del patto rispetto al contratto sociale, ma anche un collegamento funzionale tra i due negozi, dal quale deriva un nesso di accessorietà che comporta la dipendenza del vincolo parasociale rispetto al contratto sociale, e viceversa. Da quel momento il nostro legislatore ha implicitamente accettato i patti parasociali, pur non regolamentandoli espressamente, considerata la molteplicità di situazioni cui si sarebbe dovuto tener conto, riconoscendone una astratta validità ove questi non siano manifestatamente contrari ai principi fondamentali dell’ordinamento.
La funzione propria dei patti parasociali è individuata nello scopo di dare un indirizzo unitario all’organizzazione e alla gestione sociale (attraverso obblighi di accordo sul voto o obblighi di preventiva consultazione) e nello scopo di cristallizzare gli aspetti proprietari (attraverso accordi di blocco, prelazione, compravendita).
I patti parasociali sono dei contratti stipulati tra alcuni soci di una società. Tramite questi contratti sì disciplina il modo in cui i soci che li stipulano gestiranno i loro rapporti interni, quelli con gli amministratori della società e/o con i terzi. L’obiettivo dei patti parasociali è quello di andare a regolamentare alcuni diritti spettanti ai soci, volendo gestire gli stessi in modo unitario per i soci aderenti all’accordo.
Sostanzialmente, questi accordi, in quanto contratti di diritto privato (e quindi sotto la giurisprudenza del codice civile), sono vincolanti solo per i soci che li firmano, a differenza delle clausole statutarie che invece hanno valenza per tutti i soggetti che di tempo in tempo saranno soci della società.
Da un punto di vista normativo è necessario rifarsi alla disciplina dettata per le SPA, di cui all’art. 2341-bis c.c., rubricato “patti parasociali”. Questa disposizione trova applicazione soltanto per le SPA (e non per le SRL). Tuttavia, è da ritenersi ammissibile anche l’applicazione dei patti parasociali nelle SRL, tuttavia, non è possibile fare riferimento alla normativa dettata per le SPA, ma esclusivamente all’autonomia contrattuale (quindi, al codice civile).
L’utilizzo dei patti parasociali si rende utile ogni qualvolta in cui alcuni soci vogliono regolamentare in modo diverso da quanto indicato dallo statuto, alcuni diritti loro spettanti. L’utilizzo di patti parasociali comporta il vantaggio per i soci che li stipulano di poterli non rendere noti, sia per quanto riguarda la loro esistenza sia per quanto riguarda il loro contenuto, ad altri soggetti esterni ai patti.
Il limite dei patti parasociali sta, d’altro canto, nel fatto che siccome essi vincolano solo i soci contraenti, la loro violazione da parte di un socio rende quest’ultimo passibile soltanto dell’applicazione di rimedi contrattuali (applicazione di penali, risoluzione per inadempimento, richiesta di risarcimento del danno) ad opera degli altri soci, senza che la società possa sanzionare in alcun modo tale violazione.
Caso classico di stipulazione di patti parasociali si ha quando alcuni soci vogliono tutelare i loro interessi quando, ad esempio, subentra nella compagine societaria un socio terzo, oppure una società di venture capital. In questi casi alcuni soci possono decidere i criteri in base al quale indicare i propri doveri societari.
Sussistono varie tipologie di patti parasociali, a titolo esemplificativo, possiamo individuare le seguenti:
- Sindacato di voto. E’ una tipologia di patto parasociale, il quale, trova attuazione mediante l’esercizio del diritto di voto in assemblea secondo quanto stabilito dalla maggioranza dei soci che aderiscono al patto, oppure secondo quanto deciso da un organo interno al patto o, ancora, mediante il rilascio di una delega ad un rappresentante comune. I patti parasociali non possono violare i principi generali di buon funzionamento della società e di tutela degli interessi dei creditori, pertanto, è invalido il patto che vincola gli aderenti a non votare l’azione di responsabilità contro gli amministratori che abbiano cagionato un danno alla società;
- Patti di consultazione. E’ un tipologia di patto parasociale che vincola le parti a discutere delle materie oggetto di voto nella successiva assemblea;
- Sindacato di blocco. Esso vincola circa il libero trasferimento di azioni o quote. L’obiettivo di questo patto è vincolare alcuni azionisti a non uscire dalla società oppure evitare l’ingresso di estranei nella società;
- Patto relativo al finanziamento della società. Mediante questa tipologia di patto, i soci che hanno stipulato l’accordo si impegnano ad offrire un prestito alla società fino a concorrenza di un multiplo prestabilito della partecipazione posseduta da ciascun socio;
- Patto relativo agli utili e alle perdite. Mediante questa tipologia di patto parasociale sono fissati i criteri di ripartizione degli utili e/o delle perdite in modo diverso rispetto a quanto stabilito nell’atto costitutivo o nello statuto della società;
- Patti di garanzia degli utili. Atto con il quale è garantito un utile minimo ad uno o più soci al momento della distribuzione dell’utile. Tuttavia, sussiste il divieto del c.d. patto leonino di cui all’art. 2265 cod. civ. il quale sancisce la nullità del “patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. Pertanto è nullo il patto che prevede l’assegnazione di una quota mensile forfetaria di utili ai soci di minoranza, con esclusione della loro partecipazione alle perdite. E’ invalida anche la convenzione che esclude in maniera assoluta e costante un socio dalla ripartizione degli utili.
Il regime pubblicitario dei patti parasociali è diverso e graduato a seconda che si tratti di società quotate, oppure che si tratti di società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (società “aperte“), o di società che non vi fanno ricorso (società “chiuse“):
- Società quotate – l’articolo 122 del TUF impone alcuni specifici obblighi pubblicitari, ciò al fine di tutelare i risparmiatori e gli azionisti di minoranza. Tali accordi prevedono:
- la comunicazione alla CONSOB dell’esistenza del patto entro 5 giorni dalla sua stipulazione;
- la pubblicazione per estratto del patto su almeno un quotidiano;
- il deposito del testo del patto presso il Registro delle imprese e presso la sede sociale, entro 5 giorni dalla stipula.
- Sanzioni per inosservanza degli obblighi pubblicitari – nullità del patto e divieto del diritto di voto per le azioni appartenenti al patto non pubblicizzato.
- Società “aperte” – l’articolo 2431-ter c.c. prevede che le società che fanno ricorso a strumenti finanziari diffusi in maniera rilevante devono sottostare ad obblighi pubblicitari meno stringenti rispetto a quelli previsti per le società quotate, infatti devono:
- dichiarazione della sussistenza del patto all’inizio di ogni assemblea;
- trascrizione della dichiarazione di sussistenza del patto nel verbale assembleare;
- deposito del verbale al Registro delle imprese.
- Sanzioni per inadempimento degli obblighi dichiarativi – impossibilità dell’esercizio del diritto di voto e annullabilità delle deliberazioni assunte con voto determinante delle partecipazioni rientranti nel patto.
- Società “chiuse” – l’articolo 2341 c.c. non prevede alcuna forma di pubblicità dei patti per le società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio. Infatti, venendo meno i rischi di instabilità degli assetti di potere all’interno della società, non si è ritenuto indispensabile regolamentare la disciplina dei patti anche per esse.
I patti parasociali possono essere stipulati per iscritto ma anche verbalmente. Essi possono essere stipulati al momento della costituzione della società, oppure, anche nel corso della sua vita, tra tutti i soci, tra alcuni, o tra gruppi di essi.
Il patto parasociale, in genere, è stipulato in un unico originale depositato presso un terzo scelto dalle parti.
I patti parasociali possono inoltre contenere penali per inadempimento, che sanzionano il loro mancato rispetto da parte dei soci con un obbligo di pagamento prefissato nell’importo.
Essendo, comunque, vincolanti soltanto per i soci contraenti, la loro violazione da parte di un socio, lo rende passibile soltanto dell’applicazione di rimedi contrattuali (applicazione di penali, risoluzione per inadempimento, richiesta di risarcimento del danno) ad opera degli altri soci, senza che la società possa sanzionare in alcun modo tale violazione.
Qual’è la durata dei patti parasociali?
Per quanto riguarda le SPA la durata dei patti è limitata. Il termine massimo di durata consentito per i patti parasociali è di 5 anni, a decorrere dalla data di sottoscrizione. Qualunque previsione di tempo che ecceda il termine di 5 anni, deve essere ricondotto in automatico al termine quinquennale.
Tale riconduzione non opera però per i patti parasociali relativi alla SRL. In questo caso non vi sono vincoli di durata dei patti. Tuttavia, è consentita la possibilità di libero recesso da parte del socio, con preavviso di 180 gg, nei casi di patti parasociali a durata indeterminata. Anche nella SRL, infatti, il socio che ha sottoscritto un patto parasociale a tempo indeterminato, senza previsione di durata, può esercitare liberamente il proprio recesso, notificandolo agli altri soci contraenti, con un preavviso di 180 giorni.
Il contenuto dei patti parasociali può essere il più vario (purché non contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume) e riguardare posizioni amministrative, diritti patrimoniali o situazioni giuridiche passive.
Come abbiamo detto in precedenza, i patti parasociali hanno una funzione diversa dalle clausole nello statuto, in quanto i primi vincolano solo i soci firmatari mentre lo statuto vincola tutti i soci pro tempore della SRL.
Il recesso dai parasociali si esercita applicando la clausola prevista nei patti stessi.
Nel caso in cui non sia prevista nessuna clausola, al fine di evitare controversie e conflitti interpretativi circa l’applicabilità o meno dell’art. 1373, 2° co. c.c. alla fattispecie, è preferible che le parti sciolgano il patto parasociale per mutuo consenso.
I patti parasociali, essendo contratti di diritto privato, producono effetti solo per le parti che li sottoscrivono.
Producendo effetti soltanto per le parti che sottoscrivano l’accordo, gli obblighi derivanti dal patto parasociale non sono suscettibili di esecuzione in forma specifica, mediante decisioni giudiziarie aventi effetti costitutivi.
La violazione del contenuto può comportare l’obbligo al risarcimento dei danni eventualmente arrecati agli altri soci partecipanti al sindacato, purché i soci danneggiati provino e quantifichino in giudizio il danno subito a causa dell’altrui violazione del patto.
Dopo aver analizzato la disciplina codicistica e legale dei patti parasociali andiamo adesso ad analizzare alcuni dei principali patti diffusi nelle società di capitali del nostro Paese.
Il patto di co-vendita “drag along“
Il patto in questione ricorre ogni qualvolta si attribuisce ad un socio, non necessariamente di maggioranza, il diritto di pretendere che gli altri soci vendano, congiuntamente alla sua, le loro partecipazioni nella società, alle medesime condizioni economiche. A tale diritto corrisponde un obbligo di vendita congiunta a carico degli altri soci. Il patto è definito di “drag along“: il patto assolve la funzione di garantire ad un socio la possibilità di disinvestire anche a fronte di richieste di acquisto non circoscritte alla partecipazione sociale dallo stesso detenuta, pur quando quest’ultima sia di maggioranza, a causa della presenza, ad esempio, di quozienti assembleari rafforzati in determinate materie tali da attribuire alla minoranza una sorta di diritto di veto. L’obiettivo è quello di facilitare il disinvestimento, quindi l’exit del socio avente diritto. Poiché l’effetto che consegue dal patto è quello di stabilizzare gli assetti proprietari, il patto è soggetto alla disciplina, anche temporale dell’articolo 2341-bis c.c..
La corretta applicazione di tale patto parasociale, tuttavia, appare subordinata alla corretta valorizzazione della partecipazione del socio in posizione di soggezione, al fine di evitare che si determini una sorta di espropriazione della differenza tra il valore effettivo della partecipazione ed il valore convenzionalmente fissato per il trasferimento a danno del socio obbligato. Tale clausola, infatti, deve garantire che sia offerto al socio obbligato alla dismissione, almeno il valore che gli sarebbe spettato in caso di recesso, determinato secondo quanto stabilito dall’articolo 2437-ter del c.c..
Il patto di co-vendita “tag along“
Il patto in questione prevede che un socio possa vendere la propria partecipazione sociale a condizione che il terzo cessionario sia disponibile ad acquistare anche le partecipazioni dell’altro o degli altri soci partecipanti al patto. L’interesse che il patto persegue è quello di poter evitare un mutamento del partner dell’iniziativa economica realizzata in forma societaria, in ragione del peso che la sua presenza ha avuto sulla scelta di partecipare del socio creditore. In ragione dell’interesse in concreto perseguito il contenuto dell’obbligazione può essere diversamente articolato, potendo avere ad oggetto sia l’acquisto dell’intera partecipazione del socio creditore, sia l’acquisto di una partecipazione di misura proporzionale a quella eliminata dal socio debitore. L’avente diritto resta libero o meno di aderire alla proposta di compravendita, seppur formulata alla condizioni previste nel patto parasociale. A tale fine la clausola è strutturata in modo tale che il soggetto passivo sia obbligato a informare gli aventi diritto circa il ricevimento della proposta di acquisto di un terzo; nell’onere di dichiarare entro un termine fisso la propria disponibilità di vendere a parità di prezzo e condizioni; nell’obbligo del soggetto passivo di adoperarsi affinché il terzo acquisti anche la partecipazione dell’avente diritto; in caso di rifiuto del terzo, nell’obbligo del soggetto passivo di non vendere la propria partecipazione o di ridurre l’ammontare della partecipazione venduta al fine di consentire all’avente diritto di vendere parte della propria partecipazione.
Tale clausola può essere annoverata tra i sindacati di blocco, dal momento che condiziona la trasferibilità della partecipazione ad una o più obbligazioni, la cui violazione può generare pesanti ripercussioni economiche a carico del soggetto obbligato, traducendosi in un limite alla libera circolazione delle partecipazioni. Ne consegue la soggezione del patto alla disciplina dell’articolo 2341-bis c.c..
Le clausole di opzione Put e di opzione Call
La clausola di opzione Put e la clausola di opzione Call sono due contratti di opzione soggetti alla disciplina di cui all’articolo 1331 c.c. aventi ad oggetto il primo una proposta irrevocabile di acquisto (clausola put) e il secondo una proposta irrevocabile di vendita (clausola call).
Mediante la stipulazione del contratto put, una parte acquisisce il diritto potestativo di vendere una partecipazione sociale, diritto da esercitare entro il termine contenuto a mente dell’articolo 1329 c.c.. Al contrario, mediante la stipulazione di un contratto di call una parte ha il diritto potestativo di acquistare, sempre entro il termine convenuto, la partecipazione della controparte, che si trova in uno stato giuridico di soggezione. Le clausole in oggetto ricorrono frequentemente nei contratti di acquisizione parziale di partecipazioni sociali, laddove viene a generarsi una situazione di joint venture tra due partners. Tramite l’opzione di put una parte si riserva la facoltà di disinvestimento, mediante la vendita della sua partecipazione alla controparte, solitamente all’altro o ad un altro socio; in definitiva si realizza una possibile tecnica di way out dell’operazione economica, per la ragioni più diverse. Con l’opzione di call, invece, una parte ottiene il diritto di acquistare la partecipazione della controparte, con l’obiettivo di incrementare il proprio investimento nell’operazione o di estromettere l’altro socio dalla compagine sociale.
E’ prassi diffusa che le parti di un patto parasociale si concedano reciprocamente un’opzione di putt ed un’opzione di call. Lo scopo perseguito è quello di rendere certa per il socio che concede un’opzione di put e riceve un’opzione di call l’uscita dell’altro socio; e dall’altro lato, per il socio che riceve un’opzione di put e concede un opzione di call il diritto a disinvestire, uscendo dall’operazione. L’utilizzo combinato di clausole di put e call reciproche può costituire altresì una tecnica per fronteggiare, ed in via preventiva dissuadere, vicende di cambiamento del controllo delle società partecipanti, in qualità di contraenti del patto parasociale.
Al link seguente puoi trovare una bozza di accordo legati ai patti parasociali.
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