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Intangible assets strumento di pianificazione fiscale

Intangible assets strumento di pianificazione fiscale

Gli intangibles come licenze commerciali, brevetti industriali, marchi se utilizzati correttamente possono portare ad un notevole risparmio fiscale per l'impresa. La gestione corretta delle royalties legate allo sfruttamento commerciale degli intangibles può essere fonte di spunti pianificazione fiscale, ma con molta attenzione.

L’utilizzo dei c.d. intangibles, ovvero dei beni immateriali (come marchi, brevetti, invenzioni industriali, know how) caratterizza da sempre la maggior parte delle imprese industriali e commerciali italiane. Quando si avvia una nuova attività imprenditoriale è importante pianificare attentamente sin dall’inizio l’utilizzo di eventuali marchi, brevetti e licenze commerciali come strumenti di business. Tuttavia, quello che ancora oggi non tutti sanno è che gli intangibles possono essere utilizzati anche come strumento di pianificazione fiscale.

Quello che voglio dire è che nelle imprese di medio grandi dimensioni la separazione dell’attività operativa dalla componente immateriale dei beni di impresa può diventare un vantaggio. Il vantaggio si ottiene nel momento in cui è possibile sfruttare un particolare regime di vantaggio che consente una super deduzione dei costi sostenuti per lo sviluppo di intangibles concessi in utilizzo a terzi, attraverso la corresponsione di royalties.

In particolare, in questo articolo intendo mostrarti alcuni spunti interessanti riguardanti le possibilità di pianificazione fiscale. Si tratta di attività legate allo sfruttamento del diritto di autore sugli intangibles di impresa, prestando, comunque, attenzione ai possibili profili di pianificazione fiscale aggressiva oggetto poi di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Sfruttamento degli intangibles nel tax planning di IKEA

Il fatto che l’utilizzo dei beni immateriali rappresenti un elemento di pianificazione fiscale nei grandi gruppi multinazionali è ormai cosa nota. Per aiutarti a comprendere, in modo semplice e schematico quello che voglio dirti, ti porto un esempio concreto. Come detto, è possibile, a determinate condizioni, arrivare a defiscalizzare parte del reddito d’esercizio sfruttando adeguatamente le licenze sui beni immateriali detenute. Se non ti è molto chiaro di cosa sto parlando, ne ho già parlato indirettamente quando ho analizzato il tax planning di IKEA. Se te lo sei perso lo puoi recuperare quì: “Internationa Tax Planning di IKEA“.

La società di mobili da montare più famosa del mondo ha deciso di fare degli intangibles del gruppo il nodo centrale della sua strategia di pianificazione fiscale. Il titolare del marchio IKEA, infatti, è una società lussemburghese. Tutte le società che detengono i negozi sparsi per il mondo ogni anno devono versare a questa società ingenti royalties sulle vendite effettuate.

In questo modo è possibile arrivare a spostare materia imponibile da uno Stato all’altro, beneficiando così di una detassazione sul reddito societario. I corrispettivi che le società italiane erogano a titolo di royalties per l’utilizzo dei marchi aziendali rappresentano dei costi deducibili sui quali la società risparmia un importo pari 24% a titolo di IRES. In pratica, ogni cento mila euro di redditi trasferiti a titolo di royalties sul marchio la società italiana ha la possibilità di ottenere un risparmio di 24.000 euro a titolo di imposte sul reddito. Allo stesso tempo, la società lussemburghese percettrice dei canoni, sugli stessi importi determina le imposte sul reddito in modo molto favorevole (soprattutto se a beneficarne è una holding del 1929),  paga un importo meno dell’1% di tasse!

La normativa antielusiva

Tieni presente, comunque, che questa possibilità, del tutto lecita di sfruttare gli intangibles aziendali per la pianificazione fiscale deve rispettare diversi limiti e nel rispetto delle disposizioni che riguardano:

  • Il transfer pricing, ovvero la disciplina legata all’applicazione del c.d. “valore normale” nelle transazioni infragruppo che, quindi, dovrebbero avvenire come tra controparti indipendenti;
  • La clausola del beneficiario effettivo, contenuta nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni, quando si parla di criteri di collegamento per la royalties in ambito internazionale.
    Questo aspetto non deve essere sottovalutato, ma soprattutto deve essere valutato con l’ausilio di consulenti fiscali esperti.

Come avrai capito esiste una importante convenienza, in questo caso, ad utilizzare le royalties sul marchio aziendale. Questo perché sugli importi legati allo sfruttamento economico del diritto di autore è previsto un trattamento fiscale di vantaggio. Sono sicuro che è possibile che anche tu ti stia chiedendo se sia possibile utilizzare le stesse tecniche per raggiungere un vantaggio fiscale.

Ovviamente è possibile ma, come avrai modo di analizzare di seguito è necessario procedere nel modo giusto, e solo in presenza delle condizioni previste dalla legge. Altrimenti, considerata la complessità del sistema fiscale, e la presenza di normative antielusive, incorrere in problemi ed accertamenti è molto semplice e con conseguenze importanti.

Utilizzare marchi e ricevere royalties nel tax planning nazionale

Abbiamo visto con un esempio come lo sfruttamento dei beni immateriali rappresenti un importante elemento di pianificazione fiscale nei gruppi societari internazionali. In questi casi la leva fiscale utilizzata è quella del disallineamento tra le normative fiscali di paesi diversi (ne parlo approfonditamente in questo articolo: “Come sfruttare la teoria delle bandiere?“). Tuttavia, la possibilità di sfruttare beni immateriali può portare ad interessanti prospettive anche guardando alla nostra normativa nazionale.

In Italia esiste un vantaggio fiscale, ovvero un’agevolazione, sulla tassazione dei diritti d’autore attraverso l’erogazione di royalties. In pratica, il soggetto che detiene il diritto di autore su un’invenzione (marchi, brevetti, etc) ha la possibilità di defiscalizzare gli importi percepiti a titolo di royalties. Si tratta dei canoni percepiti per la concessione a terzi di sfruttare economicamente la propria opera. Sui proventi derivanti da royalties per lo sfruttamento economico del diritto di paternità sull’opera, percepiti da parte di persone fisiche spettano deduzioni forfettarie determinate nella seguente misura:

  • Del 25% dei proventi stessi se il beneficiario ha un’età pari o superiore ai 35 anni, alla data di percezione dei redditi dichiarati;
  • Del 40% dei proventi stessi se il beneficiario ha un’età inferiore ai 35 anni.

Questo significa, ad esempio, che se percepisci come autore 1.000 euro di royalties, ed hai più di 35 anni, sarai tassato solo su 750 euro. Gli altri 250 euro sono totalmente detassati. Si tratta di ottenere immediatamente un risparmio di imposta del 25% o del 40% se sei una persone fisica autore di un opera che viene sfruttata economicamente da terzi. La variabile da considerare è soltanto la tua età. Per questo se stai pensando di avviare un nuovo business, oppure stai creando un nuovo prodotto, software, marchio o brevetto, potresti ragionevolmente pensare di registrare questa attività immateriale a titolo personale.

L’obiettivo deve essere poi quello di concedere lo sfruttamento economico dello stesso alla tua società. In questo modo la tua società ti pagherà le royalties per lo sfruttamento del diritto d’autore sul marchio aziendale. Si tratta di pagamenti che per la società consentiranno un abbattimento del reddito imponibile, quindi un risparmio di tassazione. Dall’altra parte tu potrai contare sulla defiscalizzazione che abbiamo visto sopra.

Imprenditori e compenso amministratore

La principale modalità con cui gli imprenditori prelevano i guadagni dalla propria azienda riguarda l’utilizzo del compenso amministratore. Si tratta di una modalità di pagamento che comporta una trattenuta di importo superiore al 50% del prelevato (tra imposte e contributi). Infatti, tra ritenute fiscali e previdenziali il carico fiscale è davvero molto alto, per questo motivo, il compenso amministratore è opportuno che venga modificato di anno in anno in relazione alle esigenze della società. Se, invece, hai la possibilità di sfruttare marchi brevetti ed in generale gli intangibles come elemento di pianificazione fiscale, le cose cambiano.

Se vai a percepire royalties su beni immateriali, sfruttati da terzi, la tassazione che ne deriva può variare da un minimo del 17,25% (il 75% del 23% di IRPEF) fino ad arrivare ad un massimo del 32,25% (il 75% del 43% di IRPEF).

Come sfruttare le royalties con il patent box?

Accanto alle potenzialità di pianificazione fiscale legate alla concessione economica di intangibles da parte di persone fisiche vi è una alternativa anche per le società. Qualora, infatti, il diritto di autore sul bene immateriale appartenga ad una società società è possibile sfruttare un’interessante agevolazione, quando lo sfruttamento dell’intangibles è concesso in utilizzo ad enti terzi. Ebbene, in questi casi è possibile sfruttare un particolare regime fiscale definito “Patent Box“, di cui all’art. 6 del D.L. n. 146/21.

La normativa del nuovo patent box prevede una deduzione del 110% dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti su beni immateriali, ad esclusione dei marchi di impresa e del know how.

Si tratta di una vera e propria agevolazione da sfruttare, per attuare al meglio, la propria pianificazione fiscale. Il patent box rappresenta oggi una agevolazione fiscale per le società che detengono marchi e brevetti industriali (ma anche App, software e siti Web) e che ne concedono a terzi lo sfruttamento economico. Si tratta, quindi, di un regime opzionale che agevola, attraverso una super-deduzione dei costi sostenuti, i redditi derivanti dallo sfruttamento di beni immateriali (c.d. “intangible assets” o “IPs”).

Negli ultimi anni ci sono stati molti casi in cui vari imprenditori, noti e meno noti, hanno aperto società all’estero per sfruttare vantaggi fiscali, legati alla minore tassazione di royalties derivanti dallo sfruttamento economico di marchi e brevetti. Pensa al famoso caso della c.d. “sentenza Dolce & Gabbana“, (sentenza 24 ottobre 2014, n. 43809 Corte di Cassazione).

Oggi molti Paesi come Lussemburgo, Gran Bretagna, Belgio e Francia hanno deciso di armonizzare le proprie normative fiscali, disincentivando per gli imprenditori la delocalizzazione in altri Paesi delle proprietà intellettuali, al fine di trovare maggior risparmio fiscale. Attraverso il regime del “patent box“, anche l’Italia ha deciso di incentivare la detenzione nel nostro paese di proprietà intellettuali, defiscalizzando i proventi che derivano dallo sfruttamento di questi assets.

Come funziona il patent box per le imprese?

L’art. 6 del D.L. n. 146/21 ha previsto l’abrogazione della previgente disciplina del patent box, e la sostituzione di questa normativa con un regime opzionale legato ad una deduzione maggiorata della deducibilità dei costi di ricerca e sviluppo su alcune tipologie di beni immateriali. Questa disposizione è entrata in vigore a decorrere dal 22 ottobre 2021.

Per i soggetti che esercitano l’opzione per questo regime, i costi di ricerca e sviluppo sono maggiorati del 110% (co. 3 e 5, art. 6 D.L. n. 146/21), sia ai fini delle imposte sui redditi (IRES) che dell’IRAP. In buona sostanza, l’agevolazione consiste una una variazione in diminuzione da effettuarsi in dichiarazione dei redditi ed IRAP. In pratica, il risparmio di imposta è pari al 30,69% dei costi sostenuti (considerando un aliquota complessiva del 27,9%).

Proviamo a chiarire meglio con un esempio. Ipotizziamo che l’impresa Alfa abbia sostenuto spese di ricerca e sviluppo agevolabili per l’importo di 10.000 euro. Pertanto, l’ammontare deducibile complessivamente esercitando l’opzione del patent box è pari a 21.000. Sostanzialmente, la quota di 10.000 euro è direttamente deducibile secondo le regole ordinarie del TUIR, mentre l’ulteriore quota (il 110%) devono essere dedotti extra-contabilmente come variazione in diminuzione in dichiarazione.

Royalties sugli intangibles: cosa fare?

Sulla base di quanto indicato sino a questo momento è possibile affermare che vi è un rilevante vantaggio fiscale nell’utilizzare i diritti e le royalties sui marchi e brevetti in relazione all’inferiore tassazione applicabile in capo alla persona fisica che percepisce questi proventi. Tuttavia, riuscire ad effettuare nel modo corretto questo tipo di operazioni non è affatto semplice, ed iniziare a prelevare royalties al posto di un compenso amministratore può rivelarsi più complesso di quanto preventivato.

Tutto quello che abbiamo detto sino a questo momento, in ogni caso, deve essere analizzato anche in riferimento a quanto potrebbe analizzare, in caso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria. È necessario infatti riflettere bene sulla propria situazione personale societaria. Non sempre, infatti, è possibile utilizzare questo tipo di regime fiscale vantaggioso. Trattandosi di un argomento decisamente delicato non è difficile commettere errori se si è impreparati. Esaminiamone qualcuno insieme di questi errori, in modo che tu possa evitare di commetterli.

Nella mia esperienza ho visto commettere diversi tipi di errori da parte di vari imprenditori che hanno voluto forzare la mano per ricevere comunque royalties su beni immateriali. Questo anche quando era sconsigliabile farlo. Per evitare che anche tu possa commettere gli stessi errori te ne riepilogo qualcuno di seguito. Naturalmente, è opportuno che tu analizzi la tua situazione personale con un esperto in materia. Eviterai di commettere anche tu questi errori.

Errori sull’intestazione del diritto di autore

Il principale errore che viene riscontrato è quello legato al fatto che l’imprenditore decide di registrare un marchio o un brevetto, a titolo personale, anche se lo stesso era già esistente sul mercato da tempo. Classico caso è quello di un marchio già utilizzato dall’azienda dell’imprenditore e che, improvvisamente, viene registrato a titolo personale da parte dell’imprenditore. L’obiettivo perseguito è quello di riuscire “scaricare fiscalmente le royalties corrisposte dall’azienda nei confronti dell’imprenditore (percettore). Questi si vedrà arrivare un reddito che è parzialmente detassato (vedi le percentuali di deduzione forfettaria viste sopra).

L’errore in questo caso sta nel fatto che se l’impresa sta utilizzando un marchio commerciale da anni, farlo registrare a nome dell’imprenditore è una pratica irregolare. Accorgersi che si utilizza un marchio e registrarlo non è vietato, ma deve essere registrato a nome di chi ne detiene la proprietà. Ed in questo caso è la società e non l’imprenditore.

Come si fa a capire se il marchio è dell’impresa?

Semplice! Se la stessa ha sostenuto, nel tempo, oneri legati alla ricerca e sviluppo spesati in bilancio è difficile sostenere che il marchio sia di proprietà dell’imprenditore. È sufficiente anche una fattura del grafico che ha disegnato il logo aziendale per far sì che l’imprenditore commetta un’appropriazione indebita.

Se i costi per la creazione del marchio o del brevetto sono stati sostenuti dall’azienda a che titolo l’imprenditore può registrare (personalmente) quello stesso marchio?

Posso assicurarti che pratiche come queste esistono e che i risultati nel tempo sono stati quelli di un pesante accertamento fiscale. Con la conseguenza che tutti i vantaggi fiscali sono stati disconosciuti, con l’applicazione di sanzioni amministrative ed interessi. Quindi, fai attenzione!

Errori nella deducibilità dei costi

Un ulteriore e non meno importante aspetto è quello che riguarda la deducibilità in capo all’azienda delle royalties e dei diritti di sfruttamento pagati alla persona fisica titolare dell’attività immateriale registrata (es. brevetto o del marchio). Devi tenere in considerazione, infatti, che nel nostro sistema tributario è presente il c.d. “principio di inerenza”. Si tratta di un principio che prevede, ogni qual volta si deve dedurre fiscalmente un costo, di essere in grado di dimostrare all’Amministrazione finanziaria che quel costo è inerente alla reale attività svolta. In pratica, per potersi dedurre dal reddito imponibile un onere sostenuto, l’imprenditore è chiamato a dimostrare che tale onere è inerente all’attività svolta ed è correlato alla produzione di un reddito.

Tornando all’esempio iniziale dell’azienda IKEA diventa semplice ipotizzare che qualsiasi pezzo di legno utilizzato acquisisce valore in relazione al fatto che viene distribuito in tutti i negozi del gruppo attraverso il proprio “brand”. In questo caso il brand è talmente importante e riconoscibile a livello mondiale che è in grado di giustificare l’aumento di valore di quello specifico pezzo di legno.

Tuttavia, quando parliamo di realtà più piccole che non dispongono di brand mondiali, è molto più complesso dimostrare l’inerenza del costo sostenuto rispetto alla possibilità per l’azienda di generare ricavi. Inoltre, si deve tener presente che tale aumento di valore deve essere in qualche modo dimostrabile.

Evidenza documentale

In questo caso sicuramente il marchio è un fattore essenziale del processo di vendita perché è in grado di aumentare il valore del singolo prodotto. Nel caso delle aziende di minori dimensioni, l”imprenditore deve essere in possesso di tutte le prove che consentano di dimostrare che, grazie a quel preciso marchio, la merce è in grado di incrementare il proprio valore sul mercato. Oppure che, quel determinato marchio o brevetto, è in grado di consentire un dimostrabile incremento dei volumi di vendita. Quello che invece accade spesso è che tutte le spese di pubblicità a sostegno di quel marchio sono state pagate interamente dalla società che ha contribuito a creare la reputazione del brand.

In questo caso il marchio ha acquisito forza grazie ai costi sostenuti dalla società e non dalla persona fisica (esempio il socio) che ad un certo punto ha deciso di effettuare la registrazione e di percepire le royalties. Quando si parla di scaricare i costi delle royalties è necessario avere delle prove documentali. Inutile dire che queste prove sono in genere le fatture che l’Amministrazione finanziaria è in grado di reperire in azienda. Se, ad esempio tutte le fatture relative alla pubblicità ed al marchio sono a carico della società allora è praticamente impossibile dedurre fiscalmente i costi delle royalties corrisposte a terzi.

L’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria

L’attenzione corrisposta dall’Amministrazione finanziaria nei confronti delle attività intangibili delle imprese è sicuramente cresciuta nel corso del tempo. La possibilità da parte del contribuente di forzare la situazione per beneficiare di un illecito vantaggio di imposta ha portato una particolare attenzione nei confronti del contribuente che utilizza e sfrutta economicamente beni immateriali. Per questo motivo, anche se in ambito nazionale, è importante pianificare nel modo corretto le attività che si intendono svolgere al fine di analizzare la congruità con la normativa fiscale in vigore. Non sono rari, infatti, i casi legati al disconoscimento dei vantaggi fiscali connessi all’utilizzo di questo tipo di strumenti. Come detto, infatti, l’analisi sull’inerenza dei costi sostenuti, o sulla “novità” del bene immateriale sono aspetti che vengono sempre posti sotto attenzione. Per questi motivi è importante non improvvisare ed analizzare sempre al meglio la propria posizione in relazione alla normativa in vigore.

Quando poi si entra nel mondo delle operazioni transfrontaliere devono essere tenute in considerazione anche le clausole legate al c.d. “beneficiario effettivo“. Si tratta di clausole antiabuso contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni volte a limitare o contrastare fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva attraverso l’utilizzo di società interposte (“conduit company“).

Consulenza fiscale online

La possibilità di utilizzare gli intangibles come strumento di pianificazione fiscale è sicuramente una cosa molto interessante. Ci sono opportunità da sfruttare per ridurre il carico fiscale, ma il tutto deve essere sviluppato attentamente. Effettuare errori è molto semplice se non si conosce come operare in questi ambiti.

Per sapere se puoi utilizzare questo particolare sistema devi parlarne con il tuo commercialista di fiducia. Ti servirà un consulente esperto in questo ambito, in modo che possiate analizzare insieme la tua situazione personale. Effettuare una pianificazione fiscale di questo tipo richiede tempo, quindi non farti cogliere impreparato.

Se hai bisogno della mia consulenza puoi utilizzare il servizio che ho messo a punto per questi argomenti.

Valuteremo insieme la tua situazione e riceverai tutti i miei consigli.

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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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