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Immobili dei professionisti: la deducibilità dei costi

Fisco NazionaleProfessioniImmobili dei professionisti: la deducibilità dei costi

Gli immobili strumentali e ad uso promiscuo dei professionisti nella determinazione del reddito da lavoro autonomo: plusvalenze/minusvalenze, ammortamento, interessi passivi e leasing.

I soggetti che esercitano attività professionale come esercizio di arte o professione abituale hanno la possibilità di usufruire di alcune deduzioni fiscali legate al sostenimento di costi relativi agli immobili ove viene svolta la loro attività. Infatti, per i soggetti che esercitano arti o professioni, ai sensi dell’articolo 43 del DPR n. 917/86 (TUIR), si considerano strumentali gli immobili utilizzati direttamente dal lavoratore che li possiede per l’esercizio esclusivo dell’attività artistica o professionale.

La strumentalità dell’immobile deriva dall’utilizzo dello stesso per l’esercizio dell’attività professionale, infatti, a quello scopo a nulla rileva il fatto che l’acquisto dell’immobile sia stato effettuato in qualità di persona fisica o di esercente arte o professione. Sul punto vedasi la R.M. n. 13/E/2010.

Riassumendo, quindi, se un immobile viene utilizzato da professionista sia come abitazione che come studio professionale non potrà essere considerato strumentale, ma a uso promiscuo. Naturalmente, questa diversa classificazione tra immobile strumentale ed immobile legato all’utilizzo promiscuo riflette delle importanti differenze per quanto riguarda la possibilità di arrivare a dedurre i costi sostenuti relativi all’immobile stesso. In questo contributo voglio andare ad analizzare la deducibilità dei costi degli immobili per i professionisti.

Professionisti e determinazione del reddito da lavoro autonomo

Il reddito di lavoro autonomo si determina sottraendo dall’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e di altre componenti positive espressamente previste (es. plusvalenze relative a beni strumentali), l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione.

Vengono tuttavia fatte salve le disposizioni di cui ai commi successivi dello stesso articolo 54 del DPR n. 917/86, che statuiscono particolari criteri di deducibilità per talune tipologie di spesa, alcune delle quali afferenti proprio gli immobili dei professionisti utilizzati, a titolo esclusivo o promiscuo, per l’esercizio della professione (es. ammortamenti, canoni di leasing, ecc.).

Uno degli aspetti peculiari del reddito di lavoro autonomo è legato al fatto che, ai fini della sua determinazione, rilevano i compensi percepiti e le spese sostenute nel periodo d’imposta. Il criterio base, quindi, per la determinazione del reddito imponibile è il criterio di cassa, che guarda alla manifestazione finanziaria di proventi incassati ed oneri sostenuti.

Peraltro, tuttavia, non mancano alcune deroghe espresse al principio di cassa. Si tratta, ad esempio delle disposizioni relative ai canoni di leasing dei beni strumentali, ammessi in deduzione dal reddito professionale nel periodo d’imposta in cui maturano, ovvero alle quote di ammortamento di beni strumentali, a prescindere dalla circostanza che il costo di acquisto dei beni sia o meno già stato sostenuto (in tutto o in parte).

Vediamo, quindi, i criteri di deducibilità ai fini Irpef dei costi legati ai beni immobili dei professionisti, sia ad uso strumentale che promiscuo. Questo articolo non ha la pretesa di essere esaustivo sull’argomento ma può esserti utile per inquadrare l’argomento nel modo corretto.

Immobili dei professionisti: quando sono considerati strumentali all’attività?

La disciplina fiscale legata alla deduzione dei costi degli immobili dei professionisti è contenuta all’interno dell’art. 54, comma 3 del TUIR. Questa norma, come sopra anticipato, prevede una suddivisione tra:

  • Immobile strumentale del professionista. Immobile utilizzato esclusivamente per l’esercizio dell’attività professionale (indipendentemente dalla sua categoria catastale);
  • Immobile utilizzato ad uso promiscuo. Si tratta di un immobile ove il professionista vive e dove esercita anche la sua attività professionale.

Possiamo dire che gli immobili dei professionisti si considerano strumentali quando sono utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione da parte del possessore. 

Quindi gli immobili dei professionisti, non è pertanto configurabile la strumentalitàper natura“, ma solo quella “per destinazione“. L’esempio tipico di immobile strumentale è quello dello studio professionale (es. studio medico, studio dentistico, ufficio del dottore commercialista dell’avvocato o del notaio, etc.). L’identificazione dell’immobile come strumentale è di mero fatto (occorre che tale immobile venga utilizzato a titolo esclusivo per l’esercizio dell’arte o della professione). In questo senso, si prescinde dalla categoria in cui l’immobile risulta censito in Catasto (A10, A2, A3, A4, etc).

Sostanzialmente, se un professionista decide di adibire un immobile abitativo ad uso esclusivo di suo studio professionale il fabbricato diventa strumentale, per destinazione, ai fini fiscali.

Plusvalenze e minusvalenze rilevanti per gli immobili strumentali

Come anticipato, l’immobile strumentale del professionista è quello utilizzato esclusivamente per l’esercizio della sua attività professionale. Da un punto di vista fiscale, l’immobile è considerato un bene strumentale, quindi un bene che rilascia la sua utilità nel tempo.

Per questo motivo, per il professionista non è mai possibile portare in deduzione il costo sostenuto per l’acquisto dell’immobile ove svolge la propria attività. Al posto del costo di acquisto il professionista ha la possibilità di dedursi le quote di ammortamento del bene immobile.

Gli immobili strumentali dei professionisti concorrono alla formazione del reddito da lavoro autonomo del professionista che ne detiene il diritto reale. Naturalmente, affinché possa trovare riscontro la normativa fiscale è necessario che il bene immobile acquistato dal professionista venga iscritto nel suo registro dei beni ammortizzabili.

Sul punto occorre fare riferimento all’articolo 54, comma 1-bis, 1-bis.1 e 2 del DPR n. 917/86. Secondo queste disposizioni risultano imponibili le plusvalenze realizzate mediante:

  • La cessione a titolo oneroso;
  • Il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento degli stessi;
  • La destinazione al consumo personale o familiare del professionista o a finalità estranee all’arte o professione;

e le minusvalenze realizzate mediante:

  • La cessione a titolo oneroso;
  • Il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento degli stessi.

Determinazione della plusvalenza

La plusvalenza o la minusvalenza che che concorre alla determinazione del reddito del professionista è quella che risulta dalla differenza tra:

  • Il corrispettivo o l’indennità percepita e
  • Il costo non ammortizzato del bene immobile ceduto.

Nel caso in cui, invece, avvenga una cessione in assenza di corrispettivo, la plus/minusvalenza si determina come differenza tra:

  • Il valore normale del bene (ex art. 9 del DPR n. 917/86)
  • Il costo non ammortizzato del bene immobile ceduto.

Le plusvalenze e le minusvalenze sono fiscalmente rilevanti al momento della percezione del corrispettivo (Circolare n. 28/E/2006 Agenzia delle Entrate). Pertanto, in ottemperanza al principio di cassa, le plusvalenze conseguite dagli esercenti arti o professioni concorrono a formarne il reddito di lavoro autonomo per l’intero loro ammontare nel periodo d’imposta in cui viene percepito il corrispettivo o l’indennizzo. Peraltro, in caso di autoconsumo o destinazione a finalità extraprofessionali, mancando la percezione del corrispettivo o dell’indennizzo, occorre fare riferimento al principio di competenza.

Gli ammortamenti per gli immobili strumentali dei professionisti

Per i beni immobili dei professionisti strumentali all’attività posseduti a titolo di proprietà o altro diritto reale (es. usufrutto) purché acquistati o costruiti fino al 14 giugno 1990 (articolo 1, comma 1 lett. g) del D.L. n. 90/90, convertito dalla Legge n. 165/90 e ai beni acquisiti dal primo gennaio 2007 al  trentuno dicembre 2009 (articolo 1, comma 335 della Legge n. 296/2006), sono ammesse in deduzione, in ciascun periodo d’imposta, quote di ammortamento determinate entro un ammontare massimo pari a quello conseguente all’applicazione delle aliquote previste dal D.M. 31.12.88.

Pertanto per gli immobili acquistati o costruiti dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006, e per quelli acquistati a partire dal primo gennaio 2010 (Circolare n. 38/E/2010 Agenzia delle Entrate), la deduzione delle quote di ammortamento non è invece consentita.

La quota determinata mediante i coefficienti ministeriali rappresenta pertanto il tetto massimo ammesso in deduzione dal reddito di lavoro autonomo in ciascun periodo d’imposta. Il professionista ha la possibilità di operare comunque un ammortamento inferiore, recuperando la differenza nei periodi d’imposta successivi, nel rispetto di tale limite. Nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, a differenza di quanto avviene nel reddito d’impresa, non si opera il ragguaglio ad anno della quota di ammortamento.

Per quanto riguarda la determinazione delle quote di ammortamento, si assume il costo storico di acquisizione, aumentato degli oneri di diretta imputazione, indipendentemente dalle modalità e dai tempi di pagamento del bene.

Tabella di riepilogo: ammortamento dei beni immobili strumentali dei professionisti

Quota di ammortamento indeducibile riferita ai terreni

Dal valore dell’immobile deve essere scorporato il valore del terreno sottostante. Tale quota è sempre fiscalmente indeducibile. La quota del terreno viene determinata forfettariamente attraverso l’applicazione al costo complessivo dell’immobile la percentuale del 20%. In alternativa, qualora sia possibile e l’acquisizione è avvenuta separatamente è possibile prendere a riferimento di valore di acquisto dell’area edificabile. Analogamente a quanto previsto in materia di reddito d’impresa, le quote di ammortamento riferibili ai terreni sui quali i fabbricati strumentali insistono sono indeducibili (articolo 36, comma 7, del D.L. n. 223/06).

L’associazione professionale può dedurre le quote di ammortamento dell’immobile strumentale?

Sul punto è necessario tenere presente quanto indicato nella Risoluzione n. 48/E/2008 dell’Agenzia delle Entrate. In questo documento di prassi viene indicato che l’associazione professionale può dedurre l’ammortamento dell’immobile strumentale (utilizzato esclusivamente per l’esercizio in comune dell’attività professionale). Tuttavia, questo diritto è subordinato ad una condizione essenziale. L’immobile, infatti, deve essere iscritto nei pubblici registri immobiliari a nome dei partecipanti all’associazione.

Canoni di leasing relativi a beni immobili strumentali

Per i contratti di leasing relativi ai beni immobili strumentali stipulati a partire dal primo gennaio 2014 sono deducibili a condizione che il contratto abbia una durata non inferiore ai 12 anni (articolo 54, comma 2 del DPR n. 917/86).

Per i contratti stipulati nel periodo primo gennaio 2007 – trentuno dicembre 2009, i canoni di leasing relativi ai beni immobili strumentali sono deducibili a condizione che la durata del contratto sia non inferiore alla metà del periodo di ammortamento stabilito dai relativi coefficienti ministeriali. Questo in relazione all’attività esercitata dal professionista – e comunque con un minimo di 8 anni e un massimo di 15 anni. Pertanto se la metà del periodo di ammortamento dell’immobile:

  • È inferiore a 8 anni, quest’ultima (8 anni) è la durata minima del contratto richiesta ai fini della deducibilità dei relativi canoni;
  • Se è compresa tra 8 e 15 anni (ad esempio 12 anni), la durata minima del contratto deve essere pari a tale valore;
  • Se detto arco temporale è superiore a 15 anni, quest’ultima (15 anni) è la durata contrattuale minima richiesta dalla norma.

Inoltre, se la metà del periodo di ammortamento è di 16,6 anni (corrispondente ad un’aliquota pari al 3%), ai fini della deducibilità dei canoni, è sufficiente che il contratto di leasing immobiliare venga stipulato per una durata pari a 15 anni.

Per quanto riguarda la deducibilità fiscale dei canoni di leasing per il professionista occorre ricordare che il principio da utilizzare è quello di competenza economica, basato sui canoni di leasing maturati. Non si deve applicare, quindi, il criterio di cassa.

Contratti stipulati dall’1.1.2014

A decorrere dal primo gennaio 2014 a seguito delle novità introdotte dall’articolo 1, comma 162, lett. a) della Legge n. 147/13 i canoni di leasing diventano deducibili, se relativi ai beni immobili, per un periodo non inferiore ai 12 anni per i contratti di locazione finanziaria stipulati a decorrere dalla data del primo gennaio 2014.

L’eventuale novazione intervenuta successivamente al primo gennaio 2014 di contratti, originariamente stipulati antecedentemente a questa data, determina la cessazione dei medesimi e la stipula di un nuovo contratto di leasing finanziario che soggiace alla nuova disciplina. A tale riguardo, merita rilevare che, ai sensi dell’articolo 1230 la novazione può essere oggettiva e soggettiva, fermo restando che in entrambi i casi è necessario il c.d. “animus novandi“, ossia la volontà di estinguere la obbligazione precedente e di sostituirla con una nuova.

Scioglimento o risoluzione anticipata del contratto

Lo scioglimento o la risoluzione anticipata del contratto non comporti la ripresa a tassazione dei canoni di leasing già dedotti, rilevando la durata del leasing prevista contrattualmente, e non quella effettiva (RM 4.12.2000 n. 183/E).

Quota di canone riferibile ai terreni

Anche i canoni di leasing dei fabbricati strumentali che insistono su terreni sono deducibili secondo i criteri di cui all’articolo 36 comma 7-bis del D.L. n. 223/06, in analogia con quanto previsto in materia di reddito d’impresa.

Ai fini della determinazione della quota indeducibile, occorre, pertanto: separare dal totale dei canoni di competenza la quota interessi (integralmente deducibile ai fini Irpef) e applicare la percentuale del 20% sulla quota capitale. Tale componente, riferibile al costo dell’area, risulta indeducibile.

Spese imputate a incremento del costo del bene

Sono capitalizzate le spese di carattere incrementativo, intendendosi per tali i costi che comportano un aumento significativo e tangibile della produttività o della vita utile del cespite: possono rientrare tra gli oneri in oggetto quelli rivolti all’ampliamento, all’ammodernamento o al miglioramento degli elementi strutturali di un’immobilizzazione, incluse quindi le modifiche e le ristrutturazioni effettuate in modo da aumentarne la rispondenza agli scopi per cui il bene era stato acquisito.

Tali spese, imputate ad incremento del costo del bene, verrebbero quindi dedotte come maggiori quote di ammortamento. Anche alle spese sostenute per il rifacimento delle facciate esterne del palazzo sede dell’ufficio in cui è esercitata l’attività professionale dovrebbe essere riconosciuta natura incrementativa, seguendone la relativa disciplina.

Spese deducibili nell’esercizio

Sono deducibili quali costi dell’esercizio, le spese di natura non incrementativa, relative cioè agli interventi di manutenzione diretti a mantenere in efficienza gli immobili, a salvaguardarne la capacità e la produttività originarie, ovvero porre riparo a guasti e rotture. A titolo esemplificativo, può trattarsi di spese di verniciatura, riparazione e sostituzione di parti deteriorate.

Costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili

Il costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili (ai fini della commisurazione della soglia del 5%) è quello risultante all’inizio del periodo d’imposta dal registro cronologico degli incassi e dei pagamenti (articolo 54, comma 2, del DPR n. 917/86). Il costo complessivo dei predetti beni possa altresì essere desunto qualora il professionista sia in regime di contabilità semplificata:

  • Dal registro dei beni ammortizzabili (articolo 16 del DPR n. 600/73);
  • O dal registro Iva acquisti, se il contribuente si è avvalso della facoltà di non tenere il suddetto registro (articolo 14, commi 1 e 2 del DPR n. 435/01).

Qualora il professionista sia in regime di contabilità ordinaria e abbia usufruito della facoltà di cui all’articolo 3, comma 2, lett. c) del DPR n. 695/96, dal registro Iva acquisti.

Spese pagate in più anni

Se le spese vengono pagate in più anni, la quota pagata in ogni periodo d’imposta deve essere confrontata con il suddetto plafond, deducendo integralmente nell’esercizio soltanto l’importo compreso nel limite del 5% e rinviando la deducibilità dell’eccedenza ai cinque periodi d’imposta successivi. Infatti, tenuto conto che la determinazione del reddito di lavoro autonomo professionale avviene in base al criterio di cassa, il periodo d’imposta di sostenimento va inteso come quello in cui le spese di ristrutturazione sono materialmente pagate, con il risultato che, nell’ipotesi di pagamento in più anni, per la quota corrisposta in ogni esercizio occorre operare come sopra illustrato.

In altri termini, nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, nessun rilievo dovrebbe assumere la circostanza che parte delle somme sia corrisposta a titolo di acconto, parte in funzione degli stati avanzamento lavori e parte ancora a titolo di saldo, sempre che la corresponsione dell’acconto sia contrattualmente prevista.

Interessi passivi sostenuti per l’acquisizione dell’immobile

Al pari degli altri interessi passivi sostenuti nel periodo d’imposta per finanziamenti relativi all’attività artistica o professionale, anche gli interessi passivi relativi al finanziamento contratto per l’acquisizione degli immobili strumentali sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo.

Immobili dei professionisti ad uso promiscuo

Che cosa accade, invece, nel caso in cui l’immobile del professionista sia destinato ad uso promiscuo (per la professione e per esigenze personali o familiari del contribuente). Ebbene, in questo caso sono deducibili, in misura pari al 50% del relativo ammontare:

  • La rendita catastale (beni posseduti a titolo di proprietà) ovvero il canone di locazione o leasing (beni in locazione o leasing);
  • Le spese per i servizi relativi all’immobile (es. spese condominiali);
  • Le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione.

La deduzione è ammessa a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo Comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione (articolo 54, comma 3, del DPR n. 917/86). Pertanto, l’indeducibilità non scatta qualora l’immobile strumentale sia ubicato in un Comune diverso da quello in cui è situato quello utilizzato promiscuamente.

Plusvalenze e minusvalenze

Da quanto riportato sinora possiamo affermare che vi è impossibilità di considerare strumentale l’immobile utilizzato promiscuamente, sia a fini abitativi del professionista o della propria famiglia che come studio. Pertanto la cessione di immobili a uso promiscuo non genera componenti rilevanti ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo professionale (articolo 54, comma 1-bis e co. 1-bis del DPR n. 917/86).

Al limite, la plusvalenza potrebbe concorrere alla formazione del reddito complessivo del professionista come reddito diverso, ricorrendo tutte le condizioni previste dall’articolo 67, comma 1, lettera b) del DPR n. 917/86, vale a dire:

  • Acquisto a titolo diverso da quello successorio;
  • Cessione entro il quinquennio dall’acquisto;
  • Mancata destinazione ad abitazione principale (e quindi, a dimora abituale del professionista o dei suoi familiari) per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione infraquinquennale.

Rendita catastale (canone di locazione o leasing)

Rispetto alla disciplina vigente fino al trentuno dicembre 2006, per gli immobili condotti in leasing diviene deducibile un importo pari alla metà dei relativi canoni (anziché il 50% della rendita catastale). Nulla cambia invece con riferimento agli immobili posseduti:

  • A titolo di proprietà era e resta deducibile un importo pari al 50% della rendita catastale anche nell’ipotesi in cui i locali dedicati all’attività professionale occupino una percentuale superiore (ad esempio, 60%) dell’unità immobiliare;
  • In locazione, era e resta deducibile un importo pari al 50% del canone di locazione.

La deducibilità (al 50%) dei canoni di leasing relativi ai predetti immobili dei professionisti interessa i beni i cui contratti siano stipulati dal primo gennaio 2007 fino al trentuno dicembre 2009 e quelli stipulati dal primo gennaio 2014. Anche con riferimento agli immobili ad uso promiscuo, infatti, risulta applicabile la disposizione di decorrenza contenuta nell’articolo 1, comma 335 della Legge n. 296/06.

Spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione

Le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione degli immobili ad uso promiscuo sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento nel limite del 50%, se non imputabili, per le loro caratteristiche, ad incremento del costo del bene. Anche alle spese di natura non incrementativa sostenute con riferimento agli immobili ad uso promiscuo si rende applicabile il plafond del 5%, al fine di determinare le spese deducibili nell’esercizio di sostenimento e quelle eccedenti la cui deducibilità è invece rinviata per quote costanti nei cinque esercizi successivi.

Le spese di natura incrementativa sarebbero deducibili (nella misura del 50%) secondo le medesime regole previste per le spese non incrementative (vale a dire, nel limite del 5% del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili risultante ad inizio anno, con eccedenza deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi), dal momento che non è possibile imputarle a incremento del costo del bene, non essendo quest’ultimo fiscalmente riconosciuto.

Interessi passivi sostenuti per l’acquisizione del bene

Tra gli oneri relativi agli immobili dei professionisti a uso promiscuo (deducibili al 50%), l’articolo 54, comma 3, del DPR n. 917/86 non menziona gli interessi passivi eventualmente sostenuti per la loro acquisizione, rendendo così dubbia la loro deducibilità (seppur al 50%).

Si tratta di oneri comunque deducibili. Infatti, nel caso di acquisizione del bene in leasing, gli interessi passivi impliciti nel canone finiscono per essere deducibili nella misura del 50%. Pertanto, considerata la tendenziale equivalenza tra acquisto in proprietà e acquisizione tramite contratto di locazione finanziaria, sembra corretto ritenere che anche per gli immobili ad uso promiscuo acquistati direttamente gli interessi passivi relativi al finanziamento siano deducibili nella stessa misura.

Spese condominiali

Le spese per i servizi relativi all’immobile in proprietà ad uso promiscuo (es. spese condominiali, riscaldamento) sono sempre deducibili nel limite del 50% del loro importo (articolo 54, comma 3, DPR n. 917/86).

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Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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