In alcuni casi, soggetti o entità estere che svolgono attività economica in Italia devono identificarsi ai fini IVA nel nostro Paese, al fine di assolvere il tributo. L’identificazione IVA di soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che non dispongono di una stabile organizzazione, può essere facoltativa od obbligatoria. Questo è quanto prevede l’articolo 17 del DPR n. 633/72.
In questo contributo voglio parlarti delle modalità con le quale un ente di diritto residente in Paesi UE o extra-UE può identificarsi ai fini IVA in Italia. Questa procedura può essere attuata, o attraverso la nomina di un rappresentante fiscale italiano, oppure tramite identificazione diretta del soggetto di diritto estero. Vediamo insieme queste due possibilità e le relative caratteristiche partendo dall’evoluzione normativa in materia.
Identificazione IVA in Italia di ente non residente
Dal 2013, la procedura di integrazione e registrazione è stata generalizzata. Questo, in quanto, l’integrazione della fattura per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, effettuate da soggetti passivi stabiliti in altri Paesi UE nei confronti di cessionari/committenti soggetti passivi italiani è divenuta obbligatoria.
Soggetto | Rappresentante fiscale | Stabile Organizzazione | Identificazione diretta |
---|---|---|---|
Soggetti Comunitari | SI (1) | SI (2) | SI (1) |
Soggetti Extra-UE (3) | SI | SI (2) | SI |
(1) Si tratta di due procedure di identificazione IVA alternative.
(2) La stabile organizzazione è incompatibile con l’identificazione Iva diretta o indiretta.
(3) Allo stato attuale, i soggetti passivi extracomunitari non possono identificarsi direttamente in Italia, ma solo attraverso la nomina di un proprio rappresentante fiscale o la “registrazione diretta”. Fanno eccezione gli operatori extracomunitari, per le operazioni di e-commerce “diretto” (art. 74-quinquies del DPR n. 633/72).
Identificazione IVA di soggetti non residenti: stabile organizzazione
Il concetto di “stabile organizzazione” elaborato ai fini delle imposte dirette (art. 5 del modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni) non coincide, sempre e comunque, con il concetto di “centro di attività stabile”, inizialmente utilizzato nella normativa IVA per essere poi sostituito con quello di stabile organizzazione. Ai fini IVA, la stabile organizzazione deve essere dotata del numero di partita IVA, anche se non effettua operazioni con i terzi e le prestazioni intercorrenti con la casa madre sono fuori campo IVA. Quindi, alla stabile organizzazione istituita ai fini reddituali deve essere attribuita la partita IVA anche se non effettua operazioni rilevanti ai fini IVA (Risoluzione n. 327/E/08 dell’Agenzia delle Entrate).
Stabile organizzazione: definizione
Ai fini IVA, per stabile organizzazione, s’intende “qualsiasi organizzazione, diversa dalle sede dell’attività economica (…), caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione” (art. 11 par. 1 del reg. UE 282/2011 a 16.10.2014 causa C-605/12). Attraverso la propria struttura, la stabile organizzazione deve essere in grado di (Circolare n. 37/E/2011 Agenzia delle Entrate):
- Ricevere e utilizzare i servizi che le sono forniti per le proprie esigenze, nel caso in cui la stessa sia il committente del servizio;
- Fornire i servizi di cui assicura la prestazione, nel caso in cui la stessa presti:
- Servizi a committenti non soggetti passivi;
- Servizi per via elettronica.
L’esistenza di un numero di partita Iva non costituisce da sola una prova sufficiente dell’esistenza, in uno Stato membro, di una stabile organizzazione di un soggetto passivo che abbia la sede principale della propria attività economica in altro Stato membro.
Requisiti secondo la Corte di Giustizia
I requisiti individuati dalla giurisprudenza comunitaria ai fini della configurabilità di un “centro di attività stabile” nel sistema dell’IVA sono diversi da quelli che caratterizzano la stabile organizzazione nella nozione elaborata in sede di convenzione contro le doppie imposizioni. L’esistenza di un luogo fisso d’affari a disposizione del soggetto non residente e la presenza contemporanea di mezzi umani e tecnici costituiscono, secondo la Corte di Giustizia, i parametri distintivi delle due nozioni, tenuto conto che:
- Nel sistema IVA, l’elemento umano e quello tecnico sono considerati elementi imprescindibili per la sussistenza di un centro di attività stabile (mentre nell’imposizione diretta tali elementi rilevano anche disgiuntamente ai fini della sussistenza di una stabile organizzazione);
- L’esistenza di un centro di attività stabile è posta in relazione allo svolgimento di un’attività economica, sia essa d’impresa o di arte o professione.
Rapporti casa madre estera/stabile organizzazione italiana
I rapporti tra la casa madre estera e la stabile organizzazione italiana non danno luogo a prestazioni di servizi soggetti a IVA, in quanto la stabile organizzazione, essendo priva di autonomia giuridica, non è dotata di soggettività passiva, ai fini Iva, autonoma rispetto a quella della casa madre. Fanno eccezione i trasferimenti intracomunitari di beni a destinazione della stabile organizzazione o della casa madre, considerati “assimilati” alle cessioni e agli acquisti intracomunitari di beni (art. 41 co. 2 lett. c) e dell’art. 38 co. 3 lett. b) del D.L. n. 331/93). Ai fini IVA, la stabile organizzazione assume forza attrattiva, tranne che per le operazioni poste in essere nei confronti di soggetti passivi italiani, in quanto oggetto di reverse charge.
Incompatibilità della stabile organizzazione con rappresentante fiscale o identificazione Iva diretta
In presenza di una stabile organizzazione in Italia, restano preclusi l’identificazione IVA diretta del soggetto estero e la nomina del rappresentante fiscale. Di conseguenza, gli obblighi Iva derivanti dalle operazioni attive effettuate in Italia dai soggetti non residenti vanno adempiuti:
- Dalla stabile organizzazione, se il cessionario/committente non agisce nell’esercizio d’impresa o di arte o professione;
- Dal cessionario/committente che agisce in veste di soggetto passivo, attraverso la procedura di autofatturazione.
Come emerge dalle istruzioni relative ai modelli AA7 e AA9, l’esistenza della stabile organizzazione in Italia implica la chiusura della partita IVA accesa attraverso l’identificazione Iva diretta o la nomina del rappresentante fiscale. Vanno conseguentemente attribuite alla contabilità della stabile organizzazione tutte le operazioni poste in essere, in Italia, dal soggetto estero. Per le stesse ragioni esposte in riferimento al lato attivo, dal lato passivo, per gli acquisti di beni/servizi fatti in Italia direttamente dalla casa madre estera, resta preclusa la richiesta del rimborso (art. 38-bis2 del DPR n. 633/72). Spetta, quindi, alla stabile organizzazione computare l’Iva a credito in detrazione o a rimborso.
Individuazione Iva del debitore
In presenza di una stabile organizzazione, l’individuazione del debitore d’imposta presuppone la distinzione delle operazioni attive da quelle passive.
Operazioni attive
Ai fini dell’individuazione del debitore d’imposta (art. 192-bis della direttiva 2006/112/CE), è necessario determinare se la stabile organizzazione partecipi o meno all’effettuazione dell’operazione posta in essere dalla casa madre. Sul punto (art. 53 par. 2 del reg. UE 282/2011):
- La stabile organizzazione nel territorio dello Stato in cui è dovuta l’IVA partecipa all’operazione se i mezzi tecnici o umani della stessa sono utilizzati dalla casa madre per operazioni inerenti alla realizzazione dell’operazione imponibile, prima o durante la realizzazione dell’operazione;
- La stabile organizzazione non partecipa all’effettuazione dell’operazione se i mezzi della stessa sono utilizzati unicamente per funzioni di supporto amministrativo, quali la contabilità, la fatturazione e il recupero crediti;
- La fattura emessa con il numero di identificazione IVA della stabile organizzazione implica che quest’ultima, salvo prova contraria, abbia partecipato all’operazione posta in essere dalla casa madre.
Prestazioni territorialmente rilevanti
In presenza di una stabile organizzazione, se la cessione di beni o la prestazione di servizi è territorialmente rilevante in Italia, occorre innanzi tutto distinguere a seconda che (circ. 37/E/2011, par. 4.5):
- Il soggetto estero abbia la stabile organizzazione in Italia;
- Il soggetto italiano abbia la stabile organizzazione all’estero.
Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia, se le stesse sono:
- Poste in essere nei confronti di soggetti passivi italiani o di stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, si considera debitore d’imposta:
- il cessionario/committente italiano, se la stabile organizzazione del soggetto estero non partecipa all’operazione;
- il cedente/prestatore estero, in caso contrario;
- Poste in essere nei confronti di cessionari/committenti non stabiliti in Italia o di cessionari/committenti non soggetti passivi, si considera in ogni caso debitore d’imposta il cedente/prestatore estero.
Gli obblighi Iva sono assolti dalla stabile organizzazione italiana, utilizzando una serie distinta di numerazione per le fatture non riferibili alle operazioni effettuate attraverso la stabile organizzazione, con conseguente registrazione separata ed indicazione in un distinto modulo della dichiarazione annuale del soggetto estero.
Per le cessioni di beni e prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, effettuate da soggetti italiani con stabile organizzazione all’estero, si considera come debitore d’imposta il cedente/prestatore italiano, i cui obblighi IVA vanno assolti utilizzando una serie distinta di numerazione per le fatture riferibili alle operazioni effettuate attraverso la stabile organizzazione estera. Tali ultime operazioni devono essere registrate separatamente ed indicate in un distinto modulo della dichiarazione annuale del cedente/prestatore italiano.
Operazioni passive
Con riferimento alle operazioni passive, se il committente è stabilito in più Stati, la prestazione si considera effettuata nello Stato in cui il committente ha stabilito la sede della propria attività economica. Tuttavia, se la prestazione è resa a una stabile organizzazione del soggetto passivo, la stessa è imponibile nel luogo in cui è ubicata la stabile organizzazione che riceve il servizio. Nel caso, per esempio, in cui la prestazione sia resa ad un soggetto passivo italiano con stabile organizzazione in Germania, la stessa si considera effettuata in Germania se il destinatario del servizio è la stabile organizzazione.
Soggetto passivo dotato di più stabili organizzazioni
Se il soggetto passivo dispone di più stabili organizzazioni, al fine di individuare quale di esse sia da considerare come committente, occorre avere riguardo:
- Alla natura e all’utilizzazione del servizio fornito;
- Al contratto, all’ordinativo e al numero di identificazione Iva della stabile organizzazione, nonché alla stabile organizzazione che provvede al pagamento del servizio.
Identificazione IVA con rappresentante fiscale
La nomina del rappresentante fiscale è obbligatoria qualora il soggetto non residente, che non sia già identificato ai fini Iva in Italia direttamente, effettui nel territorio dello Stato cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di (art. 17 co. 3 del DPR n. 633/72):
- Cessionari o committenti italiani che non agiscono nell’esercizio d’impresa o di arte o professione;
- Cessionari o committenti non residenti, anche se soggetti passivi.
La nomina del rappresentante fiscale in Italia resta preclusa quando il soggetto non residente ivi possiede una stabile organizzazione (art. 17 co. 3 del DPR n. 633/72).
Responsabilità solidale del rappresentante fiscale
Il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia di IVA (art. 17 co. 3 del DPR n. 633/72). La responsabilità solidale è limitata alle operazioni, territorialmente rilevanti in Italia, compiute dal rappresentato estero per il suo tramite. Per questa ragione, al rappresentante fiscale è attribuita una soggettività passiva parziale. Dal punto di vista civilistico, il rappresentante fiscale agisce come mandatario. Tuttavia, la responsabilità del rappresentante italiano di un soggetto non residente è determinata non tanto in funzione dell’accordo privatistico (contratto di mandato) che lo lega al rappresentato non residente, quanto dall’applicazione delle norme giuridiche sulla territorialità dell’operazione e sulla conseguente individuazione del debitore dell’imposta. Sul piano comunitario, la responsabilità solidale del rappresentante fiscale è limitata all’assolvimento dell’IVA.
Obbligo di solidarietà passiva IVA
Benché non espressamente estesa agli obblighi “formali”, la solidarietà passiva s’intende riferita sia al versamento dell’imposta, sia all’adempimento degli altri obblighi, di carattere “formale”, relativi però alle sole operazioni che il soggetto non residente ha effettuato avvalendosi del rappresentante. Il meccanismo della rappresentanza ha unicamente lo scopo di consentire all’Amministrazione finanziaria di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all’estero. Si tratta, infatti, di un mero strumento da utilizzare per adempiere gli obblighi ed esercitare i diritti derivanti dalle operazioni effettuate nel territorio dello Stato (art. 17 co. 3 del DPR n. 633/72).
La designazione del rappresentante fiscale non influisce pertanto sul luogo impositivo, salvo che il rappresentante fiscale svolga un ruolo economico nelle prestazioni in questione, ma, in tale ipotesi, è in ragione di detto ruolo e non della sua qualità di rappresentante fiscale che le operazioni da lui effettuate sono imponibili. In sostanza, il ruolo economico del rappresentante presuppone che egli agisca in qualità di mandatario senza rappresentanza, in virtù della finzione giuridica prevista dalla normativa Iva (art. 3 co. 3 del DPR n. 633/72).
La responsabilità solidale in oggetto si riferisce al solo periodo temporale coperto dal mandato, dovendosi escludere la solidarietà passiva per le eventuali violazioni commesse dai rappresentanti precedentemente nominati. Il rappresentante fiscale deve essere nominato nelle forme previste dalla legge (art. 1 co. 4 del DPR n. 441/97)
Identificazione Iva con rappresentante fiscale: nomina
Secondo l’Amministrazione finanziaria, il rapporto di rappresentanza fiscale deve risultare, in via alternativa da:
- Atto pubblico;
- Scrittura privata registrata;
- Lettera annotata, in data anteriore all’effettuazione della prima operazione, in apposito registro (mod. VI) presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante. L’ufficio, ai fini della registrazione, può esigere:
- Che la traduzione in lingua italiana della lettera di nomina redatta in lingua straniera sia asseverata, prestando cioè giuramento davanti ad un pubblico ufficiale (es. notaio);
- L’apposizione dell’Apostille;
- Il certificato di “good standing” della società estera.
La nomina del rappresentante fiscale è comunicata alla controparte anteriormente all’effettuazione dell’operazione (art. 17 co. 3 del DPR n. 633/72). In ogni caso, la nomina del rappresentante fiscale non deve necessariamente risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. Dato, infatti, che la finalità della citata disposizione è quella di rendere tempestivamente informata l’Amministrazione finanziaria dell’avvenuta nomina, quest’ultima s’intende validamente effettuata per mezzo della comunicazione resa in sede di dichiarazione di inizio attività o di variazione dati.
L’obbligo di annotazione della lettera di nomina nel registro in esame prescinde dalla tipologia di attività esercitata dal rappresentato estero. Pertanto, il suddetto obbligo ricorre anche nel caso in cui l’attività svolta si sostanzi nell’effettuazione di prestazioni di servizi.
La lettera di nomina deve essere presentata all’ufficio delle Entrate contestualmente alla richiesta di attribuzione del numero di partita IVA. Se il rappresentato estero non è una persona fisica occorre utilizzare il modello AA7/10. In difetto, si concretizza non già la tardiva comunicazione all’ufficio dell’avvenuta nomina del rappresentante fiscale, bensì un’ipotesi di mancata nomina del medesimo. A sua volta, l’ufficio deve provvedere all’annotazione della lettera di nomina contestualmente alla sua ricezione, rilasciando all’interessato idonea documentazione attestante l’avvenuta annotazione nel registro mod. VI.
Forza attrattiva limitata del rappresentante fiscale
La libertà di scelta, riconosciuta al soggetto IVA, di avvalersi o meno, per il compimento di un’operazione attiva, del proprio rappresentante fiscale, previamente nominato, ha quindi come unico limite il rischio in parola. Sul punto, tuttavia, l’Amministrazione finanziaria ha escluso l’utilizzo della posizione IVA (identificazione IVA diretta o rappresentante fiscale) quando, come nel caso esaminato, i beni acquistati in Italia per essere inviati in altro Paese UE, così come i beni inviati da altro Paese UE in Italia, costituiscano, rispettivamente, cessioni intracomunitarie e acquisti intracomunitari tra il soggetto italiano e quello UE. In caso, invece, di cessione da altro Paese UE al rappresentante fiscale italiano con successiva cessione interna, è stato ammesso l’utilizzo del rappresentante (ris. Agenzia delle Entrate 9.1.2003 n. 4).
Per i giudici comunitari, a meno che non sia coinvolto, in senso economico, nell’effettuazione di operazioni territorialmente rilevanti in Italia, il rappresentante fiscale del soggetto estero non attribuisce a quest’ultimo lo status di soggetto residente. Tant’è che il meccanismo della rappresentanza ha unicamente lo scopo di consentire al Fisco di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all’estero. Prova ne sia che il rappresentante fiscale assume la figura di soggetto deputato all’adempimento degli obblighi e all’esercizio dei diritti discendenti dall’effettuazione, nel territorio dello Stato, di operazioni rilevanti agli effetti dell’Iva. Sul punto vedasi l’articolo 17, comma 3, del DPR n. 633/72. Al rappresentante fiscale non può essere, pertanto, attribuita una “forza attrattiva” totalizzante, come d’altra parte ribadito, più volte, dalla stessa Amministrazione finanziaria.
Identificazione IVA diretta
I soggetti non residenti che intendono assolvere direttamente gli obblighi od esercitare i diritti in materia di Iva nel territorio dello Stato italiano devono farne dichiarazione, prima dell’effettuazione delle operazioni per le quali si vuole adottare il suddetto sistema (art. 35-ter del DPR n. 633/72). A tal fine, occorre utilizzare il modello ANR per l’identificazione IVA.
Funzione strumentale
Al pari del rappresentante fiscale, anche l’identificazione IVA diretta ha carattere meramente strumentale. In buona sostanza, quindi, non è necessario farvi ricorso quando l’operazione (attiva o passiva) può essere realizzata direttamente tra le controparti “principali”. L’identificazione IVA diretta è alternativa rispetto alla nomina del rappresentante fiscale. Di conseguenza, il soggetto non residente già identificato nel territorio dello Stato mediante un proprio rappresentante, per potersi registrare direttamente ai fini Iva, deve previamente estinguere la partita IVA accesa per il tramite del rappresentante fiscale. A tal fine, occorre presentare la dichiarazione di cessazione redatta:
- Sul modello AA7, per le persone giuridiche;
- Sul modello AA9, per le persone fisiche.
Identificazione Iva diretta: chi può farlo?
Possono avvalersi dell’identificazione IVA diretta esclusivamente i soggetti passivi identificati ai fini IVA all’interno dell’UE. Tra lo Stato italiano e i Paesi/territori “terzi” non sussistono infatti, attualmente, accordi o strumenti giuridici che disciplinino la reciproca assistenza in materia di imposizione indiretta. La competenza a gestire i rapporti con i soggetti non residenti che si identificano direttamente in Italia, prima attribuita all’ufficio di Roma 6, è stata devoluta al Centro operativo di Pescara. Il modello ANR deve essere utilizzato dai soggetti non residenti per l’identificazione IVA in Italia. Lo stesso modello deve essere utilizzato anche, dai soggetti non residenti, per comunicare la variazione dati o la cessazione attività.
Attribuzione della partita IVA
A seguito della presentazione del modello per la dichiarazione di identificazione IVA diretta, viene attribuito al richiedente il numero di partita IVA. Quest’ultimo deve essere:
- Indicato in tutti gli atti rilevanti ai fini del tributo;
- Utilizzato per le operazioni in relazione alle quali viene adottato il sistema dell’identificazione Iva diretta.
La dichiarazione per l’identificazione Iva diretta in Italia, con conseguente attribuzione della partita Iva, deve essere presentata esclusivamente all’Agenzia delle Entrate (Centro operativo di Pescara – via Rio Sparto n. 21 – 65100 Pescara):
- Direttamente, anche per delega;
- A mezzo servizio postale e mediante raccomandata, allegando:
- La copia fotostatica di un documento di identificazione Iva del dichiarante;
- La certificazione attestante la qualità di soggetto passivo Iva posseduta nello Stato di appartenenza.
Le dichiarazioni di variazione e cessazione attività possono essere presentate, oltre che secondo le predette modalità, anche per via telematica:
- Direttamente dal soggetto estero;
- Tramite gli intermediari abilitati (art. 3 co. 3 del DPR 322/98).
Il modello deve essere presentato:
- Ai fini dell’identificazione IVA diretta, in data anteriore rispetto a quella di effettuazione delle operazioni territorialmente rilevanti in Italia agli effetti dell’IVA;
- In caso di variazione dei dati precedentemente comunicati da parte dei soggetti già identificati direttamente, entro 30 giorni dalla data in cui si è verificata la variazione oggetto di comunicazione;
- In caso di cessazione dell’attività nello Stato estero di stabilimento, ovvero nell’ipotesi di estinzione del soggetto non residente avvenuta a seguito di trasformazione, entro 30 giorni dalla data in cui si è verificata l’estinzione.
Identificazione IVA e reverse charge
Gli obblighi Iva discendenti dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi effettuate in Italia da soggetti non residenti devono essere adempiuti:
- Dal cessionario/committente italiano, soggetto passivo Iva, anche se il cedente/prestatore non residente è identificato in Italia direttamente o per mezzo di un rappresentante fiscale;
- Dal cedente/prestatore non residente, attraverso la posizione Iva accesa in Italia, se il cessionario/committente è:
- Un privato italiano;
- Un soggetto passivo o un privato non stabilito in Italia.
Dall’1.1.2013, l’obbligo di integrazione e registrazione è applicabile, in via generale, alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, effettuate dai soggetti passivi stabiliti in altri Paesi UE (art. 17 co. 2 del DPR 633/72).
Di conseguenza, la procedura di autofatturazione è obbligatoria quando il cedente/prestatore è extracomunitario.
Procedura di integrazione e registrazione
Il committente/cessionario nazionale, per le operazioni soggette ad inversione contabile, deve:
- Numerare la fattura del fornitore comunitario e integrarla con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione espressi in valuta estera, nonché dell’ammontare dell’IVA, calcolata secondo l’aliquota applicabile;
- Annotare la fattura, come sopra integrata, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, distintamente nel registro IVA vendite, secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo dell’operazione espresso in valuta estera;
- Annotare la fattura integrata, distintamente, anche nel registro IVA acquisti, al fine di esercitare la detrazione eventualmente spettante (art. 47 co. 1 del DL 331/93). In particolare, la fattura potrà essere annotata a partire dal mese in cui l’imposta diviene esigibile e fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale relativa al secondo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile;
- Emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione – nel caso di mancata ricezione della fattura del fornitore comunitario entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione – ed annotarla entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente.
Autofattura per operazioni B2B
Il caso di identificazione Iva nel territorio dello Stato del soggetto non residente, la procedura di integrazione e registrazione presuppone che la fattura di vendita sia emessa direttamente dal soggetto estero. E non dalla posizione Iva italiana. Questo in quanto il documento emesso, senza addebito d’imposta, dalla posizione Iva italiana non rileva come fattura ai fini dell’Iva.
Di conseguenza, l’operatore nazionale è tenuto ad applicare la procedura di regolarizzazione (art. 46 co. 5 del DL 331/93), con emissione di autofattura, nel caso di mancata ricezione della fattura del fornitore comunitario entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Inapplicabilità delle sanzioni
Non si applicano sanzioni nei casi di:
- Integrazione della fattura anteriormente all’effettuazione dell’operazione;
- Emissione dell’autofattura “da regolarizzazione” prima che sia decorso il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, a condizione che sussistano obiettive condizioni di incertezza in relazione all’individuazione del momento di conclusione dell’operazione, ovvero per un errore scusabile nella sua individuazione.
Procedura di autofatturazione
Riguardo alla procedura di autofatturazione:
- Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi “specifici”, l’autofattura deve essere emessa nel momento di effettuazione dell’operazione ed annotata (artt. 23 e 25 del DPR 633/72):
- nel registro delle fatture emesse entro 15 giornie con riferimento alla data di emissione;
- nel registro degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale viene esercitata la detrazione;
- Per le prestazioni di servizi “generici”, l’autofattura deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione (art. 21 co. 4 lett. d del DPR 633/72) ed annotata (artt. 23 e 25 del DPR 633/72):
- nel registro delle fatture emesse entro il termine di emissione, ma con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione;
- nel registro degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale viene esercitata la detrazione.
Indice di ultimazione della prestazione
Anche nell’ipotesi di prestatore extra-UE, la ricezione di un qualsiasi documento da quest’ultimo emesso, volto a certificare l’operazione posta in essere, è indice di ultimazione dell’operazione o di maturazione del corrispettivo.
Possibilità per l’identificazione Iva in Italia di soggetti esteri: consulenza
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