Quando si avvia una attività in autonomia, bisogna tenere in considerazione diversi fattori: dalle imposte da versare ai contributi da destinare all’INPS, dall’organizzazione stessa del lavoro alla fatturazione. Lavorare in autonomia comporta anche alcuni rischi, come ad esempio il mancato pagamento di una fattura.
Una fattura non pagata può portare a diverse problematiche e effetti collaterali non positivi per chi lavora in autonomia e per le imprese, e va tenuto conto che secondo la normativa italiana, il lavoratore autonomo è tenuto a provvedere al pagamento delle imposte anche se la fattura non viene pagata.
Quando una fattura non viene pagata da un cliente, la prima conseguenza negativa è il mancato fatturato per un lavoro svolto, una situazione che qualsiasi lavoratore autonomo vorrebbe evitare. Ma a fronte di un rischio di questo tipo, è possibile tutelarsi? Cosa comporta effettivamente il mancato pagamento di una fattura? Rispondiamo a queste domande nell’articolo, vedendo come è possibile tutelarsi da eventualità di questo tipo.
Fattura non pagata: il rischio del lavoro autonomo
Lavorare in autonomia comporta un certo grado di rischio, rispetto ad un tradizionale lavoro subordinato. Il lavoratore autonomo infatti deve provvedere alla ricerca dei clienti, o di progetti lavorativi a cui prendere parte, in base alla propria professionalità e competenze.
In un mercato sempre più competitivo, il lavoratore autonomo, ma anche l’impresa, devono rimanere aggiornati necessariamente sull’evoluzione di un determinato settore, sull’andamento dell’economia e sulle diverse possibilità presenti sul territorio.
Il lavoro in autonomia è più rischioso rispetto a quello di tipo dipendente, anche per quanto riguarda i ricavi, che possono essere anche decisamente variabili. Mentre il lavoratore dipendente riceve ogni mese pressoché lo stesso stipendio, per il lavoratore autonomo le entrate economiche possono oscillare sensibilmente nel tempo, in base al lavoro svolto, al numero di clienti, alle tariffe specifiche.
Dall’altro lato, l’aspetto positivo del lavoro in autonomia è la maggiore flessibilità che garantisce rispetto ad un lavoro di tipo dipendente. Il lavoratore autonomo o l’impresa devono affrontare diversi rischi che non sono presenti per il lavoratore dipendente, come ad esempio la possibilità di non guadagnare la somma stimata in un determinato periodo.
Una delle problematiche più critiche è quella del mancato pagamento di una o più fatture da parte dei clienti. A lavoro svolto, può accadere infatti che ci siano dei ritardi nel saldo del pagamento, oppure che questo non avvenga affatto, nella peggiore delle ipotesi.
Fattura non pagata: le tasse
Una considerazione di cui tenere conto riguarda le tasse: le imprese e i lavoratori autonomi pagano una certa quantità di imposte allo stato, e provvedono al versamento dei propri contributi a fini pensionistici, all’INPS o ad un’altra cassa previdenziale, nel caso di specifiche professioni.
Quando una fattura non viene pagata, chi provvede al pagamento delle imposte su quella fattura? Generalmente i lavoratori autonomi e le imprese addebitano i costi al cliente, direttamente in fattura, indicando anche l’IVA presente su un determinato servizio, o sulla vendita di un bene.
Una volta all’anno, o in base a diverse scadenze, imprese e autonomi con Partita IVA devono provvedere a versare queste somme allo stato, che vengono calcolate in base a precise aliquote sul fatturato complessivo, che variano al variare del regime fiscale scelto. Un autonomo con regime fiscale forfettario generalmente paga meno tasse di un lavoratore in regime ordinario, anche se deve rispettare diversi requisiti per l’agevolazione.
Tutti i professionisti, autonomi e imprese che svolgono una attività in autonomia devono necessariamente avere una Partita Iva, e provvedere al pagamento delle imposte. Nel caso di mancato pagamento, si può parlare di evasione fiscale, e sono previste anche importanti sanzioni.
Tuttavia, quando una fattura non viene pagata, chi ne paga le imposte corrispondenti? A dover provvedere al saldo, è sempre il lavoratore o professionista che emette fattura. Questo vuol dire che una volta emessa una fattura, sia nel modo tradizionale che con fatturazione elettronica, è il soggetto che l’ha emessa a dover provvedere al pagamento delle tasse su quella fattura, indipendentemente dal fatto che la stessa è incassata oppure no.
Questo è uno dei rischi dei lavoratori autonomi e delle imprese: le tasse vanno sempre pagate, anche se la fattura non viene regolarmente saldata. Anche per questo motivo, è importante per chi lavora in autonomia tutelarsi il più possibile da questa eventualità.
Pagamento di una fattura: limiti temporali
Quando un lavoratore autonomo o una impresa emettono una fattura ad un cliente, per l’erogazione di un bene o di un servizio, sulla fattura stessa, o tramite un documento ulteriore come un preventivo o un contratto per l’accordo di collaborazione, va indicata anche la tempistica entro cui il cliente deve provvedere al pagamento.
Generalmente si tratta di un limite temporale di 30 giorni per procedere al pagamento, anche se possono essere accordate tempistiche diverse dai soggetti interessati. Una fattura è un vero e proprio documento fiscale, per cui i clienti sono tenuti a provvedere al pagamento entro la data stabilita. Solitamente se il pagamento supera i 60 giorni, è buona norma stabilire le tempistiche per iscritto.
Quando un soggetto autonomo o una impresa emette una fattura, deve preoccuparsi di chiarire tutte le informazioni e dichiarare i dati specifici sul lavoro svolto, sui soggetti coinvolti, sulla Partita IVA e sugli importi che il cliente deve provvedere a pagare. A volte si può incorrere in errori nel pagamento sbagliando dall’origine a scrivere la fattura.
Altro errore frequente è quello di non indicare o omettere gli estremi bancari del pagamento. In particolare il cliente deve conoscere l’IBAN corretto su cui versare l’importo dovuto. In assenza di questo dato, è impossibile procedere correttamente al pagamento.
Fattura non pagata: come comportarsi
Quando una fattura non risulta pagata, oltre i termini stabiliti, e non sono presenti errori né di scrittura, né di IBAN, il lavoratore autonomo, o impresa, può provvedere a inviare un sollecito bonario del pagamento. Il sollecito può essere effettuato attraverso diversi canali di comunicazione.
Trattandosi di una comunicazione bonaria, in cui si ipotizza la buona fede del cliente, si può inviare una email per richiedere il saldo della fattura, effettuare una telefonata o notificare in altri modi la richiesta di pagamento. L’email ordinaria ha valore di prova documentale solo se non viene disconosciuta dalla controparte nel corso di un eventuale processo. Non potrà essere disconosciuta se ha risposto o ha tenuto un comportamento tale da far presumere che l’abbia letta.
Si può anche decidere, se le tempistiche di pagamento sono state largamente superate, di inviare una lettera di sollecito del pagamento. La diffida, o messa in mora. Affinché la diffida abbia valore legale deve consentire la prova certa del ricevimento. Pertanto dovrà essere inoltrata o a mezzo di raccomandata a/r o con posta elettronica certificata.
Le informazioni devono anche contenere la data di riferimento, ovvero quando è stata emessa la fattura, indicandone la scadenza di pagamento. Se il primo sollecito, di natura bonaria, non porta al pagamento della fattura, può essere necessario comunicare al cliente il ricorso ad un avvocato, o una procedura di tipo legale.
La diffida ha la funzione di interrompere i termini della prescrizione. Il termine di prescrizione è di 10 anni per tutti i contratti conclusi con aziende. Per i professionisti come avvocati, medici, commercialisti, ecc.. la prescrizione è di 3 anni.
Qualora il debitore, nonostante il ricevimento della fattura e delle diffide, non dovesse pagare si può ricorrere in tribunale. E’ possibile chiedere un decreto ingiuntivo senza avviare una causa.
Quando procedere per vie legali
Nelle situazioni peggiori, quando ancora la fattura non viene saldata, è possibile procedere per vie legali, tramite causa civile, e procedimento giudiziario. Il lavoratore autonomo o l’impresa devono provare la sussistenza del debito da parte del cliente, attraverso opportuna documentazione (ovvero la fattura e l’eventuale accordo preso tra le parti).
La fattura è una prova valida e sufficiente per dimostrare l’effettiva sussistenza di una cifra per cui il cliente si trova ancora in debito. Nel caso di fatturazione elettronica poi, i dati sono resi trasparenti al fisco, in particolare all’Agenzia delle Entrate, nel momento stesso in cui viene emessa.
La fatturazione elettronica ha introdotto infatti una maggiore trasparenza sul lavoro tra autonomi e imprese e clienti. Il problema delle fatture non pagate è piuttosto frequente, e purtroppo può causare non pochi problemi per imprese e autonomi nella gestione del fatturato e nel pagamento delle imposte.
Nei casi più estremi si consiglia di procedere con azioni di recupero delle cifre dovute, anche attraverso un consulto con un avvocato esperto in materia.
Come tutelarsi preventivamente
Una possibilità è quella di aggiungere una tutela preventiva nel caso di lavoro di tipo autonomo o di erogazione di un bene o servizio da parte di una impresa. In molti casi si può decidere di stabilire alcune regole precise per il pagamento, che riguardano le modalità e le scadenze, tramite apposito contratto tra le parti.
Non è raro per i lavoratori autonomi, specialmente quando lavorano per molto tempo con gli stessi clienti, instaurare un accordo preventivo che stabilisce le modalità di lavoro, le tempistiche di consegna di eventuali servizi, le scadenze e i pagamenti.
Un contratto tra le parti è una sicurezza aggiuntiva, oltre che una prova scritta, sia per i lavoratori autonomi o imprese, che per i clienti. Anche se episodi di mancato pagamento delle fatture possono comunque avvenire, la presenza di un contratto tra le parti limita questa eventualità.