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Certificati di residenza fiscale nell’accertamento per esterovestizione

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Il ruolo dei certificati di residenza fiscale estera nell'attività di indagine da parte dell'Amministrazione finanziaria per esterovestizione societaria. Vediamo le indicazioni di prassi ed alcune riflessioni sull'argomento.

Il concetto di residenza fiscale assieme a quello di esterovestizione societaria sono quelli più dibattuti in ambito giurisprudenziale. Per questo motivo ho pensato di soffermare la mia attenzione su un aspetto importante. Vale a dire l'importanza per l'Amministrazione finanziaria italiana dei certificati fiscali esteri. Si tratta delle certificazioni di residenza fiscale estera, rilasciate dall'Amministrazione finanziaria del Paese estero su richiesta del contribuente interessato.

Il dibattito sull'effettiva validità dei certificati fiscali rilasciati da uno Stato estero si pone all'interno della gestione dell'onere della prova in caso di accertamento della residenza fiscale. Più in dettaglio l'obiettivo di questa analisi è quello di capire fino a che punto queste certificazioni, specie davanti ad una contestazione di esterovestizione societaria, possono essere fatte valere sia nell'ambito di un procedimento fiscale di verifica. Naturalmente, l'analisi è del tutto personale e non si pone come elemento esaustivo sul tema. Anzi, se hai avuto anche tu dei riscontri pratici sul tema puoi lasciare le tue considerazioni nei commenti di questo articolo. Vediamo, quindi, alcuni spunti di prassi riguardanti i certificati fiscali esteri.

Certificati di residenza fiscale estera e riferimenti nella normativa nazionale

Il primo aspetto da prendere in considerazione è che la normativa fiscale interna non contempla alcuna valenza probatoria nei confronti dei certificati fiscali esteri. Ovvero, di quei certificati rilasciati dalle autorità fiscali estere per identificare la residenza fiscale di un soggetto o di una società. In buona sostanza, si tratta di quei certificati rilasciati anche in virtù della presenza di Convenzioni contro le doppie imposizioni tra l'Italia ed il Paese estero di residenza del soggetto istante. Tuttavia, detto questo, vi sono due casi nei quali il certificato di residenza fiscale estera viene contemplato nella nostra normativa fiscale nazionale. Si tratta delle seguenti:

La disciplina sull'esenzione da ritenuta in uscita per interessi e royalties di cui all'art. 26-quater del DPR n. 600/73;

La disciplina sull'esenzione da tassazione per i dividendi incassati e pagati tra società italiane ed estere appartenenti allo stesso gruppo.

Nell'articolo 26-quater del DPR n. 600/73, nel dettare le condizioni al ricorrere delle quali il sostituto di imposta residente in Italia può erogare all'interno del gruppo interessi o royalties in esenzione da ritenuta, viene semplicemente stabilito che il certificato estero - richiesto per accedere al regime di esonero - ha validità per un anno decorrente dalla data del rilascio.

In tema di esenzione da tassazione (al 95%) di ritenuta per i dividendi incassati e pagati tra società italiane ed estere appartenenti allo stesso gruppo, si rintraccia una valenza probatoria. Infatti, tra i requisiti richiesti per aver accesso al regime, oltre quelli della forma legale e del regime fiscale...

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