La crescente utilizzazione di trust esteri da parte di contribuenti per finalità di pianificazione patrimoniale e successoria pone importanti questioni fiscali. L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta ad interpello n. 144/E/25, ha fornito importanti chiarimenti sulla tassazione dei dividendi e delle plusvalenze realizzate da trust esteri che detengono partecipazioni in società italiane.
Il caso esaminato riguarda un trust maltese, costituito da un residente italiano, che intende detenere una partecipazione non qualificata in una società italiana. La questione centrale verte sulla possibilità per il trust di beneficiare della ritenuta agevolata dell’1,20% sui dividendi e dell’esenzione sulle plusvalenze da cessione di partecipazioni (PEX).
Indice degli Argomenti
La struttura del trust e i soggetti coinvolti
Il trust analizzato dall’Agenzia delle Entrate presenta caratteristiche tipiche delle operazioni di pianificazione patrimoniale internazionale. Il disponente è una persona fisica residente in Italia che ha costituito un trust irrevocabile con durata di 125 anni, disciplinato dalla legge inglese ma con trustee maltese autorizzato dalla Malta Financial Services Authority.
La struttura prevede un investment adviser svizzero per la gestione degli investimenti e un protector italiano, avvocato privo di legami di parentela con i beneficiari. Il disponente risulta espressamente escluso dai beneficiari, elemento questo che conferisce al trust carattere di irrevocabilità sostanziale.
Particolarmente rilevante è l’opzione esercitata dal trustee maltese per assoggettare il trust all’imposta sulle società maltesi “come se fosse una società residente a Malta“, beneficiando così di un regime di participation exemption analogo a quello previsto dagli articoli 86 e 89 del TUIR.
La disciplina delle ritenute sui dividendi
La normativa nazionale prevede, all’articolo 27 del DPR n. 600/1973, una ritenuta del 26% sui dividendi corrisposti a soggetti non residenti. Tuttavia, il comma 3-ter dello stesso articolo introduce un regime agevolato con ritenuta dell’1,20% per dividendi corrisposti a “società e enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società” negli Stati UE o SEE inclusi nella white list.
Questa agevolazione, introdotta dalla Legge Finanziaria 2008, mira ad uniformare il trattamento fiscale dei dividendi tra soggetti IRES residenti e non residenti aventi natura commerciale, in linea con i principi di libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali del Trattato UE.
L’aliquota dell’1,20% corrisponde infatti alla tassazione effettiva che subiscono i dividendi percepiti da società italiane, dove il 95% dell’importo è escluso dal reddito imponibile e solo il 5% concorre alla formazione della base imponibile IRES (24% di 5% = 1,20%).
I requisiti per l’agevolazione sui dividendi
Per beneficiare della ritenuta agevolata dell’1,20%, il percettore deve soddisfare tre requisiti cumulativi:
- Essere soggetto ad imposta sul reddito delle società nel Paese di residenza;
- Essere residente in uno Stato UE o SEE incluso nella white list;
- Avere forma giuridica societaria secondo le previsioni della Direttiva madre-figlia.
Quest’ultimo requisito si rivela determinante nel caso del trust maltese. Infatti, nonostante il trust sia assoggettato all’imposta sulle società maltesi per effetto dell’opzione esercitata, l’Agenzia delle Entrate precisa che esso “non ha forma legale societaria, come richiesta dalla citata direttiva“.
La Direttiva 90/435/CEE (madre-figlia) all’articolo 2, lettera a), punto i), fa riferimento specificamente alle società che abbiano “una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A“, tra le quali non figurano i trust. Questa interpretazione formalistica esclude quindi il trust dall’ambito di applicazione dell’agevolazione, indipendentemente dalla sua soggettività passiva ai fini dell’imposta sulle società maltesi.
Il regime delle plusvalenze da cessione di partecipazioni
Diversa è la valutazione dell’Agenzia delle Entrate per quanto riguarda l’esenzione sulle plusvalenze prevista dall’articolo 5, comma 5, del D.Lgs. n. 461/1997. Questa norma esclude dalla tassazione nazionale le plusvalenze realizzate da soggetti residenti in Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, identificati nella white list.
Il trust maltese, essendo Malta inclusa nella white list e risultando il trust soggetto passivo d’imposta a Malta, soddisfa i requisiti per beneficiare dell’esenzione. In questo caso, la mancanza di forma societaria non preclude l’applicazione del regime agevolativo, poiché la normativa fa riferimento genericamente ai “soggetti residenti all’estero” senza specificare requisiti di forma giuridica.
Questa differenza di trattamento evidenzia come le varie agevolazioni fiscali abbiano presupposti soggettivi diversi, alcuni più restrittivi (dividendi) e altri più ampi (plusvalenze)
Considerazioni operative
La pronuncia dell’Agenzia delle Entrate comporta significative implicazioni per la pianificazione fiscale attraverso trust esteri. I dividendi distribuiti dalla società italiana al trust maltese saranno soggetti alla ritenuta ordinaria del 26% anziché a quella agevolata dell’1,20%, con un aggravio fiscale considerevole.
Questa situazione potrebbe indurre a riconsiderare le strategie di distribuzione degli utili, privilegiando la capitalizzazione rispetto alla distribuzione immediata, per poi realizzare eventuali plusvalenze esenti al momento della cessione delle partecipazioni.
Occorre inoltre valutare l’interazione con la normativa maltese, che prevede un sistema di tassazione delle società basato sul principio del full imputation con possibilità di rimborso dell’imposta pagata. Il trust potrebbe quindi recuperare l’imposta maltese sui dividendi ricevuti dall’Italia, mitigando parzialmente l’effetto della ritenuta italiana.
Per approfondire: Società a Malta: i vantaggi della struttura a due livelli.
È importante ricordare che la costituzione e dotazione di un trust estero da parte di un residente comporta specifici obblighi dichiarativi. Il disponente dovrà valutare gli adempimenti previsti dal monitoraggio fiscale (quadro RW) e dalla normativa CRS per lo scambio automatico di informazioni.
Inoltre, permane la necessità di verificare la corretta qualificazione del trust ai fini della normativa nazionale sui soggetti interposti, aspetto che il disponente ha sottoposto a separato interpello secondo quanto riferito nel documento.
La documentazione e la sostanza economica dell’operazione dovranno essere adeguatamente supportate per evitare contestazioni in sede di eventuale verifica fiscale, anche sotto il profilo dell’abuso del diritto.
Evitare l’interposizione fittizia
Il concetto di “interposizione fittizia” rappresenta il rischio principale da evitare. Quando il disponente mantiene sostanzialmente il controllo sui beni conferiti o quando il trustee opera sotto la direzione vincolante del disponente stesso, il trust viene considerato fiscalmente inesistente. In questi casi, i redditi prodotti dai beni in trust vengono imputati direttamente al disponente, vanificando qualsiasi effetto di pianificazione fiscale.
La circolare n. 61/E del 2010 ha stabilito parametri chiari per questa valutazione, sottolineando che l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni deve essere reale e non meramente formale. L’analisi non si limita alle clausole dell’atto istitutivo ma si estende agli elementi di fatto che caratterizzano la gestione concreta del trust.
I requisiti strutturali per l’autonomia fiscale
Il caso analizzato nella risposta ad interpello n. 145/E/25 evidenzia gli elementi strutturali che hanno consentito il riconoscimento dell’autonomia fiscale del trust. Primo tra tutti, la qualificazione del disponente come “excluded person“, che comporta l’impossibilità assoluta per quest’ultimo di beneficiare in qualsiasi forma del patrimonio segregato.
Questa esclusione non è meramente dichiarativa ma deve essere effettiva e irreversibile. Nel caso specifico, l’atto istitutivo prevede espressamente che il disponente non potrà mai ricevere distribuzioni di reddito o capitale, creando una separazione netta tra la sua sfera patrimoniale e quella del trust.
La durata del trust assume anch’essa rilevanza significativa. La previsione di un periodo di 125 anni o fino all’estinzione dei beneficiari dimostra la natura permanente della segregazione patrimoniale, escludendo qualsiasi intento di temporanea gestione dei beni da parte del disponente.
L’irrevocabilità della struttura rappresenta un ulteriore elemento di garanzia. Il disponente rinuncia definitivamente al controllo sui beni conferiti, non potendo modificare unilateralmente le condizioni del trust o recuperare i beni segregati.
Il ruolo del trustee
L’autonomia del trustee costituisce il cuore della qualificazione fiscale del trust. Nel caso esaminato, il trustee maltese gode di ampi poteri discrezionali sia nella gestione del patrimonio che nelle distribuzioni ai beneficiari. Questa discrezionalità non è limitata da istruzioni vincolanti del disponente ma si esercita nell’ambito delle finalità generali previste dall’atto istitutivo.
I poteri del trustee includono la facoltà di accumulare i redditi per reinvestirli, di decidere l’an e il quantum delle distribuzioni, di acquisire e alienare investimenti senza il consenso dei beneficiari, e di prendere decisioni operative in piena autonomia. Questa ampiezza di poteri dimostra che il controllo effettivo sui beni è realmente trasferito al trustee.
Particolare importanza assume la possibilità del trustee di delegare specifiche funzioni a consulenti specializzati, come l’investment adviser svizzero nel caso in esame. Tuttavia, anche in caso di delega, il trustee mantiene la responsabilità finale e il potere di supervisione, elementi che confermano la sua posizione di effettivo gestore del patrimonio.
La professionalità e l’indipendenza del trustee vengono valutate attraverso la sua autorizzazione a fornire servizi fiduciari e la sottoposizione alla vigilanza dell’autorità competente. Nel caso maltese, la licenza della Malta Financial Services Authority garantisce standard professionali e di controllo che supportano il riconoscimento dell’autonomia gestionale.
La figura del protector
Il protector rappresenta spesso un elemento critico nella valutazione fiscale dei trust, potendo configurarsi come strumento di controllo del disponente o come figura di garanzia per i beneficiari. Nel caso analizzato, il protector è un avvocato senza legami familiari o professionali con il disponente, che opera nell’ambito della propria attività professionale.
I poteri del protector sono limitati a specifiche situazioni di particolare rilevanza: la rimozione di beneficiari dalla classe di appartenenza e la modifica della legge applicabile o della giurisdizione competente. Questi poteri, pur significativi, non interferiscono con la gestione ordinaria del patrimonio, che rimane di esclusiva competenza del trustee.
L’equilibrio tra i poteri del trustee e quelli del protector è fondamentale. Mentre il protector può rimuovere e nominare trustee, garantendo così la continuità della struttura fiduciaria, non può dirigere le scelte di investimento o le decisioni distributive. Questo bilanciamento preserva l’autonomia gestionale del trustee pur fornendo meccanismi di controllo a tutela dei beneficiari.
L’indipendenza professionale del protector, unita alla limitatezza dei suoi poteri di intervento nella gestione ordinaria, contribuisce a escludere qualsiasi forma di eterodirezione da parte del disponente, rafforzando la qualificazione del trust come soggetto autonomo.
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