I regimi fiscali noti come “resident but non domiciled” (RND) sono strumenti giuridici adottati da diversi Paesi per attrarre individui con elevata capacità economica, imprenditori e investitori stranieri. Questi regimi fiscali consentono ai residenti fiscali di tassare esclusivamente i redditi prodotti nel territorio nazionale, esentando o agevolando quelli di fonte estera. Tali regimi risultano particolarmente attrattivi per chi possiede patrimoni significativi distribuiti a livello internazionale, ma presentano complessità quando si intrecciano con le Convenzioni contro le doppie imposizioni. Una delle principali criticità riguarda l’articolo 4 delle Convenzioni, che disciplina la residenza fiscale.
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Regimi resident but not domicilied: caratteristiche e obiettivi
I regimi fiscali RND sono concepiti per creare un ambiente favorevole agli investimenti esteri e attrarre capitali e talenti. Essi rappresentano uno strumento di competitività fiscale adottato in diversi Paesi. Tra gli esempi più rilevanti troviamo:
- Regno Unito: Permette ai residenti non domiciliati di essere tassati solo sui redditi interni, favorendo i grandi patrimoni. Regime revisionato che entrerà in vigore il 6 aprile 2025. Per approfondire: Residente non domiciliato UK.
- Irlanda: Permette ai residenti non domiciliati di essere tassati solo sui redditi interni e sui redditi esteri trasferiti nel Paese, basato sul concetto di remittance;
- Malta: Il regime fiscale permette ai residenti non domiciliati di essere tassati solo sui redditi interni e sui redditi esteri trasferiti nel Paese. Per approfondire: Residenti non domiciliati a Malta: come funziona?.
- Grecia: Adotta un sistema basato su un’imposta forfettaria sui redditi esteri per nuovi residenti.
- Olanda: Adotta un regime fiscale di favore particolare, c.d. “30% ruling” legato ai redditi di fonte interna esentando redditi di fonte estera.
Questi regimi hanno in comune l’obiettivo di attirare soggetti ad alto reddito e investitori, garantendo vantaggi fiscali mirati e creando opportunità per l’economia locale. Di fatto usufruire di questi regimi consente di detenere aziende all’estero e poter beneficiare dell’esenzione sulla tassazione dei dividendi di fonte estera percepiti. Di fatto, un vantaggio tutt’altro che trascurabile nel proprio tax planning.
Tuttavia, tali benefici possono essere limitati da incompatibilità con le norme internazionali, come quelle previste dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Problemi con le Convenzioni contro le doppie imposizioni
L’articolo 4 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, basato sul Modello OCSE, stabilisce i criteri per determinare la residenza fiscale di una persona fisica. Prima occorre analizzare i criteri interni previsti da ogni Stato per poi, in caso di conflitto utilizzare le tie breaker rules, contenute nel secondo paragrafo dell’articolo.
L’utilizzo di regimi fiscali che possano portare il contribuente in una situazione di doppia non imposizione è in contrasto con il Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni (DTA). Di fatto, tale modello contiene una specifica disposizione antielusiva volta a disincentivare gli Stati verso l’utilizzo di regimi fiscali potenzialmente elusivi. In particolare, si tratta della clausola seguente:
Il punto cruciale è il concetto di “residenza fiscale piena”, che implica l’obbligo di dichiarare e tassare tutti i redditi mondiali nello Stato di residenza. Nei regimi RND, questo principio non viene applicato integralmente: il contribuente è tassato esclusivamente sui redditi interni o trasferiti, escludendo la globalità dei redditi esteri. Per questo motivo il Modello OCSE, in questi casi non consente al contribuente di potersi considerare fiscalmente residente nello Stato estero.
In pratica, questo significa, rimanere con residenza fiscale italiana ed essere tenuti a dichiarare tutti i propri redditi in Italia (ex art. 3 del TUIR).
Impatti per l’Italia
L’Italia, in quanto firmataria di numerose Convenzioni contro le doppie imposizioni, si trova spesso a dover affrontare problematiche interpretative legate ai regimi RND. Alcuni accordi prevedono clausole che escludono il riconoscimento della residenza fiscale in uno Stato estero qualora il soggetto non vi sia tassato sui redditi globali. In particolare, tale clausola si ritrova nelle seguenti Convenzioni in vigore:
- Con il Regno Unito (L. 05.11.1990, n.329);
- Con Malta (L. 02.05.1983, n.304);
- Con il Portogallo (L. 10.07.1982, n.562);
- Con la Grecia (L.30.12.1989, n.445);
- Con l’Olanda (L. 26.07.1993, n.305).
Ciò comporta due principali conseguenze:
- Conflitto di residenza fiscale: L’Italia potrebbe considerare fiscalmente residente un soggetto secondo i propri criteri interni, ignorando il regime RND, con conseguenze di tassazione e sanzioni rilevanti;
- Rischio di doppia imposizione: La mancata armonizzazione tra i sistemi fiscali potrebbe comportare un’imposizione duplicata sui redditi esteri.
Esempi di conflitto
Caso Regno Unito-Italia
Un contribuente residente nel Regno Unito con regime RND non è tassato sui redditi esteri. Tuttavia, la Convenzione Italia-Regno Unito prevede che, per essere considerato residente fiscale esclusivamente nel Regno Unito, il soggetto debba tassare i redditi globali. Di conseguenza, l’Italia potrebbe rivendicare la residenza fiscale del soggetto in base all’art. 4, par. 1 della Convenzione.
Caso Malta-Italia
Nel regime dei residenti non abituali maltese, determinati redditi esteri possono essere completamente esentati. In questo contesto, l’Italia potrebbe non riconoscere il soggetto come residente esclusivo di Malta, applicando la propria tassazione sui redditi globali in base al principio della residenza effettiva. Questo, sempre secondo l’art. 4, par. 1 della Convenzione.
Soluzioni e strategie di mitigazione
La pianificazione fiscale è fondamentale per evitare conflitti di residenza e problemi di doppia imposizione. Alcuni passi essenziali includono:
- Analizzare attentamente le clausole delle Convenzioni applicabili;
- Verificare la coerenza dei criteri di residenza fiscale tra i Paesi coinvolti;
- Monitorare l’applicazione delle norme anti-abuso introdotte da molte giurisdizioni per contrastare utilizzi impropri dei regimi agevolativi.
Quando si decide di trasferirsi all’estero occorre sempre effettuare un’attività attività di tax planning, soprattutto se si vogliono applicare regimi fiscali di favore. Ogni caso richiede un approccio su misura, considerando:
- Le caratteristiche del regime RND prescelto.
- La posizione fiscale del contribuente nel Paese di origine.
- La tipologia e la localizzazione dei redditi esteri.
Trasferimento di residenza all’estero: consulenza fiscale online
I regimi fiscali “resident but non domiciled” offrono opportunità significative per i contribuenti e vantaggi per i Paesi che li adottano, ma sollevano anche questioni complesse dal punto di vista giuridico e fiscale. Per i contribuenti italiani che intendono usufruire di tali regimi, è cruciale pianificare attentamente la propria posizione fiscale, considerando sia le normative italiane che quelle internazionali.
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