Per le persone fisiche (privati) gli interessi sui titoli di Stato vengono tassati al 12,5%, un’aliquota agevolata rispetto a quella prevista per gli altri titoli emessi sui mercati finanziari, che è pari al 26%. Detto questo occorre capire anche come vengono tassati i titoli di Stato emessi da parte di stati esteri. Come vedremo assume rilevanza la presenza o meno dello Stato emittente nella lista dei paesi c.d. white list che consentono adeguato scambio di informazioni con l’Italia. Vediamo, di seguito le principali informazioni da conoscere per individuare la tassazione dei titoli di Stato emessi da enti pubblici esteri.
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Tassazione dei titoli di Stato dei soggetti non imprenditori
Per i soggetti non imprenditori, ovvero privati, i titoli di Stato generano redditi di capitale (interessi) in relazione al loro possesso, mentre generano redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze) nel momento della loro cessione o del loro rimborso.
Per favorire il ricorso all’investimento in titoli di Stato, il legislatore ha mantenuto il prelievo, sia per gli interessi che per le plusvalenze, con una aliquota di tassazione ridotta, nella misura del 12,50%. Quello che deve essere evidenziato è che non è l’emittente del debito che è soggetto al regime fiscale italiano, ma il debito stesso per sua natura.
Interessi sui titoli di Stato
Gli interessi dei titoli di Stato, rientrano nella categoria dei redditi di capitale, ex art. 44, co. 1, lett. b) del TUIR. Su tali redditi si rende applicabile l’imposta sostitutiva con aliquota 26%. Tuttavia, l’art. 3, co. 2, lett. a) del D.L. n. 66/14 ha previsto che i proventi delle obbligazioni e altri titoli di cui all’art. 31 del DPR n. 601/73 ed equiparati (titoli di Stato) possano scontare l’aliquota ridotta del 12,50%. Si tratta di un’aliquota ridotta per incentivare l’investimento in titoli del debito pubblico da parte degli investitori.
Plusvalenze sui titoli di Stato
La cessione o il rimborso di titoli di Stato determina l’emersione di plusvalenze, redditi diversi di natura finanziaria, ex art. 67, co. 1, lett. c) del TUIR. Ai sensi del successivo art. 68, co. 6 del TUIR, la plusvalenza si determina come differenza tra il corrispettivo percepito ed il costo o valore di acquisto del titolo. In ogni caso, dal corrispettivo percepito sia dal costo o valore di acquisto, devono essere scomputati gli interessi maturati ma non riscossi. Sulla plusvalenza è prevista l’applicazione dell’imposta sostitutiva ex art. 5, co. 2 e art. 6, co. 1 del D.Lgs. n. 461/97. I proventi di tali obbligazioni e degli atri titoli di cui all’art. 31 del DPR n. 601/73 sono computati nella misura del 48,08% dell’importo realizzato, con aliquota del 26%. In questo modo la tassazione effettiva sui titoli di Stato è prevista nella misura del 12,50%.
Per capire proviamo ad ipotizzare che un titolo di Stato venga acquistato al prezzo di 600 euro e rivenduto al prezzo di 1.000 euro. La base imponibile dell’imposta sostitutiva è data da 400 x 48,08% = 192,32 euro. L’imposta sostitutiva è pari a 192,32 x 26% = 50 euro, ovvero il 12,5% della plusvalenza realizzata.
Tassazione dei titoli di Stato dei soggetti imprenditori
Può essere interessante andare ad approfondire anche il regime di tassazione previsto per gli imprenditori in relazione all’investimento in titoli di Stato. Questi soggetti devono sottostare alle disposizioni previste dall’art. 92, co. 1, 2, 3, 4 e 7 del TUIR, in caso di classificazione dei titoli nell’attivo circolante. Le stesse disposizioni rilevano anche per le immobilizzazioni finanziarie stante il rinvio dell’art. 101 co. 2 del TUIR all’art. 94 “per la valutazione dei beni indicato nell’art. 85, co. 1 lett. c), d), ed e) che costituiscono immobilizzazioni finanziarie“.
Pertanto, i titoli di Stato per i soggetti che adottano i principi contabili nazionali, possono essere valutati al costo specifico, oppure ad un valore non inferiore rispetto a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura ed attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore rispetto a quello determinato ex art. 92, co. 2 – 4 del TUIR. Volendo entrare nello specifico possiamo individuare quanto segue:
- Nel primo esercizio in cui si verificano, le rimanenze sono valutate andando ad attribuire ad ogni unità il valore che risulta dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell’esercizio stesso per la loro quantità;
- Negli esercizi successivi, possono verificarsi due possibilità: 1) se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all’esercizio precedente, le maggiori quantità valutate come indicato al punto precedente rappresentano voci distinte per esercizio di formazione. 2) se la quantità è diminuita, la diminuzione deve essere imputata agli incrementi formati nei precedenti esercizi a partire dal più recente;
- Per le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata, FIFO o LIFO, le rimanenze finali sono assunte ai fini fiscali per il valore che risulta dall’applicazione del metodo adottato.
Il valore dei titoli
Per i titoli di Stato, l’art. 94 co. 4 del TUIR disciplina che se il valore dei titoli determinato secondo i criteri ordinari fiscalmente ammessi dovesse risultare superiore rispetto al valore minimo, determinato ai sensi dell’art. 94 co. 4 e 101 co. 2 del TUIR, tale minor valore si applica per la valutazione dei titoli stessi. Ne deriva quindi che, per tali titoli, la svalutazione effettuata ai fini civilistici assume rilevanza fiscale.
Nello specifico, con riferimento ai titoli di cui all’art. 85 co. 1 lett. e) iscritti nell’attivo circolante, l’art. 94 co. 4 del TUIR stabilisce che per i titoli negoziati in mercati regolamentati il valore minimo è determinato in base ai prezzi rilevati nell’ultimo giorno dell’esercizio ovvero in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese (non si applica l’art. 109 co. 4 lett. b) secondo periodo del TUIR).
I proventi derivanti dalla cessione dei titoli di Stato iscritti a Conto economico rilevano fiscalmente e le minusvalenze sono deducibili secondo gli ordinari criteri di competenza. Le plusvalenze relative ai titoli iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie possono essere rateizzate se il titolo è posseduto da più di tre anni. Gli interessi maturati su tali titoli concorrono alla formazione del reddito secondo gli ordinari criteri di competenza. All’atto del pagamento non è applicata alcuna ritenuta o imposta sostitutiva.
Tassazione dei titoli di Stato esteri
In linea generale, i redditi di capitale generati dai titoli di stato esteri sono tassati nel Paese di residenza fiscale del titolare del titolo. Secondo quanto previsto dall’art. 3, co. 2, lett. b) del D.L. n. 66/14, sono equiparati ai titoli di Stato italiani i titoli emessi dagli Stati ricompresi nella white list di cui al DM 4.9.96 e successive modifiche e integrazioni, sia per quanto riguarda gli interessi che per quanto riguarda le plusvalenze.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 11/E/2012 (§ 2.2), l’equiparazione è altresì subordinata al fatto che i titoli esteri presentino le caratteristiche proprie delle obbligazioni, garantendo quindi alla scadenza il rimborso di una somma almeno pari a quella mutuata. Per quanto riguarda, invece, la tassazione dei titoli equiparati ai titoli di Stato italiani ma emessi da Stati compresi nella c.d. black list, la tassazione per il privato persona fisica prevede una aliquota del 26%.
Per fare un esempio, un investimento in un titolo di Stato tedesco consente la tassazione, come abbiamo visto per i soggetti non imprenditori, sia per i redditi di capitale (interessi) che per i redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze), in quanto il Paese rientra tra quelli indicati nella white list. Mentre, lo stesso investimento effettuato con titoli di Stato del Principato di Monaco, paese non rientrante nella white list, avremo di fronte una ordinaria tassazione di redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria con aliquota ordinaria del 26%.
Tabella di riepilogo
Di seguito una tabella ti sintesi delle diverse modalità di tassazione, a seconda della tipologia di investimento effettuato.
Tipologia di investimento | Tassazione |
---|---|
Titoli di Stato italiani – interessi | 12,5% |
Titoli di Stato italiani – plusvalenze | 48,08% imponibile con tassazione al 26% (di fatto tassazione al 12,5%) |
Titoli di Stato di Paesi white list | 12,5% |
Titoli di Stato di Paesi black list | 26% |
In ogni caso, è importante consultare un esperto fiscale o un professionista del settore per avere una corretta comprensione delle regole fiscali che si applicano ai titoli di stato, sia italiani che esteri, e per effettuare una pianificazione fiscale adeguata.
Domande frequenti
I titoli di stato sono strumenti finanziari emessi dallo Stato italiano per finanziare il proprio debito pubblico. Questi strumenti includono, ad esempio, i Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) e i Certificati di Credito del Tesoro (CCT).
Il regime fiscale per le persone fisiche ha un’imposta sostitutiva del 12,5% applicato con una ritenuta alla fonte a titolo definitivo sugli interessi cedolari maturati fuori dall’esercizio di un’attività d’impresa.
I titoli di Stato possono essere acquistati sia in asta, cioè al momento dell’emissione (mercato primario), sia sul mercato secondario, dove vengono quotidianamente scambiati. In entrambi i casi, è necessario rivolgersi alla propria banca o a un intermediario finanziario abilitato.
L’imposta sostitutiva sul capital gain è pari al 26%. Tuttavia, se la plusvalenza deriva dalla cessione a titolo oneroso di titoli di stato, ovvero di BOT, di BTP, di CCT o di CTZ, la tassazione è ridotta, pari al 12,5% del valore complessivo. Questo anche per i titoli di Stato esteri inclusi nella white list.
Le obbligazioni emesse da banche e da società quotate e non quotate vengono tassate con aliquota del 26% sul capital gain e sugli interessi cedolari, con l’eccezione per i titoli obbligazionari delle società a progetto che scontano una tassazione del 12,50%
Investire in bund tedeschi significa essere assoggettati ad imposta sostitutiva del 12,50% sia sugli interessi sia sul disaggio di emissione. In caso di intervento di intermediario residente la tassazione avviene direttamente a cura dell’intermediario e non deve essere riportata in dichiarazione dei redditi.