Negli ultimi anni, soprattutto nei paesi anglosassoni l’utilizzo degli strumenti finanziari a favore dei dipendenti (stock option) hanno assunto un ruolo centrale, soprattutto per la remunerazione dei dirigenti. Ad oggi, infatti, molte aziende multinazionali aventi una sede anche nel nostro Paese stanno iniziando ad attuare questa politica di retribuzione e fidelizzazione del top management.
La realtà aziendale internazionale si avvale maggiormente, rispetto alle società italiane, del sistema di integrazione della retribuzione basata sull’incentivazione. A seconda dei casi, può trattarsi, in particolare, di:
- Piani di retribuzione e di
- Piani di incentivazione
dedicati a particolari tipologie di lavoratori dipendenti, generalmente si tratta di dirigenti. In particolare, uno degli strumenti che ha avuto maggiore diffusione in questo ambito è quello relativo alle stock option (S.O.). Queste rappresentano uno strumento finanziario attraverso il quale si cerca di ridurre i c.d. “costi di agenzia“. Si tratta dei costi dovuti alle problematiche tra management e azionisti a beneficio di un incremento del valore della società che si riflette sul prezzo delle azioni dell’emittente negoziate sui mercati regolamentati.
Nel nostro ordinamento le stock option sono disciplinate dagli articoli 2349 (“Azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro“) e 2441 (“Diritto di opzione“) del Codice Civile. Di seguito andiamo ad analizzare, molto schematicamente, come possono essere definite e quali sono le modalità di tassazione ai fini delle imposte sui redditi dei proventi derivanti dal possesso di stock option e di Restricted Stock Units.
Che cosa sono le Stock Option?
I piani di Stock Option conferiscono, in genere, a dipendenti e amministratori il diritto di acquisire, al termine di un periodo prefissato, un numero di azioni ad un prezzo stabilito. Sostanzialmente, il diritto di opzione deriva dalla stipula di un contratto con il quale l’azienda ed il lavoratore disciplinano che il lavoratore ha la possibilità, trascorso un determinato periodo di tempo, di trasformare le opzioni assegnate in azioni della società (vedasi la Risoluzione n. 29/E/2001 dell’Agenzia delle Entrate). Le stock, quindi, non rappresentano quote del capitale di una società, ma piuttosto rappresentano il diritto a poter acquistare ad una data futura le azioni della società ad un prezzo prestabilito preventivamente.
Le Stock Option sono finalizzate ad incentivare il management dell’azienda in modo da influenzare positivamente anche per le performance aziendali. Il management può ottenere un vantaggio nell’esercizio del diritto di opzione quando il valore di assegnazione delle azioni è più basso rispetto ai valori azionari (in modo da realizzare un guadagno).
Da un punto di vista civilistico l’azienda è vincolata al rispetto del contratto, mentre il lavoratore ha la possibilità di esercitare l’opzione (o meno). Questo significa, indirettamente che, senza una dichiarazione di volontà di accettare l’opzione questa non può essere dichiarata efficace. Sempre guardando alle Stock Option sotto il profilo giuridico è possibile individuare alcuni momenti rilevanti ai fini della disciplina fiscale. In particolare, è possibile individuare:
- Il grant date. Si tratta della data in cui viene attribuito il diritto di opzione al lavoratore;
- Il vesting date. Si tratta del momento a partire dal quale il diritto di opzione può essere concretamente esercitato. Al fine di perseguire obiettivi di fidelizzazione del top management aziendale, il periodo di vesting (ovvero il periodo in cui le opzioni sono assegnate ma non sono esercitabili) più essere più o meno lungo;
- L’exercise date. Si tratta della data in cui il lavoratore esercita l’opzione e trasforma le opzioni in azioni;
- L’expiration date. Si tratta della data ultima entro la quale occorre esercitare l’opzione. Generalmente la durata del diritto di opzione è di 10 anni.
Che cosa sono le Restricted Stock Units (RSU)?
Le Stock Option sono delle opzioni legate all’acquisto di azioni della società ad un prezzo di assegnazione prestabili in partenza, all’interno del contratto. Le stock sono uno strumento molto utilizzato da moltissime imprese multinazionali. Tuttavia, negli ultimi anni, considerata anche la crisi del mercato azionario, si è assistito, nei settori hi-tec e nelle start up, all’assegnazione di piani volti all’assegnazione di azioni a titolo gratuito con clausole sospensive.
In particolare, questo tipo di diritti di opzione sono comunemente conosciuti con il termine “Restricted Stock Units” (RSU). In pratica, con un piano di RSU l’impresa ha la possibilità di assegnare gratuitamente ai propri dipendenti le azioni dell’azienda (“grant date“), che dopo un determinato periodo (c.d. “vesting period“) diventano a disposizione del lavoratore e quindi cedibili. È in questo momento in cui deve essere effettuata la tassazione in busta paga.
Rispetto alle normali stock option, le RSU hanno la particolarità che non vi è costo di assegnazione dell’azione per il lavoratore, trattandosi di azioni (e non di opzioni sulle azioni). Inoltre, rispetto alle normali stock option le stock unit, mantengono sempre un certo valore garantito, a prescindere dall’andamento del titolo, tuttavia non consentono l’assegnazione di dividendi al detentore. Si precisa che i piani di assegnazione possono generalmente prevedere diversi tempi di maturazione (vesting), in base al numero delle azioni. Ad esempio, in caso di assegnazione di 100 azioni, il piano può prevedere che 50 maturino nell’anno “n” ed altre 50 nell’anno “n+1”.
Cosa sono i piani ESPP (Employee Stock Purchase Program)?
Il piano ESPP è un piano di incentivazione azionaria a favore dei lavoratori dipendenti. In pratica, aderendo al piano il lavoratore dipendente ha la possibilità di richiedere che una percentuale dello stipendio venga trattenuta al fine di effettuare un’acquisto (a prezzo agevolato) di azioni. Le azioni acquistate attraverso il piano ESPP, solitamente, vengono gestite in un portafoglio titoli detenuto presso un intermediario finanziario.
Quando l’intermediario è residente le azioni sono gestite fiscalmente dall’intermediario per gli obblighi legati al monitoraggio fiscale ed all’IVAFE (in caso di azioni quotate). In caso di detenzione su intermediario estero gli obblighi sono in capo al lavoratore chiamato alla compilazione del quadro RW. Per i redditi il fringe benefit legato alle azioni deve essere gestito nella busta paga a cura dell’azienda. In caso di vendita delle azioni, spetta all’intermediario (se incaricato) o al contribuente in dichiarazione dei redditi, la gestione fiscale della plusvalenza e/o degli eventuali dividendi percepiti.
La disciplina fiscale legata alle Stock Option
La disciplina fiscale di tassazione ai fini delle imposte sui redditi delle stock option è legata all’individuazione di diversi momenti impositivi. In generale, occorre sempre partire dall’identificazione della residenza fiscale del lavoratore a cui viene assegnato il piano di stock option. Una volta individuata la residenza fiscale del soggetto occorre andare ad individuare gli obblighi fiscali che, schematicamente, possono essere così riassunti:
- L’individuazione del fringe benefit, qualificabile nella categoria dei redditi da lavoro dipendente derivante dal c.d. “exercise date“, ovvero la data in cui avviene l’assegnazione o l’esercizio delle azioni (al posto delle opzioni);
- L’eventuale individuazione del momento di attribuzione di eventuali dividendi distribuiti a seguito delle azioni assegnate al dipendente;
- Il momento in cui diventano realizzate le eventuali plusvalenze/minusvalenze derivanti dalla successiva cessione delle azioni ricevute o assegnate.
Questi momenti rilevanti ai fini delle imposte dirette sono quelli che determinano gli obblighi da parte del datore di lavoro, con l’assegnazione del fringe benefit direttamente in busta paga del lavoratore, oppure del lavoratore stesso in dichiarazione dei redditi (mi riferisco alla dichiarazione dei dividendi e/o per la tassazione delle plusvalenze da cessione). Una delle principali difficoltà che caratterizza le stock option da un punto di vista fiscale riguarda la corretta individuazione del momento impositivo nelle tre fattispecie sopra individuate. Per questo motivo andiamo ad analizzare le tre fattispecie separatamente individuandone il corretto trattamento fiscale dei proventi.
1) L’assegnazione del fringe benefit al momento di esercizio dell’opzione
Il comma 2, lettera g) dell’articolo 51 del DPR n. 917/86 afferma che le azioni assegnate al lavoratore dell’azienda costituiscono reddito da lavoro dipendente. Al fine di individuare il momento impositivo in cui si considera conseguito il reddito derivante dalle stock option è necessario prendere a riferimento il momento in cui le azioni vengono esercitate. Si tratta del momento di esercizio del diritto di opzione c.d. “exercise date“. Questo, a prescindere dal fatto che la materiale emissione o consegna del titolo (o le equivalenti annotazioni contabili) avvengano in un momento successivo. In questo senso vedasi la Circolare n. 54/E/2008 e la Risposta a interpello n. 23/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate.
La disposizione generale da ricordare è che, sostanzialmente, il momento impositivo coincide con il momento in cui le azioni riservate al dipendente rientrano nella sua disponibilità giuridica. Tale momento coincide con quello di esercizio dell’opzione, e non il momento dell’offerta delle azioni da parte del datore di lavoro. Vedasi, sul punto quanto indicato dalla Risoluzione n. 29/E/2001. In questo contesto deve essere considerata una esenzione parziale da tassazione ai fini IRPEF del fringe benefit legato all’esercizio delle opzioni. Deve essere considerata una prima esenzione per l’importo di 2.065,83 euro, nel caso in cui:
- Le opzioni vengono assegnate alla generalità dei dipendenti;
- È presente nel contratto un vincolo di non cessione o riacquisto per tre anni.
Inoltre, ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 51 del DPR n. 917/86 è possibile ottenere l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente per le stock option quando sussistono i seguenti requisiti:
- L’opzione non è esercitabile prima di 3 anni dall’attribuzione dei titoli;
- I titoli assegnati devono avere una quotazione nei mercati regolamentati;
- I titoli devono essere mantenuti dal dipendente per almeno 5 anni dopo l’esercizio dell’opzione.
Fuori da queste casistiche al momento dell’assegnazione il lavoratore dipendente è chiamato a tassare ai fini IRPEF il fringe benefit erogato dall’azienda.
Momento di maturazione per l’imponibilità delle RSU
A differenza delle stock option il momento di imponibilità fiscale per le Restricted Stock Unit si ha al momento della maturazione (ovvero al momento in cui termina il periodo di vested). Il momento di maturazione, infatti, è il momento in cui il lavoratore acquisisce l’effettiva disponibilità delle azioni. Come per le stock option in valore imponibile è dato dal valore normale delle azioni al momento delle maturazione. Tale valore normale è pari al prezzo medio delle azioni nel mese immediatamente precedente la data di maturazione.
L’imponibile, da assoggettare a tassazione in busta paga come fringe benefit, è calcolato moltiplicando il numero delle azioni per il valore normale alla data di maturazione. Il valore normale è normato dal TUIR (art. 51 comma 3 e art. 9 comma 4) ed è il prezzo medio dell’azione in borsa nei trenta giorni precedenti la data di maturazione. Tale imponibile non è assoggettato a contributi previdenziali (art. 82 comma 24bis comma 24 ter D.L. n. 112/2008 e circolare INPS n. 123 dell’ 11/12/2009). Dopo la maturazione e la tassazione dell’imponibile come lavoro dipendente, le azioni possono essere vendute e possono percepire dividendi.
Il regime di tassazione dell’assegnazione di azioni
I redditi di lavoro dipendente derivanti dalle attribuzioni di azioni, trattandosi di compensi in natura, devono essere valorizzati secondo quanto disposto dall’art. 51 co. 3 del DPR n. 917/86. Tale disposizione prevede che la base imponibile su cui applicare l’IRPEF debba essere determinata come differenza tra:
- Il “valore normale” delle azioni oggetto del piano di stock option;
- Il prezzo pagato al momento dell’esercizio dell’opzione (c.d. “strike price“).
Questo significa, come detto, che quando il prezzo pagato dal lavoratore per l’assegnazione delle azioni è inferiore al valore normale dell’azione il lavoratore è chiamato a tassare la differenza come reddito da lavoro dipendente ex art. 51 del DPR n. 917/86. Sul punto vedasi la Circolare n. 54/E/2008 dell’Agenzia delle Entrate.
Per la determinazione del valore normale, l’art. 51 co. 3 del DPR n. 917/86 rinvia a quanto disposto dall’art. 9 del TUIR, il quale prevede tale metodo di determinazione:
- Per azioni e titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese (mese precedente al vesting period);
- Per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e titoli di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, o per l’ammontare proporzionale dei conferimenti nelle società o enti di nuova costituzione.
In relazione alla corretta determinazione del valore normale un importante riferimento deriva dalla risposta ad interpello n. 427/E/2019. In questo documento l’Agenzia delle Entrate dispone che il valore normale delle azioni deve essere determinato in proporzione al valore del patrimonio netto effettivo della società o ente. Tale valore deve risultare da una relazione giurata di stima. Il valore periziato deve riferirsi all’intero patrimonio sociale esistente a una data compresa nei 30 giorni che precedono quella in cui l’assegnazione è stata deliberata (in tal senso si richiamano la Circolare 21 maggio 1999, n. 112/E, e le Risoluzioni 20 marzo 2001, n. 29/E e 8 gennaio 2002, n. 3/E).
Esempio di attribuzione di stock option al lavoratore
Ipotizziamo che la società Alfa (quotata sul mercato italiano) decida di distribuire un piano di stock option ai top manager. Ipotizziamo che ad un manager vengano assegnate opzioni che consentono di ottenere 100 azioni al prezzo (“strike price“) di 5 euro ciascuna. L’esercizio non può essere effettuato prima dei tre anni successivi (“vesting period“). Successivamente il manager decide di esercitare l’opzione. A tale data i titoli risultano avere un valore pari a 8 euro. In questo caso il manager determina un plusvalore (compenso in natura) pari a 300. Tale importo deve concorrere a formare reddito imponibile da lavoro dipendente. Tale valore, solitamente, viene tassato direttamente in busta paga. In alternativa, il manager sarà chiamato ad adempiere all’obbligazione tributaria nella sua dichiarazione dei redditi.
Esercizio stock option in regime forfettario
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 271/E/2022 ha chiarito il caso di un imprenditore individuale in regime forfettario in relazione ad un contratto di consulenza firmato con società estera non quotata la cui remunerazione, era stata convenuta nell’assegnazione di stock option. Secondo l’Agenzia delle Entrate le azioni ricevute in sede di cd. exercising da un imprenditore individuale costituiscono un corrispettivo “in natura” classificabile tra i ricavi ex art. 85, co. 1, lett. a), del TUIR. Il valore normale delle azioni assegnate a seguito dell’esercizio dell’opzione, dunque, concorrerà alla formazione del reddito dell’imprenditore nell’esercizio di assegnazione, senza tenere conto di quanto versato a titolo di cd. “strike price“.
Per approfondire: “Forfettario: le stock option rilevano come ricavi“.
Imponibilità del fringe benefit in relazione alla residenza fiscale del lavoratore nel vesting period
Le problematiche connesse alla tassazione dei piani di incentivazione azionaria trova ulteriore complessità in caso di mobilità transnazionale dei lavoratori. In particolare, la problematica deriva dalla corretta individuazione del criterio di collegamento per la tassazione del compenso in natura a seguito dell’esercizio delle opzioni. In questo contesto particolarmente interessante è la risposta ad interpello n. 316/E/2020. Nel documento di prassi l’Amministrazione finanziaria individua il criterio di collegamento da utilizzare qualora vi sia assegnazione di stock option al dipendente che durante il vesting period trasferisce la propria residenza fiscale all’estero.
In questi casi, come detto, il primo aspetto da investigare è la residenza fiscale del lavoratore. Tale residenza al momento dell’esercizio delle azioni non è più in Italia (ma bensì all’estero, nell’interpello si trattava della Svizzera). In questo senso, in base all’art. 23, comma 1, lett. c) del DPR n. 917/86, stabilisce che nei confronti dei soggetti non residenti sono imponibili i redditi da lavoro dipendente prestati nel territorio dello Stato. Tuttavia, tale disciplina deve essere coordinata con le disposizioni contenute in accordi internazionali conclusi dall’Italia con gli Stati esteri. Nel caso di specie la Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e la Svizzera, firmata a Roma il 9 marzo 1976 e ratificata con la L. 23 dicembre 1978 n. 943.
In particolare, l’articolo 15 della Convenzione prevede la regola della tassazione concorrente in relazione ai salari, agli stipendi e alle altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente svolta nell’altro Stato contraente. Come precisato dal Commentario OCSE (la coi convenzione con la Svizzera è conforme) all’art. 15, occorre evidenziare che:
- Rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 15 anche i redditi in natura, tra cui vengono collocate le stock option;
- La potestà impositiva dello Stato della fonte è subordinata alla condizione che tali compensi in natura derivino da un’attività di lavoro dipendente svolta in detto Stato, non rilevando l’eventuale diverso momento in cui il reddito è corrisposto e la circostanza che la tassazione avvenga in un periodo d’imposta successivo, in cui il dipendente non lavora più in detto Stato.
Questo significa che, qualora il piano di stock option sia collegabile all’attività di lavoro dipendente svolta, in questo caso, in Italia, tale imponibilità dell’esercizio delle stock si rende imponibile in Italia (anche se l’esercizio avviene in un momento successivo). Tale valutazione deve essere effettuata caso per caso esaminando tutti gli elementi rilevanti, comprese le condizioni contrattuali del piano, correlati alla suddetta attività lavorativa.
Secondo l’Agenzia delle Entrate il collegamento con il territorio italiano si considera sussistente se nel vesting period, ossia nel periodo di maturazione del diritto all’esercizio delle stock option, il dipendente ha svolto attività di lavoro prevalentemente nel nostro Paese. Qualora sussista tale collegamento, il relativo reddito rileverà fiscalmente in Italia.
2) La tassazione sui dividendi distribuiti in relazione alle azioni assegnate
Una volta esercitata l’opzione per l’esercizio delle azioni i dipendenti diventano azionisti della società. Questo significa che, fiscalmente, gli eventuali utili percepiti a fronte delle azioni in proprio possesso costituiscono redditi di capitale, ex art. 44, comma 1, lett. e) del DPR n. 917/86. Questo significa, in buona sostanza che, in caso di attribuzione di utili trova applicazione la normativa relativa ai dividendi (nazionali o esteri). Sul punto vedasi la Risoluzione n. 103/E/2012 dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto riguarda l’ambito dichiarativo, il soggetto percettore del dividendo è chiamato a dichiarare tali redditi nel quadro RM (sezione V) del modello Redditi P.F.. Il regime di tassazione dei dividendi derivanti da partecipazioni prevede l’assoggettamento di tali redditi a ritenuta a titolo d’imposta. La ritenuta applicabile ha un’aliquota pari al 26%.
3) La tassazione sulle plusvalenze realizzate a seguito della cessione delle azioni
L’articolo 13, paragrafo 5 del modello OCSE, stabilisce che: “gli utili derivanti dall’alienazione di beni […] sono imponibili soltanto nello Stato del contraente di cui l’alienante è residente“. Questo significa che le plusvalenze realizzate dalla cessione di azioni derivanti da piani di stock option o di Restricted Stock Unit sono imponibili in Italia qualora il soggetto alienante sia ivi fiscalmente residente.
I soggetti (azionisti) che abbiano realizzato, nel periodo d’imposta, plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni, qualora non abbiano effettuato la scelta per l’applicazione del regime del risparmio gestito o amministrato, devono dichiarare tali plusvalenze nel modello Redditi P.F. all’interno del quadro RT. Con il regime del risparmio gestito o amministrato, invece, l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% su ciascuna operazione viene effettuata da parte di un intermediario qualificato (Banca o Sim).
Con maggiore dettaglio, possiamo dire che dall’alienazione di un’azione è possibile generare una plusvalenza o una minusvalenza secondo le regole ordinarie. In particolare, queste componenti di reddito devono essere determinate come differenza tra:
- Il corrispettivo percepito dalla cessione delle azioni o quote di partecipazione al capitale della società o ente;
- Il valore normale (compenso in natura), aumentato di ogni onere inerente alla produzione, compresa l’imposta di successione o donazione, con esclusione degli interessi passivi (art. 68, comma 6, del TUIR). Il valore normale deve essere utilizzato a condizione che detto valore sia stato assoggettato a tassazione a titolo di lavoro dipendente. Invece, quando l’acquisizione di titoli o diritti non abbia concorso alla formazione del reddito, l’intero importo del corrispettivo percepito costituisce plusvalenza da assoggettare ad imposta sostitutiva. Tali principi si applicano anche nella ipotesi in cui al momento dell’assegnazione dei titoli il contribuente era residente all’estero. A chiarire questo aspetto è stata l’Agenzia delle Entrate con la Risposta ad interpello n. 289 del 2023.
Nel caso in cui la differenza sia positiva, si genera una plusvalenza che rientra nella categoria dei redditi diversi, ai sensi dell’art. 67 del TUIR. La disposizione in commento è particolarmente importante, in quanto, la determinazione della plusvalenza non deve essere calcolata come differenza tra valore di assegnazione e valore i vendita della partecipazione. Il valore imponibile corretto, infatti, deriva sempre da valore di cessione al netto del valore di costo o di acquisto assoggettato a tassazione sul lavoratore (ovvero il valore del fringe benefit assoggettato a tassazione). Nella prima ipotesi, infatti, a fronte di uno stesso imponibile ci sarebbe una quota di plusvalenza assoggettata a tassazione due volte: una a seguito della tassazione del compenso in natura e una seconda volta come plusvalenza.
Di fatto, per le plusvalenze realizzata dal 2019, si applica l’imposta sostitutiva del 26% sia in caso di cessioni di partecipazioni non qualificate che nel caso di cessione di partecipazioni qualificate.
Trattamento agevolato delle stock option in altri Paesi
Accanto alla fiscalità italiana per quanto riguarda le stock option possiamo trovare anche altre giurisdizioni che offrono trattamenti fiscali favorevoli alle stock option. Di seguito alcune indicazioni utili su alcuni Paesi che abbiamo analizzato.
Tassazione delle stock option in Olanda
A partire dal 1° gennaio 2018, il 25% del guadagno derivante dall’esercizio di un’opzione su azioni viene considerato non tassabile in Olanda, fino a un massimo di 50.000 euro per guadagno derivante dall’esercizio stock option. Pertanto, l’importo massimo annuo della plusvalenza da stock option esentasse è di 12.500 euro. Questo trattamento favorevole è disponibile solo se le condizioni richieste sono soddisfatte.
I dipendenti devono rispettare il periodo compreso tra dodici mesi e cinque anni che deve intercorrere tra l’assegnazione e l’esercizio delle stock option. Nessuna dichiarazione o accordo speciale è necessario al momento della concessione di opzioni per indicare che i premi sono progettati per rientrare nel regime fiscale favorevole. Tuttavia, il trattamento fiscale favorevole delle opzioni su azioni è soggetto ai seguenti criteri:
- Il datore di lavoro olandese deve ottenere una valida “dichiarazione di ricerca e sviluppo” nell’anno in cui le opzioni sono state assegnate;
- Il soggetto deve esercitare la stock option almeno 12 mesi dopo la data di assegnazione e non oltre 5 anni dopo il grant date;
- Il trattamento favorevole può essere richiesto solo se il “tetto de minimis” stabilito dall’UE per gli aiuti di Stato non viene superato.
Tassazione delle stock option a Malta
Le stock option sono tassabili a Malta nel momento in cui vengono esercitate le opzioni su azioni. Al momento dell’esercizio si considera che il titolare dell’opzione su azioni abbia percepito un fringe benefit pari al 42,85% dell’eventuale eccedenza del valore di mercato delle azioni alla data di esercizio rispetto al prezzo dell’opzione. Il valore del fringe benefit delle assegnazioni di azioni è pari al 42,85% del valore di mercato aperto delle azioni alla data di esercizio in quanto tali azioni sono state acquistate senza alcun corrispettivo o prezzo di esercizio. Il valore del fringe benefit calcolato viene aggiunto al reddito imponibile totale dell’individuo e tassato insieme all’altro reddito imponibile alle aliquote fiscali progressive (che vanno dallo 0% al 35% e differiscono a seconda dello stato civile).
Conclusioni e consulenza fiscale online
I piani di retribuzione ed incentivazione delle imprese multinazionali prevedono oggi un grande utilizzo di stock option e di stock grant (RSU). Se hai letto questo articolo e sei uno dei dipendenti interessati da questo tipo di retribuzione, devi preoccuparti della relativa gestione fiscale di questi strumenti.
Come ho cercato di farti capire in questo articolo vi sono più obblighi fiscali da rispettare. Essi dipendono e variano in base alle scelte effettuate di anno in anno, tra detenzione e vendita delle azioni acquistate. Per adempiere in modo corretto a questi obblighi fiscali hai la necessità di affidarti ad un consulente esperto in grado aiutarti a capire la come gestire al meglio la tua situazione personale.
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Domande frequenti
Le azioni assegnate al dipendente possono essere di una classe diversa che conferisce diritti diversi (ad es. Diritti di voto limitati).
L’opzione su azioni non è generalmente esercitabile dal dipendente immediatamente dopo l’assegnazione – viene normalmente esercitata solo dopo una scadenza di un periodo di tempo o di lock-in stabilito.
Ciò incentiva il dipendente a rimanere impegnato in azienda per un certo periodo al fine di beneficiare dell’incentivo del regime.
Il dipendente può esercitare opzioni su azioni entro un periodo successivo alla scadenza del periodo di lock-in.
Le RSU sono una forma di remunerazione emessa da un datore di lavoro ad un lavoratore dipendente sotto forma di azioni delle società che rimangono vincolate per un determinato periodo di tempo. Le quote azionarie vincolate vengono rilasciate al dipendente attraverso un piano di maturazione ed un programma di distribuzione, in relazione al periodo di permanenza del lavoratore in azienda. Le RSU non hanno alcun valore tangibile fino al completamento della loro maturazione. Solo in quel momento assumono valore fiscale e diventano imponibili come compenso in natura per il lavoratore, al valore normale. Solitamente questo tipo di tassazione avviene in busta paga ed al lavoratore viene trattenuta una parte della retribuzione per il pagamento delle imposte sul reddito.