Il termine “socio tiranno” si riferisce a un socio di una società che esercita un controllo dominante e abusivo sull’azienda, spesso a discapito degli altri soci, dei dipendenti o dei creditori.
All’interno del panorama societario, questa figura rappresenta una minaccia per il corretto funzionamento e la crescita dell’impresa. Tale soggetto, avvalendosi di una posizione di predominio all’interno della compagine sociale, assume un comportamento vessatorio e oppressivo nei confronti degli altri soci. Di fatto, andando ad ostacolare il raggiungimento degli scopi comuni.
Chi è il socio tiranno
Nel contesto del diritto societario, il termine “socio tiranno” si riferisce a un socio di una società (di solito una società di capitali o di persone) che esercita un’influenza dominante e spesso oppressiva sugli altri soci e sulla gestione della società. Questa figura può emergere in varie forme e dimensioni. Tuttavia, l’elemento che la caratterizza è un abuso di potere che può minare la salute e la stabilità dell’entità societaria.
Caratteristiche
Il socio tiranno si contraddistingue per una serie di condotte lesive, tra cui possiamo individuare le seguenti:
- Abuso di potere: sfruttamento della propria posizione di maggioranza per imporre la propria volontà sugli altri soci. Questo, anche in merito a decisioni che non rientrano nell’ambito di sua competenza;
- Comportamento vessatorio: atteggiamenti intimidatori, denigratori e offensivi nei confronti degli altri soci, creando un clima di tensione e ostilità all’interno della società;
- Ostruzionismo: sistematico impedimento del regolare svolgimento dell’attività sociale, mediante il boicottaggio di decisioni assembleari, il rifiuto di approvare atti necessari o l’appropriazione indebita di informazioni e risorse;
- Mancanza di trasparenza: occultamento di informazioni e documenti contabili, impedendo agli altri soci di avere una visione completa della situazione aziendale;
- Conflitto di interessi: perseguimento di interessi personali a discapito di quelli della società, mediante l’assegnazione di incarichi a favore di propri familiari o aziende collegate.
Esercizio del potere
Una delle caratteristiche di questa figura è quello di poter esercitare un potere decisionale sproporzionato rispetto alla sua partecipazione effettiva nel capitale sociale. Questo può avvenire attraverso l’uso strategico delle quote di maggioranza, o attraverso accordi particolari che gli consentono di influenzare le decisioni aziendali.
Comportamento oppressivo
Il comportamento può essere riconosciuto dal suo approccio oppressivo nei confronti degli altri soci. Ciò può includere la marginalizzazione di soci minoritari, la presa di decisioni unilaterali, o l’ignoranza degli interessi e dei diritti degli altri soci.
Impatto sulla gestione
Questa figura spesso esercita un’influenza diretta sulla gestione dell’azienda, a volte oltrepassando i limiti del proprio ruolo. Questo può comportare l’intervento nelle operazioni quotidiane, la nomina di amministratori fedeli, o l’uso improprio di risorse aziendali per interessi personali.
Le conseguenze per la società
Le condotte del socio tiranno possono generare una serie di conseguenze negative per la società, tra cui possiamo individuare le seguenti:
- Blocco decisionale: l’impossibilità di assumere decisioni strategiche per il futuro dell’azienda, a causa dell’opposizione sistematica alle varie iniziative;
- Danno all’immagine e reputazione: il clima di tensione e conflittualità all’interno della società può danneggiare l’immagine e la reputazione aziendale. Questo, con ripercussioni negative sui clienti, fornitori e investitori;
- Perdita di valore: la disfunzionalità della società può causare una diminuzione del valore del capitale sociale, con ripercussioni negative sul patrimonio degli altri soci;
- Demotivazione del personale: il clima di tensione e ostilità può generare demotivazione e disaffezione tra i dipendenti. Il tutto, con conseguente calo della produttività e aumento del turnover;
- Dissoluzione della società: in casi estremi, le condotte possono portare alla dissoluzione della società, con gravi conseguenze economiche per tutti i soci.
Strumenti di tutela
Al fine di tutelare la società e gli altri soci, l’ordinamento giuridico offre una serie di strumenti, da valutare:
- Azione di recesso: possibilità per il socio tiranneggiato di recedere dalla società, ottenendo il rimborso della propria quota di partecipazione;
- Azione di esclusione: possibilità di escludere il socio tiranno dalla società, mediante delibera assembleare adottata con la maggioranza qualificata dei voti. Azione sicuramente più complessa che comporta maggiore attenzione e documentazione da produrre;
- Azione di risarcimento del danno: possibilità di richiedere il risarcimento dei danni subiti dalla società a causa delle condotte non corrette da parte del socio. Anche in questo caso occorre prestare attenzione alla valutazione di questo tipo attività;
- Nomina di un amministratore giudiziale: in casi di grave conflittualità, il tribunale può nominare un amministratore giudiziale che gestisca la società fino alla risoluzione del conflitto. Soluzione, sicuramente estrema, ma che potrebbe essere richiesta nei casi più gravi.
Accordi societari
Gli accordi tra soci possono includere clausole volte a limitare il potere di un singolo socio, come quorum rafforzati per decisioni importanti o meccanismi di protezione per i soci minoritari.
Intervento giudiziario
In casi estremi, i soci oppressi possono cercare un intervento giudiziario per risolvere la situazione. Ciò può includere l’impugnazione di decisioni prese in violazione dei diritti dei soci o la richiesta di un amministratore giudiziario.
Governance societaria
Una governance societaria efficace e trasparente può funzionare come un deterrente contro il comportamento tirannico, assicurando che nessun socio possa esercitare un controllo ingiustificato.
Esempi di casi giurisprudenziali
Cassazione sentenza n. 20181 del 22 giugno 2022
L’istituto dell’abuso della personalità giuridica nasce dall’esigenza di contrastare lo schermo dietro cui si cela il “socio tiranno” per accollargli la responsabilità illimitata per le obbligazioni contratte dalla società di capitali da lui diretta e controllata, consentendo l’aggressione del patrimonio personale del socio da parte dei creditori della società.
Esso, quindi, non può essere utilizzato per eludere l’esistenza di un soggetto dotato di personalità giuridica e patrimonio separato consentendo l’aggressione di tale patrimonio (e non della sola quota di pertinenza) da parte dei creditori personali del socio.
Così operando, infatti, si finirebbe con il legittimare un’azione di nullità dell’atto costitutivo di una società di capitali in violazione dell’art. 2332 c.c. e delle indicazioni al riguardo fornite dalla giurisprudenza di legittimità.
Cassazione sentenza n. 32451 del 3 novembre 2022
La Corte di Cassazione ha stabilito che la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, solitamente applicata alle società a ristretta base proprietaria, può riguardare anche le società cooperative a responsabilità limitata, ma solo nei confronti dei soci che, di fatto, controllano la società.
Nel caso specifico, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato a una cooperativa redditi non dichiarati, imputandoli anche alla legale rappresentante, ritenuta una socia di fatto. In appello, però, era stato escluso che la cooperativa avesse una ristretta base proprietaria, considerando che i soci erano nove e non solo due. La Cassazione ha ribaltato la decisione, riconoscendo che, nonostante la presenza formale di più soci, la gestione era accentrata in mano a due persone, mentre gli altri soci risultavano solo figurativi. L’utilizzo di conti correnti personali per l’attività aziendale ha ulteriormente confermato il controllo effettivo della società da parte di pochi soggetti.
Questa decisione rafforza un orientamento già espresso in passato: la presunzione di distribuzione degli utili può valere anche per le cooperative, ma l’Agenzia delle Entrate deve dimostrare con elementi concreti che gli utili siano stati effettivamente percepiti dai soci dominanti. I contribuenti, tuttavia, hanno sempre la possibilità di provare il contrario, ad esempio dimostrando che gli utili sono stati accantonati o reinvestiti. Per chi gestisce cooperative con pochi soci influenti, questa sentenza rappresenta un segnale chiaro: in caso di accertamenti fiscali, sarà fondamentale poter dimostrare la destinazione degli utili per evitare che vengano automaticamente considerati come distribuiti e quindi tassati.
Tribunale di Verona Decreto 17 febbraio 2023
Il Trib. Verona 17.2.2023, intervenuto sulla domanda di accesso ad una procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore di cui agli artt. 67 ss. del D.Lgs. n. 14/19, ne ha dichiarato l’inammissibilità ritenendo insussistente, nella specie, la qualità di consumatore del ricorrente.
Delineati i contorni della nozione di consumatore di cui all’art. 2 co. 1 lett. e) del D.Lgs. n. 14/19, anche alla luce della circostanza per cui il sovraindebitamento era maturato in relazione all’attività svolta dal ricorrente quale socio (e, per un determinato periodo di tempo, anche di amministratore unico) di una società di capitali, il Tribunale ha rilevato la sussistenza di un incontestabile nesso tra il debito oggetto di sovraindebitamento ed il reddito tratto dalla partecipazione sociale.
Sulla scorta di una valutazione concreta della fattispecie, il giudice ha qualificato il ricorrente non come mero socio di minoranza, privo del potere di incidere sulle scelte e sull’attività della compagine, ma come “socio tiranno” della società.
Per tali ragioni, il Tribunale ha ritenuto che la società era uno strumento attraverso il quale il socio aveva, di fatto, esercitato un’attività imprenditoriale e che il debito in questione, sotto un profilo sostanziale, doveva essere considerato come inerente ad un’utilità percepita a fronte di un’attività di impresa che il ricorrente aveva di fatto svolto attraverso lo “schermo” della società.
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La figura del socio tiranno rappresenta una minaccia per la stabilità e il successo di qualsiasi impresa. È fondamentale, quindi, che gli altri soci siano consapevoli dei rischi connessi a tale figura e adottino le opportune misure di tutela per scongiurare le negative conseguenze che ne possono derivare. L’utilizzo degli strumenti legali previsti dall’ordinamento italiano, abbinato a una cultura della prevenzione e del dialogo, può contribuire a creare un ambiente societario sano e funzionale, in cui tutti i soci possano collaborare per il raggiungimento degli obiettivi comuni.
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