Effettuare una corretta procedura di trasferimento di residenza all’estero non è semplice. Oltre agli aspetti legati alla non presenza fisica in Italia, dirimente è il trasferimento all’estero di quello che viene chiamato “centro degli interessi vitali“. Accanto agli aspetti sostanziali del trasferimento la normativa interna subordina anche il perfezionamento dell’iscrizione AIRE (requisito formale). Fino allo scorso anno una mancata iscrizione AIRE presupponeva una presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia.
Dal 2024, con la modifica dell’art. art. 2 co. 2 del TUIR, a cura dell’art. 1 del D.Lgs. n. 209/23, la presunzione è diventata relativa. Questo significa che il contribuente in caso di accertamento della propria posizione ha la possibilità di dimostrare documentalmente la propria situazione. Tuttavia, a fronte di questa apertura è stata prevista l’applicazione di sanzioni amministrative per chi non effettua l’iscrizione AIRE pur essendovi tenuto. Vediamo meglio tutti questi aspetti per sottolineare l’importanza dell’AIRE per i trasferimenti di residenza all’estero.
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Residenza estera ed iscrizione AIRE
Ai fini delle imposte sui redditi sono considerate residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni), considerando anche la frazioni di giorno (art. 2 co. 2 del TUIR):
- Hanno la residenza nel territorio dello Stato, ex art. 43 co. 2 c.c. – La residenza deve essere individuata nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale, con intenzione di rimanervi;
- Hanno il domicilio nel territorio dello Stato. Per domicilio, deve intendersi “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“);
- Sono presenti nel territorio dello Stato (considerando anche le frazioni di giorno);
- Salvo prova contraria (presunzione relativa), risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, presso i vari Comuni (non sono iscritte AIRE).
Le condizioni sopra citate, per verificare la residenza in Italia, sono alternative tra loro. Infatti, è sufficiente che ricorra anche una sola di esse perché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia (e quindi dichiari qui tutti i redditi posseduti, indipendentemente dal luogo nel quale siano stati prodotti). Al contrario, se invece, un soggetto non possiede alcuna delle caratteristiche sopra citate, non è considerato residente fiscalmente in Italia. Pertanto, questi è chiamato a dichiarare e quindi tassare nel nostro Paese soltanto i redditi ivi percepiti.
Riuscire a capire chiaramente questo aspetto è la prima cosa da fare quando ci si vuole trasferire all’estero. Oppure, al contrario, quando si vuole rimpatriare in Italia dopo aver vissuto all’estero.
L’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente
L’ultimo criterio cui la normativa italiana fa riferimento per definire la residenza fiscale di un soggetto ha natura “formale” ed è costituito dalle risultanze dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR). Quest’ultimo è il registro nel quale sono annotate le persone che vivono in un determinato Comune italiano in un determinato momento. Configura requisito necessario per essere iscritti nell’Anagrafe comunale della popolazione residente:
- L’aver fissato la propria dimora abituale in quel Comune;
- Ovvero, per le persone non aventi fissa dimora, l’aver stabilito il domicilio nell’ambito di esso.
Deve essere evidenziato che, in relazione alla nuova formulazione introdotta dal D.Lgs. n. 209/23, il criterio dell’iscrizione anagrafica è stato “modellato”. Infatti, nella precedente formulazione della norma il mantenimento della residenza anagrafica presupponeva una presunzione assoluta si residenza in Italia (andando a superare il dato sostanziale). Sul punto vedasi la Risposta ad interpello n. 270 del 2019.
Attualmente, la locuzione “salvo prova contraria” fa si che il contribuente abbia la possibilità di dimostrare con la relativa documentazione che il mantenimento della residenza anagrafica (e la non iscrizione AIRE) non presuppone la residenza fiscale in Italia.
ESEMPIO |
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Immaginiamo un soggetto trasferito all’estero che abbia omesso l’iscrizione AIRE (restando iscritto all’Anagrafe italiana). Questo soggetto fino al 2023 può essere considerato fiscalmente residente in Italia, per presunzione assoluta. Dal 2024, invece, questo soggetto ha la possibilità di dimostrare di non aver avuto in Italia, per la maggior parte del periodo di imposta, la residenza civilistica, il domicilio o la presenza fisica. |
Sanzioni amministrative in caso di mancata iscrizione AIRE
L’iscrizione all’AIRE è un diritto-dovere del cittadino (Legge n. 470/1988, art. 6) e costituisce il presupposto per usufruire dei servizi consolari forniti dalle Rappresentanze all’estero, nonché per l’esercizio di importanti diritti. Si evidenzia che la legge n. 213, art. 1, comma 242 del 30 dicembre 2023 ha introdotto una sanzione di massimo 1.000,00 euro per ogni anno di mancata iscrizione all’AIRE, per un massimo di 5 anni, per tutti i cittadini italiani residenti all’estero.
La violazione è ridotta, sempre che non sia stata già contestata e non siano già iniziate attività di accertamento, ad 1/10 del minimo se la dichiarazione è presentata con un massimo di 90 giorni.
Per questo è sempre più importante effettuare correttamente l’iscrizione AIRE al momento dell’intenzione di restare all’estero in modo duraturo e stabile. L’accertamento e la notifica della violazione devono essere notificati da parte del Comune di residenza del trasgressore, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui l’obbligo anagrafico doveva essere adempiuto.
Deve essere evidenziato che questa è una sanzione amministrativa erogata dal Comune che si accorge della violazione ma la stessa non toglie le sanzioni tributarie legate agli accertamenti di natura fiscale.
Se non sono iscritto AIRE devo pagare le imposte sui redditi in Italia?
L’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in un comune italiano per la maggior parte del periodo di imposta costituisce un elemento formale di per sé sufficiente a determinare l’assoggettamento ad IRPEF del soggetto iscritto. Secondo quanto previsto dall’art. 2, co. 2 del TUIR, la mancata iscrizione AIRE è una presunzione legale relativa di residenza in Italia. Questo significa che il contribuente, con adeguata documentazione, ha la possibilità di dimostrare la sua effettiva residenza fiscale estera.
Tuttavia, questo tipo di dimostrazione documentale potrebbe non rivelarsi così semplice da fornire. Questo, anche in considerazione del fatto che tale valutazione viene fatta dall’Ufficio accertatore dell’Agenzia delle Entrate.
Per questo motivo, l’iscrizione AIRE è fondamentale per ogni soggetto espatriato all’estero. Come detto, infatti, il cittadino italiano che cancella la propria iscrizione anagrafica comunale e si trasferisce all’estero è tenuto alla registrazione presso l’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), che ha, appunto, la funzione di individuare i cittadini non più residenti nel territorio dello Stato.
La Corte di Cassazione ha ribadito che, da un punto di vista fiscale, l’iscrizione AIRE non costituisce una presunzione assoluta di residenza all’estero (vedasi Cassazione n. 961/2015 e Cassazione n. 9723/2015). Come detto, il contribuente ha la possibilità, dunque, superare il dato formale dimostrando che la propria residenza ed il proprio domicilio sono legati al Paese estero di immigrazione piuttosto che in Italia.
Rischi di contestazione senza iscrizione AIRE
Per i soggetti che non si sono cancellati dall’anagrafe della popolazione residente i rischi di contestazione risultano, quindi, più elevati. Per questo motivo è necessario in sede di difesa anche evidenziare che le disposizioni delle Convenzioni prevalgono sulla normativa interna.
Il principio, che si rinviene nell’articolo 75 del DPR 600/73 e nell’art. 169 del TUIR, è pacifico. In questo caso, la mancata iscrizione AIRE può essere superata andando a verificare una delle “tie breaker rules” presenti nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia. Anche in questo caso la dimostrazione è di tipo documentale ed è importante valutare bene la documentazione in proprio possesso con un esperto prima di valutare questo tipo di soluzione.
Residenza fiscale e regimi fiscali agevolati
La residenza fiscale va, da ultimo, attentamente valutata per i soggetti che intendono beneficiare di regimi agevolativi:
- Neo residenti, ex art. 24-bis del TUIR;
- Lavoratori impatriati, ex art. 5 del D.Lgs. n. 209/23;
- Rientro dei cervelli, ex art. 44 del D.L. n. 78/2010.
Queste norme fanno esclusivo riferimento alla residenza così come determinata a norma dell’articolo 2 del TUIR, escludendo quindi dai benefici i cittadini italiani emigrati all’estero ma mai iscrittisi all’AIRE. Tuttavia, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 34/19 è possibile superare la mancata iscrizione AIRE per valutare la permanenza all’estero, ma solo se il trasferimento è avvenuto in Paesi con cui è in vigore una Convenzione con l’Italia.
Conclusioni e consulenza fiscale online
Nonostante l’apertura legata alla presunzione legale relativa, quindi con prova contraria a carico del contribuente, relativa alla mancata iscrizione AIRE (dal 2024), occorre sempre ricordare che l’iscrizione AIRE è fondamentale. Anche se nei trasferimenti in Paese in Convenzione con l’Italia, l’iscrizione AIRE potrebbe passare in secondo piano, effettuare l’iscrizione nei termini è fondamentale. Questo sia perché:
- Sono previste sanzioni amministrative per i soggetti che non effettuano iscrizione AIRE;
- L’Agenzia delle Entrate parte sempre dalla normativa interna (art. 2 del TUIR, quindi AIRE) per i suoi accertamenti sulla residenza fiscale.
Per questo motivo l’iscrizione AIRE è fondamentale per perfezionare anche dal profilo formale il trasferimento di residenza all’estero.
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