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Operazioni estere: autofattura e integrazione

IVA nei rapporti con l'esteroOperazioni estere: autofattura e integrazione

Le operazioni estere territorialmente rilevanti in Italia per il committente comportano l'applicazione del meccanismo del reverse charge. L'applicazione dell'IVA avviene attraverso l'integrazione per le fatture ricevute da fornitore UE, o tramite l'autofattura se il fornitore è soggetto extra-UE. Obbligo di emissione del documento in formato XML in esterometro.

La disciplina IVA delle operazioni con l’estero, effettuate con controparti soggetti passivi IVA, deve essere trattata con particolare attenzione. Occorre, infatti, definire quali sono i corretti adempimenti che il cessionario o committente nazionale è chiamato a porre in essere nelle operazioni estere. L’obiettivo di queste procedure è assoggettare ad IVA gli acquisti di beni o le prestazioni di servizi, che fornitori non residenti hanno fornito a soggetti passivi nazionali. In particolare, il fatto che l’acquisto del bene o del servizio dal parte del cessionario o committente nazionale sia effettuato nei confronti di altro soggetto passivo residente in Paese UE o Extra-UE determina delle differenze rilevanti. Mi riferisco agli adempimenti necessari per effettuare la corretta rilevazione contabile dell’operazione e per rispettare la disciplina Iva in termini di reverse charge. In questo contributo intendo analizzare con maggiore dettaglio le fattispecie (operazioni estere) che richiedono:

  • L’emissione di autofattura per l’integrazione dell’IVA. Si tratta di operazioni passive ricevute da prestatori residenti in Paesi extra-UE;
  • L’integrazione della fattura, necessaria per integrare l’IVA su prestazioni passive ricevute da prestatori residenti UE.

Vediamo, in dettaglio, queste due casistiche in ambito IVA.

Le regole di territorialità in ambito Iva nelle operazioni estere

Quando un soggetto passivo IVA residente effettua un’operazione con un soggetto passivo estero, sia esso residente in Stati UE o Extra-UE deve tenere presenti le regole di territorialità. Questa procedura consente di verificare se l’operazione economica effettuata risulti territorialmente rilevante ai fini IVA nel nostro Paese (o meno). Per questo motivo, può essere utile riepilogare le regole di territorialità IVA relative alle operazioni con l’estero, relativamente agli acquisti di beni e servizi:

Regole di territorialità Iva per gli acquisto di beni

Ai sensi dell’articolo 7 del DPR n. 633/72 l’operazione di acquisto di beni si considera effettuata in Italia quando si verificano le seguenti condizioni:

  • Il bene è in Italia al momento dell’effettuazione dell’operazione ai sensi dell’articolo 6 del DPR n. 633/72 (cioè consegna o spedizione);
  • Si tratta di un bene nazionale, nazionalizzato, comunitario o vincolata al regime della temporanea importazione. Vediamo le singole categorie doganali che identificano i beni:
    • Bene nazionale – Bene prodotto in Italia;
    • Bene Comunitario – Prodotto in altri Stati membri dell’UE (ovvero prodotto Extra-UE ma ormai definitivamente importato in uno Stato UE);
    • Il Bene nazionalizzato – Bene prodotto in Paese Extra-UE ma ormai definitivamente importato in Italia;
    • Bene vincolato al regime della temporanea importazione – Bene prodotto in Paese Extra-UE ma importato temporaneamente in Italia per essere lavoratore successivamente riesportato ovvero quei prodotti destinati al traffico internazionale;

Regole di territorialità Iva per gli acquisti di servizi

Ai sensi dell’articolo 7-ter del DPR n. 633/72 le prestazioni  di servizi si considerano effettuate in Italia quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio nazionale, nonché da questi a soggetti privati. In pratica tutte le prestazioni di servizi generiche, non rientranti nelle deroghe contenute negli articoli da 7-quater a 7-septies, sono imponibili in Italia. Condizione per l’imponibilità è che le prestazioni siano rese da soggetto passivo non residente, a un soggetto passivo IVA residente. La territorialità IVA delle prestazioni di servizi in deroga (articoli da 7-quater a 7-septies del DPR IVA) sono molto particolari. E’ consigliabile un’analisi da effettuare caso per caso.

Adempimenti del cessionario italiano in caso di territorialità Iva nazionale

Un soggetto passivo IVA nazionale quando si rende conto di aver ricevuto una fattura estera territorialmente rilevante in Italia deve porsi il problema di come procedere. In particolare, occorre capire il corretto adempimento che il cessionario o committente nazionale deve porre in essere per assoggettare ad IVA gli acquisti di beni o di servizi ricevuti dall’estero. Si tratta di tutte le operazioni passive ricevute da controparti UE o extra-UE, per le quali è stata verificata la rilevanza territoriale in Italia.

Per tali operazioni, infatti, considerando che il soggetto che pone in essere la stessa non riveste la qualifica di soggetto passivo d’imposta in Italia, si pone la questione di come applicare il tributo. In particolare, la norma di riferimento che andiamo ad analizzare è l’articolo 17, comma 2, del DPR n. 633/72. Norma modificata dall’articolo 1, comma 325, lettera b) n 1 della Legge n. 228/12. Questa norma ha modificato gli obblighi di assolvimento dell’IVA, in capo al cessionario o committente nazionale. Questo, quando siamo in presenza di cessioni di beni e prestazioni di servizi, poste in essere da soggetti non residenti, e rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia. Secondo l’articolo 17, comma 2, del DPR n. 633/72, il soggetto passivo nazionale, in caso di operazione rilevante in Italia deve seguire le suddetta regole. Vediamole insieme.

Integrazione della fattura ricevuta da fornitori UE

Nelle operazioni estere la prima modalità di assolvimento dell’IVA attraverso il meccanismo del reverse charge è l’integrazione della fattura. Questo meccanismo di integrazione dell’IVA (di cui vedremo meglio il funzionamento) si applica alle seguenti fattispecie:

  • Acquisti intracomunitari di beni – La fattura deve essere integrata con l’Iva applicando il meccanismo del (reverse charge), ai sensi dell’articolo 46 del D.L. n. 331/93. In pratica alla fattura del fornitore estero viene applicata l’IVA se l’operazione è imponibile nel nostro Paese;
  • Acquisto di beni da fornitore UE identificato in Italia. La fattura da integrare con IVA italiana, in questo caso non è tanto quella emessa dalla partita IVA italiana, verso il cliente finale del bene, ma quella emessa dalla sede comunitaria verso il proprio rappresentante fiscale italiano. Vedi la Circolare n. 14/E del 2010 e Risoluzione n. 89/E del 2010. Classico caso è quello di Amazon, il quale cede prima il bene al proprio rappresentante fiscale italiano (operazione intracomunitaria rilevante in Italia), che poi emette a sua volta fattura con IVA (operazione interna), al cliente finale che acquista il bene;
  • Acquisto di servizi da fornitore UE. La tecnica da utilizzare è sempre quella dell’integrazione (articolo 17, comma 2, del DPR n. 633/72). Questo solo ove il prestatore sia stabilito in altro Stato UE.

Autofatturazione della fattura ricevuta

In tutti gli altri casi, ossia quando il fornitore non è situato in un Paese UE la tecnica da utilizzare è l’autofattura, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del DPR n. 633/72. Questa è l’unica modalità prevista per integrare l’IVA se l’operazione è rilevante IVA in Italia.

La procedura di applicazione del reverse charge nelle operazioni estere

Sino a questo momento abbiamo visto le differenze in termini di applicazione tra integrazione della fattura e autofatturazione nelle operazioni estere. Nonostante i diversi criteri di applicazione questi due metodi di applicazione del reverse charge conducono ad uno stesso risultato, ovvero l’applicazione dell’IVA in Italia. Le due procedure (integrazione ed autofattura), costituiscono di fatto due differenti strade per arrivare allo stesso punto, posto che in entrambe le ipotesi il soggetto passivo nazionale deve registrare il documento (del fornitore Ue o l’autofattura):

  • Sia nel registro delle fatture emesse;
  • Sia nel registro degli acquisti, con conseguente neutralità del tributo.

Vediamo di seguito come applicare inegrazione ed autofattura nelle operazioni estere.

Integrazione della fattura

L’integrazione della fattura territorialmente rilevante in  Italia è disciplinata dall’articolo 46 del D.L. n. 331/93. A questi fini è necessario numerare progressivamente la fattura del cedente comunitario con il protocollo vendite ed acquisti ed integrandola con l’indicazione dell’aliquota e dell’IVA dovuta. Sotto un profilo finanziario l’operazione di integrazione è neutra. Questo, in quanto l’IVA confluirà sia nel registro vendite che nel registro acquisto, non comportando alcun esborso finanziario. L’IVA a credito da inserire nel registro acquisto deve essere indicata soltanto nel caso in cui l’operazione effettuata sia tra quelle rientranti tra le operazioni imponibili IVA in Italia. Nel caso in cui, invece, l’operazione oggetto di fattura non rientri tra le operazioni imponibili la procedura di integrazione rimane identica ma andrà indicato in luogo dell’imposta la nomenclatura:

  • non imponibile” o
  • esente”.

In questo caso il soggetto cessionario o committente si troverà a dover versare all’Erario l’IVA a debito derivante dall’operazione. Nel caso in cui l’operazione esposta in fattura sia in valuta estera è necessario riportarla nella valuta corrente in base al cambio corrente al giorno in cui si considera conclusa l’operazione. Oppure, in mancanza si guarda la data di emissione (articolo 13, comma 4, DPR n. 633/72).

Autofattura

L’autofattura è costituita da un nuovo esemplare di fattura che il cessionario o committente Italiano è tenuto ad emettere nei confronti di se stesso. Tale documento deve essere datato e protocollato per l’annotazione nel registro IVA vendite e nel registri IVA acquisti e deve necessariamente possedere i sotto indicati requisiti, ai fini della sua corretta validità:

  • L’annotazione della dicitura “autofatturazione“;
  • I dati del fornitore residente in Stato Extra-UE;
  • Natura qualità e quantità dei beni acquistati;
  • L’ammontare delle operazioni esenti, non imponibili, e imponibili con l’indicazione della relativa imposta.

L’emissione dei documenti in formato elettronico

A partire dal 1° luglio 2022 la registrazione dei documenti (integrazione ed autofattura) devono passare attraverso l’emissione di un documento in formato elettronico XML. In particolare, si tratta di emettere un documento elettronico con codice:

  • TD17 per i servizi resi da soggetti UE/Extra UE;
  • TD18 per gli acquisti intracomunitari di beni;
  • TD19 per gli acquisti interni di beni da fornitori esteri.

Pertanto, anche se ancora permesso non avrà molto senso, ad esempio, emettere una autofattura cartacea per un servizio da un operatore extra-UE e poi creare il formato XML da inviare allo Sdi ai fini comunicativi (dati-esterometro).

Integrazioni ed autofatture elettroniche: schema di sintesi

Si tratta di cessioni di beni e prestazioni di servizi ricevute da un soggetto estero, da inviare elettronicamente con integrazione/autofattura entro il 15 del mese successivo a quello di ricevimento della fattura o effettuazione dell’operazione. I tipi di documento da inserire nelle integrazioni/autofatture sono:

TD17 – Integrazione/autofattura per acquisto di servizi dall’esteroAd esempio fattura di servizi da ditta UE o extra UE
TD18 – Integrazione per acquisto di beni intracomunitariFattura di merce proveniente da ditta UE o extra UE con rappresentante fiscale UE
TD19 – Integrazione/autofattura per acquisto di beni da rappresentante fiscale o identificazione diretta (ex art. 17, co. 2 DPR n. 633/72) Fattura di beni o servizi da ditta extra UE con partita IVA italiana o ditta UE con partita IVA italiana

Termini di registrazione

Per quanto riguarda l’integrazione il soggetto cessionario o committente residente nel nostro Paese è tenuto ad integrare ed annotare la fattura entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, ma con l’avvertenza di imputarla per la liquidazione del mese precedente (cioè di ricezione). Se la fattura non arriva entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, subentra l’onere di emettere autofattura (articolo 46, comma 5) entro il 15 del mese successivo (terzo mese dall’effettuazione dell’operazione).

Per quanto riguarda l’autofattura ex articolo 17, comma 2, l’emissione del documento beneficia, per i servizi generali, degli stessi termini dell’integrazione. Quindi deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo rispetto a quello di effettuazione dell’operazione. Tale emissione differita è valida anche per l’acquisto di beni, in caso di beni accompagnati da DDT o altra idonea documentazione (articolo 21, comma 4, del DPR n. 633/72).

Sanzioni applicabili in caso di reverse charge nelle operazioni estere

Particolare attenzione deve essere prestata al regime sanzionatorio previsto:

  • Per il mancato assolvimento dell’integrazione della fattura di acquisto intracomunitaria o
  • Per la mancata autofatturazione di fattura Extra-Ue.

Sanzioni applicabili per omessa applicazione del reverse charge

ComportamentoSanzioni
Omessa esecuzione adempimenti da parte del cessionario/committenteDal 5 al 10% dell’imponibile con un minimo di mille euro se l’operazione non risulta dalla contabilità, articolo 6, comma 9-bis, D.Lgs. n. 471/97.
Da 500 euro a 20 mila euro in tutti gli altri casi, articolo 6, comma 9-bis, D.Lgs. n. 471/97.
Applicazione del regime ordinario al posto del reverse chargeDal 90 al 180% dell’IVA, con un minimo di 500 euro se vi è frode o intento di evasione da parte del cessionario/committente, articolo 6, comma 9-bis.1, D.Lgs. n. 471/97.
Da 250 euro a 10 mila euro in tutti gli altri casi, articolo 6, comma 9-bis.1, D.Lgs. n. 471/97.
Applicazione del reverse charge al posto del regime ordinarioDal 90 al 180% dell’IVA, con un minimo di 500 euro se vi è frode o intento di evasione da parte del cedente o prestatore, art. 6, comma 9-bis.2, D.Lgs. n. 471/97.
Da 250 euro a 10 mila euro in tutti gli altri casi, articolo 6, comma 9-bis.2, D.Lgs. n. 471/97.
Applicazione del reverse charge da parte del cessionario/committente per operazioni esenti, non imponibili o non soggetteDal 5 al 10% dell’imponibile, con un minimo di mille euro in caso di operazioni inesistenti, art. 6, comma 9-bis.3, D.Lgs. n. 471/97.
Ricalcolo dell’IVA senza sanzione in tutti gli altri casi, art. 6, comma 9-bis.3, D.Lgs. n. 471/97.

Se vuoi affrontare questi aspetti in dettaglio ti rimando a questo contributo, dove ho affrontato direttamente la questione: “Sanzioni per omesso o ritardato reverse charge“.

Fattura di acquisto ricevuta da impresa estera sotto soglie VAT

Può capitare, sovente, che un operatore economico italiano si trovi a percepire fatture di acquisto estere ricevute da parte di imprese (non UE), che non sono in possesso di un codice identificativo. In particolare, può capitare che ad esempio, in Inghilterra o in Irlanda, i contribuenti che non superano una specifica soglia di volume d’affari non possa acquisire il proprio “vat number“.

La conseguenza di questa situazione è che l’azienda che ha effettuato la prestazione ed emesso il documento, deve essere equiparata ad un soggetto privato. Questo, in quanto, questo tipo di azienda è esonerata nel proprio Paese dall’assolvimento degli obblighi in materia di VAT. Per avere la sicurezza di trovarsi in questa casistica, e quindi che l’azienda estera, di fatto, deve essere considerata alla stregua di un privato, il committente italiano deve chiedere al proprio fornitore di ricevere un documento scritto, rilasciato dalla propri autorità fiscale, che attesti l’esatta qualificazione dell’azienda (magari perché aderente al regime delle piccole imprese).

Il committente italiano che si trova in questa casistica deve seguire le indicazioni previste dalla Circolare n. 36/E/2010 (§ 4) dell’Agenzia delle Entrate. Se riceve apposita documentazione dal proprio fornitore sul suo status in merito all’operazione, deve conservare tali documentazione per eventuali controllo. Qualora, invece, il fornitore non consegni tale documentazione occorre tenere presente quanto segue:

  • Considerare che trattarsi di operazione, eventualmente, rilevante ai fini IVA nello Stato di origine;
  • Emettere, comunque, autofattura senza applicazione dell’imposta per documentare l’acquisto e, qualora l’acquisto sia comunitario, non compilare l’elenco riepilogativo Intrastat.

In ogni caso, l’onere di accertarsi sulla natura ed il regime giuridico a cui appartiene il proprio fornitore è del committente italiano. In caso di mancanza di documentazione utile a comprendere la situazione, questi deve procedere all’emissione dell’autofattura, senza l’applicazione dell’imposta.

Conclusioni e consulenza fiscale

Se sei una delle controparti di un’operazione di acquisto di beni o servizi con soggetto passivo estero devi essere a conoscenza delle regole che disciplinano l’integrazione della fattura o l’emissione di un’autofattura.

Come hai avuto modo di vedere si tratta di procedure diverse da applicare in condizioni diverse, a seconda del luogo ove è situato il fornitore. Il tutto è reso ancora più complicato dal fatto che entrambe queste procedure esulano dal fatto che vi è obbligo di emissione della fattura elettronica. Infatti sia l’integrazione che l’autofatturazione devono essere gestite ancora in modalità cartacea, creando un apposito sezionale dedicato.

Se hai dubbi in relazione alla corretta modalità di assolvimento dell’Iva su una fattura ricevuta dall’estero, contattaci. Segui il link sottostante per metterti in contatto con noi e ricevere il preventivo per una consulenza personalizzata in materia di IVA. Ti risponderemo nel più breve tempo e potrai chiarire i tuoi dubbi in modo semplice e veloce.

Domande frequenti:

Come emettere fattura elettronica in reverse charge?

Il contribuente che intende integrare la fattura soggetta a reverse charge in modalità elettronica dovrà compilare il documento in formato xml da inviare a SDI (esattamente come avviene per l’emissione delle fatture) utilizzando uno specifico “TipoDocumento” individuato dai codici: TD16, TD17, TD18 e TD19.

Che differenza c’è tra reverse charge e autofattura?

Nell’inversione contabile (reverse charge), a differenza delle ipotesi di autofattura vera e propria (i.e. omaggi), il cedente/prestatore documenta l’operazione con l’emissione di un documento, senza addebito dell’IVA, che è integrato dal cessionario/committente, il quale provvede all’assolvimento dell’imposta.

Chi può emettere fatture in reverse charge?

È il cedente/prestatore a emettere la fattura e ad addebitare l’Iva, ma tanto non avviene nelle speciali ipotesi di reverse charge ove è il cessionario/utilizzatore del servizio a dover emettere un’autofattura da registrare sia nel registro Iva delle fatture emesse, che in quello degli acquisti.

Cosa scrivere su autofattura in reverse charge?

“Prestazione di servizi soggetta al reverse charge ex art. 17 comma 6 D.P.R. 633/1972 – l’applicazione dell’IVA é a carico del destinatario della fattura”.

Chi paga l’IVA con il reverse charge?

Il reverse charge (inversione contabile) determina l’inversione contabile dell’IVA, che, contrariamente a quanto accade normalmente, va assolta dal destinatario dei beni e servizi oggetto di fattura, che sia soggetto passivo nel territorio dello Stato.

Quali sono i vantaggi del reverse charge?

Lo scopo principale del reverse charge è quello di impedire le frodi così da evitare che chi effettua la cessione di un bene e chi lo acquista decida di non versare l’imposta sul valore aggiunto o presenti una richiesta di rimborso all’Agenzia delle Entrate.

Che cosa succede se non si applica il reverse charge?

Le violazioni sulla fatturazione/registrazione delle operazioni in reverse charge (emissione di fattura con un corrispettivo inferiore oppure mancata emissione della fattura) prevedono una sanzione dal 5% al 10% del corrispettivo non indicato, con un minimo di 500,00 euro.

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