Mancata iscrizione AIRE e regime degli impatriati

Il cittadino italiano non iscritto AIRE ha la possibilità di verificare gli anni di residenza fiscale estera previsti dalla normativa sui lavoratori impatriati solo se proveniente da Paese che ha sottoscritto una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, e ne soddisfa i requisiti di residenza estera.

Il co. 6 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23 prevede che l’agevolazione per i lavoratori impatriati, valida a partire dai rientri 2024, riguardi i cittadini italiani che hanno maturato almeno 3 anni di residenza fiscale estera (diventano 6 o 7 in caso di rientro per lo stesso datore estero o in caso di rientro presso lo stesso datore italiano per cui si operava prima del trasferimento).

Ai fini della verifica di questo requisito in relazione ai periodi di imposta precedenti (di residenza fiscale estera), i cittadini italiani si considerano residenti all’estero se sono stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) ovvero hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Residenza fiscale estera da dimostrare in assenza di iscrizione AIRE

Di fatto, quindi, i cittadini italiani, ancorché non iscritti all’AIRE, possano comunque accedere ai benefici fiscali dei lavoratori impatriati purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi. Tale disposizione riconosce che il requisito della iscrizione anagrafica possa essere superato al cospetto di una diversa risultanza che emerga da una Convenzione internazionale.

Questo significa che, come peraltro già previsto nella precedente normativa sugli impatriati, che la mancata iscrizione AIRE non è da considerarsi come elemento dirimente per l’ottenimento dell’agevolazione. Il tutto, a condizione che il lavoratore possa verificare le condizioni di residenza fiscale estera in virtù di quanto disposto dalla Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni vigente tra i due paesi coinvolti.

La dimostrazione della residenza fiscale estera del lavoratore

L’elemento che maggiormente deve essere analizzato in merito all’agevolazione impatriati è la residenza fiscale estera del lavoratore prima dell’impatrio in Italia. Indipendentemente dalla casistica del lavoratore e dal numero di anni di residenza fiscale estera richiesti, è necessario prima di tutto:

  • Individuare se il lavoratore sia coperto per l’intero periodo o parzialmente dall’iscrizione AIRE;
  • Non sia stato iscritto AIRE per il periodo all’estero.

Nel primo caso, la presenza dell’iscrizione AIRE che copre il periodo di residenza fiscale estera, deve essere valutata positivamente. Tuttavia, questa non rappresenta da sola elemento sufficiente a stabilire la residenza fiscale estera. Infatti, il lavoratore è chiamato a conservare documentazione in grado di dimostrare che la sua presenza fisica, la sua residenza ed il suo domicilio (dal 2024 inteso come il luogo dove si sviluppano principalmente le sue relazioni personali e familiari) sono legati al Paese estero.

La Convenzione con l’Italia e le tie breaker rules

In caso di assenza di iscrizione AIRE è necessario andare ad individuare se il Paese estero ha sottoscritto una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi con l’Italia. In caso positivo è necessario andare ad analizzare la situazione in merito all’applicazione dell’art. 4 della Convenzione. Questo articolo disciplina le regole stabilite tra i due Paesi per individuare la residenza fiscale del lavoratore. Questo quando lo stesso si trova in una situazione di dual residence, ovvero una situazione in cui verifica le condizioni di residenza fiscale per la normativa interna dei due stati. In questo caso, la situazione deve essere sciolta attraverso l’applicazione delle c.d. “tie breaker rules“.

Si tratta di una serie di regole da leggere in modo gerarchico e non concorrente. Dove una di queste regole trova una risposta diretta verso uno dei due stati coinvolti, questo diventa lo Stato di residenza fiscale del lavoratore. Le principali tie breaker rules che troviamo nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia sono le seguenti:

  • Abitazione principale;
  • Centro degli interessi vitali;
  • Soggiorno permanente;
  • Accordo amichevole tra i due stati;
  • Nazionalità.

Per approfondire queste disposizione ti rimando a questo articolo di approfondimento: “Tie breaker rules per le ipotesi di dual residence“. Nel caso in cui dall’analisi della situazione del lavoratore una di queste regole possa portare verso lo Stato estero per le annualità richieste dall’agevolazione, è necessario andare a documentare la regola.

La documentazione per la dimostrazione della residenza estera

Nel caso si sia in presenza di iscrizione AIRE la residenza fiscale estera del lavoratore deve essere dimostrata attraverso elementi documentali. Si tratta di documenti che identificano il soggetto e che lo possono collegare allo Stato estero. Può trattarsi, ad esempio, di documenti relativi alla suo lavoro, alla sua abitazione all’estero, a contratti intestati (anche di utenze domestiche), di pagamenti ricorrenti effettuati, viaggi, spostamenti, etc. Insomma, l’obiettivo deve essere quello di dimostrare che la vita del lavoratore si è svolta all’estero, senza elementi rilevanti di collegamento con l’Italia. Per approfondire questi aspetti vedi: “Accertamento della residenza fiscale: attività investigativa“.

In caso di verifica di una delle tie breaker rules di una Convenzione con l’Italia, si rendere necessario, preliminarmente, farsi rilasciare una certificazione di residenza fiscale da parte dell’autorità fiscale estera. Questo per ciascuna annualità in cui si desidera dimostrare la residenza estera. Deve trattarsi di una certificazione di residenza rilasciata ai sensi dell’art. 4 della Convenzione. Fatto questo, anche in questo caso, è rilevante la presenza documentale. Questa deve essere indirizzata alla specifica dimostrazione che la regole che si intende verificare è realmente legata allo Stato estero piuttosto che all’Italia. Ad esempio, per il soggiorno permanente occorre essere in grado di dimostrare che la propria presenza fisica è stata nel Paese estero in modo netto e prevalente rispetto all’Italia.

Attenzione alla fase di controllo dell’agevolazionea

Una volta approfonditi gli aspetti legati a come è possibile dimostrare la residenza fiscale estera per l’agevolazione impatriati (anche in assenza di iscrizione AIRE) voglio farti prestare attenzione su un aspetto. Tutta questa documentazione, di cui abbiamo parlato fino a questo momento è opportuno che venga raccolta ed analizzata nel momento in cui il lavoratore è chiamato a valutare la propria posizione e nel caso ad autocertificarla. È opportuno ricordare, infatti, che questo tipo di agevolazione non si chiede su domanda, ma piuttosto, il lavoratore è chiamato ad autovalutarsi e nel caso autocertificare il possesso dei requisiti al datore di lavoro (o alternativamente, quando non possibile tramite datore di lavoro, in dichiarazione dei redditi).

Autocertificare significa che il lavoratore si prende la responsabilità della propria valutazione sino al controllo dell’Amministrazione finanziaria. Tale controllo, in merito alla residenza fiscale, si sostanzia nel convincimento del funzionario della bontà della situazione dimostrata dal lavoratore con la documentazione in suo possesso. Per questo motivo è davvero importante raccogliere e conservare bene la documentazione in proprio possesso e capire da subito quale tipo di disposizione sulla residenza fiscale si deve andare a verificare.

Per approfondire:

Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Di seguito riporto una risposta ad interpello (risposta n. 533 del 6 novembre 2020) nella quale l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito ad una situazione di mancata iscrizione AIRE di un lavoratore. Tuttavia, è opportuno precisare che la situazione si riferisce alla precedente versione dell’agevolazione, quella disposta dall’art. 16 del D.Lgs n. 149/15 (per i soggetti rientrati in Italia dopo il 30 aprile 2019).

Espatrio di due anni senza iscrizione AIRE

Il caso è quello di un soggetto che ha trascorso un periodo all’estero al fine di frequentare un master universitario. In tale periodo non si è iscritto all’AIRE. Tale soggetto è poi rientrato in Italia per lavorare alle dipendenze di una società italiana. La questione è che essendo rientrato in Italia prima del 30 aprile 2019, la possibilità di fruire dell’agevolazione anche senza iscrizione AIRE sia possibile o meno.

Nell’ipotesi di trasferimento della residenza fiscale in Italia prima del 30 aprile 2019, occorre far riferimento all’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015, nella formulazione vigente fino al 30 aprile 2019. Disposizione questa secondo cui al verificarsi delle condizioni richieste, i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento. Sono destinatari del beneficio fiscale in esame i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:

  • Sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
  • Hanno svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

Requisito della residenza

Con riferimento al requisito della residenza, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza (ex art. 2 del TUIR). È stato chiarito che per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, la norma presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.

A tal fine, si osserva che l’articolo 16 comma 2 del D.Lgs. n. 147/15 non indica espressamente un periodo minimo di residenza estera, come, invece, previsto per i soggetti di cui al comma 1 del medesimo articolo 16 (permanenza all’estero per i cinque periodi di imposta precedenti al trasferimento in Italia nell’ipotesi di trasferimento della residenza fiscale in Italia prima del 30 aprile 2019, applicando l’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/15, nella formulazione vigente fino al 30 aprile 2019).

Considerato, tuttavia, che si prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, si ritiene che per tali soggetti la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo. Sul punto vedasi le risposte a interpello n. 32/E/2019, n. 272/E/2019 e n. 4/E/2020.

Superabile la mancata iscrizione AIRE nell’agevolazione impatriati

Sempre con riferimento al requisito della residenza estera si evidenzia che, qualora il periodo di iscrizione all’AIRE risulti insufficiente o detta iscrizione non risulti affatto, trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 5-ter inserito nell’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/15. Si tratta della disposizione secondo cui i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a), ossia sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più.

Questa norma consente di dimostrare il possesso dei requisiti di residenza ai sensi delle convenzioni contro le doppie imposizioni, in assenza di iscrizione all’AIRE. Naturalmente, per poter verificare questa ipotesi, per il contribuente istante si tratta di dover andare a produrre documentazione probatoria. Infatti, in questo caso, in sede di accertamento dell’agevolazione da parte dell’Agenzia delle Entrate il contribuente è tenuto ad:

  • Esibire la documentazione nominativa che lo collega in modo duraturo e stabile allo stato estero in cui ha vissuto (percorso di studi, affitto all’estero, pagamento di utenze, spese quotidiane, etc);
  • Deve essere in possesso della certificazione di residenza fiscale estera rilasciata dall’agenzia fiscale estera. Si tratta della certificazione di residenza fiscale in virtù del paragrafo 4 della convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia. Tale certificazione da richiedere all’agenzia fiscale estera deve riguardare il periodo trascorso all’estero.

In questo modo è possibile arrivare a superare il futuro accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Consulenza fiscale agevolazione impatriati

L’art. 5, co. 6 del D.Lgs. n. 209/23 dispone la possibilità di superare la mancata iscrizione AIRE per l’agevolazione impatriati. Questo, a condizione di poter verificare le condizioni della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra l’Italia e lo Stato estero. Di fatto, quindi, restano esclusi dall’agevolazione i cittadini italiani non iscritti AIRE trasferitisi in paesi non in convenzione.

In caso di presenza di Convenzione (con mancata iscrizione AIRE), la situazione appare sicuramente più complessa. Questo, soprattutto in relazione all’obbligatorietà della certificazione di residenza fiscale estera, ai fini convenzionali. Documento, spesso di difficile ottenimento per chi ha vissuto all’estero per soli motivi di studio (e non anche per lavoro). Inoltre, molto spesso le autorità fiscali estere finiscono per rilasciare questo documento solo se si è in fase di accertamento (e non prima). Anche questo aspetto rende maggiormente problematica la soluzione di questa casistica.

Vuoi saperne di più sul regime di tassazione dei lavoratori impatriati? Pensi di poter beneficiare di questa agevolazione e vuoi avere maggiori informazioni? Se leggendo questo articolo ti sei reso conto che potresti rientrare nella disciplina dei lavoratori impatriati allora non perdere questa occasione. Se lo desideri posso esserti di aiuto per valutare la tua situazione ed aiutarti a comprendere la complessità dei requisiti, la documentazione da reperire e conservare in vista dei controlli, ed i rischi e le problematiche di questa agevolazione. Solo in questo modo potrai avere maggiori informazioni per prendere le tue decisioni.

Se pensi di aver bisogno di una consulenza su questo argomento, segui il link e contattami.

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Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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https://open.spotify.com/episode/5TVd13T0bxzzq6MZOdb6jJ?si=dCWiQG7HQkakRb5g-nwYog L’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23 ha riscritto e modificato in modo sostanziale il precedente regime agevolato del rientro dei cervelli (lavoratori impatriati)....