L’esercizio, a posteriori, del diritto alla detrazione dell’Iva, con fattura ricevuta e registrata ma la cui detrazione non è stata effettuata, può essere sanato con la presentazione di una dichiarazione Iva integrativa. Attraverso di essa, in linea generale, è possibile correggere errori/omissioni che hanno determinato l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o di una minore eccedenza detraibile. Come sanare la mancata detrazione Iva.
Con Risposta a interpello n 479 del 19 dicembre 2023 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sull’omesso esercizio del diritto alla detrazione Iva e dichiarazione integrativa (articolo 8, comma 6–bis, del DPR n. 322 del 1998). Il caso è quello legato alla presenza dei requisiti formali e sostanziali del diritto alla detrazione, senza l’assolvimento del diritto alla detrazione. In questo scenario la mancata detrazione Iva è sanabile con una integrativa.
Nel dettaglio, l’Agenzia ha confermato che è possibile avvalersi della dichiarazione Iva integrativa se per mero errore, il soggetto passivo non abbia esercitato tempestivamente il diritto alla detrazione dell’imposta, pur avendo ricevuto e registrato la fattura di acquisto. Vediamo di seguito tutte le precisazioni.
Mancata detrazione Iva: il caso di specie
Entrando nel merito del caso di specie la società istante (che chiamiamo ipoteticamente ALFA) riferisce di aver effettuato con atto avente efficacia giuridica a partire dal 1° settembre 2021 un’operazione straordinaria di scissione che ha comportato il trasferimento di un ramo d’azienda ad altra società (che chiamiamo ipoteticamente BETA).
A tal proposito, comunica anche che “Al ramo di azienda attribuito a [BETA] pertenevano un certo numero di contratti di acquisto per i quali la Società ha inizialmente continuato a ricevere dai rispettivi fornitori successivamente alla data di efficacia giuridica della scissione fatture che, pur se ancora intestate alla stessa Società (a causa, presumibilmente, di un non tempestivo adeguamento dell’anagrafica cliente da parte di questi fornitori), erano in realtà di esclusiva competenza della beneficiaria [BETA], nei confronti della quale, pertanto, avrebbero dovuto essere emesse.“
Mancato esercizio del diritto alla detrazione
A causa della non corretta intestazione delle Fatture [BETA], la Società le ha in un primo momento annotate nei propri registri, computando in detrazione la relativa Iva nelle liquidazioni periodiche riferite agli ultimi mesi del 2021. Successivamente, nei primi mesi del 2022, nell’ambito delle procedure di compliance condotte a livello di gruppo, la Società si è quindi accorta dell’errore e ha provveduto a sanare le irregolarità effettuando, nell’aprile del 2022, un ravvedimento operoso con cui ha riversato l’Iva (indebitamente) detratta, complessivamente pari a euro […], pagando le sanzioni nella prevista misura ridotta. Coerentemente, non ha incluso le Fatture [BETA]nella propria dichiarazione mod. IVA 2022 per il periodo d’imposta 2021, presentata in data 29 aprile 2022.
Va anche aggiunto che “dopo aver presentato la dichiarazione IVA per il 2021, la Società, sulla base di un più approfondito esame, si è accorta che, tra le Fatture [BETA]oggetto del Ravvedimento 2022, erano state erroneamente incluse anche tre fatture riferite a contratti non ricompresi nell’operazione di scissione, per le quali, pertanto, la Società aveva diritto alla detrazione. (…) È appena il caso di precisare che, ovviamente, da parte sua [BETA] non ha mai registrato le Fatture [GAMMA], né tantomeno detratto la relativa imposta”.
Ritenendo, quindi, di essere incorsa in un mero errore, l’istante chiede di “chiarire, innanzitutto, l’esistenza del diritto della Società a ”recuperare” la detrazione dell’IVA afferente alle Fatture [GAMMA] e, poi, le modalità con cui tale ”recupero” possa avvenire”.
Mancata detrazione Iva: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
È possibile garantire l’esercizio del diritto a detrazione Iva attraverso una dichiarazione integrativa, relativa al periodo di imposta nel quale il diritto poteva essere esercitato. Così l’Ade il 19 dicembre risponde all’interpello postole tornando a pronunciarsi sulle condizioni che consentono l’esercizio “a posteriori” del diritto alla detrazione dell’Iva, mediante l’istituto della dichiarazione integrativa.
L’ade ha ricordato che l’articolo 19, comma 1, secondo periodo, del DPR n. 633/72 stabilisce che il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto e alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
Il momento da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione (come stabilito dalla Circolare 17 gennaio 2018, n. 1/E), deve essere individuato nel momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione:
- Sostanziale, dell’avvenuta esigibilità dell’imposta;
- Formale, del possesso di una valida fattura redatta conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 21 del DPR n. 633/72.
É quindi da tale momento che il soggetto passivo cessionario/committente può operare, previa registrazione della fattura, la detrazione dell’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle importazioni di beni. Il suddetto diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno.
Sanare l’omessa detrazione con dichiarazione Iva
L’effettività del diritto alla detrazione dell’imposta e il principio di neutralità dell’Iva sono, in ogni caso, garantiti dall’istituto della dichiarazione integrativa. Attraverso di essa, in linea generale, è possibile correggere errori/omissioni che hanno determinato l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o di una minore eccedenza detraibile.
Pertanto, il soggetto passivo cessionario/committente, che non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti documentati nelle fatture, può recuperare l’imposta presentando la menzionata dichiarazione integrativa entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
L’Agenzia delle Entrate, dunque, ammette la possibilità di ricorrere all’istituto della dichiarazione integrativa nell’ipotesi in cui, per mero errore, il contribuente beneficiario del diritto alla detrazione, pur avendo ricevuto e registrato la fattura di acquisto, abbia omesso di esercitare tale facoltà tempestivamente.
Nella fattispecie oggetto di interpello, per errore, l’istante ha riversato all’erario l’Iva originariamente detratta con le liquidazioni periodiche, omettendo così di far confluire, nella dichiarazione Iva, l’imposta relativa alle operazioni di acquisto documentate dalle fatture emesse nell’anno precedente. Ricorrendo la presenza del duplice presupposto, sostanziale e formale, pur non essendo stato esercitato ”tempestivamente” il diritto alla detrazione, resta possibile ”integrare” l’originaria dichiarazione presentata, senza versare alcuna sanzione in presenza di fatture di acquisto regolari e ritualmente registrate.
Ininfluenza del ravvedimento operoso
Mediante la dichiarazione integrativa può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti quando le fatture di acquisto sono state ricevute e registrate nei termini e, per errore, è stata riversata all’Erario l’imposta per la quale il diritto alla detrazione era spettante ma non esercitato tempestivamente (ossia entro il termine della dichiarazione relativa all’anno in cui si era verificato il duplice presupposto, sostanziale e formale).
Il soggetto passivo potrà, dunque, “integrare“, non oltre il termine quinquennale ex art. 57 del DPR n. 633/72, l’originaria dichiarazione Iva presentata, senza versare alcuna sanzione. Questo in quanto le fatture di acquisto sono regolari e correttamente annotate. Per completezza, l’Agenzia delle Entrate precisa anche che la procedura appena descritta (e il conseguente recupero dell’imposta non detratta) non è influenzata dal fatto che il soggetto passivo aveva beneficiato del ravvedimento operoso per regolarizzare la propria precedente posizione.
In definitiva quindi non costituisce ostacolo all’adozione del comportamento innanzi descritto, e quindi al recupero dell’Iva non detratta, la circostanza che l’istante abbia effettuato il ravvedimento operoso con riferimento all’imposta detratta con le liquidazioni periodiche.
Conclusioni
Con la recente risposta l’Agenzia delle Entrate fornisce più precisi chiarimenti in caso di mancata detrazione Iva per errore da parte del soggetto passivo. L’Amministrazione finanziaria, infatti, permette il ricorso all’invio della dichiarazione integrativa oltre i termini ordinari, senza incorrere in alcuna sanzione.
Deve essere anche precisato che questo diritto scatta anche qualora lo stesso abbia ricevuto e registrato la fattura d’acquisto. In questo modo è possibile sanare l’errore omissione. Il tutto, senza che rilevi l’eventuale esercizio del ravvedimento operoso come messo in atto nel caso di specie affrontato dall’Agenzia delle Entrate.