Lavoro in Irlanda, devo pagare le tasse in Italia? Proviamo, grazie al quesito posto da un nostro lettore a rispondere definitivamente a questa domanda, dandoti gli strumenti per capire quando in caso di redditi esteri, sei tenuto a pagare le imposte anche in Italia. Tutte le informazioni per i residenti all’estero.
Lavori in Irlanda e vuoi sapere se devi dichiarare anche in Italia i tuoi redditi percepiti all’estero? Hai passato un periodo di lavoro in Irlanda, e adesso ti chiedi se devi presentare la dichiarazione dei redditi in Italia? In questo articolo troverai le risposte a queste domande e potrai definitivamente sciogliere i tuoi dubbi su questo difficile argomento.
La tassazione dei redditi percepiti all’estero è sempre un aspetto che genera molta confusione, in quanto vi sono vari aspetti da tenere in considerazione per capire dove devono essere tassati i redditi percepiti all’estero. Non tutti conoscono queste regole, e pochi si informano prima, quindi commettere errori è davvero semplice.
L’aspetto principale da considerare è che non è mai possibile generalizzare, ogni situazione personale può avere soluzione diversa, questo per le differenze esistenti a seconda della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato estero ove il reddito è stato percepito. Diffidate di chi propone soluzioni generali e valide per tutti, se volete davvero evitare problemi, è sempre opportuno andare ad analizzare in dettaglio ogni situazione.
In questo contributo ci occuperemo di un quesito riguardante i redditi da lavoro in Irlanda percepiti da un soggetto fiscalmente residente in Italia, che si chiede se e come sia tenuto a dichiarare nel nostro Paese questi redditi. Ecco il quesito pervenutoci:
“Mi trovo attualmente a Dublino, per un periodo superiore a 183 giorni nell’anno. Sto lavorando per un’azienda in Irlanda come dipendente e sto pagando regolarmente le tasse al governo Irlandese, trattenute direttamente in busta paga. Non mi sono mai iscritto all’Aire, per mia ignoranza. Sono tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi e a pagare le imposte sui redditi in Italia? Dovrei iscrivermi all’Aire? Come iscritto all’Aire dovrei presentare la dichiarazione dei redditi in Italia o sarei tenuto a pagare le tasse solo in Irlanda?”
Sono molti gli italiani, soprattutto studenti, ad avere un lavoro in Irlanda, magari temporaneo, per qualche mese o anno (magari nel periodo estivo), e si chiedono se sono tenuti a pagare le imposte sui redditi anche in Italia.
Non è raro il caso in cui i lavoratori italiani domiciliati all’estero, ma ancora residenti in Italia, ignorino di dover pagare le imposte sul reddito anche in Italia. Vediamo, quindi, di dare una risposta chiara a questo argomento.
Lavoro in Irlanda e imposte italiane: le regole
Il concetto fondamentale per stabilire ove un soggetto sia tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti è quello di “residenza fiscale“, così come disciplinata dall’articolo 2, comma 2, del TUIR. È in base al concetto di residenza fiscale, infatti, che trova applicazione la potestà impositiva, a livello fiscale, di ogni nazione. Un soggetto è considerato fiscalmente residente in Italia se è iscritto all’anagrafe della popolazione residente (ANPR), o alternativamente se ha il proprio domicilio o la propria residenza (ai sensi dell’articolo 43 del codice civile in Italia), per la maggior parte del periodo di imposta.
Il mantenimento della residenza fiscale in Italia, come nel caso del nostro lettore, che nonostante sia all’estero da oltre 183 giorni nell’anno, non si è mai iscritto all’AIRE, comporta necessariamente l’obbligo di pagare le imposte sui redditi in Italia anche sui redditi prodotti all’estero. Per questo motivo è fondamentale iscriversi all’AIRE quando si intende restare in modo stabile all’estero.
Worldwide taxation principle
I soggetti fiscalmente residenti sono soggetti al principio della World Wide Taxation, di cui all’art. 3 del TUIR, uno dei pilastri fondamentali su cui si basa il nostro sistema fiscale, ma anche quello di molti dei sistemi fiscali dei Paesi europei. Il concetto è molto semplice: un soggetto è tenuto a pagare le imposte (ovunque esse siano prodotte e/o percepite), in un unico Stato, quello di residenza, salvo poi ottenere un credito di imposta per le eventuali altre imposte già pagate nei Paesi ove i redditi sono stati percepiti (tassazione nello Stato della fonte).
Riassumendo, quindi, un lavoratore Italiano che svolge la sua attività lavorativa e ha la sua vita all’estero, ha ugualmente l’obbligo del versamento delle imposte sul reddito anche in Italia in concomitanza di almeno uno dei seguenti requisiti:
- Essere residente in Italia, per almeno 183 giorni all’anno (la maggior parte dell’anno solare).
- Essere iscritto nelle anagrafi comunali della popolazione residente in Italia (quindi, non essere iscritto all’AIRE).
- Avere eletto nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio o la propria residenza , ai sensi dell’articolo 43 del codice civile.
Per approfondire: AIRE: “Anagrafe degli Italiani residenti all’estero“.
Presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia
I criteri sopra indicati utili per verificare la residenza fiscale sono alternativi tra loro. Quindi, è sufficiente realizzare anche soltanto una di quelle fattispecie per essere considerati fiscalmente residenti in Italia. Tra queste fattispecie vi è una presunzione assoluta: un soggetto iscritto all’anagrafe di un comune italiano per almeno 183 giorni (anche non consecutivi), in un anno, è considerato fiscalmente residente in Italia, indipendentemente dalla prova della sua presenza nel territorio del nostro Paese.
Nella fattispecie del nostro lettore, non essendosi mai cancellato dall’anagrafe della popolazione residente, per questa presunzione assoluta, è considerato comunque residente fiscalmente in Italia, anche se dovesse fornire prove certe e non confutabili della sua residenza estera. Questo aspetto è fondamentale e dovrebbe essere chiaro a quanti di voi stanno per andare a lavorare all’estero o progettano di andarci.
In base a quanto previsto dagli articoli 2 e 3 del TUIR, i soggetti residenti in Italia che producono redditi all’estero sono tenuti al pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche non soltanto sui redditi prodotti in Italia, ma anche sui redditi prodotti all’estero, anche se questi ultimi hanno già scontato le imposte nel Paese estero in cui il reddito è stato prodotto. Per questo motivo il nostro lettore è tenuto ogni anno a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia e dichiarare i redditi esteri.
Per approfondire: “Residenza fiscale delle persone fisiche“.
Tassazione dei redditi da lavoro dipendente di fonte estera
Il lettore nel suo quesito aggiunge che sta svolgendo un’attività di lavoro in Irlanda. In particolare, trattasi di reddito da lavoro dipendente svolto all’estero. Sul punto, l’articolo 51, comma 8, del TUIR prevede quanto segue:
Art. 51, co.8-bis del TUIR |
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“il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del ministro del Lavoro e della previdenza sociale” |
Si tratta di una prima agevolazione che consente di vedersi tassare non il reddito estero da lavoro dipendente effettivamente percepito, ma quello più favorevole previsto dalle retribuzioni convenzionali. Tuttavia, per poter applicare concretamente questa normativa, è necessario che il settore economico in cui viene svolta l’attività da parte del lavoratore dipendente sia previsto nel Decreto ministeriale che determina le retribuzioni convenzionali. Si tratta di un Decreto che viene puntualmente pubblicato e aggiornato ogni anno.
Quando non è possibile applicare la disciplina delle retribuzioni convenzionali il reddito percepito all’estero, al netto dei contributi previdenziali obbligatori si rende imponibile in Italia e soggetto ad ordinaria tassazione IRPEF. Il consiglio che posso darti è di affidarti ad un dottore commercialista esperto che sia in grado di valutare con attenzione la tua situazione personale.
Il divieto di doppia imposizione
Al fine di evitare questa doppia imposizione, conseguente al pagamento delle imposte sui redditi nel Paese di residenza del dichiarante oltre che nel Paese di produzione del reddito, sia la convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Irlanda (firmata l’undici giugno 1971, ratificata dalla Legge n. 583/74, all’art. 24), sia il TUIR, prevedono un principio generale di divieto della doppia imposizione, per cui la stessa imposta non può essere applicata più volte su uno stesso reddito.
Per potere applicare concretamente questo principio ci viene in aiuto l’articolo 165 del TUIR, il quale prevede che le imposte pagate a titolo definitivo sui redditi prodotti all’estero siano ammesse in detrazione dall’imposta netta, scaturente dal conguaglio di fine anno o dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo, fino alla concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra redditi prodotti all’estero e reddito complessivo.
Imposte estere versate a titolo definitivo
A prima vista può sembrare complicato, ma in pratica l’articolo 165 del TUIR prevede che il nostro lettore, cittadino Italiano, che sostanzialmente svolge la sua vita all’estero ma continua ad essere iscritto all’anagrafe comunale della popolazione residente abbia l’obbligo di contribuire alle imposte sul reddito in Italia. Nella sua dichiarazione dei redditi italiana, avrà diritto ad un abbattimento dell’IRPEF (l’imposta sui redditi) pari all’ammontare delle imposte pagate in Irlanda a titolo definitivo (non devono essere presi in considerazione gli acconti). Questo credito, comunque, non potrà mai superare la quota di IRPEF relativa al reddito estero.
Ad esempio se per un reddito pari a 1.000 euro la tassazione in Irlanda è pari al 21% ed in Italia pari al 23% il nostro lettore verserà all’Amministrazione finanziaria irlandese il 21% del reddito e all’Amministrazione finanziaria Italiana la sola differenza del 2%. In questo modo è correttamente applicato il principio di divieto di doppia imposizione di uno stesso reddito, previsto dall’articolo 165 del TUIR ed all’art. 24 della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia ed Irlanda.
Come si legge la busta paga irlandese?
Per adempiere ai propri obblighi fiscali in Italia, qualora vi siano, è importante capire come leggere una busta paga irlandese. I lavoratori dipendenti, infatti, vengono tassati attraverso il sistema PAYE. Ogni volta che viene pagato lo stipendio, il datore di lavoro detrae l’imposta sul reddito (PAYE), l’Assicurazione Sociale Correlata alla Retribuzione (PRSI) e il Contributo Sociale Generale (USC) e versa l’importo detratte all’Agenzia fiscale irlandese. PAYE garantisce che gli importi che devi pagare durante l’anno fiscale siano raccolti in modo uniforme in ogni giorno di paga. Detto questo vediamo in dettaglio le principali voci della busta paga:
PRSI – Assicurazione sociale correlata alla retribuzione
I contributi della PrSI (Pay Related Social Insurance) vanno al Fondo di Previdenza Sociale (SIF) che aiuta a pagare le prestazioni di previdenza sociale e le pensioni. La maggior parte dei datori di lavoro e dei dipendenti (di età compresa tra i 16 anni e l’età pensionabile, attualmente 66 anni) versano contributi di previdenza sociale (PRSI) al SIF nazionale.
In generale, il pagamento del PRSI è obbligatorio. Questo denaro viene quindi utilizzato per finanziare le prestazioni di previdenza sociale. I contributi PRSI sono suddivisi in diverse categorie, note come “classi PRSI”.
Con pochissime eccezioni:
- tutti i dipendenti, a tempo pieno o part-time, che guadagnano 38 € o più a settimana, e
- lavoratori autonomi con reddito pari o superiore a 5.000 euro annui
Chi ha un’età compresa tra i 16 anni e l’età pensionabile (attualmente 66 anni) paga i contributi dell’assicurazione sociale (cioè PRSI) al Fondo nazionale di previdenza sociale.
I datori di lavoro dei dipendenti di cui sopra sono tenuti a versare i contributi PRSI sulla retribuzione computabile del dipendente, inclusa quella della retribuzione figurativa.
I contributi PRSI sono dovuti secondo le seguenti modalità:
- Al tasso appropriato per un dipendente su tutti i guadagni calcolabili (compresa la retribuzione figurativa).
- La quota del datore di lavoro al tasso appropriato sui guadagni calcolabili del dipendente (compresa la retribuzione figurativa).
- Il contributo del datore di lavoro per le classi A e H include un prelievo del Fondo nazionale per la formazione dell’1%.
I dipendenti coperti dalle classi A, B, C, D e H con guadagni calcolabili non superiori a € 352 non pagano PRSI per quella settimana. Tuttavia, la quota del datore di lavoro di PRSI rimane pagabile come di consueto. I dipendenti continuano ad essere coperti per i benefici adeguati alla loro classe PRSI. Una volta che i guadagni superano € 352, viene addebitato sia il PRSI del dipendente che del datore di lavoro.
Universal Social Charge (USC)
USC (Universal Social Charge) è una tassa da pagare sul reddito totale. A seconda delle circostanze, la USC può essere applicata come tariffa standard o tariffa ridotta. Se il reddito totale supera i 13.000 €, la USC deve essere calcolata sull’intero reddito. Ci sono alcuni tipi di reddito che sono esenti.
PAYE – Imposte sul reddito
Se sei pagato settimanalmente, la tua imposta sul reddito è calcolata da:
- applicando l’aliquota standard del 20% al reddito nella tua fascia tariffaria settimanale
- applicando l’aliquota più alta del 40% a qualsiasi reddito superiore alla fascia tariffaria settimanale
- sommando i due importi di cui sopra insieme
- deducendo l’importo dei tuoi crediti d’imposta settimanali da questo totale.
- Se vieni pagato ogni due settimane o mensilmente, si applicano gli stessi principi.
Puoi trovare la fascia di aliquota dell’anno d’imposta in corso e dei quattro anni precedenti nelle tabelle Aliquote, fasce e agevolazioni. La tua fascia tariffaria verrà notificata sul tuo Certificato di Credito d’Imposta (TCC).
Situazione familiare | Aliquota del 20% | Aliquota del 40% |
Persona single | fino a € 40.000 | da € 40.001 |
Coppie sposate/partner civili, con un solo reddito | fino a € 49.000 | da € 49.001 |
Coppie sposate/partner civili, con due redditi | fino a € 80.000 | da € 80.001 |
Famiglia con un solo genitore | fino a € 44.000 | da € 44.001 |
Perché è importante la lettura della busta paga?
Sapere leggere la busta paga è importante per riuscire a compilare in modo corretto la dichiarazione dei redditi italiana nel caso in cui il reddito percepito all’estero debba essere assoggettato a tassazione italiana. Questo, sia per determinare il reddito imponibile da assoggettare a tassazione italiana, reddito lordo al netto dei contributi previdenziali, sia per individuare il credito per imposte assolte all’estero legato alle imposte estere versate a titolo definitivo. Tutti questi aspetti devono essere valutati in sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi.
Conclusioni e consigli
Cosa possiamo imparare dall’esperienza del nostro lettore?
Prima di tutto è bene ribadire che in questi casi è fondamentale consultare un commercialista esperto in fiscalità internazionale, quando si intende trasferirsi all’estero per periodi maggiori di 6 mesi, sia per studio che per lavoro, in modo da pianificare correttamente gli adempimenti fiscali conseguenti.
Non potendo tuttavia generalizzare in quanto ogni situazione personale ha le sue peculiarità, quello che posso dirvi è che se un cittadino Italiano svolge la sua vita (personale e/o lavorativa) all’estero, per evitare il pagamento delle imposte sul reddito anche in Italia dovrebbe trasferire la propria residenza fiscale all’estero, iscrivendosi all’AIRE.
La questione però non si risolve così semplicemente, è necessario che il contribuente che intende trasferirsi all’estero sposti con se il c.d. “centro degli interessi vitali“, intendendo con tale locuzione sia i suoi principali interessi familiari e lavorativi.
Un soggetto che vuole trasferirsi all’estero lasciando la sua famiglia in Italia o i suoi principali interessi economici in Italia sarà sicuramente soggetto a controlli ed accertamenti, per questo è bene pianificare con cura ed in anticipo questi aspetti legati alla normativa fiscale. Questo, anche se potrà sembrarvi poco conveniente, vi consentirà di risparmiarvi in futuro un possibile lungo e costoso contenzioso fiscale con l’Amministrazione finanziaria.
Consulenza fiscale online
Anche tu ti sei trasferito all’estero e vuoi saperne di più sulla tua posizione fiscale? Hai letto l’articolo, hai un lavoro in Irlanda e vuoi avere una consulenza personalizzata riguardante la tua situazione personale? Vuoi parlare con un esperto?
Utilizza il nostro servizio di consulenza fiscale online dedicato alle modalità di tassazione dei redditi esteri. Sarai ricontattato nel più breve tempo e potrai interagire ed ottenere la consulenza di un professionista preparato ed esperto in fiscalità internazionale. In questo modo potrai analizzare la tua situazione personale e gli obblighi fiscali che ti riguardano.
Buongiorno, mia nipote è a Londra da due anni circa. Lo scorso anno ha lavorato come dipendente ed in questi giorni ha ricevuto il modello riepilogativo. Si è iscritta tuttavia all’Aire solo dallo scorso Ottobre. Pertanto, da quanto ho letto, dovrà presentare altresì la dichiarazione dei redditi anche in Italia in quanto non ha il requisito dei 183 gg..
Premesso che come base imponibile dovrà essere presa la retribuzione convenzionale prevista per il settore (commercio), mi chiedo cosa fare qualora detta retribuzione dovesse, per un qualunque motivo, risultare superiore a quanto effettivamente percepito dal datore di lavoro estero.
Grazie
La retribuzione convenzionale è un vantaggio, molto difficilmente è superiore al valore della retribuzione percepita.
Se avessi la residenza fiscale a Malta e genero profitti da una mia società in Irlanda, sono o non sono soggetto a tassazione maltese sui redditi personali?
Bella domanda, la risposta è: dipende. Per maggiori info c’è il servizio di consulenza online.
Buongiorno . Vi disturbo per una domanda. Io lavoro per Eni spa su impianti petroliferi in Kuwait. Sono però iscritto all Aire in Thailandia . Volevo sapere se avendo una busta paga italiana{con dichiarazione dei redditi italia } era possibile non pagare le tasse in italia facendomi accreditare l intero lordo in busta paga per poi pagarle nel mio paese di residenza,cioè Bangkok. É possibile oppure no ? Grazie mille saluti Golinelli Giorgio
L’azienda italiana è obbligata a fare le trattenute fiscali.
Salve,
c’è una cosa che non mi torna nell’articolo. La convenzione Italia-Irlanda, articolo 3, comma 1b stabilisce che:
” l’espressione «residente dell’Irlanda» designa: […] ogni altra persona che è considerata residente in Irlanda ai fini della imposta irlandese e
aa) non residente in Italia ai fini della imposta italiana, o
bb) che soggiorna in Italia per un periodo o per periodi che non eccedono in totale 91 giorni
durante l’anno fiscale; ”
Ora, siccome l’Irlanda considera residente qualsiasi lavoratore che spende più di 183 giorni in Irlanda*, ne consegue che un Italiano che lavora come dipendente in Irlanda non è tassabile in Italia sullo stipendio Irlandese, in quanto l’accordo Italia-Irlanda lo considera residente in Irlanda, indipendentemente dall’iscrizione all’AIRE. Certo questo contrasta con la definizione di residente del TUIR, ma a quanto ne so gli accordi internazionali hanno la precedenza.
*http://www.citizensinformation.ie/en/money_and_tax/tax/moving_country_and_taxation/tax_residence_and_domicile_in_ireland.html
Ho ragione o mi sfugge qualcosa?
Ringrazio anticipatamente per la cortese risposta
Gabriele
Quello che lei afferma in merito alla convenzione è corretto, ma si deve tenere presente che l’Agenzia delle Entrate fonda il requisito della residenza fiscale sulla base di quanto previsto dalla normativa interna, ovvero l’articolo 2 del DPR 917/86, il quale prevede che se un soggetto è iscritto all’Anagrafe oppure ha domicilio o residenza in Italia per la maggior parte del periodo di imposta è da considerarsi fiscalmente residente. Quindi ad esempio se un soggetto rispetta il requisito previsto nella Convenzione per essere considerato residente in Irlanda, ma non ha rispettato i requisiti per la cancellazione della residenza fiscale italiana, per l’Italia continuerà ad essere un soggetto residente. Si tratta di classici casi di doppia residenza fiscale. Casi che vengono risolti attraverso i criteri stabiliti nelle convenzioni, c.d. tie breaker rules.
Ora però, deve essere detto che l’Amministrazione finanziaria italiana, tende a riconoscere questi aspetti soltanto in sede accertativa o contenziosa, quindi raccomando di seguire prima la normativa interna e poi le convenzioni internazionali al fine di evitare accertamenti fiscali, molte volte evitabili.
Buona sera,
le faccio un esempio concreto per l’anno 2017.
Cittadino italiano residente:
– Celibe, anni 22, con papà, mamma e fratello rimasti in Italia;
– Nessuna dichiarazione dei redditi precedenti o proprietà in Italia;
– Trasferimento a Dublino con assunzione presso società a decorrere dal 04.09.2017;
– Periodo di prova di 6 mesi (04.03.2018);
– Quindi permanenza in Irlanda per il 2017 per meno di 183 gg.
Riguardo alla dichiarazione dei redditi per l’anno 2017 (da presentare il prossimo anno), che differenza/e ci sarebbero, nella forma e nella sostanza, con o senza l’iscrizione all’AIRE da effettuare entro 90 g. dal trasferimento in Irlanda?
Quando posso all’applicare l’art. 165 del DPR n.917/1986 e quando la Convezione Italia Irlanda del 11.06.1971?
Ringrazio per la cortese risposta che potrete darmi
Saluti cordiali
Salve Danilo, per quesiti di carattere personale come il suo può utilizzare il servizio di consulenza fiscale dedicato ai redditi esteri. Le risponderò analizzando in dettaglio la sua situazione e a seconda del tipo di risposta scelta fisseremo un appuntamento telefonico per chiarire ogni suo dubbio. Il link al servizio è questo: consulenza fiscale online redditi esteri
Salve ,
Ho una attività avviata da anni in Italia , una macelleria .La pressione fiscale è veramente eccessiva , e volevo dunque continuare l’attività in Italia ma con una ltd in Irlanda.
Secondo voi posso trarre risparmio rispetto alla situazione attuale?
Grazie
In questo modo non otterrebbe alcun beneficio, perché la società irlandese dovrebbe identificarsi in Italia e pagare le imposte in Italia sul reddito ivi prodotto. In questo modo andrebbe a peggiorare la situazione attuale.
Buona sera,
dal primo gennaio 2018 andrò a lavorare per una azienda europea in un paese extra europeo. Lavorerò in tale paese più di 280 gg all’anno. In Italia non ho nessun immobile ma solo una macchina a mio nome, a dicembre io e mia moglie ci separeremo (separazione consensuale) e i due figli rimarranno con lei. Io ho un cc in Italia e vorrei far accreditare lo stipendio su tale cc in quanto non considero molto stabile il paese in cui andrò a lavorare. Mi iscriverò all’A.I.R.E.
Devo pagare le tasse in Italia?
Mario
Salve Mario, se vuole che analizzi la sua situazione fiscale, anche al fine di minimizzare la tassazione mi contatti per una consulenza a questo link: “consulenza fiscale online tax planning e redditi esteri“.
Buongiorno,
Lavorerò in Italia, assunto da una società irlandese, come sarà la mia tassazione?
Salve Antonella, lei subirà una doppia tassazione con credito di imposta nella dichiarazione italiana. Nel caso abbia bisogno di maggiori dettagli ci contatti in privato per una consulenza.
Sono Italiano, anni 26 celibe, con residenza in Italia e lavoro in Irlanda dal 02/02/2017 con contratto a tempo indeterminato presso una compagnia di spedizioni. Nessuna dichiarazione dei redditi precedenti o proprietà in Italia e trasferito in Irlanda alla data di assunzione. Il mio stipendio attuale è di 32000 euro l’anno lordi. MI iscriverò all’AIRE il 01/01/2020. Non ho presentato la denuncia dei redditi in Italia per gli anni 2017 e 2018. Per regolarizzarmi ho intenzione di farlo nel 2020. Vorrei conoscere, in linea approssimativa, quanto verrei a pagare in totale considerando anche le eventuali multe per le omesse dichiarazioni relative ai due anni suindicati.
Ringrazio anticipatamente per la risposta.
Salve Pier Luigi, se vuole scriva in privato a [email protected]. Riceverà un preventivo relativo alla consulenza che le possiamo offrire utile a risolvere i suoi dubbi.
Buongiorno Federico,
saprebbe indicarmi se l’USC da considerarsi imposta pagate a titolo definitivo sui redditi prodotti all’estero e quindi sia ammessa in detrazione dell’imposta netta?
Grazie mille
(e grazie per la consulenza dello scorso settembre: dormo più tranquilla…)
Possono essere accreditate a norma dell’art. 165 del TUIR le sole imposte che hanno natura di imposte sul reddito. A tali fini, sono comunque accreditabili le imposte oggetto della Convenzione contro le doppie imposizioni esistente tra l’Italia e lo Stato estero. Occorre, quindi, verificare se nella Convenzione con l’Irlanda è presente la USC.