Il contenzioso tributario in materia di residenza fiscale delle persone fisiche presenta dei profili di peculiarità che rendono ogni casistica diversa dall’altra. Per questo motivo, difficilmente, è possibile rinvenire orientamenti costanti, in quanto la specificità delle situazioni soggettive finisce sempre per influenzare l’esito della vicenda e delle conclusioni dei giudici.
Tuttavia, appare interessante soffermarci su due (recenti) sentenze della Corte di Cassazione, secondo le quali per l’individuazione della residenza fiscale delle persone fisiche secondo il criterio del domicilio e, quindi, degli affari e degli interessi vitali di un soggetto, gli interessi familiari e le relazioni affettive sono meno rilevanti rispetto agli interessi economici del soggetto. In particolare, ad affermare e ribadire questo concetto è sia la sentenza n. 15314 del 23 aprile 2021 e l’ordinanza n. 16954 del 25 maggio 2022 della Corte di Cassazione. Di seguito, quindi, andiamo ad analizzare questi due casi per poi andare ad effettuare qualche riflessione.
Indice degli Argomenti
- Interessi economici rilevanti in Italia determinano la residenza fiscale: sentenza 15314 del 23 aprile 2021
- Interessi economici rilevanti in Italia determinano la residenza fiscale: ordinanza 16954 del 25 maggio 2022
- Residenza fiscale e riflessioni sulla rilevanza del domicilio
- Conclusioni e consulenza fiscale
Interessi economici rilevanti in Italia determinano la residenza fiscale: sentenza 15314 del 23 aprile 2021
Con la sentenza n. 15314 del 23 aprile 2021, la Corte di Cassazione individua i seguenti principi legati all’identificazione della residenza fiscale di un contribuente espatriato in Svizzera. In particolare, i principi cardine che se ne possono ricavare sono:
- Il domicilio fiscale si identica nel luogo dove il soggetto ha più stretto collegamento sotto il profilo degli interessi personali ed economici, dando prevalenza al luogo in cui hanno sede questi ultimi;
- L’ingiustificato (per carenza di motivazione) trasferimento della residenza dall’Italia alla Svizzera costituisce prova della finalità di evasione fiscale e costituisce “dolo” per la verifica della fattispecie di reato di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 74/00 (omessa presentazione della dichiarazione dei redditi).
Il caso affrontato dalla Cassazione con la sentenza n. 15314 del 23 aprile 2021 è quello di un soggetto espatriato in Svizzera ed iscritto AIRE, che ha mantenuto interessi economici rilevanti in Italia, come la detenzione di partecipazioni societarie, cariche societarie rilevanti, la disponibilità di una abitazione in Italia e l’iscrizione a circoli in Italia. Inoltre, nonostante il contribuente vivesse in Svizzera viene ritenuta rilevante per l’identificazione della residenza fiscale in Italia anche l’iscrizione scolastica in Italia dei figli.
In particolare, la vicenda in esame concerne la penale responsabilità del soggetto condannato dalla Corte di Appello di Milano alla pena di un anno e due mesi di reclusione per avere, al fine di evadere le imposte sui redditi, omesso di presentare, pur essendovi obbligato, le dichiarazioni annuali evadendo l’imposta sul reddito delle persone fisiche per un ammontare superiore a euro 50.000. Avverso tale sentenza l’imputato aveva proposto ricorso per cassazione lamentando, in sostanza, di non aver presentato la dichiarazione dei redditi in Italia in quanto residente in svizzera.
Rilevanza penale con dolo del contribuente
Un altro aspetto importante di questa sentenza che deve essere evidenziato riguarda l’identificazione della finalità di evasione. Al contribuente, infatti, è stata contestata la fattispecie di reato di cui all’art. 5 D.Lgs. n. 74/00 (per avere, al fine di evadere le imposte sui redditi, omesso di presentare, pur essendovi obbligato, le dichiarazioni annuali evadendo l’imposta sul reddito delle persone fisiche per un ammontare superiore a euro 50.000).
Su questo punto i giudici della Cassazione hanno ripreso un consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, ex art. 5 D.Lgs. n. 74/00, la prova del dolo specifico può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta (sul punto vedasi anche la Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016, V., Rv. 267022).
In particolare, è stato correttamente osservato che quando gli elementi connessi alla vita familiare, personale, sociale e culturale del contribuente sono ripartiti tra l’Italia e la Svizzera in misura quantomeno equivalente, sicché vi è un unico motivo che giustifichi il trasferimento della residenza dall’Italia alla Svizzera a parità delle altre condizioni di vita: la finalità di evasione fiscale. Quindi, di fatto, l’ingiustificato trasferimento della residenza dall’Italia alla Svizzera costituisce prova della finalità di evasione fiscale.
Importante: |
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Deve essere evidenziato, sul punto, che per quanto riguarda i reati tributari la prova del dolo di evasione non deriva dalla mera violazione dell’obbligo dichiarativo, ma piuttosto dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (su questo aspetto vedasi anche, Corte di cassazione, sentenza n. 37856 del 18.09.2015, sentenza n. 18936 del 19.01.2016). |
Interessi economici rilevanti in Italia determinano la residenza fiscale: ordinanza 16954 del 25 maggio 2022
Con l’ordinanza 16954 del 25 maggio 2022 la fattispecie oggetto di analisi da parte dei giudici riguarda la notifica di avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una persona fisica iscritta AIRE in Svizzera, assieme alla sua famiglia. Gli accertamenti notificati riguardano il recupero a tassazione di maggiori redditi IRPEF ed IRAP del contribuente che aveva continuato ad esercitare attività di lavoro autonomo in Italia.
Il contribuente, prima di ricorrere in cassazione era risultato soccombente in entrambi i precedenti gradi di giudizio. In particolare, la CRT della Liguria ha rigettato le impugnazioni ritenendo meramente formale il trasferimento di residenza in Svizzera del contribuente. Entrando nel merito, lo stesso è stato considerato fiscalmente residente in Italia in virtù di una serie di elementi indicativi, come: “la residenza – anche formale – dei prossimi congiunti in Italia, il consumo molto elevato di energia elettrica […] la disponibilità di una imbarcazione da diporto in Chiavari, le movimentazioni bancarie rilevate, la percezione di forti compensi in Italia, la disponibilità di studio professionale in Milano, l’effettuazione di numerose – ed ingenti nel valore – operazioni presso sportelli bancari italiani […]”.
L’intento del soggetto, con il ricorso ai giudici di legittimità è stato quello di far prendere in considerazione il fatto che, nei precedenti giudizi di merito, non fosse stato correttamente preso in considerazione la presenza del coniuge e del figlio che risiedevano in Svizzera. I giudici non hanno, tuttavia, ritenuto ammissibile il ricorso, asserendo che: “ai fini dell’individuazione della residenza fiscale del contribuente deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi”.
Pertanto, secondo i giudici non rilevano in modo prioritario le relazioni effettive e familiari, le quali “rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento”. Di fatto, quindi, al presenza della famiglia e degli affetti personali all’estero non sono sufficienti ad attrarre, automaticamente, la residenza all’estero del contribuente. L’elemento familiare è, e rimane, un elemento importante ma da solo non sufficiente a dimostrare una residenza fiscale estera. Questo elemento, infatti, deve essere preso in considerazione (e soppesato) assieme a tutti gli altri criteri tra i quali rientrano anche gli elementi economico/patrimoniali di un soggetto.
Residenza fiscale e riflessioni sulla rilevanza del domicilio
Quando si analizza una fattispecie legata all’identificazione della residenza fiscale di un soggetto occorre sempre analizzare la situazione nel suo complesso, analizzando sia gli aspetti economici che quelli familiari maggiormente rilevanti. Quello che possiamo ricavare da questi giudizi è che soltanto qualora il contribuente riesca a dimostrare che il proprio domicilio (inteso come centro di interessi) sia da collocarsi all’estero, è possibile qualificare la residenza fiscale come estera. Quando invece, soltanto parte della definizione di domicilio può essere collegata al Paese estero (nei casi di specie gli interessi familiari ed affettivi), mentre al tra parte (gli interessi economici e patrimoniali) continua a restare in Italia, non è possibile definire la residenza fiscale del contribuente come estera.
In questi termini, è rilevante l’identificazione del domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, oltre che almeno di una parte delle proprie relazioni personali e affettive. In tale contesto nelle sentenze i giudici attribuiscono prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi economici (maggiormente rilevanti rispetto a quelli familiari) viene esercitata abitualmente, in modo riconoscibile dai terzi. Questa posizione conferma quanto già emerso in precedenti sentenze, (così Cass. Civ., Sez. 5, Sentenza n. 24246 del 18/11/2011, Rv. 620260, che ha ritenuto non correttamente motivata la sentenza impugnata, che aveva escluso la residenza in Italia di un cittadino iscritto all’anagrafe dei residenti in Svizzera e che, pur avendo in quello Stato una casa ed un piccolo negozio, aveva, invece, in Italia oltre trenta appartamenti e numerose attività imprenditoriali; nel medesimo senso v. anche Cass. Civ., Sez. 5, Ordinanza n. 32992 del 20/12/2018, Rv. 651993, secondo cui “Ai fini dell’individuazione della residenza fiscale del contribuente deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento“).
Queste considerazioni, inoltre, vengono confermate anche dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia, nel caso si tratta della Convenzione tra Italia e Svizzera (ratificata e resa esecutiva con la Legge n. 943/78) in quanto, ai sensi dell’art. 4 del testo dell’accordo, il concetto di residenza fiscale può ben ricollegarsi, ove non sia possibile l’utilizzazione di diversi criteri, al centro degli interessi vitali, ossia al luogo con il quale il soggetto ha più stretto collegamento sotto il profilo degli interessi personali e patrimoniali. Orbene, tuttavia, sulla base alle indicazioni formulate in ambito OCSE, sembrerebbe di ravvisare una sorta di “preferenza” per il centro degli interessi affettivi, rispetto a quelli professionali ed economici (“it is nevertheless obvious that considerations based on the personal acts of the individual must receive special attention”). In ogni caso, appare, comunque molto complesso stabilire la priorità di un criterio di collegamento rispetto all’altro rendendosi comunque necessaria una valutazione caso per caso. Pertanto, anche sotto il profilo della giurisprudenza, la definizione di centro degli affari ed interessi è un criterio capace di generale rilevanti incertezze.
Conclusioni e consulenza fiscale
Gli aspetti che possiamo trarre da questa analisi ci portano a concludere, ancora una volta, che non è portando documenti sulla propria situazione che si può dimostrare la residenza fiscale estera, ma piuttosto è necessario un comportamento complessivo del contribuente tale da attribuire la prevalenza dei propri interessi personali familiari ed economici all’estero (rispetto a quanto esistente in Italia). Questo aspetto, deve essere dimostrato con documentazione nominativa che è fondamentale raccogliere nel tempo, durante il proprio periodo di presenza all’estero. Soltanto quando tutti i criteri di collegamento familiari ed economici risultano essere collegabili al Paese estero (piuttosto che, all’Italia), il contribuente ha la possibilità di potersi validamente considerare residente all’estero. Qualora, questo non avvenga, i giudici di merito, in queste pronunce hanno ritenuto che il collegamento con l’Italia di tipo economico prevalga sull’interesse familiare collegato all’estero. In relazione a questo i punti interessanti possono essere riassunti come di seguito:
- “Qualora il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, oltre che almeno di una parte delle proprie relazioni personali e affettive, va data prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente, in modo riconoscibile dai terzi” (così Cass. Civ., Sez. 5, Sentenza n. 24246 del 18/11/2011, Rv. 620260, che ha ritenuto non correttamente motivata la sentenza impugnata, che aveva escluso la residenza in Italia di un cittadino iscritto all’anagrafe dei residenti in Svizzera e che, pur avendo in quello Stato una casa ed un piccolo negozio, aveva, invece, in Italia oltre trenta appartamenti e numerose attività imprenditoriali;
- “Ai fini dell’individuazione della residenza fiscale del contribuente deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento”. (Cass. Civ., Sez. 5, Ordinanza n. 32992 del 20/12/2018, Rv. 651993).
Questi principi, di importanza basilare nell’analisi di queste situazioni, devono essere sempre tenuti presenti. Inoltre, deve essere evidenziato che tali conclusioni non sono contraddette dalla Convenzione tra l’Italia e la Svizzera per evitare le doppie imposizioni (ratificata e resa esecutiva con la Legge n. 943/78) in quanto, ai sensi dell’art. 4 del testo dell’accordo (“tie breaker rules“), il concetto di residenza fiscale può ben ricollegarsi, ove non sia possibile l’utilizzazione di diversi criteri, al centro degli interessi vitali, ossia al luogo con il quale il soggetto ha più stretto collegamento sotto il profilo degli interessi personali e patrimoniali.
Se sei un soggetto espatriato all’estero il consiglio che posso darti è quello di valutare con attenzione la tua residenza fiscale al fine di comportarti nel modo corretto in relazione agli obblighi fiscali che ti legano all’Italia. Infatti, una non corretta e preventiva analisi della propria situazione può portare ad accertamenti fiscali che non possono portare ad esiti positivi per il contribuente. Considerata la complessità della materia rischiare di arrivare impreparati ad un accertamento può essere controproducente.
Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi sull’argomento. Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.