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Dismissione dei beni aziendali obsoleti: procedura

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La dismissione di beni di imprese e professionisti deve seguire un preciso iter al fine di evitare la presunzione fiscale di cessione. L’iter per arrivare a ciò consiste nell’avviare a distruzione i cespiti non più utilizzabili e/o i beni merce obsoleti. Le informazioni utili per la dismissione di beni obsoleti, anche con procedura semplificata, per beni di valore non superiore a € 10.000.

Ogni impresa per l’esercizio della propria attività dispone di alcuni beni che rilasciano la propria utilità in più di un esercizio. Questi beni, definiti “strumentali“, ai sensi della normativa civilistica e fiscale, concorrono alla formazione del reddito dell’esercizio secondo la vita utile del bene. Il valore di costo da utilizzare è individuato dai coefficienti stabiliti dal D.M. 31/12/1988, per quella fiscale. Accanto ai beni strumentali, le imprese possono avere anche beni merce, destinati alla vendita, nel breve termine. Anche questi beni, se obsoleti, fuori moda, o invendibili possono essere oggetto di dismissione dal complesso aziendale.

Sia i beni strumentali, che i beni merce, rappresentano un elemento sensibile per l’Amministrazione finanziaria. Per questo motivo, quando le necessità richiedono la loro dismissione, è necessario effettuare una precisa procedura volta alla loro definitiva fuoriuscita dall’attività di impresa o professionale.

Ci sono diversi motivi per cui una società può decidere di vendere o dismettere i propri asset. Ad esempio, le risorse potrebbero essere obsolete o non più necessarie a causa di cambiamenti nelle operazioni o nel modello di business dell’azienda. Oppure, le attività potrebbero aver raggiunto la fine della loro vita utile e devono essere sostituite. Di seguito andremo ad analizzare le modalità con le quali è possibile effettuare la dismissione di un bene obsoleto.


Dismissione di beni obsoleti: la presunzione di cessione

Prima di andare ad analizzare la corretta procedura legata alla dismissione dei beni aziendali è opportuno soffermarsi su un aspetto utile a capire quanto questa procedura sia importante per evitare problemi con l’Amministrazione finanziaria. In particolare, faccio riferimento alla c.d. “presunzione di cessione“, contenuta nell’articolo 1, comma 1, del DPR n. 441/97.

Si tratta di una disciplina secondo la quale si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti dall’impresa stessa, che non si trovano più nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Con riferimento al luogo in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, l’articolo 1, comma 3, indica espressamente le:

Art. 1, co. 3 DPR n. 441/97 – Luogo di svolgimento delle proprie operazionisedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa”

Come avrai capito si tratta di un aspetto fondamentale da tenere in considerazione quando si vuole dismettere un bene aziendale.

Beni distrutti o perduti

Tuttavia, lo stesso articolo 1, al comma 2, lettera a), del DPR  n 441/97 afferma che:

Art. 1, co. 2, lett. a) DPR n. 441/97 – Beni distrutti o perdutila presunzione di cui al comma 1 non opera se è dimostrato che i beni stessi: sono stati impiegati per la produzione, distrutti o perduti

Sulla base di queste disposizioni, pertanto, ciò che è importante per l’impresa è conoscere i corretti adempimenti fissati dalla legge da porre in essere per superare la presunzione di cessione del DPR n. 441/97. L’obietto è quindi quello di provare che i beni non sono stati venduti, ma dismessi. Questo consentirà di evitare l’applicazione di sanzioni per l’evasione Iva, che per l’evasione ai fini delle imposte sui redditi. Vediamo, quindi, la corretta procedura da seguire per la dismissione di beni obsoleti.


Dismissione beni strumentali: la normativa

Partiamo dal presupposto che, solitamente, il processo di dismissione dei beni strumentali, può avvenire per due ordini di motivi:

  • Il bene ha esaurito del tutto la sua utilità, per eccessivo sfruttamento o per assoluta inadeguatezza causata dal superamento tecnologico (obsolescenza, senescenza, ecc). In questo caso si procede alla distruzione del bene e dunque alla sua eliminazione volontaria;
  • Il bene ha esaurito del tutto la sua utilità per cause non dipendenti da scelte gestionali. Questo avviene nel caso in cui si subisca un evento dannoso (furto, incendio, ecc.) e dunque si verifichi un’eliminazione involontaria del bene stesso.

Per dismettere i beni (sia beni strumentali che merce) che non si trovano più nella disponibilità del contribuente, in quanto non più utilizzabili è necessario osservare quanto disposto dalla normativa.

La disciplina è contenuta nel DPR n 441/97, che è stata poi analizzata dalla Circolare Ministeriale n. 193/E/1998, la quale ne determina le modalità operative di attuazione. Sul tema è intervenuto poi il D.L. n. 70/2011, convertito in Legge n. 106/2011. Tale Decreto che ha introdotto alcune semplificazioni per i contribuenti che intendono effettuare la distruzione dei beni non più utilizzabili, con procedura semplificata.

Le fattispecie di dismissione

Sulla base di quanto disposto possiamo trovarci di fronte a tre differenti casi:

  • Autoconsumo o cessione ai soci (dismissione da parte di società);
  • Dismissione tramite operatori specializzati;
  • Dismissione autonoma di beni di valore oltre i € 10.000;
  • Infine, dismissione autonoma di beni di valore inferiore a € 10.000.

Autoconsumo o cessione ai soci

Nel caso in cui il soggetto che sta dismettendo i beni sia una società, può accadere che i soci stessi si offrano per prendersi carico direttamente della dismissione dei beni strumentali, non più in uso. In questo caso, la società può effettuare la dismissione dei beni strumentali mediante assegnazione ai soci. Saranno poi tali soggetti che si occuperanno a loro volta dello smaltimento dei beni, rivolgendosi ad operatori specializzati.

L’aspetto importante di questa procedura è che l’assegnazione dei beni ai soci, al fine di dismetterli dal complesso aziendale, deve essere fatturata e assoggettata ad Iva. Questo, nel caso in cui, all’atto di acquisto degli stessi beni l’Iva è stata detratta. In caso contrario l’operazione fatturata sarà non soggetta ad Iva. Al fine di effettuare correttamente la fatturazione è necessario seguire quanto disposto dall’articolo 13, comma 2, del DPR n. 633/72. Articolo questo che prevede che in caso di autoconsumo o di cessione a titolo gratuito, la base imponibile, ai fini IVA è costituita dal costo di acquisto o in mancanza dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili. Costi determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni. Risulta chiaro, infatti, che in molti casi la soluzione di vendere beni obsoleti il cui valore “normale” è enormemente diminuito può essere più semplice della più complessa procedura di distruzione, nel caso in cui sia facilmente dimostrabile la svalutazione del loro valore.


Dismissione tramite operatori specializzati

Nel caso in cui il contribuente preferisca rivolgersi ad operatori specializzati nello smaltimento dei rifiuti allo scopo di dismettere il bene non più idoneo all’uso, al fine di superare la presunzione di cessione, di cui all’articolo 2, del DPR n 441/97, è opportuno che venga raccolta la seguente documentazione. Si tratta di documentazione da conservare in caso di possibili verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, i documenti occorrenti sono:

  • Documento di Trasporto (DDT) – documento dal quale deve risultare il trasporto dei beni oggetto dello smaltimento, indicando espressamente che trattasi di trasporto per “rottamazione“;
  • Formulario di identificazione –  documento di cui all’articolo 193 del D.Lgs. n. 152/06 per lo smaltimento dei rifiuti. Il quale deve essere obbligatoriamente vidimato a cura dell’Agenzia delle Entrate, della Camera di Commercio, e deve recare, le caratteristiche del bene oggetto di dismissione e la descrizione del suo stato fisico.

Rispettando questa documentazione è possibile superare la presunzione di cessione del bene, sia ai fini Iva che delle imposte sui redditi. Il contribuente, quindi, rivolgendosi ad operatori specializzati non dovrà fare altro che avere cura della documentazione che da loro sarà predisposta e rilasciata nei termini.

Apparecchi elettrici ed elettronici

Sul tema ci appare utile ricordare che tutti i soggetti che sono in possesso, per l’esercizio della loro attività, di apparecchi elettrici ed elettronici (come ad esempio pc, condizionatori, telefonini, apparecchi di illuminazione, ecc.) devono rispettare la disciplina di cui al D.Lgs. n. 151/2005 per il loro smaltimento. In pratica, tutte queste apparecchiature non possono essere portate alle piazzole comunali (procedimento di smaltimento previsto per i soggetti privati) ma devono essere conferite ai centri di raccolta tramite operatori specializzati.


Dismissione autonoma di beni oltre i € 10.000

In alterativa alla dismissione tramite operatori specializzati nello smaltimento dei rifiuti, il contribuente può decidere di procedere autonomamente alla distruzione dei beni obsoleti. In questo caso, quando il valore dei beni (inteso come costo di acquisto degli stessi), supera la soglia di € 10.000, per poter procedere con la distruzione, è necessario seguire alcuni passaggi previsti dalla normativa, al fine, anche in questo caso, di legittimare e provare la loro reale distruzione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. La procedura da seguire prevede l’espletamento delle seguenti fasi:

Comunicazione all’Agenzia delle Entrate

Il contribuente è chiamato a comunicare all’Agenzia delle Entrate o al comando competente della Guardia di Finanzia, che avverrà l’operazione di distruzione dei beni obsoleti. Tale comunicazione deve essere inviata, via PEC almeno 5 giorni prima dell’inizio delle operazioni di dismissione. Questo al fine di consentire ai funzionari di poter presenziare l’evento. La comunicazione deve contenere:

  • Il luogo la data e l’ora delle operazioni di dismissione;
  • Le modalità di distruzione; la natura dei beni;
  • L’ammontare complessivo dei beni;
  • Il valore eventualmente ottenibile della distruzione.

Al fine di evitare contestazioni è consigliabile anticipare l’invio della PEC, per non correre il rischio della mancata presenza dei funzionari dell’Amministrazione finanziaria.

Verbale redatto dai pubblici ufficiali

Il personale dell’Agenzia delle Entrate, o in alternativa quello della Guardia di Finanza è tenuto a redigere sul posto, al momento della dismissione dei beni, apposito verbale, volto ad accertare l’avvenuta distruzione dei beni. È importante che dal verbale risultino la data, ora e luogo in cui avvengono le operazioni, la natura, qualità, quantità ed ammontare del costo dei beni distrutti o eventualmente trasformati.

Documento di trasporto

Il contribuente è tenuto a compilare un documento di trasporto per documentare la movimentazione dei beni eventualmente ottenuti dalla distruzione. Il documento deve essere numerato progressivamente e deve riportare il destinatario, la data, la natura e quantità dei beni nonché la causale del trasporto.


Dismissione autonoma di beni entro i €. 10.000

Il D.L. n. 70/2011, all’articolo 7, ha introdotto una particolare semplificazione. Procedura che consente di procedere in proprio alla distruzione dei beni obsoleti, avvalendosi dell’autocertificazione per la verbalizzazione delle operazioni attraverso una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Questo ai sensi dell’articolo 2, comma 4 lettera b) del DPR n. 441/97. In questo caso la comunicazione all’Agenzia delle Entrate (con le modalità previste dal paragrafo precedente), deve comunque essere effettuata. Tuttavia è possibile effettuare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, al posto della redazione del verbale da parte di pubblici ufficiali (personale dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza). Nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio devono risultare necessariamente le seguenti informazioni:

  • Data, ora e luogo in cui avvengono le operazioni, nonché
  • Natura, qualità, quantità e ammontare del costo dei beni distrutti e/o trasformati.

A questo link puoi scaricare una bozza di: “Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà“.


Disciplina contabile e riflessi fiscali

Per imprese e professionisti l’eliminazione di un bene per dismissione può dar luogo, da un punto di vista puramente contabile, a due casi:

  • Il bene risulta interamente ammortizzato – è necessario eliminare dalla contabilità il conto a esso intestato attraverso lo storno del relativo fondo ammortamento;
  • Il bene risulta non interamente ammortizzato – allo storno del fondo (comprensivo della quota di ammortamento relativa alla frazione di esercizio trascorsa) si accompagna la rilevazione di un componente negativo di reddito (insussistenza passiva) per la parte non ancora ammortizzata. Tale componente viene rilevato nel conto economico di reddito acceso ai costi di esercizio “insussistenze passive ordinarie“. Conto che in bilancio trova collocazione nella voce del Conto economico “B 14) Oneri diversi di gestione“.

L’insussistenza passiva è deducibile ai fini IRES, ai sensi dell’articolo 102, comma 4, del DPR n 917/86, e ai fini IRAP. Nel caso in cui il bene abbia già subito interamente il processo di ammortamento, il giroconto distoglierà unicamente lo stesso bene dallo stato patrimoniale. Questo senza che l’operazione abbia alcun riflesso dal punto di vista economico, e quindi fiscale.


Il registro dei beni ammortizzabili

La disciplina legata alla dismissione dei beni obsoleti deve inquadrarsi anche con la disciplina legata al registro dei beni ammortizzabili. L’articolo 16 del DPR n. 600/73 dispone che i beni mobili (ed immobili) devono essere obbligatoriamente indicati nel registro dei beni ammortizzabili.

Per ciascun bene andrà indicato l’anno di acquisizione, il costo originario, le rivalutazioni, le svalutazioni, il fondo di ammortamento nella misura raggiunta al termine del periodo di imposta precedente. E poi anche il coefficiente di ammortamento effettivamente praticato nel periodo di imposta, la quota annuale di ammortamento e le eliminazioni dal processo produttivo.

Questo significa che dovrà essere annotata nel registro dei beni ammortizzabili la cessione gratuita, l’assegnazione o la dismissione dei beni strumentali, nell’anno in cui la stessa effettivamente avviene. Mentre negli esercizi successivi lo stesso non dovrà più comparire in quanto eliminato fisicamente dal processo produttivo dell’impresa.

Se la dismissione del bene avviene mediante smaltimento a cura di operatori terzi autorizzati si consiglia di indicare, nel registro dei beni ammortizzabili, il riferimento al formulario di identificazione del rifiuto. Mentre se si opta per la cessione gratuita o assegnazione si dovrà indicare il riferimento alla fattura emessa. Infine, ricordiamo che se il bene al momento della cessione gratuita, assegnazione o dismissione non risulta completamente ammortizzato, nel registro dei beni ammortizzabili dovrà essere indicata anche la minusvalenza. Valore derivante dalla differenza tra il costo storico del bene e il relativo fondo ammortamento.

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Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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