Nell’ambito delle operazioni internazionali aventi ad oggetto diritti di proprietà intellettuale (marchi, brevetti, know-how, software ecc), particolare rilievo assume la problematica riguardante il trattamento fiscale dei corrispettivi pagati in funzione di dette transazioni. In questo contributo la nostra guida legata al trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale.
In ambito internazionale può sovente accadere che un soggetto titolare di diritti di proprietà intellettuale su un marchio, un brevetto o un software decida di effettuarne la vendita ad un altro soggetto. Quando il cedente e il cessionario sono posti in due diversi Paesi, ecco che siamo di fronte ad una cessione internazionale dei diritti di proprietà intellettuale.
Sia che si tratti di un marchio ceduto tra due società del gruppo, sia che si tratti della cessione di un brevetto o di un know how, il trattamento fiscale dei corrispettivi pagati in funzione della transazione assume rilievo da un punto di vista fiscale.
Per affrontare la materia in modo compiuto è necessario partire dalla definizione di cosa debba intendersi con il termine royalty. Questo, in relazione ai principali parametri normativi di riferimento, sia nazionali che convenzionali. In particolare, all’interno del modello OCSE ovvero nelle altre convenzioni internazionali, nonché in ambito UE.
Da questo, partiranno una serie di considerazioni, utili a livello fiscale, in merito alle operazioni di cessione internazionale dei diritti di proprietà intellettuale. In particolare, la problematica principale riscontrata è quella legata all’individuazione dei casi in cui detto provento debba classificarsi rispetto alle diverse tipologie reddituali. Considerazione, questa, che assume rilievo anche in relazione ai diversi ordinamenti coinvolti ed ai trattati internazionali richiamati.
Indice degli Argomenti
- Diritti di proprietà intellettuale e tax planning
- Definizione di royalties in ambito internazionale
- Convenzione OCSE e diritti di proprietà intellettuale
- Diritti di proprietà intellettuale: la disciplina fiscale
- Diritti di proprietà intellettuale: conclusioni
- Check list sui diritti di proprietà intellettuale
Diritti di proprietà intellettuale e tax planning
Come la maggior parte delle operazioni internazionali in cui due soggetti diversi operano per lo scambio di beni e servizi, anche nel caso dei diritti di proprietà intellettuale si possono formare operazioni non sempre giustificate o giustificabili in ambito economico.
Non sempre le ragioni economiche delle operazioni internazionali appaiono preminenti. Ed è in questi casi, ovvero in caso di non rispondenza ad una pluralità di parametri normativi, che possono celarsi operazioni dettate da intenti di pianificazione fiscale aggressiva.
Per questo le varie organizzazioni internazionali, tra cui l’OCSE, hanno cercato di intervenire elaborando strategie correttive a fenomeni che, troppo spesso, conducevano a pericolose distorsioni concorrenziali nonché a pratiche illegittime. Infatti, già nel 1998 l’OCSE elaborava un report definito: “Harmful Tax Competition: An Emerging Global Issue”. Documento al quale seguiva la creazione di uno speciale forum il “Forum on Harmful Tax Practices ”.
I cui principali settori di analisi dell’OCSE venivano individuati nel promuovere delle harmful tax practices negli Stati membri, nel contrasto ai paradisi fiscali nonché nel coinvolgimento, da attuarsi principalmente mediante lo scambio di informazioni, delle economie non aderenti al sistema OCSE .
Anche a livello europeo, l’Unione si dotava nel 1997 di un Harmful Tax Competition Code of Conduct a seguito delle conclusioni raggiunte dal Consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze degli Stati membri (ECOFIN).
Quello che possiamo dire è che da tempo le organizzazioni internazionali hanno affrontato il tema legato alla proprietà intellettuale come elemento di politiche di pianificazione fiscale aggressiva. Tuttavia, nel corso del tempo, le imprese hanno comunque continuato a fare dei diritti di proprietà intellettuale un ambito importate nel loro tax planning. Sul punto: “Il ruolo degli intangibles come strumento di pianificazione fiscale“.
Definizione di royalties in ambito internazionale
L’analisi rigurdante i diritti di proprietà intellettuale non può che partire dalla defininizione di royalties. Sulla base della disciplina internazionale questi corrispettivi possono individuarsi cose segue:
Possiamo riassumere, quindi, che i diritti di proprietà intellettuale in ambito internazionale sono caratterizzati dalla presenza di due soggetti: un soggetto che corrisponde la royalty, e un soggetto percipiente. Questi due soggetti risultano essere residenti fiscalmente in Stati diversi.
Sostanzialmente, questo significa che sono coinvolti in questa operazione almeno due diversi ordinamenti tributari. Quindi, inevitabilmente, si arriva a complicare la disciplina riguardante il trattamento fiscale a cui le royalties devono essere assoggettate. Questo aspetto, tuttavia, può essere attenuato quando tra gli Stati interessati sia stata stipulata una Convenzione ovvero che gli stessi Stati appartengano ad un ordinamento sovranazionale quale quello UE.
Volendo riassumere, le possibilità relative alla disciplina fiscale delle royalties possono essere così schematizzate nella tabella seguente.
Condizione | Conseguenza | |
Assenza di convenzione bilaterale tra lo Stato del soggetto residente percipiente il corrispettivo | gli ordinamenti di entrambi gli Stati di appartenenza tassano in base ai rispettivi criteri di collegamento | |
Presenza di una Convenzione bilaterale tra lo Stato del soggetto residente percipiente il corrispettivo | si devono verificare le modalità di coordinamento tra le norme interne e quanto stabilito dalla Convenzione | |
Operazione effettuata tra società UE alla quale sia applicabile la Direttiva 2003/49/CE | le royalties potrebbero essere qualificate come “royalties comunitarie” magari corrisposte tra società UE tra le quali sussiste un rapporto rilevante ai sensi della Direttiva 2003/49/CE conosciuta anche come “Direttiva interessi e canoni” |
Categorie di royalties internazionali
E’ possibile individuare tre fondamentali categorie di royalties derivanti dalla cessione della proprietà intellettuale, nel panorama internazionale:
- Royalties in entrata: quelle cioè percepite da un soggetto residente in Italia (Stato del soggetto percipiente);
- Royalties in uscita: quelle cioè corrisposte da un soggetto non residente in Italia ma in altro Stato (definito come Stato della fonte);
- Royalty comunitarie: secondo la prima definizione fornita.
Naturalmente ognuna di queste operazioni vedrà un soggetto pagatore (il soggetto che sfrutterà il bene immateriale in base alla natura del contratto stipulato) e un soggetto percipiente (il soggetto che verrà pagato quale titolare della privativa) con conseguente individuazione di uno Stato fonte (Stato di residenza del pagatore, appunto) e di uno Stato in cui risiede il soggetto percipiente.
Convenzione OCSE e diritti di proprietà intellettuale
Sempre nel tentativo di ricostruire la definizione di royalty a fini fiscali nel contesto internazionale, non può prescindersi dall’esame del Modello OCSE. Si tratta del modello di convenzione contro le doppie imposizioni che all’articolo 12 stabilisce che con il termine royalties (con riferimento sia alle royalties che si sono definite in entrata o in uscita):
La norma precisa, inoltre, che sono soggette allo stesso trattamento afferente i proventi in esame anche le somme dovute in conseguenza di una condanna per violazione di diritti di proprietà intellettuale.
Diritti di proprietà intellettuale: precisazioni
Nell’art. 12 del modello OCSE sopra citato il termine progetti e formule riconduce alla nozione di invenzioni potenzialmente oggetto di brevetto. Mentre, le nozioni di processi segreti ovvero di informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale e scientifico possano essere riconducono a diritti di proprietà intellettuale quali le informazioni aziendali segrete (know how).
Direttiva Interessi e Canoni
Proseguendo nell’esame comparativo della nozione di royalties, in ambito UE il parametro normativo di riferimento è rappresentato dalla Direttiva 2003/49/CE. La Direttiva c.d. “ interessi e canoni ”, all’art. 2 sancisce che il termine royalties comprende:
Questa definizione, pur essendo sulla stessa linea di quella proposta dal modello OCSE, presenta, comunque, alcune rilevanti differenze. In particolare, possiamo riassumere che:
- I proventi corrisposti in forza di contratti aventi ad oggetto l’uso o la cessione in uso di attrezzature commerciali si considerano royalties e non redditi d’impresa;
- I proventi derivanti da contratti aventi ad oggetto il software: il Commentario al Modello OCSE definisce il software come un programma o una serie di programmi contenenti istruzioni per un computer sia in relazione al processo operativo dello stesso sia in relazione al funzionamento di processi applicativi.
Trasferimento di software
Il carattere dei proventi derivanti dalle operazioni di “trasferimento” di software dipende dalla natura dei diritti che il soggetto utilizzatore dello stesso acquista.
Le possibili tipologie di transazioni concernenti il software spaziano infatti dalla cessione totale o parziale dei diritti di utilizzo relativi al programma, alla cessione della titolarità del software ovvero ad altre tipologie contrattuali che possono essere definite “miste”.
Nel caso di cessione totale dei diritti di utilizzazione (licenza totale d’uso) ovvero nell’ipotesi di cessione totale di tutti i diritti concernenti il software (cessione della proprietà del software) i proventi che derivano dalla cessione non sono qualificati come royalties ma come redditi di impresa essendo del tutto equiparabili a corrispettivi commerciali.
Nella seconda ipotesi, ossia in presenza di cessione sopra qualificata come parziale (nel senso che l’uso del diritto viene concesso permettendo al licenziatario di utilizzare il programma in modo che, in assenza di licenza, lo sfruttamento del diritto configurerebbe violazione del copyright), i diritti pagati per l’utilizzo vengono invece configurati come royalties per il beneficiario ai sensi della normativa fiscale. Pare quindi evidente la differenza di trattamento prevista dalla lettera della Direttiva “Interessi e Cannoni” e quanto stabilito dal Modello OCSE.
Royalties nei trattati internazionali
Verificheremo, di seguito, la definizione di royalty in alcuni trattati contro le doppie imposizioni.
Va evidenziato che l’elencazione di diritti il cui sfruttamento genera royalties ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni è comune praticamente a tutti i testi pattizi sottoscritti dall’Italia, con alcune particolarità.
Australia
Nel caso dell’Australia – ad esempio – il testo convenzionale specifica che devono intendersi “canoni” i pagamenti corrisposti “esclusivamente” per l’uso o la concessione in uso di:
- Diritti d’autore;
- Brevetti, disegni, modelli, progetti;
- Formule o processi segreti;
- Marchi di fabbrica o di commercio o altri beni o diritti similari;
- Di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche;
- L’utilizzo di cognizioni o informazioni di carattere scientifico, tecnico, industriale o commerciale;
- La concessione in uso di pellicole cinematografiche nonché di pellicole o nastri magnetici per trasmissioni televisive o radiofoniche.
La locuzione “esclusivamente” lascia intendere che, ai sensi del trattato, qualora il contratto sulla cui base fossero dovuti i canoni oggetto di analisi non fosse inquadrabile esclusivamente come contratto di sfruttamento di diritti di proprietà intellettuale ma appartenesse alla categoria dei contratti “misti” il criterio della prevalenza non potrebbe trovare applicazione.
In quanto l’esclusività comporterebbe l’impossibilità di qualificare i corrispettivi come royalties ponendo nel nulla l’operare del criterio della prevalenza: i relativi flussi economici non potendo, quindi, rientrare nel concetto di royalties diverrebbero corrispettivi per servizi e di conseguenza attratti nell’ambito di applicazione degli Artt. 7, 14 o 17 (rispettivamente, redditi di impresa, redditi da lavoro autonomo o redditi derivanti dall’esercizio di arti).
Va peraltro sottolineato che in alcuni testi Convenzionali viene espressamente specificato che lo sfruttamento di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche dà luogo a royalties a condizione che dette attrezzature non costituiscano un bene immobile. È da ritenere, naturalmente, che questa condizione sia comunque da ritenere sempre implicita non potendosi qualificare come royalty ai sensi dei Trattati il corrispettivo per lo sfruttamento di un bene che rientri nella descrizione di “reddito immobiliare”.
Costa d’Avorio
Nel testo della Convenzione sottoscritta con la Costa d’Avorio vengono incluse le attrezzature agricole tra quelle il cui sfruttamento in uso o in concessione in uso può dare luogo a royalties ai sensi del Trattato.
Francia
Il testo della Convenzione sottoscritta con la Francia include espressamente il software tra i beni il cui sfruttamento sulla base di un contratto di licenza può dare luogo al pagamento di royalties, ponendosi quindi in linea con quanto stabilito dalla Direttiva 2003/49/CE.
Stati Uniti
Il nuovo testo della Convenzione Italia – USA fa rientrare nel novero dei diritti di proprietà intellettuale il cui sfruttamento determina il pagamento di “royalties” le categorie seguenti:
- opere letterarie, scientifiche o artistiche, compresi i software, i film, i nastri o gli altri mezzi di riproduzione audio usati per radio o televisione,
- qualsiasi brevetto, marchio registrato, design o modello, piano, formula segreta o processo e diritti similari;
- costituiscono altresì royalties ai sensi della norma in commento i diritti pagati per l’uso o il diritto di utilizzare strumentazione scientifica, industriale o commerciale, o per informazioni relative a conoscenze industriali, commerciali o scientifiche.
La definizione, come si vede, è piuttosto ampia e comprende esplicitamente il concetto di brevetto.
Dall’analisi che precede può quindi desumersi, come anticipato in esordio, come il concetto di royalties a livello internazionale possa ritenersi armonizzato in linea puramente generale.
Le differenze tra le nozioni che si sono considerate resta, in alcuni casi, significativo.
Diritti di proprietà intellettuale: la disciplina fiscale
La disciplina fiscale riguardante i diritti di proprietà intellettuale dipende, essenzialmente da un rapporto giuridico contrattuale che si instaura tra due parti. Rapporto da quale scaturisce l’obbligo del pagamento del corrispettivo (royalty) a fronte dello sfruttamento del singolo diritto di proprietà intellettuale.
Il trattamento fiscale del corrispettivo potrebbe, infatti, mutare in ragione della natura dell’operazione sostanziale. Per questo motivo, di seguito, vediamo quale può essere le principale forma contrattuale di sfruttamento di diritti di proprietà intellettuale nel panorama internazionale.
Il Know-how attraverso il contratto di licenza
Il Commentario al Modello OCSE definisce il know-how, come tutte le informazioni tecniche segrete in grado di garantire la riproduzione industriale di un prodotto o di un processo. Si tratta di tutte quelle informazioni che un qualunque produttore non sarebbe in grado di carpire in base all’esame del prodotto o del processo tecnico. Tecnicamente, la fattispecie cui si riferisce il testo della norma viene individuata con il termine reverse engineering.
Con riferimento alle possibili forme di contratti che hanno ad oggetto lo sfruttamento di know-how, generalmente è il contratto di licenza (strutturato sul modello della licenza di brevetto) ovvero strutture contrattuali “miste” a ricorrere più frequentemente nella prassi.
In base a quanto stabilito dal Modello in commento, la licenza deve, correttamente, tenersi distinta dal contratto di prestazione di servizi che preveda anche l’impiego di uno specifico know-how.
La differenza tra le due tipologie contrattuali è fondamentale in quanto incide sul trattamento fiscale cui sono soggetti i corrispettivi cui è tenuta la parte contrattuale che sfrutta il diritto di proprietà intellettuale. Ovvero che riceve il servizio comportante l’utilizzo, da parte del prestatore, di uno specifico know-how.
Licenza e servizi: trattamento fiscale differenziato
Nel solo caso della licenza i proventi possono qualificarsi come royalties e, conseguentemente, essere assoggettati al trattamento fiscale per esse previsto. Nel caso dei contratti di prestazione di servizi, ai sensi dell’art. 7 e dell’art. 14 del Modello OCSE, i corrispettivi sono tassati come:
- Redditi di impresa o come
- Redditi derivanti dall’esercizio di libere professioni.
Fuori dalle indicazioni presenti nel commentario del modello OCSE è necessario evidenziare che nella prassi quotidiana molte operazioni presentano un carattere ibrido. Questo, accade soprattutto in relazione alla definizione della clausole contrattuali che disciplinano le dinamiche del rapporto tra i soggetti contraenti.
Ne deriva la necessità di un attento esame delle disposizioni contrattuali al fine di stabilire un criterio di prevalenza, nel senso di verificare quale prestazione o prestazioni possano ritenersi, appunto, prevalenti e, quindi, caratterizzanti l’operazione stessa. Il trattamento fiscale, pertanto, è quello previsto per la prestazione caratterizzante l’operazione.
Le licenze di brevetto
Anche con riferimento alle licenze di brevetto, contratto con il quale il licenziante (titolare della privativa) concede al licenziatario il diritto di utilizzare l’invenzione brevettata, si pongono problemi di qualificazione dei proventi corrisposti in quanto lo schema contrattuale così come descritto, s’inserisce a livello internazionale, in operazioni più complesse.
Spesso la concessione ha ad oggetto una pluralità di brevetti unitamente a concessioni d’uso di tecnologia non brevettata (know-how). Non è insolito che gli obblighi di scambio d’informazioni o di scambio di tecnologia siano reciproci. Tutto ciò incide significativamente sulla qualificazione a fini fiscali dei corrispettivi cui una o entrambe le parti contrattuali sono tenute.
Licenza di marchio o design
Meno problematica è la valutazione, ai fini che ci occupano, dei contratti di licenza di marchio o di design o di modello, sempreché anche a tali contratti non accedano altre pattuizioni quali, ad esempio, il trasferimento di informazioni segrete concernenti i prodotti contrassegnati dal marchio dato in licenza.
Analisi di un caso concreto di diritti di proprietà intellettuale
Come abbiamo detto sino a questo momento la tipologia reddituale utile ai fini fiscali deriva dalla corretta individuazione della fattispecie contrattuale utilizzata. Proviamo a fare un esempio concreto per capire meglio l’importanza contrattuale.
Ipotizziamo un musicista fiscalmente residente in Germania che conclude un contratto con una casa discografica negli Stati Uniti per la registrazione di alcune sinfonie musicali. Il musicista è ricompensato attraverso un compenso sotto forma di royalty. Per questo motivo tali somme sono state assoggettate ad imposta in Germania (in applicazione del concetto della world wide taxation) chiedendo l’esenzione dall’imposizione negli Stati Uniti in base al Trattato USA. Trattato che dispone la non assoggettabilità a ritenuta dei canoni nello Stato della fonte (USA).
Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria USA potrebbe comunque assoggettare a tassazione questo provento se riqualificato come compenso per i servizi resi dal musicista.
Questo esempio evidenzia l’importanza di una corretta valutazione della natura del contratto dal quale scaturiscono obblighi di pagamento di somme a fronte dello sfruttamento di diritti di proprietà intellettuale e della conseguente corretta qualificazione degli stessi nell’ambito delle diverse categorie di reddito.
Regola generale di tassazione delle royalty per i diritti di proprietà intellettuale
La regola generale stabilita a livello OCSE è la tassazione delle royalties nel solo stato di residenza dell’effettivo beneficiario (articolo 12 comma 1). La disposizione trova una parziale deroga nel contenuto delle previsioni dei trattati internazionali contro le doppie imposizioni conclusi dall’Italia con i Paesi terzi.
Ed infatti, in virtù di dette Convenzioni, è espressamente prevista una potestà impositiva concorrente dello Stato dell’Agente Pagatore. Secondo quanto previsto dalla propria normativa interna in tema di royalties, nei limiti convenzionalmente stabiliti. A condizione che il percipiente delle stesse ne sia anche l’effettivo beneficiario. Mancando tale ultima condizione, lo Stato della fonte applicheràla propria normativa fiscale interna.
Secondo la regola generale contenuta nell’art. 25 comma quattro del DPR n. 600/1973 i compensi e le somme pagate ad un soggetto non residente e rientranti nell’elenco di cui all’art. 23 comma II lettera c) del DPR n. 917/1986 sono soggetti ad una ritenuta pari al 30% a titolo di imposta.
I compensi di cui al citato art. 23 comma 2 lettera c) del TUIR sono:
Gli stessi – ai sensi del primo periodo del comma 2 della norma – si considerano prodotti nel territorio dello Stato se corrisposti “dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti”.
Effettivo beneficiario dei canoni
A tale fine, fondamentale importanza assume, anzitutto, il concetto di “effettivo beneficiario” dei canoni.
I due concetti ai quali fare riferimento, in particolare, sono quello di “legal owner” e quello di “beneficial owner”. Con il primo si intende il titolare solo formale del diritto di sfruttamento di un diritto di proprietà intellettuale. Mentre con il secondo termine si identifica il soggetto che può esercitare sul diritto stesso il controllo più intenso, che ha il diritto sulle utilità economiche scaturenti dal bene e che subisce le conseguenze di un’eventuale perdita o diminuzione di valore rispetto al diritto in oggetto.
Al concetto di effettivo beneficiario (“beneficial owner”) fanno costante riferimento sia il modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE (Art. 12). Sia i Trattati stipulati dall’Italia nel disciplinare il trattamento dei canoni corrisposti a fronte della concessione allo sfruttamento di un diritto di proprietà intellettuale.
Applicazione della ritenuta ridotta
A parità di altre condizioni, quindi, i compensi per royalties dovuti a fronte della concessione allo sfruttamento di un diritto di proprietà intellettuale si considerano redditi prodotti nel territorio dello Stato. Quindi ivi soggetti alla potestà impositiva dello stesso. Potestà impositiva che si concreta nell’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta pari al 30% dell’importo del canone stesso.
Trattandosi di ritenuta a titolo di imposta il soggetto estero non è tenuto in Italia ad alcun adempimento di carattere formale.
Qualora, peraltro, il soggetto percipiente sia l’effettivo beneficiario dei canoni lo Stato italiano ha la possibilità di applicare una ritenuta alla fonte. Ritenuta dovuta in misura inferiore a quanto previsto dall’articolo 25 del DPR n. 600/1973 qualora possa trovare applicazione la normativa convenzionale.
In altri termini, qualora il canone venga corrisposto ad un effettivo beneficiario residente in un Paese legato all’Italia da un trattato contro la doppia imposizione l’importo della ritenuta alla fonte effettuata in Italia è determinato nel massimo dall’aliquota convenzionale. E non da quella ordinaria del 30%.
Il disposto convenzionale va interpretato nel senso che le disposizioni dei Trattati attribuiscono l’incondizionata potestà impositiva sussidiaria sulle royalties pagate ad un residente dell’altro Stato quando la legislazione dello Stato di provenienza lo preveda. E’ il caso dell’Italia ai sensi dell’art. 25 comma quattro. Ed anche quando l’imposta sia liquidata entro il massimo dell’aliquota consentita dalla Convenzione applicabile al caso di specie.
Diritti di proprietà intellettuale: conclusioni
I principali problemi che la prassi contrattuale internazionale pone all’attenzione dell’operatore e dell’interprete si sostanziano nella natura mista di gran parte delle operazioni.
Operazioni aventi ad oggetto lo sfruttamento di un diritto di proprietà intellettuale.
Data la complessità di un corretto inquadramento dei proventi derivanti dalle predette operazioni nelle varie categorie di reddito può essere utile ricordare la possibilità prevista dall’ordinamento nazionale rappresentata da una speciale tipologia di interpello.
Interpello che prevede che imprese con attività internazionale abbiano accesso alla procedura di interpello internazionale relativamente al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi e delle royalties.
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Check list sui diritti di proprietà intellettuale
Commenti:
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