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Redditometro: il decreto sarà sospeso per approfondimenti

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È stato reintrodurre lo strumento del redditometro per contrastare ipotesi di evasione totale. Era stato sospeso nel 2018 e il decreto che lo riattiva è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Sono sotto il mirino del Fisco i redditi a partire dal 2018.

Il premier Giorgia Meloni ha annunciato sui social che il decreto ministeriale del 7 maggio 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 maggio, contenente le nuove disposizioni sul redditometro, sarà sospeso in attesa di ulteriori approfondimenti.

Il decreto che riattiva il redditometro è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il decreto definisce il contenuto induttivo degli elementi indicativi della capacità contributiva, quindi le spese sostenute ed i risparmi, che possono fare da base alla determinazione sintetica del reddito del contribuente. Troverà applicazione dal 2016, ma troverà applicazione dal 2018 tenendo conto delle decadenze maturate nel frattempo. Le spese superiori al reddito dichiarato faranno scattare i controlli dell’Agenzia delle Entrate.

Dalle spese per abbigliamento e alimenti, alle spese per le utenze alle spese mediche così come le spese per l’acquisto di telefoni o al possesso di barche, tornano nel mirino del Fisco le abitudini d’acquisto dei consumatori, per confrontare i costi sostenuti con i redditi dichiarati.

Che cos’è il redditometro?

Il redditometro è uno strumento di accertamento fiscale volto ad individuare la differenza fra il reddito effettivamente percepito, quindi utilizzato per le spese, e quello indicato dal contribuente in dichiarazione dei redditi.

Il decreto ministeriale del 7 maggio riapre lo strumento del redditometro, utilizzato per la determinazione sintetica dei redditi delle persone fisiche. Nella tabella A allegata al DM vengono riportate un elenco dettagliato di spese che potranno essere confrontate con il reddito dichiarato.

Il redditometro è una particolare modalità accertativa utilizzata dall’Agenzia delle Entrate per ricostruire sinteticamente (ai sensi dell’articolo 38 del DPR n. 600/73) il reddito del contribuente. Si tratta di una metodologia che si basa su alcuni elementi certi di spesa, per ricostruire il reddito percepito dal contribuente. Il redditometro non è più in uso dal 2018, e il suo ritorno comporta l’introduzione di uno strumento che va ad individuare la capacità di spesa individuale dei cittadini.

Con il decreto ministeriale del 7 maggio è stato riattivato il redditometro, dopo la sospensione disposta con l’articolo 10 del Dl 87/2018. Con quest’ultima norma è stato abrogato il precedente Dm 16 settembre 2015, con effetto dagli accertamenti riferiti al periodo d’imposta 2016. “Nel contempo, si è previsto che il futuro decreto avrebbe dovuto essere fondato su di una metodologia elaborata con l’ausilio dell’Istat e delle associazioni dei consumatori”, come riporta il Sole24ore.

Il decreto in esame prevede l’avvio della nuova determinazione sintetica del reddito sulla base sia delle spese presuntivamente attribuibili al contribuente sulla base di una campionatura per nuclei familiari (11 tipologie) e per distribuzione sulle varie aree (5) del territorio nazionale, sia della quota di risparmio formatasi in ciascun anno, delle spese effettivamente sostenute, risultanti dall’Anagrafe tributaria, anche diverse da quelle tipizzate nella tabella allegata al decreto.

Sono quattro o le categorie riportate nel decreto che saranno utilizzate per effettuare i controlli: consumi – investimenti – risparmio e spese per trasferimenti.

Per le categorie in cui non sarà possibile sapere l’ammontare effettivo sostenuto dal contribuente, sarà riportata una spesa minima presunta rappresentativa del valore d’uso del prodotto.

“Le spese, distinte per gruppi e categorie di consumi del nucleo familiare  di appartenenza del contribuente sono desunte dall’indagine annuale sulle spese delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale, effettuata su campioni  significativi di contribuenti appartenenti a undici tipologie di nuclei  familiari, distribuite nelle cinque aree territoriali in cui è suddiviso il  territorio nazionale“.

Verranno valutate le spese “sostenute dal contribuente, le spese effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico”. di contro, però,  “non si considerano sostenute dalla persona fisica le spese per i beni e servizi se gli stessi sono  relativi esclusivamente  ed effettivamente all’attività di impresa“.

Nel mirino saranno le spese per alimenti e bevande, alle spese sostenute per l’abbigliamento, per le utenze, per lavori di ristrutturazione, spese di mutuo o di affitto, le spese mediche, spese per le macchine, assicurazioni, telefoni. Tali spese verranno parametrate con il reddito del contribuente.

Per la determinazione sintetica del reddito del contribuente l’Agenzia delle Entrate potrà comunque avvalersi anche di elementi diversi rispetto a quelli indicati nella tabella A, in caso di disponibilità di altre voci di spesa sostenute dal contribuente.

Quando scatta l’anomalia che fa partire il controllo?

L’allarme rosso dell’Amministrazione finanziaria si attiva quando il reddito accertato superi di almeno il 20% quello dichiarato (ad esempio: 120mila euro di reddito determinato rispetto a un valore dichiarato di 100mila euro). Tuttavia, occorre tenere presente che l’obiettivo del Fisco è quello di andare ad individuare i grandi evasori. Ovvero quei soggetto ove lo scarto tra reddito accertato e dichiarato è molto ampio e non piò giustificare il tenore di vita rispetto al reddito.

In caso di definizione concordata, quindi di adesione all’accertamento le sanzioni sono ridotte a un terzo del minimo.

Come difendersi?

La principale difesa da parte dei contribuenti è data dal “doppio contraddittorio“. Viene garantita al contribuente la possibilità di avere un contraddittorio con gli Uffici sia nella prima fase istruttoria, prima dell’emissione dell’accertamento, sia nella fase successiva di accertamento con adesione.

Secondo quanto emerge dal decreto, i contribuenti hanno la possibilità di dimostrare la provenienza di quei redditi. Ad esempio, dimostrando che il finanziamento  delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta, ovvero con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o esclusi dalla formazione della base imponibile, ovvero da parte di soggetti diversi dal contribuente.

Si potrà, inoltre, segnalare che le spese attribuite hanno un diverso ammontare e che la quota del risparmio utilizzata per consumi ed investimenti si è formata nel corso di anni precedenti. Ad esempio, un’anomalia potrebbe essere legata ai costi sostenuti dai genitori per conto di un figlio, magari attraverso l’utilizzo dei propri risparmi accumulati in passato.

Spese del coniuge e altri familiari a carico

Come riporta il Sole24ore, vengono imputano al contribuente anche le spese che risultano sostenute dai familiari fiscalmente a carico. I costi per investimenti si assumono al netto dei disinvestimenti effettuati nell’anno e nei quattro anni precedenti l’acquisto. L’acquisto di immobili si valorizza al netto del mutuo stipulato per l’acquisto.

Resteranno fuori dal redditometro le spese relative a beni e servizi relativi all’attività di impresa, arti o professioni esercitata, se risulti da idonea documentazione.

Le criticità del redditometro

Il redditometro, tuttavia, è uno strumento duplice: da un lato garantisce una trasparenza favorevole la lotta contro l’evasione fiscale, dall’altro per molti è visto come una misura invasiva per la condizione economica delle famiglie. Alcuni ritengono che il redditometro non sia costituzionale, e il dibattito è acceso intorno a questa misura. In questi giorni le polemiche sono particolarmente accese su questa misura, e alcuni dichiarano che il redditometro potrebbe costituire un ritorno allo stato di polizia fiscale.

Riassumendo, il redditometro potrebbe individuare le seguenti spese degli italiani:

  • Spese per il canone di affitto;
  • Spese per il mutuo;
  • Spese alimentari;
  • Spese sanitarie e per l’acquisto di medicinali;
  • Spese per acquisto e mantenimento di un’automobile o un’altra vettura;
  • Spese per il trasporto pubblico;
  • Spese per le bollette;
  • Spese scolastiche;
  • Spese specifiche: abbigliamento, cura della persona, e così via.

La propensione al risparmio

Il redditometro sarebbe anche in grado di rilevare, oltre alle spese sostenute dai cittadini, anche la propensione al risparmio. Una misura come quella del redditometro sarebbe in grado di analizzare, partire dalle spese effettuate dalle famiglie, tutta una serie di dati collaterali. Come la propensione al risparmio, la propensione alla spesa in base alle fasce di reddito, e potrebbe individuare diverse tipologie di nuclei familiari.

Anche le aree territoriali da cui derivano queste differenze economiche e di capacità di spesa, sarebbero elementi individuati facilmente con questa misura.

Il redditometro quindi, oltre ad andare nella direzione della lotta all’evasione fiscale e a far scattare specifici controlli, potrebbe anche andare a valutare dati relativi al risparmio, gli investimenti, individuare le soglie di povertà presenti nel nostro paese.

Questo strumento quindi non andrebbe solamente a beneficio della lotta all’evasione fiscale, ma contribuirebbe ad analizzare in modo più preciso la situazione sociale ed economica del nostro paese.

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    Elisa Migliorini
    Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
    Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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