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Cessione del ramo di azienda

Fisco NazionaleDiritto societarioCessione del ramo di azienda

La cessione del ramo di azienda è un contratto di vendita avente per oggetto una porzione dell'azienda, strutturata e organizzata autonomamente, e che, pertanto, risulta idonea all'esercizio dell'impresa.

Il ramo di azienda è una parte dell’azienda strutturata e organizzata autonomamente sotto il profilo organizzativo rispetto all’intero complesso aziendale. In alcune fasi della vita aziendale l’imprenditore può trovarsi di fronte alla possibilità di voler cedere un ramo della propria attività a terzi. Le motivazioni che possono spingere l’imprenditore in questa direzione possono essere le più diverse: dal buon affare, alla volontà di disfarsi di un ramo di attività non profittevole, fino alla chiusura di un reparto produttivo.

In tutti questi casi il ramo di azienda può essere venduto mediante un contratto di cessione, trasferendone quindi la titolarità da un soggetto, il cedente, ad un altro, il cessionario. In questo tipo di operazione, il trasferimento ha per oggetto soltanto una parte del complesso aziendale, autonomo e separato, ovvero un ramo d’azienda.

Per effetto della cessione di azienda, il cessionario, ovvero l’acquirente, subentra nei contratti aziendali stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa ed a condizione che i contratti non rivestano carattere personale. La norma è derogabile dalle parti ai sensi dell’art. 2558 c.c. Vediamo, quindi, di seguito, quali sono gli elementi più importanti che caratterizzano una cessione di ramo d’azienda per l’imprenditore.

Cosa si intende per ramo di azienda?

L’art. 2555 c.c. definisce l’azienda come:

“Il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.”

Possono essere:

  • Beni materiali e tra questi vi rientrano i beni mobili (ad esempio i macchinari per la produzione);
  • Beni immobili (come ad esempio i capannoni):
  • Infine i beni immateriali (come, ad esempio, i marchi e brevetti).

Il requisito fondamentale affinché si possa parlare di azienda è che i beni siano organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività economica. Nella cessione del ramo d’azienda, il trasferimento ha per oggetto una parte del complesso aziendale.

Pensiamo alle aziende composte da più sedi, oppure composte da diverse filiali, in questi casi, qualora ciascuna di queste sia strutturata e organizzata autonomamente rispetto alle altre, ovvero sia impostata in modo da formare un’unità aziendale autonoma, potrà essere definita “ramo d’azienda”. In tal caso, il ramo di azienda può essere oggetto di vendita o di affitto in modo del tutto autonomo rispetto alle altre parti dell’azienda di cui inizialmente costituiva una parte.

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1769 del 24 gennaio 2018, ha chiarito che:

“Elemento costitutivo autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali e organizzativi e quindi di svolgere, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione finalizzati nell’ambito dell’impresa cedente”.

Il ramo d’azienda è un insieme organizzato di beni aziendali, dotato di propria autonomia organizzativa e funzionale e trattato, dalla legge, come complesso unitario di beni. La disciplina del trasferimento d’azienda si applica anche alle cessioni di rami d’azienda.

Perché si effettua una cessione di parte dell’azienda?

L’imprenditore ricorre all’operazione di cessione di ramo di azienda in quanto è una modalità che gli consente di vedere la sua attività proseguire. Infatti, grazie all’acquisizione del ramo d’azienda da parte di un terzo soggetto, l’imprenditore alienante ha la possibilità di godere del vantaggio economico collegato al valore di cessione incassato (ovvero il valore economico del ramo di azienda ceduto).

Possiamo dire, quindi, che la cessione di un ramo aziendale è considerata come un’operazione straordinaria che consente di garantire continuità aziendale all’impresa.

Cosa si intende per cessione di ramo di azienda?

Mediante il contratto di cessione, il cedente, ovvero il proprietario dell’azienda, trasferisce al cessionario, a fronte del pagamento di un prezzo, il ramo di azienda. Questo, può essere, pertanto, oggetto di un contratto di cessione, essendo caratterizzato da autonomia organizzativa, strutturale e può essere ceduto in modo autonomo rispetto all’azienda nel suo complesso.

Gli elementi necessari per poter parlare di ramo di azienda sono:

  • Organizzazione;
  • Autonomia rispetto all’azienda, considerata nel suo complesso.

Tuttavia, l’autonomia organizzativa e l’identità del ramo devono preesistere rispetto al contratto di cessione.

La disciplina della cessione del ramo di azienda di cui all’art. 2112 c.c. e all’art. 47 della L. n. 428/1990, il quale, ha l’obiettivo di tutelare il diritto dei lavoratori ceduti a mantenere il proprio rapporto di lavoro presso il cessionario evitando che il trasferimento comporti un peggioramento del trattamento economico e normativo. 

La cessione del ramo di azienda non richiede la forma scritta a pena di nullità, ma solo ad probationem. Il termine per la registrazione è di 20 giorni dalla stipula dell’atto. Per gli atti formati all’estero, aventi a oggetto aziende esistenti nel territorio dello Stato, il termine è prolungato di 60 giorni. L’ufficio competente è quello nella cui circoscrizione risiede il notaio obbligato a registrare l’atto.

Divieto di concorrenza

Il cedente non può intraprendere, nei cinque anni successivi, una nuova impresa con oggetto o ubicazione da cui possa derivare una concorrenza all’azienda ceduta.

Il divieto di concorrenza può essere escluso mediante accordo tra le parti, ma può anche essere ampliato, in ogni caso il divieto non può avere una durata superiore a 5 anni.

La violazione del divieto di concorrenza può comportare una responsabilità contrattuale, con la possibilità di poter risolvere il contratto.

La successione nei contratti

L’art. 2558 c.c. disciplina la successione nei contratti, prevedendo la successione automatica del cessionario in tutti i rapporti contrattuali non interamente eseguiti derivanti da negozi a prestazioni corrispettive inerenti la gestione aziendale.

L’ingresso dell’acquirente nei contratti in corso di esecuzione e in tutti i contratti direttamente o indirettamente inerenti all’organizzazione e all’esercizio dell’impresa non aventi carattere personale, non avviene mediante una esplicita manifestazione di volontà, ma si produce ex lege anche se non esiste un patto tra l’imprenditore alienante e l’acquirente.

Al terzo contraente è concessa la facoltà recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia della cessione, se sussiste una giusta causa (art. 2558, co. 2 c.c.).

contratti che hanno natura personale non possono essere oggetto di cessione. Quindi, sono contratti personali tutti i contratti che sono stati stipulati in virtù di un rapporto fiduciario, venutosi a creare tra l’imprenditore e l’altra parte, grazie alle abilità professionali dell’imprenditore, al suo talento, al suo intuito, alla sua identità e alle sue qualità personali,  senza le quali non si sarebbe determinato il consenso dell’altra parte contraente a concludere un affare, esempio nei rapporti intercorrenti con le banche, oppure nei contratti di assicurazione, etc.

Le tutele per i dipendenti ceduti

L‘art. 2112 c.c. sancisce che la cessione di u ramo di azienda, così come il trasferimento d’azienda non costituiscono motivo di licenziamento, bensì continua con il nuovo titolare dell’azienda e “il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

I contratti di lavoro dipendente, in corso al momento della cessione del ramo di azienda, proseguono in capo al cessionario che assume il ruolo di datore di lavoro. I lavoratori conservano tutti i diritti che derivavano dal rapporto con il cedente.

Non è ipotizzabile che cedente e cessionario escludano la successione nel contratto.

Il cedente ed il cessionario sono obbligati in solido per i crediti che il lavoratore aveva al momento del trasferimento e che il nuovo titolare deve applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali vigenti alla data del trasferimento fino alla loro scadenza.

L’art. 47 della Legge n. 428/1990 prevede ulteriori obblighi a carico del cedente e del cessionario. In particolare, qualora il trasferimento si verifica in imprese che occupano più di 15 dipendenti, è obbligatorio per il cedente ed il cessionario avvertire con comunicazione scritta, almeno 25 giorni prima dell’atto di trasferimento, le rappresentanze sindacali.

Nella comunicazione, devono essere indicati i motivi della cessione del ramo di azienda, le conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori, le eventuali misure da adottare nei confronti degli stessi e la data o proposta di una data per la cessione.

Disciplina fiscale dell’operazione

Per quanto riguarda i crediti e debiti aziendali, con la cessione del ramo di azienda si verifica l’automatica cessione al cessionario, dei crediti anteriori al conferimento relativi all’azienda trasferita.

Il cessionario subentra nella medesima posizione del cedente rispetto ai debitori ed ha diritto di ricevere il pagamento dei crediti aziendali. L’efficacia del trasferimento sussiste anche nel caso in cui il debitore non abbia ricevuto alcuna notifica oppure non abbia accettato la cessione.

La legge in ogni caso prevede che qualora il debitore paghi in buona fede l’originario titolare dell’azienda senza essere a conoscenza dell’intervenuta cessione, sia comunque liberato dall’obbligazione di pagamento.

Per quanto concerne i debiti, il cedente non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito.

L’art. 2560, co. 2, prevede il principio di responsabilità solidale del cessionario, per i debiti che risultano dai libri contabili obbligatori.

Il cessionario, in particolare, risponde in solido con il cedente per il pagamento delle imposte e delle sanzioni delle violazioni commesse nell’anno della cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo, ma riferibili a violazioni commesse in periodi precedenti.

La responsabilità è limitata al valore del ramo d’azienda ceduta, accertato dall’ ufficio tributario o il valore dichiarato dalle parti.

L’art. 2560, co. 3 della limita, tuttavia, la responsabilità del cessionario ai debiti risultanti dal certificato che gli uffici sono tenuti a rilasciare a richiesta dell’interessato.

IVA

Per quanto riguarda l’IVA, la cessione del ramo di azienda, ai sensi dell’art. 2, co. 3, lettera b), del D.P.R. 633/72, è considerata come un’operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA.

L’atto di cessione d’azienda è pertanto soggetto all’imposta di registro in misura proporzionale applicata sul valore complessivo delle attività che compongono il ramo di azienda, comprensivo dell’avviamento, detratte le passività cedute e risultanti dalle scritture contabili obbligatorie.

Le aliquote applicabili variano a seconda della natura dei beni che compongono l’azienda:

  • Sul valore imputabile ai beni mobili o di altri diritti, l’imposta ammonta al 3%;
  • Mentre sul valore imputabili agli immobili, come fabbricati e le relative pertinenze, l’imposta è del 9%;
  • Sui terreni agricoli l’imposta è del 15%.

Imposte dirette sulla plusvalenza da cessione di ramo d’azienda

La disposizione di riferimento ai fini delle imposte dirette per la cessione di ramo d’azienda è disciplinata dall’art. 86 del DPR n. 917/86 (TUIR). Questa norma stabilisce che le plusvalenze relative alla cessione di beni di impresa, concorrono a formare il reddito se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso. Concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso.

La plusvalenza realizzata mediante la cessione del ramo di azienda rientra tra i componenti positivi di reddito di impresa e concorre per l’intero ammontare realizzato a formare il reddito di impresa del periodo di competenza. Possono essere tassate ai fini delle imposte sui redditi, o con l’aliquota IRES o con le aliquote progressive IRPEF, a seconda della natura del soggetto cedente, in ogni caso la plusvalenza da cessione è esclusa dalla base imponibile IRAP.

L’art. 109, co. 2 del TUIR afferma che i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti alla data di stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà.

Se l’azienda ceduta risulta posseduta da almeno 3 anni, il cedente può scegliere di assoggettare a tassazione la plusvalenza realizzata su più periodi di imposta, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. Infatti, il contribuente deve effettuare la scelta nella propria dichiarazione dei redditi, se questa scelta non è effettuata, allora la plusvalenza concorre a formare il reddito ed è tassata  per l’intero ammontare nell’esercizio stesso in cui è stata realizzata.

Tassazione separata

L’art. 58 co. 1 e l’art. 17 co. 1 lett. g) e co. 2 del TUIR prevedono un regime di tassazione separata della plusvalenza quando l’imprenditore possiede l’azienda da più di 5 anni. In questo caso, la plusvalenza non concorre a formare il reddito complessivo del periodo e viene tassata separatamente, secondo le regole proprie di tale regime.

Come avviene una cessione di ramo d’azienda?

La cessione di ramo d’azienda è una operazione complessa. La prima cosa da fare è quella di procedere alla redazione di un bilancio straordinario dell’azienda, denominato bilancio di cessione. In questo documento deve essere indicato:

  • Il prezzo di cessione del complesso aziendale;
  • Le attività e le passività cedute;
  • Il valore di avviamento dell’azienda ceduta.

Si tratta di un bilancio straordinario redatto a valori correnti e si compone esclusivamente dello Stato Patrimoniale. Questo documento, redatto dagli amministratori deve essere sottoposto all’approvazione dell’assemblea dei soci, qualora si verifichino le condizioni di cui all’art. 2343-bis, c.c. ovvero: acquisto da sociofondatore di beni o amministratore per un valore almeno pari al 10% del capitale sociale, nei due anni successivi alla costituzione di una società di capitali.

Fatto questo vi sarà la due diligence (societaria, e fiscale) che il potenziale acquirente effettua sui dati inseriti nel bilancio di cessione. Una volta completate le verifiche che riguardano l’individuazione del valore di cessione parte la fase della trattativa dove le parti arrivano alla determinazione del prezzo effettivo di cessione del complesso aziendale.

La fase successiva è quella legata alla redazione dell’atto di cessione del ramo di azienda. Affinché questo atto sia valido è necessario adottare sempre la forma scritta, o un atto pubblico oppure una scrittura privata autenticata, perché l’atto di cessione deve essere depositato per l’iscrizione presso il Registro delle imprese entro 30 giorni dalla stipula.

E’ fatto divieto all’imprenditore alienante, per un periodo di cinque anni, di intraprendere una nuova attività d’ impresa  qualora quest’ultima si ponga in concorrenza con l’azienda ceduta, per oggetto, ubicazione o altre circostanze e sia idonea a sviare la clientela  dell’azienda ceduta. Questo è quanto previsto dall’art. 2557 c.c. in materia di divieto di concorrenza onde evitare un possibile indebito sviamento della clientela dell’azienda ceduta.

Da un lato la norma cerca di salvaguardare l’acquirente dell’azienda che ha diritto a trattenere la clientela dell’impresa e a godere anche dell’avviamento soggettivo di cui si è tenuto conto in sede di pattuizione del prezzo di cessione.

Dall’altro si tutela l’imprenditore alienante che non può essere limitato nella sua libertà di iniziativa economica oltre un determinato lasso di tempo necessario a consentire all’acquirente di consolidare la propria clientela, perché potrebbe accadere che la nuova attività dell’imprenditore alienante sia potenzialmente lesiva e diretta a sottrarre clientela all’azienda ceduta.

Gli errori più frequenti nelle operazioni aziendali

La cessione di una società o di un ramo di azienda, sia essa imposta (da motivazioni di passaggio generazionale piuttosto che finanziarie) o sia voluta (perché altri potrebbero riconoscere un interessante avviamento), si tratta sempre di una questione complessa che richiede tempo, comprensione della dinamica dei negoziati, pianificazione accurata e il supporto di professionisti capaci ed esperti nel settore.

Ne consegue che i venditori meno esperti, imprenditori o manager, commettono sovente delle disattenzioni che possono portare a un calo del prezzo di vendita, a un peggioramento delle condizioni contrattuali, se non addirittura a compromettere l’operazione (con la probabile conseguente pubblicità negativa). Vediamo, di seguito i principali errori da non commettere.

Preparazione incompleta e sottostima dei tempi del progetto

La cessione aziendale è un’operazione complessa. Richiede tempo, comporta approfondite due diligence da parte del potenziale acquirente, obbligano il venditore a impiegare molte risorse (personali ed economiche).

Questo tipo di operazione può richiedere anche dodici mesi e difficilmente si realizza in meno di un semestre. Se il progetto non è ponderato con attenzione o non gli si dedica la necessaria cura, si avranno dei risultati negativi.

L’acquirente potrebbe percepire le difficoltà di risposta del venditore e sfruttarle per conseguire una posizione negoziale dominante.

Nei casi estremi, quando il possibile acquirente si spaventa scambiando la lentezza del venditore con una reticenza dolosa volta a celare criticità insormontabili (deal breaker), è probabile che i negoziati s’interrompano.

In queste situazioni, oltre allo spreco derivante dall’investimento fatto per trovare la controparte e per negoziare con essa, i tempi della cessione aziendale si allungano e la notizia che una possibile trattativa sia in corso (o, peggio ancora, che sia abortita) potrebbe iniziare a circolare malgrado siano stati firmati degli impegni di riservatezza.

Incapacità di veicolare rischi e opportunità

Gran parte delle operazioni di cessione aziendale non si conclude positivamente proprio per errori su questo aspetto da parte dell’imprenditore o del manager.

Il potenziale acquirente è esterno all’impresa e non può quindi conoscerla in tutte le sfaccettature. Esso infatti potrebbe scoprire elementi critici che fanno emergere rischi inizialmente non considerati. Il venditore deve essere consapevole delle criticità e prevenire dubbi e timori della controparte.

È compito del venditore conoscere in anticipo cosa troverà il potenziale acquirente in sede di due diligence, cosa probabilmente lo turberà e come possano essere messe in atto azioni di mitigazione o di presidio dei rischi.

Ugualmente l’imprenditore dovrà saper individuare i punti di forza e le opportunità latenti della propria azienda e renderle esplicite in un business plan. Per raggiungere la dovuta consapevolezza il venditore deve superare le consuetudini e confrontare la situazione aziendale con le migliori prassi gestionali.

Un imprenditore può essere abituato alla mancanza di una distinta base aggiornata, all’assenza di contratti scritti con i maggiori clienti, a significative differenze tra il budget e i risultati infrannuali o all’incompleta ponderazione dei rischi ambientali. Il potenziale acquirente troverà preoccupante ciascuna di queste situazioni.

L’esperienza mostra che un consulente crea valore soprattutto in questo ambito, scoprendo in anticipo i fattori che possono far sorgere delle perplessità sul valore del target o addirittura far decadere il progetto.

Per queste ragioni un buon advisor non deve solo conoscere la contabilità o essere abile nel trovare possibili controparti ma deve anche padroneggiare l’arte della due diligence e comprendere cosa un acquirente si aspetta di trovare nel target (e cosa vuole evitare).

Comprensione inadeguata delle imprese comparabili

Un venditore ben informato deve avere una profonda conoscenza del suo panorama competitivo in quanto il potenziale acquirente porrà molte domande su come la società si differenzi dai concorrenti.

Questo genere di questioni proviene sempre dagli investitori finanziari, ma anche un acquirente industriale potrebbe non conoscere perfettamente il contesto in cui opera il target (perché questa è focalizzata su una nicchia, perché ha sede in un Paese straniero, perché il potenziale acquirente sta realizzando un’operazione d’integrazione verticale od orizzontale).

Per evitare attese di prezzo non realistiche, inoltre, il venditore dovrà capire come le imprese comparabili sono valutate. Se un concorrente è stato ceduto a 5 volte l’Ebitda il venditore dovrà ben argomentare come mai la sua richiesta è significativamente maggiore (per esempio per una crescita maggiore, una tecnologia più aggiornata, la presenza di rapporti consolidati con i clienti).

Incapacità di trasmettere la vision

Il venditore deve saper comunicare efficacemente la visione strategica ed enfatizzare le prospettive di sviluppo della società costruendo una valida equity story. Anche nel caso in cui la cessione aziendale sia dovuta a difficoltà finanziarie o a raggiunti limiti di età.

A prescindere dai risultati correnti, una cessione a prezzi interessanti si verifica solo quando l’acquirente percepisce che il target può ulteriormente espandersi e aumentare di valore nel futuro.

Se l’acquirente è di matrice industriale, il venditore dovrebbe anche sfruttare l’opportunità di identificare ed esplicitare le sinergie e la complementarietà che possono nascere dalla combinazione tra la sua società e l’acquirente.

Le attese sui risparmi di costo, sui risultati commerciali di un’integrazione del portafoglio prodotti o della rete distributiva, sul miglior accesso ai mercati dei capitali e sulle altre possibili sinergie sono solitamente il motore principale di ogni decisione di acquisizione e la guida per l’offerta economica formulata da un potenziale acquirente.

Prevedere cosa l’altra parte si aspetta è il modo migliore per organizzare la strategia negoziale nella cessione di azienda.

Mancata protezione della proprietà intellettuale

Un impegno di riservatezza (NDA, non disclosure agreement) è essenziale per proteggere la proprietà intellettuale e i segreti industriali, in particolare quando il potenziale acquirente appartiene al medesimo settore in cui opera la società in vendita.

Sottoscrivere lo NDA nelle fasi preliminari quando si stanno solo fornendo le informazioni di base può essere superfluo, però non pretendere che lo si formalizzi quando s’intendono scambiare informazioni critiche può essere un grave errore.

Un NDA ben scritto dovrà vietare al potenziale acquirente di svelare o usare le informazioni confidenziali ricevute e limitare la sua facoltà di contattare clienti, fornitori o personale della società-bersaglio.

Una clausola comunemente inserita negli NDA scambiati tra imprese industriali riguarda il divieto per il compratore di assumere personale della società posta in vendita.

In taluni casi, per esempio quando il potenziale acquirente è una società quotata, l’impegno di riservatezza può investire anche il target allo scopo di evitare che il mercato borsistico riceva informazioni sensibili senza il rispetto delle stringenti norme che regolano la materia dello insider trading.

Documentazione aziendale carente o incompleta

È frequente che le due diligence facciano emergere problemi nel processo documentale del venditore come per esempio:

  • Contratti mancanti (accade di frequente per quelli bancari e di leasing) o non firmati da tutte le parti;
  • Accordi emendati senza che le modifiche siano state sottoscritte;
  • Verbali di consiglio, di assemblea o del collegio sindacale mancanti, non firmati o privi dei previsti allegati;
  • Contratti di lavoro non firmati (o benefit concessi e non contrattualizzati);
  • Mancanza di NDA con le persone chiave o di documenti che attestino la rinuncia ai diritti d’invenzione da parte del personale;
  • Inventario dei cespiti datato o assente;
  • Poste di bilancio inattive da tempo (capita sovente di riscontrarle tra i crediti e i debiti diversi);
  • Contabilità gestionale non riconciliata con il bilancio depositato;
  • Mancanza della relazione del legale sui contenziosi pendenti e minacciati.

Le carenze possono essere talmente significative che l’acquirente potrebbe chiedere che venga loro posto rimedio prima del closing.

Lettera di intenti non completa

Con la firma della lettera di intenti il potere negoziale passa dal venditore all’acquirente. Prima di quel momento il venditore ha maggiori opportunità di ottenere soddisfazione dei propri obiettivi (prezzo di vendita, profondità della due diligence, termini di pagamento, garanzie da rilasciare, ruolo dell’imprenditore in azienda dopo il closing …), successivamente la controparte assume il governo del negoziato.

L’acquirente, infatti, con la lettera di intenti normalmente ottiene un impegno del venditore a non trattare con altri potenziali offerenti per un certo periodo (detto no shop period o exclusivity period) e ciò fa cessare qualunque competizione sulla transazione.

Ne consegue che risulta determinante che la lettera d’intenti disciplini dei termini critici tra cui:

  • Il prezzo base e le modalità di aggiustamento (per esempio per tenere conto delle variazioni di capitale circolante al closing o della posizione finanziaria netta normalizzata), specificando come le variazioni saranno determinate (per esempio affidando l’incarico a un revisore);
  • I termini di pagamento (per contanti, con un vendor’s loan o con scambio azionario);
  • L’ampiezza e la durata del periodo di esclusiva (che il venditore cercherà di limitare al massimo, per esempio a 3 o 4 settimane);
  • L’ammontare massimo e la durata delle garanzie che il venditore offre all’acquirente e il sistema con cui le si presta (fideiussione, escrow account …);
  • Le condizioni alle quali è sottoposto il perfezionamento dell’operazione.

Senza questi aspetti il potere offerto all’acquirente rischia di diventare troppo ampio per una chiusura ottimale dell’operazione.

Presenza di consulenti inadeguati

Sovente la cessione aziendale non si realizza perché il venditore ha preferito fare da solo o si è avvalso di un consulente non specializzato. Costui, infatti, interviene ad hoc, dedicandosi senza soluzione di continuità alla riuscita dell’operazione, non interferisce con l’attività ordinaria dell’impresa e con il ruolo dei professionisti storici dell’impresa.

Le attività che possono essere affidate all’advisor finanziario comprendono:

  • L’assistenza al venditore e al suo consulente legale nello sviluppare il processo di vendita ottimale;
  • L’analisi dell’azienda in vendita allo scopo d’identificare i rischi e le opportunità per i possibili acquirenti, nonché per stimarne il valore economico;
  • La redazione di un profilo sintetico e dell’information memorandum riservato ai potenziali acquirenti;
  • La ricerca e il contatto dei possibili acquirenti, sino alla firma degli NDA;
  • Il coordinamento delle riunioni con le possibili controparti (compresa la preparazione del management);
  • Il supporto al venditore nella costruzione di un’adeguata data room;
  • Il coordinamento delle risposte alle richieste pervenute nel corso della due diligence;
  • L’assistenza ai negoziati volti a definire il prezzo e gli altri termini dell’operazione;
  • L’aiuto all’azienda e al legale nella predisposizione dei documenti che porteranno al closing.

Scarsa attenzione alle dinamiche fiscali

Le implicazioni della struttura fiscale della cessione aziendale possono avere un impatto significativo sul ricavo netto per i soci. Ciò è vero soprattutto in Paesi con alta pressione fiscale come l’Italia.

Gli acquirenti tendono a preferire l’acquisto del ramo d’azienda perché, a determinate condizioni, può mitigare il rischio di ricevere passività ignote.

I venditori di solito preferiscono vendere le quote societarie in quanto magari hanno beneficiato di un affrancamento del valore di carico o, in certi casi, possono ottenere la Participation exemption o PEX.

Il Commercialista dell’impresa o quello dei suoi soci dovrebbe fornire utili suggerimenti sulle più efficaci modalità per realizzare la desiderata cessione.

Negoziare un accordo poco favorevole

Un contratto ben scritto aumenta la probabilità di completare l’operazione, mitiga i possibili rischi post-closing e assicura che le aspettative degli azionisti della società in vendita siano soddisfatte. Uno dei peggiori errori che un venditore può commettere è di pensare che il compromesso, rispetto a qualsiasi problema, sia una protezione adeguata.

Secondo l’ottica del venditore, il contratto di compravendita di una società o di un ramo deve proteggerlo quanto più possibile stante la qualità di ciò che vende e le sue capacità negoziali.

Ecco alcune delle clausole determinanti dei contatti di cessione aziendale:

  • Le condizioni per pervenire al closing (che il venditore vorrà limitare al massimo per essere certo che l’operazione si perfezioni rapidamente);
  • Gli aggiustamenti di prezzo (si veda quanto scritto a proposito della LOI);
  • Il funzionamento di eventuali pagamenti condizionati (che il venditore vorrà siano garantiti da fideiussioni bancarie a prima richiesta) e degli earn-out;
  • I diritti e le limitazioni delle azioni eventualmente da emettere in relazione all’operazione (come avviene nelle operazioni miste in cui la cessione di quote societarie si combina con un aumento di capitale deliberato dal target);
  • Le dichiarazioni e garanzie (il venditore vorrà che queste siano quanto più possibile specifiche con esclusioni per scarsa materialità degli importi o perché il problema è noto all’acquirente);
  • La natura esclusiva delle garanzie contrattuali che, salvo gravi inadempimenti su temi particolari, limita la possibilità per l’acquirente di chiedere ulteriori indennizzi;
  • L’entità e le esclusioni degli indennizzi (con limiti massimi, franchigie basket e tipping, singole e aggregate …) e degli escrow account;
  • Le regole per la gestione del target nel periodo intercorrente tra la firma e l’esecuzione del contratto (il venditore desidera che queste siano ridotte e ragionevoli e che sia previsto un chiaro e semplice processo di autorizzazione per le eventuali deroghe);
  • Gli accordi di collaborazione post-closing con l’imprenditore.

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    Elisa Migliorini
    Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
    Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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