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“Cervelli” impatriati in Italia senza rimborso dopo la contestazione delle Entrate

Fiscalità InternazionaleAgevolazioni fiscali per impatrio in Italia"Cervelli" impatriati in Italia senza rimborso dopo la contestazione delle Entrate

Il DL n 34/2019 convertito in Legge conferma la non possibilità di ottenere rimborsi per i ricercatori impatriati in Italia senza iscrizione AIRE. Sostanzialmente, i “cervelli” impatriati in Italia che hanno ricevuto un accertamento sulla loro posizione e hanno effettuato il pagamento delle contestazioni si vedono negato il rimborso.

Il DL 34/19 ha modificato le due principali norme di favore riguardanti i lavoratori che impatriano in Italia, compresi i ricercatori e docenti che si erano spostati all’estero.

Proprio su questi ultimi, si erano concentrati gli accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, che aveva contestato l’inapplicabilità dell‘Agevolazione Impatriati.

La contestazione dell’Agenzia si basava sul presupposto fondamentale dell’agevolazione, ovvero, il periodo di permanenza estero certificato da iscrizione AIRE.

Sostanzialmente, per l’Agenzia, il comportamento del ricercatore emigrato all’estero ed rimpatriato in Italia, non aveva diritto ad ottenere agevolazioni.

Per questo la richiesta e l’ottenimento dell’agevolazione è stata vista come comportamento “evasivo” da parte dei ricercatori incriminati.

Per sopperire a questa problematica il governo con il DL n 34/19 è intervenuto modificando la norma di riferimento dell’agevolazione. Si tratta del DL n 78/2010.

Tuttavia, nonostante l’abrogazione del requisito AIRE valga per il futuro (rimpatrii a partire dal 2020), la norma sana la posizione dei contribuenti che hanno ricevuto accertamento ma non permette loro di ottenere il rimborso in caso di pagamento spontaneo delle maggiori imposte richieste.

Vediamo, in dettaglio, la situazione dei cervelli impatriati in Italia.


RICERCATORI ITALIANI IMPATRIATI E AVVISI DI ACCERTAMENTO

Un ricercatore o un scienziato italiano che rientra in Patria dopo anni all’estero si attende tutto tranne che un Avviso di Accertamento fiscale.

Tuttavia, questo è quanto è accaduto a marzo 2019 a tredici ricercatori italiani rientrati dall’estero che si sono visti notificare un Avviso di Accertamento.

L’Agenzia delle Entrate ha contestato loro il fatto di aver beneficiato dell’agevolazione “Rientro dei Cervelli” che abbatte al 10% la base imponibile dei redditi generati dal loro rientro in Italia.

Questo beneficio, secondo le Entrate, spetta soltanto a chi ha segnalato di essersi trasferito stabilmente all’estero iscrivendosi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero. Questo è quanto stabiliva il DL n 78/10 prima dell’entrata in vigore del DL n 34/19 (1° maggio 2019).

La richiesta dell’Agenzia delle Entrate è stata l’imposta dovuta sul 90% del reddito considerato esente dai cervelli impatriati, oltre sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta dovuta e non versata.

Si tratta di sanzioni molto importanti che hanno portato importi complessivi a carico di ciascun ricercatore per oltre 100mila euro.

Per questo motivo i ricercatori hanno inviato una lettera al Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR). A sua volta il MIUR ha contattato il Tesoro e nel DL n 34/19 è stata prevista una soluzione. Ma solo per il futuro.

LE MODIFICHE ALL’AGEVOLAZIONE RIENTRO DEI CERVELLI DAL PARTE DEL DL 34/19

Il testo del DL n 34/19 ha modificato il DL n 78/10 legato all’agevolazione del Rientro dei Cervelli.

In particolare, per i cervelli rientrati viene previsto quanto segue:

Con riferimento ai periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del DPR n. 600/73, ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018. Purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al, comma 1, lettera a). Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo”

Sostanzialmente scienziati e ricercatori rientrati in Italia dall’estero che si sono visti notificare un accertamento non potranno ricevere alcun rimborso. Questo nel caso in cui i ricercatori abbiano effettuato un adempimento spontaneo all’accertamento.

Il Decreto Crescita, quindi, è intervenuto per sistemare la questione degli accertamenti avviati nei confronti dei cervelli impatriati che avevano beneficiato del regime fiscale di favore e che non si erano iscritti all’AIRE.

Si tratta di una vera e propria beffa per i cervelli impatriati che si sono affrettati a pagare imposte aggiuntive e sanzioni dopo aver ricevuto dalle Entrate una lettere di contestazione.

CERVELLI IMPATRIATI DAL 2020 L’ESTENSIONE DELL’AGEVOLAZIONE

Docenti e ricercatori che impatriano in Italia dal 2020 potranno godere di maggiori agevolazioni.

Sale da tre a cinque anni il periodo in cui avranno diritto all’agevolazione i cervelli impatriati.

Il beneficio si estende fino a 8 anni per chi ha un figlio minorenne o a carico o compra una casa in Italia, 11 anni per chi ha due figli e 13 anni per chi ne ha tre.

Accanto a questa norma vi è poi quella legata ai lavoratori impatriati in Italia. In questo caso, sempre a partire dal 2020, dopo essere stati all’estero per almeno due anni e con permanenza in Italia di altri due anni si può ottenere un agevolazione.

In questo caso è possibile pagare le imposte solo sul 30% del reddito.

Lo scontro vale anche per i redditi di impresagenerati da attività avviate a partire dal 2020. E il periodo di fruizione si allunga di 5 anni per chi ha almeno un figlio minorenne o a carico oppure compra casa.

Chi trasferisce la residenza al Sud – in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna o Sicilia – avrà un incentivo ancora più ghiotto perché vedrà assoggettato all’IRPEF solo il 10% del reddito.


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