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Canoni di locazione non riscossi di immobili commerciali

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I canoni di locazione non percepiti su locazioni abitative non sono imponibili dal momento di presentazione dell'intimazione di sfratto o ingiunzione di pagamento. Per le locazioni commerciale il canone deve essere sempre dichiarato anche se non percepito.

Come devono comportarsi i proprietari di beni immobili commerciali che, a causa della crisi economica, si trovano nella situazione di non incassare i canoni di locazione? Sicuramente si tratta di una situazione non piacevole alla quale, tuttavia, è possibile in alcuni casi porre rimedio.

Il canone di locazione commerciale fa parte del reddito del contribuente, come vedremo meglio di seguito. Tuttavia, il proprietario del locale potrebbe (erroneamente) pensare che il proprio reddito da dichiarare sia solo quello che effettivamente ha incassato durante l’anno. Come avremo modo di vedere di seguito il proprietario dell’immobile concesso in locazione commerciale deve agire necessariamente sul contratto e nei tempi più brevi possibili al fine di evitare o quanto ridurre il periodo di tempo nel quale è tenuto a dichiarare il reddito dei canoni di locazione commerciale non riscossi.

Si tratta di situazioni molto particolari che devono essere tenute bene in considerazione anche perché si tratta di procedure non brevi da applicare e che possono comportare costi per i proprietari di immobili. Vediamo, quindi, come un proprietario di un immobile commerciale deve gestire la situazione, ai fini fiscali, per la tassazione dei canoni di locazione non riscossi e su quali rimedi può fare riferimento.

Tassazione obbligatoria per i canoni di locazione di immobili commerciali non riscossi

Il proprietario (persona fisica) di un immobile commerciale (ad uso diverso dall’abitazione, categoria catastale C1; D1; A/10, etc) è tenuto a dichiarare il relativo reddito da locazione indipendentemente dall’effettiva percezione dello stesso.

Questo è quanto prevede l’art. 26 del DPR n. 917/86 (TUIR), il quale prevede che i redditi fondiari concorrano, indipendentemente dall’effettiva percezione, alla formazione del reddito complessivo dei soggetti titolari dei diritti reali sugli immobili. Ricordo che i diritti reali sono la proprietà l’enfiteusi, l’usufrutto, o altro diritto reale.

Per quanto riguarda le società di capitali, invece, occorre rifarsi all’art. 109, comma 2, lettera b), del TUIR, legato al principio di competenza economica. Questa disposizione prevede che i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi percepiti e costituiscono reddito tassabilealla data di maturazione dei medesimi e fino alla risoluzione del contratto o fino alla convalida di sfratto per morosità.

Il punto di partenza di questa analisi è sicuramente dato dagli art. 26 e 109 del TUIR sopra citati, ma ci sono delle differenze tra immobili ad uso abitativo ed immobili ad uso commerciale locati, vediamole:

  • Locazioni ad uso abitativo. I canoni di locazione non percepiti non concorrono alla formazione del reddito dal momento in cui vi è l’intimazione dello sfratto per morosità o ingiunzione di pagamento (senza dove attendere l’effettiva cessazione del contratto). A fronte di questa fattispecie è riconosciuto un credito di imposta sulle imposte pagate parametrato alle somme non riscosse;
  • Locazioni ad uso commerciale. I canoni di locazione non percepiti devono essere sempre dichiarati, a meno che non vi sia prova che il contratto di locazione sia cessato. Le imposte dirette versate sui canoni di locazione non percepiti non possono essere recuperate sotto forma di credito di imposta.

Questa maggiore rigidità legata ai contratti di locazione ad suo commerciale è comunque legata al fatto che i proprietari che non incassano i canoni di locazione sono tutelati dagli ordinari strumenti di risoluzione contrattuale previsti dalla legge.

Sul punto, vedasi anche quanto indicato dalla Circolare n. 11/E/2014 (§ 1.3) dell’Agenzia delle Entrate. Tutto dipende dal contratto di locazione commerciale: se è in essere, i canoni non percepiti vanno dichiarati e, pertanto, tassati.

Si parte, infatti, dal presupposto che se il contratto è effettivamente esistente, sia in grado di produrre un reddito, cioè dal fatto che il criterio di imputazione del reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione. Di conseguenza, si potrà evitare di pagare le tasse sui canoni non incassati solo se il contratto è stato risolto oppure di fronte ad un provvedimento di convalida dello sfratto.

Per approfondire: “Tassazione dei canoni di locazione non riscossi“.

Quali strumenti a disposizione del proprietario per la risoluzione anticipata del contratto e per la detassazione dei canoni di locazione non riscossi?

Il proprietario di un immobile concesso il locazione ad uso commerciale, a fronte della fattispecie di mancato incasso dei canoni, ha la possibilità di risolvere anticipatamente il contratto di locazione.

A questo fine è importante evidenziare quali sono gli strumenti previsti dalla legge, per la tutela dei proprietari, a fronte dell’obbligo di dichiarazione dei canoni di locazione non riscossi. Proviamo a vedere le ipotesi maggiormente diffuse e permesse dalla normativa.

Risoluzione anticipata del contratto a seguito di diffida ad adempiere

Il proprietario dell’immobile ha la possibilità di intimare al conduttore moroso ed inadempiente, di provvedere, entro un congruo termine, al pagamento dei canoni insoluti. Decorso questo lasso di tempo, in caso di inadempimento perpetuato, il contratto si intenderà inderogabilmente risolto. Questo è quanto previsto dall’art. 1454 c.c.

A questo punto il proprietario è tenuto a documentare la situazione e registrare la risoluzione anticipata del contratto all’Agenzia delle Entrate. La risoluzione anticipata del contratto deve essere registrata, entro 30 giorni dall’evento, attraverso i servizi telematici oppure attraverso la presentazione all’ufficio, presentando la risoluzione firmata. Successivamente alla registrazione della risoluzione i canoni di locazione non sono più assoggettabili a tassazione. A fronte dei canoni troverà applicazione l’ordinaria tassazione catastale dell’immobile.

Risoluzione anticipata del contratto in virtù di clausola risolutiva espressa

Il contratto di locazione commerciale può essere risolto anticipatamente rispetto alla scadenza ordinaria in applicazione di una clausola risolutiva espressa prevista dall’art. 1456 c.c. Attraverso l’introduzione di una apposita clausola nel contratto di locazione le parti si obbligano ad assumere un determinato adempimento, come il pagamento del canone.

Qualora questo adempimento venga meno si determina la risoluzione anticipata del contratto per morosità. Si tratta di una clausola che, solitamente, si preferisce inserire nei contratti di locazione, soprattutto in quelli ad uso diverso da quello abitativo, proprio a maggiore garanzia del proprietario nel pagamento dei canoni di locazione. Trattasi di clausola che, in buona sostanza, ha una concreta applicazione pratica.

Il proprietario, in questo caso, è tenuto a comunicare al conduttore la volontà di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa (solitamente tramite PEC o raccomandata A/R). Successivamente, il proprietario deve procedere con la registrazione della risoluzione anticipata del contratto, documentando la cause della risoluzione e l’avvenuta comunicazione al conduttore. Anche in questo caso, i canoni di locazione non riscossi non sono più tassabili a partire dal momento della registrazione della risoluzione all’Agenzia delle Entrate.

Rispetto alle altre procedure simili, la presenza di una clausola risolutiva espressa riduce i tempi che portano il proprietario alla risoluzione anticipata del contratto di locazione commerciale.

Risoluzione anticipata del contratto a seguito di provvedimento di sfratto per morosità

Il contratto di locazione può essere risolto anche attraverso un procedimento giudiziale di sfratto per morosità. Questo è quanto prevede l’art. 658 e ss. del c.p.c. In questo caso, si procedere, preliminarmente, con la messa in mora del conduttore, a seguito di lettera con l’indicazione di un termine perentorio per poter regolarizzare i mancati pagamenti precedenti. Successivamente, in caso di infruttuosità di questa procedura, si procede con la richiesta giudiziale di sfratto per morosità dell’inquilino.

Anche in questo caso i canoni di locazione sono esclusi da tassazione a partire dalla data di deposito del provvedimento giudiziale (da registrare presso l’Agenzia delle Entrate). I canoni di locazione non riscossi successivi alla registrazione non sono tassabili, ex art. 26 o 109 del TUIR. Qualora vi siano somme percepite dal proprietario successivamente alla risoluzione del contratto queste assumono natura di indennità risarcitoria di occupazione senza titolo.

Cos’è l’indennità risarcitoria di occupazione senza titolo?

L’indennità di occupazione senza titolo ha natura risarcitoria per il proprietario, ovverosia si è in presenza di una risoluzione del contratto di locazione, ma sussiste l’occupazione da parte del precedente conduttore. 

Si determina la cessazione degli effetti negoziali del contratto stesso, di conseguenza non può trovare applicazione la disciplina propria dei contratti di locazione. Su tale questione, l’Agenzia afferma infatti che “l’occupazione dell’immobile avviene o prosegue in aperto contrasto con la volontà del proprietario dell’immobile, senza alcun collegamento con un contratto di locazione (già stipulato in precedenza ovvero da stipulare in futuro)”.

La volontà delle parti contrattuali di “cessazione” del contratto emerge a titolo esemplificativo nei comportamenti posti in essere da parte del proprietario  diretti alla restituzione dell’immobile quali: l’inizio del procedimento di sfratto, la notifica di un provvedimento di rilascio dell’immobile emanato dal giudice competente, la notifica di un atto di precetto, l’esistenza di corrispondenza volta a dimostrare la volontà di non concedere il rinnovo o di risolvere (nel rispetto delle disposizioni normative specifiche) anticipatamente il contratto di locazione.

Canoni di locazione commerciali non riscossi: conclusioni

Stante quanto indicato sinora è possibile affermare che il contribuente resta tenuto a dichiarare i canoni di locazione relativi a immobili non abitativi, anche se non percepiti, fino a quando non possa dimostrare che è intervenuta la risoluzione del contratto sulla base delle richiamate disposizioni civilistiche. Nel caso in cui il contribuente produca copia del provvedimento giudiziale di convalida di sfratto per morosità, a partire dalla data del medesimo provvedimento è possibile considerare sicuramente risolto il contratto di locazione a uso commerciale.

Come abbiamo avuto modo di vedere la normativa fiscale è piuttosto severa per quanto riguarda la tassazione dei canoni di locazione non riscossi (art. 26 e 109 del TUIR). Questo avviene anche in virtù delle diverse possibilità che ha a disposizione il proprietario per arrivare alla risoluzione anticipata del contratto di locazione per la morosità dell’inquilino. In ogni caso si tratta di procedure non sempre immediate che possono portare il proprietario a dover attendere anche molto tempo prima di arrivare alla risoluzione anticipata del contratto di locazione.

Per questo motivo, sicuramente, prima di attivare una di queste procedura può essere utile passare per una più semplice procedura di riduzione del canone di locazione in accordo con l’inquilino. In questo modo si possono venire a creare effetti positivi sia per l’inquilino, che evita di essere dichiarato come moroso, che per il proprietario, che incassa canoni ridotti e paga le imposte solo sui valori ridotti del canone (naturalmente a seguito della registrazione dell’accordo di riduzione presso l’Agenzia delle Entrate).

Segnalo che l’accordo di riduzione del canone non è soggetto ad applicazione dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo secondo quanto previsto dall’art. 19 del D.L. n. 133/14. Solo qualora la possibilità di trovare un accordo con l’inquilino per la riduzione temporanea del canone di locazione, è opportuno andare ad attivare uno dei rimedi sopra citati fino ad arrivare alla messa in mora ed alla procedura giudiziale di sfratto per morosità che determina la risoluzione del contratto di locazione (e con essa l’obbligo di dichiarare fiscalmente i canoni).

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