Avviso di liquidazione Agenzia Entrate: cosa fare

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La guida completa per gestire l’avviso di liquidazione e valutare la scelta migliore da prendere: pagamento, autotutela o ricorso. Scopri come difendere i tuoi diritti e ridurre le sanzioni.

Hai ricevuto un avviso di liquidazione dall’Agenzia delle Entrate e non sai come comportarti? Si tratta di un atto formale con cui il Fisco richiede il pagamento di imposte, sanzioni e interessi su tributi indiretti come l’imposta di registro, l’imposta di successione o le imposte ipotecarie e catastali. La gestione corretta di questo atto è importante: una risposta tempestiva e strategica può farti risparmiare sanzioni e tutelare i tuoi diritti, mentre ignorarlo porta all’iscrizione a ruolo e all’aggravarsi della situazione con cartelle esattoriali.

In questa guida scoprirai cos’è esattamente l’avviso di liquidazione, quando viene emesso, quali sono le tre opzioni concrete a tua disposizione e come scegliere la strategia più conveniente per il tuo caso. Ti illustrerò i termini da rispettare, i vantaggi fiscali di ciascuna scelta e gli errori da evitare, con esempi pratici e riferimenti normativi aggiornati. L’obiettivo è fornirti gli strumenti per prendere una decisione informata, autonoma e consapevole, sapendo quando puoi gestire la situazione da solo e quando è necessario l’intervento di un professionista.

Cos’è l’avviso di liquidazione

L’avviso di liquidazione è l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate comunica al contribuente l’ammontare delle imposte dovute a seguito di un controllo automatizzato o documentale. Si tratta di un atto impositivo che quantifica la maggiore imposta richiesta, le sanzioni applicabili e gli interessi maturati. A differenza dei controlli sulle imposte dirette, l’avviso di liquidazione riguarda principalmente i tributi indiretti: imposta di registro per atti e contratti, imposta di successione e donazione, imposte ipotecarie e catastali.

Il controllo avviene sulla base dei dati desunti dalle dichiarazioni presentate dal contribuente o dagli atti registrati, come i contratti di compravendita immobiliare o i contratti di locazione. L’Agenzia verifica la correttezza della liquidazione effettuata e, se riscontra differenze rispetto a quanto versato, emette l’avviso per recuperare le somme dovute. La normativa prevede che ogni avviso debba contenere una motivazione chiara e comprensibile, che indichi i fatti contestati, le norme applicate e il calcolo dell’importo richiesto.

Contenuto obbligatorio dell’atto

L’avviso di liquidazione deve riportare elementi essenziali per essere valido: i dati identificativi dell’ufficio emittente, il numero e la data dell’atto, i dati del contribuente destinatario, la data di notifica e l’indicazione del tributo contestato. Secondo lo Statuto del contribuente, la motivazione dell’atto è un requisito fondamentale: deve esplicitare la base imponibile rilevata, l’aliquota applicata, il calcolo delle sanzioni e degli interessi. Spesso viene allegato un modello F24 precompilato con i codici tributo e le somme da versare, per facilitare il pagamento nei termini previsti.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte ribadito che un avviso privo di motivazione adeguata è viziato di nullità e può essere annullato. Il contribuente deve essere messo nelle condizioni di comprendere quali violazioni gli sono contestate e come è stato determinato l’importo richiesto, per poter valutare l’opportunità di aderire, chiedere l’autotutela o impugnare l’atto.

Differenza con l’avviso di accertamento

È importante distinguere l’avviso di liquidazione dall’avviso di accertamento, due atti diversi per funzione e ambito applicativo. L’avviso di liquidazione interviene sui tributi indiretti e si limita a quantificare l’imposta dovuta sulla base di elementi già dichiarati o registrati, senza accertare nuovi fatti imponibili. L’avviso di accertamento riguarda invece le imposte dirette come IRPEF e IRES, e viene emesso quando l’Amministrazione finanziaria contesta redditi non dichiarati o maggiori imponibili emersi da verifiche ispettive.

L’avviso di liquidazione richiede il pagamento di quanto già dovuto ma non versato correttamente, mentre l’avviso di accertamento accerta nuova materia imponibile non dichiarata. Questa distinzione è rilevante anche per i termini di decadenza e le modalità di difesa, che presentano differenze significative tra i due atti.

Quando l’Agenzia emette l’avviso

L’Agenzia delle Entrate emette l’avviso di liquidazione in situazioni specifiche, quando riscontra discrepanze tra quanto dovuto e quanto effettivamente versato dal contribuente. Le casistiche più frequenti riguardano l’imposta di registro su contratti e atti, l’imposta di successione e le imposte ipotecarie e catastali sugli immobili. La normativa stabilisce termini di decadenza entro i quali l’ufficio deve notificare l’avviso, decorsi i quali perde il diritto di pretendere il pagamento.

Imposta di registro

L’avviso viene notificato in caso di omesso, tardivo o parziale versamento dell’imposta di registro dovuta su contratti di locazione, atti di compravendita, atti giudiziari o altri documenti soggetti a registrazione obbligatoria. Dal 2025, con le modifiche all’articolo 41 del Testo Unico dell’Imposta di Registro, la liquidazione diventa un adempimento del contribuente, che deve autoliquidare l’imposta prima della registrazione. L’Agenzia effettua controlli successivi con sistemi automatizzati e, se riscontra un’imposta dovuta superiore a quella versata, emette l’avviso di liquidazione invitando a integrare il pagamento entro 60 giorni.

Il termine per l’emissione dell’avviso è generalmente di tre anni dalla registrazione dell’atto o dalla presentazione della dichiarazione. Chi paga entro 60 giorni dalla notifica beneficia della riduzione della sanzione amministrativa a un terzo del minimo previsto, un vantaggio significativo per chi riconosce la legittimità della richiesta.

Imposta di successione

Per le successioni aperte fino al 31 dicembre 2024, gli eredi presentavano la dichiarazione di successione senza versare l’imposta principale al momento della presentazione. Era l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate a calcolare l’imposta dovuta e a notificare l’avviso di liquidazione, entro due anni dalla presentazione della dichiarazione. L’avviso veniva emesso quando l’ufficio riscontrava errori, omissioni, sottovalutazioni dei beni ereditari o donazioni pregresse non dichiarate.

Dal 1° gennaio 2025, è entrato in vigore il sistema di autoliquidazione dell’imposta di successione: sono i soggetti obbligati a calcolare e versare autonomamente l’imposta in base alla dichiarazione presentata. L’Agenzia mantiene il potere di controllo e può emettere avvisi di liquidazione se riscontra errori o importi insufficienti versati, applicando lo stesso termine biennale.

Imposte ipotecarie e catastali

L’avviso di liquidazione per imposte ipotecarie e catastali viene notificato quando, a seguito della trascrizione di atti di trasferimento immobiliare o della voltura catastale, l’ufficio rileva un’imposta dovuta superiore a quella versata. Questo accade tipicamente quando il valore dichiarato nell’atto risulta inferiore al valore di mercato o ai valori di riferimento utilizzati dall’Amministrazione finanziaria per i controlli. Anche in questo caso, il termine di decadenza per l’emissione dell’avviso è di tre anni dalla registrazione dell’atto.

​Come faccio a sapere se l’avviso è corretto?

Devi verificare diversi elementi: la corretta individuazione della base imponibile, l’applicazione dell’aliquota prevista per il tributo specifico, il calcolo delle sanzioni e degli interessi, l’assenza di pagamenti già effettuati non considerati, la corretta applicazione di esenzioni o agevolazioni spettanti. Se l’avviso riguarda una successione, controlla la corretta valutazione dei beni ereditari e l’applicazione delle franchigie e delle aliquote progressive. Per importi significativi o situazioni complesse, la verifica di un professionista è fortemente consigliata.

Cosa fare: le tre opzioni

Ricevuto l’avviso di liquidazione, hai tre alternative concrete tra cui scegliere, ciascuna con conseguenze, costi e tempistiche diverse. La decisione dipende dalla correttezza dell’avviso, dall’entità dell’importo richiesto e dalla presenza di vizi formali o sostanziali nell’atto. Non esiste una scelta univocamente giusta: occorre valutare attentamente il proprio caso specifico, considerando anche il rapporto costi-benefici tra acquiescenza e contenzioso.

OpzioneQuando sceglierlaVantaggiTempi
Pagamento entro 60 giorniL’avviso è corretto e le somme richieste sono dovuteSanzioni ridotte a 1/3, chiusura definitiva della pratica60 giorni dalla notifica
AutotutelaL’avviso contiene errori evidenti (calcoli, dati, pagamenti già effettuati)Gratuito, evita il contenzioso, tempi brevi se accoltoNessun termine perentorio, ma conviene agire subito
Ricorso tributarioL’avviso è illegittimo o infondato e l’autotutela non è percorribileSospensione della riscossione se ottenuta, difesa piena dei diritti60 giorni dalla notifica per depositare ricorso

La scelta richiede una valutazione tecnica accurata: se l’importo è rilevante o il caso presenta complessità normative, la consulenza di un professionista può evitare errori costosi e individuare vizi dell’atto non immediatamente evidenti.

Pagare entro 60 giorni

Se riconosci la legittimità della richiesta e disponi delle risorse economiche, il pagamento entro 60 giorni dalla notifica è l’opzione più rapida per chiudere la vicenda. Questa scelta, tecnicamente definita acquiescenza, comporta l’accettazione integrale dell’avviso e l’estinzione del debito tributario senza possibilità di successive contestazioni. Il vantaggio principale è la riduzione delle sanzioni amministrative a un terzo del minimo previsto, un beneficio significativo che può comportare risparmi consistenti.

Il pagamento deve essere effettuato utilizzando il modello F24, normalmente allegato all’avviso con i codici tributo precompilati. Se l’F24 non è allegato, puoi richiederlo all’ufficio che ha emesso l’avviso oppure compilarlo autonomamente inserendo i codici tributo corretti per l’imposta principale, le sanzioni ridotte e gli interessi. La normativa consente di effettuare il versamento in un’unica soluzione o, in alcuni casi, di richiedere la rateizzazione dell’importo all’ufficio competente, presentando istanza motivata prima della scadenza dei 60 giorni.

Vantaggi delle sanzioni ridotte

Il meccanismo delle sanzioni ridotte rappresenta un incentivo normativo alla rapida definizione della controversia. Mentre le sanzioni ordinarie per omesso o insufficiente versamento di imposte indirette variano dal 100% al 200% dell’imposta dovuta, il pagamento entro 60 giorni consente di beneficiare della riduzione a 1/3 del minimo, abbattendo drasticamente l’onere complessivo. Ad esempio, su un’imposta di registro di 5.000 euro, la sanzione ordinaria minima sarebbe di 5.000 euro, mentre con il pagamento nei termini scende a circa 1.667 euro: un risparmio di oltre 3.300 euro.

Questa convenienza deve essere ponderata attentamente: se l’avviso presenta vizi o l’imposta richiesta non è dovuta, pagare significa rinunciare alla possibilità di contestare l’atto e perdere definitivamente le somme versate. Per questo, prima di procedere al pagamento, è consigliabile verificare la correttezza dei calcoli, la corretta applicazione delle aliquote e l’assenza di pagamenti già effettuati non considerati dall’ufficio.

Come pagare con F24

Il versamento deve essere effettuato tramite F24 utilizzando il canale telematico Entratel o Fisconline, oppure rivolgendoti a banche, Poste Italiane o intermediari abilitati. Nel modello devono essere indicati il codice fiscale del contribuente, i codici tributo specifici per l’imposta di registro, successione o altre imposte richieste, l’anno di riferimento e gli importi distinti per imposta, sanzioni e interessi. Se l’avviso riguarda più annualità o tributi diversi, è necessario compilare righe separate per ciascun codice tributo.

Conserva sempre la ricevuta di pagamento dell’F24: costituisce la prova dell’avvenuto versamento e potrebbe essere richiesta dall’ufficio per verificare la regolarizzazione della posizione. Se entro 60 giorni dalla notifica non provvedi al pagamento, l’Agenzia iscrive a ruolo le somme richieste, che vengono affidate all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per il recupero coattivo tramite cartella esattoriale, con l’aggiunta di ulteriori oneri di riscossione.

Posso richiedere la rateizzazione dell’importo dovuto?

Sì, puoi presentare istanza di rateizzazione all’ufficio che ha emesso l’avviso, prima della scadenza dei 60 giorni. L’Agenzia valuta la richiesta in base alla tua situazione economica e può concedere un piano di pagamento dilazionato, generalmente fino a 72 rate mensili per importi rilevanti. La rateizzazione comporta l’applicazione di interessi sulle somme dilazionate e richiede il rispetto puntuale delle scadenze concordate.

Autotutela: quando e come

L’autotutela tributaria è lo strumento attraverso cui puoi chiedere all’Agenzia delle Entrate di riesaminare l’avviso di liquidazione e, se fondato, di annullarlo o modificarlo in tutto o in parte. Si tratta di un rimedio stragiudiziale, gratuito e relativamente rapido, che consente di risolvere la questione senza ricorrere al giudice tributario. L‘autotutela è particolarmente indicata quando l’errore dell’ufficio è manifesto: calcoli sbagliati, dati errati, mancata considerazione di pagamenti già effettuati, applicazione di aliquote non corrette o interpretazioni normative ormai superate dalla prassi.

La normativa non prevede un termine perentorio per presentare l’istanza di autotutela, ma è fortemente consigliabile agire tempestivamente, possibilmente entro i 60 giorni dalla notifica dell’avviso. In questo modo, se l’autotutela viene accolta, eviti il pagamento e l’eventuale iscrizione a ruolo. Se invece l’ufficio rigetta la richiesta, hai ancora il tempo residuo per valutare il ricorso tributario, che deve essere depositato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso.

Requisiti per presentarla

L’istanza di autotutela deve essere motivata in modo chiaro e circostanziato, indicando le ragioni per cui ritieni l’avviso illegittimo o errato. Occorre allegare la documentazione probatoria che supporta le tue ragioni: ricevute di pagamento, atti notarili, perizie di stima, dichiarazioni fiscali, documenti bancari o qualsiasi elemento che dimostri l’errore dell’ufficio. La giurisprudenza e la prassi amministrativa individuano alcuni casi tipici in cui l’autotutela è doverosa: errori materiali o di calcolo, doppia imposizione, mancata considerazione di esenzioni o agevolazioni spettanti, sussistenza di condizioni di inesigibilità del tributo.

L’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo di riesaminare l’atto se ricorrono i presupposti previsti dalla normativa e dalla prassi consolidata. Tuttavia, la decisione di accogliere o rigettare l’istanza resta discrezionale: non esiste un diritto automatico all’annullamento, anche se l’errore è evidente. Per questo, è fondamentale redigere l’istanza in modo tecnicamente accurato, con riferimenti normativi puntuali e documentazione completa.

Modulistica e termini

L’istanza di autotutela deve essere redatta in carta semplice e indirizzata all’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’avviso di liquidazione. Non esiste un modulo ufficiale prestampato: puoi utilizzare un formato libero, purché contenga tutti gli elementi essenziali. L’istanza deve indicare i tuoi dati anagrafici completi, gli estremi dell’avviso contestato (numero, data, importo), l’esposizione chiara e dettagliata dei motivi per cui ritieni l’atto errato o illegittimo, i riferimenti normativi e di prassi rilevanti, l’elenco dei documenti allegati e la richiesta specifica di annullamento o modifica dell’atto.

Puoi presentare l’istanza tramite raccomandata A/R, PEC all’indirizzo dell’ufficio competente o consegna a mani presso lo sportello con rilascio di ricevuta protocollata. L’ufficio non ha un termine prefissato per rispondere, ma generalmente si pronuncia entro 90-120 giorni dalla presentazione. Se l’autotutela viene accolta, riceverai un provvedimento di annullamento o rideterminazione dell’avviso. Se viene rigettata o se l’ufficio non risponde, puoi comunque procedere con il ricorso tributario, purché rispetti il termine di 60 giorni dalla notifica originaria dell’avviso.

​L’autotutela sospende i termini per il pagamento o il ricorso?

No, la presentazione dell’istanza di autotutela non sospende né i termini per il pagamento né quelli per il ricorso tributario. Per questo è consigliabile presentare l’autotutela tempestivamente, entro i 60 giorni dalla notifica, in modo da avere ancora la possibilità di ricorrere se l’istanza viene rigettata o non ottiene risposta. In alternativa, puoi presentare contestualmente ricorso e autotutela, chiedendo alla Commissione la sospensione della trattazione in attesa della pronuncia dell’ufficio.

Ricorso tributario: la difesa giudiziale

Se l’autotutela non è praticabile o è stata rigettata, e ritieni che l’avviso di liquidazione sia illegittimo, l’unica strada per tutelare i tuoi diritti è il ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria. Si tratta del rimedio giurisdizionale previsto dal sistema tributario per contestare gli atti impositivi, ottenere l’annullamento di quelli illegittimi e opporsi a pretese infondate del Fisco. Il ricorso è uno strumento potente ma richiede competenze tecniche specifiche, tempi processuali non brevi e, spesso, l’assistenza di un avvocato tributarista o di un commercialista abilitato.

Il contenzioso tributario si articola in tre gradi di giudizio: la Corte di Giustizia Tributaria per il primo grado ed il secondo grado e la Corte di Cassazione per il ricorso in cassazione. La maggior parte delle controversie si definisce in primo grado, con possibilità di appello da parte del soccombente entro 60 giorni dalla notifica della sentenza. Le statistiche mostrano che una quota rilevante di ricorsi viene accolta, soprattutto quando l’avviso presenta vizi formali o errori evidenti nella determinazione dell’imposta.

Termini e modalità

Il termine per presentare ricorso è perentorio: 60 giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione. La decorrenza parte dal giorno successivo alla notifica effettiva dell’atto, e il termine si calcola secondo il calendario comune, escludendo i giorni festivi. Se il sessantesimo giorno cade in un sabato o in un giorno festivo, il termine slitta al primo giorno lavorativo successivo. Il mancato rispetto del termine comporta l’inammissibilità del ricorso per decadenza, con perdita definitiva del diritto di impugnare l’atto.

Il ricorso deve essere redatto secondo le forme previste dal Decreto Legislativo n. 546/92, che disciplina il processo tributario. Deve contenere l’intestazione alla Corte di Giustizia Tributaria competente per territorio, l’indicazione del ricorrente e dell’ufficio resistente, l’esposizione dei fatti e dei motivi di diritto su cui si fonda l’impugnazione, le conclusioni e la sottoscrizione. Deve essere depositato in duplice copia presso la segreteria della Corte competente, con allegato l’atto impugnato e i documenti rilevanti, e deve essere notificato all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate entro lo stesso termine di 60 giorni.

Sospensione del pagamento

La presentazione del ricorso non sospende automaticamente l’obbligo di pagamento: l’avviso di liquidazione conserva efficacia esecutiva anche in pendenza di giudizio. Tuttavia, puoi richiedere alla Corte di Giustizia Tributaria la sospensione dell’esecuzione dell’atto con istanza cautelare motivata, da depositare contestualmente al ricorso o successivamente. La sospensione viene concessa se ricorrono gravi e irreparabili danni derivanti dall’esecuzione immediata dell’atto, e se il ricorso appare fondato nel merito (fumus boni iuris).

Se la Corte accoglie l’istanza, emette ordinanza di sospensione che blocca la riscossione fino alla decisione nel merito del ricorso. In caso di rigetto dell’istanza cautelare, l’Agenzia può procedere all’iscrizione a ruolo e all’emissione della cartella di pagamento, che dovrai pagare o impugnare separatamente. Se il ricorso viene accolto nel merito con sentenza favorevole, l’avviso viene annullato e hai diritto al rimborso delle somme eventualmente già versate, maggiorate di interessi.

Consulenza fiscale online

La gestione di un avviso di liquidazione può sembrare semplice in casi lineari, ma spesso nasconde insidie tecniche e valutazioni complesse che richiedono competenze specialistiche. Se l’importo richiesto è rilevante, se l’avviso presenta vizi che non sei in grado di individuare autonomamente, o se hai dubbi sulla strategia da adottare, la consulenza di un commercialista esperto in diritto tributario può fare la differenza tra una soluzione vantaggiosa e un errore costoso.

Un professionista può verificare la legittimità formale e sostanziale dell’atto, individuare vizi di motivazione o errori di calcolo, valutare le possibilità di successo dell’autotutela o del ricorso, redigere l’istanza o il ricorso in modo tecnicamente ineccepibile e assisterti in tutte le fasi del procedimento amministrativo o giudiziale. Inoltre, può quantificare il rapporto costi-benefici tra acquiescenza e contenzioso, aiutandoti a prendere una decisione razionale e consapevole in base al tuo specifico caso concreto.

Non aspettare che scadano i termini: agire per tempo ti consente di preservare tutte le opzioni difensive e di affrontare la situazione con la strategia più efficace. Una consulenza tempestiva può evitare sanzioni aggiuntive, iscrizioni a ruolo e contenziosi evitabili, proteggendo il tuo patrimonio e i tuoi diritti.

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    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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