Avviso accertamento lavoratori marittimi 2026: guida alla difesa

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L’Agenzia delle Entrate intensifica i controlli sui lavoratori imbarcati su navi battenti bandiera estera. Ecco come difendersi dalle contestazioni più frequenti e quali documenti produrre per evitare sanzioni.

L’Agenzia delle Entrate ha intensificato negli ultimi anni i controlli fiscali sui lavoratori marittimi italiani imbarcati su navi battenti bandiera estera. La notifica di un avviso di accertamento può rappresentare un momento critico per chi ritiene di aver correttamente applicato l’esenzione fiscale prevista dalla Legge n. 88/2001. Le contestazioni più frequenti riguardano la dimostrazione dei 183 giorni di imbarco, la permanenza prolungata della nave in acque territoriali italiane e la corretta interpretazione del concetto di attività marittima“.

Questo articolo analizza le principali tipologie di accertamento rivolte ai marittimi, le sanzioni applicabili, le difese utilizzabili e le strategie operative per gestire efficacemente il contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria.

Perché l’Agenzia delle Entrate contesta i lavoratori marittimi?

L’attività di accertamento dell’Agenzia delle Entrate nei confronti dei lavoratori marittimi si concentra su specifiche criticità legate all’applicazione del regime di esenzione previsto dall’art. 5, co. 5 della Legge n. 88/2001. Questa normativa esclude da tassazione in Italia i redditi dei marittimi residenti fiscalmente in Italia che operano su navi battenti bandiera estera per oltre 183 giorni nell’arco di 12 mesi.

Le contestazioni nascono da una duplice esigenza dell’Amministrazione finanziaria: da un lato, verificare che i presupposti normativi siano effettivamente rispettati; dall’altro, contrastare possibili abusi del regime agevolativo. L’intensificazione dei controlli si basa su banche dati incrociate, segnalazioni degli uffici marittimi, scambi di informazioni con Paesi esteri tramite il Common Reporting Standard (CRS) e verifiche sulla posizione AIRE.

Le principali contestazioni dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate formula tipicamente tre categorie di contestazioni:

Mancato raggiungimento della soglia dei 183 giorni. La contestazione più frequente riguarda il computo dei giorni di effettivo imbarco. L’Amministrazione finanziaria spesso esclude dal conteggio i periodi in cui la nave è in secca (rimessaggio), i giorni di permanenza nei porti italiani e le attività svolte a terra. Secondo questa interpretazione restrittiva, solo i giorni di effettiva navigazione andrebbero considerati ai fini del requisito temporale.

Permanenza prolungata in acque territoriali italiane. Quando la nave su cui il marittimo è imbarcato staziona per periodi rilevanti in acque territoriali italiane o nei porti nazionali, l’Agenzia tende a ritenere che il lavoratore non risulti “effettivamente imbarcato” ma, piuttosto, residente sul territorio nazionale. La circostanza viene considerata indicativa del fatto che il marittimo mantenga il proprio centro di interessi vitali in Italia.

Insufficienza documentale. L’esenzione richiede una prova rigorosa dell’effettivo imbarco per oltre 183 giorni. In assenza di un libretto di navigazione completo, contratti di lavoro dettagliati o altra documentazione probatoria, l’Agenzia contesta l’applicazione del beneficio fiscale.

Quali sanzioni rischia il lavoratore marittimo?

Le sanzioni applicabili in caso di accertamento dipendono dalla tipologia di violazione contestata e dall’ammontare delle imposte evase. Il quadro sanzionatorio per i lavoratori marittimi presenta alcune peculiarità legate alla natura transnazionale dei redditi.

Sanzioni per omessa dichiarazione

In caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si applica la sanzione amministrativa del 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di € 250 (art. 1, co. 1 del D.Lgs. n. 471/1997), per le violazioni dal 1° settembre 2024. Se non sono dovute imposte ma sussiste comunque l’obbligo dichiarativo, la sanzione va da € 250 a € 1.000, aumentabile fino al doppio per i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

Per le violazioni intervenute da settembre 2024 non si applica più la maggiorazione di un terzo delle sanzioni che riguardano redditi prodotti all’estero (art. 1, co. 8 del D.Lgs. n. 471/1997).

Sanzioni per dichiarazione infedele

Se il marittimo ha presentato la dichiarazione ma ha indicato un reddito imponibile inferiore a quello accertato, si applica la sanzione del 70% della maggiore imposta dovuta (art. 1, co. 2 del D.Lgs. n. 471/1997). Anche in questo caso, trattandosi di redditi esteri, la sanzione è aumentata di un terzo.

Esempio pratico: calcolo sanzioni base

Un comandante di yacht ha omesso di dichiarare un reddito da lavoro marittimo di € 50.000 nell’anno 2022. L’Agenzia delle Entrate contesta che non sussistevano i requisiti per l’esenzione.

Situazione:

  • Reddito non dichiarato: € 50.000
  • IRPEF dovuta (aliquota media 35%): € 17.500
  • Sanzione base per omessa dichiarazione (120% minimo): € 21.000
  • Importo complessivo da versare: € 17.500 (imposte) + € 21.000 (sanzioni) = € 38.500

A questi importi vanno aggiunti gli interessi legali calcolati dal momento in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata fino alla data di pagamento effettivo.

Come dimostrare i 183 giorni di imbarco: documentazione necessaria

La prova dell’effettivo imbarco per oltre 183 giorni nell’arco di 12 mesi costituisce l’elemento centrale per beneficiare dell’esenzione fiscale. L’onere probatorio è a carico del lavoratore marittimo, che deve produrre documentazione idonea a dimostrare la sussistenza del requisito temporale.

Il libretto di navigazione e il log book

Il documento principale è il libretto di navigazione rilasciato dalle autorità marittime competenti. Questo documento certifica i periodi di effettivo imbarco del lavoratore, riportando le date di inizio e fine di ciascun periodo di servizio a bordo.

Altrettanto rilevante è il log book (diario di bordo dell’armatore), che attesta quotidianamente la presenza del marittimo a bordo della nave, le attività svolte e i movimenti dell’imbarcazione. La giurisprudenza recente ha riconosciuto piena valenza probatoria a questo documento (Corte di Giustizia Tributaria della Toscana, sent. n. 277/2024).

Contratti di lavoro e documentazione retributiva

Il contratto di lavoro deve indicare chiaramente:

  • Il periodo di durata del rapporto di lavoro;
  • La nave su cui il marittimo è imbarcato;
  • La bandiera dell’imbarcazione;
  • Le mansioni svolte;
  • La retribuzione concordata.

Le buste paga e i documenti di versamento contributivo confermano l’effettività del rapporto di lavoro e la continuità della prestazione.

Documentazione complementare

Per rafforzare la posizione del contribuente è utile produrre:

  • Estratti di matricola dalla Capitaneria di Porto;
  • Certificazioni dell’armatore che attestino il periodo di imbarco;
  • Documentazione bancaria relativa ad operazioni effettuate all’estero durante il periodo di imbarco;
  • Fatture e ricevute di spese sostenute nelle località dove l’imbarcazione ha fatto scalo;
  • Estratti del passaporto con timbri di ingresso/uscita da Paesi esteri;
  • Corrispondenza email con l’armatore o la compagnia di gestione della nave;
  • Documentazione fotografica georeferenziata che attesti la presenza a bordo.

Calcolo dei 183 giorni: cosa include

Secondo i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate forniti con la Circolare n. 207/E/2000, nel computo dei 183 giorni rilevano tutti i giorni in cui il marittimo è imbarcato, inclusi:

  • Periodi di ferie godute durante il contratto di imbarco;
  • Festività e riposi settimanali;
  • Altri giorni non lavorativi.

Non è necessario che il periodo sia continuativo: è sufficiente che il lavoratore presti la propria opera all’estero per un minimo di 183 giorni nell’arco di dodici mesi, anche se frazionati su più periodi di imbarco.

Qual è la posizione dell’Agenzia delle Entrate sulle navi stazionanti in Italia?

Una delle contestazioni più complesse riguarda i marittimi imbarcati su navi che, pur battendo bandiera estera, stazionano per periodi prolungati in acque territoriali italiane o nei porti nazionali. L’Amministrazione finanziaria tende a valutare negativamente questa situazione, ritenendo che il lavoratore non risulti effettivamente imbarcato ma mantenga la propria residenza fiscale sul territorio italiano.

L’interpretazione restrittiva dell’Agenzia

L’Agenzia delle Entrate parte dal presupposto che l’esenzione fiscale sia giustificata dal fatto che il marittimo svolge la propria attività prevalentemente fuori dalle acque territoriali italiane. Quando la nave staziona continuativamente in Italia, secondo questa lettura, viene meno la ratio della norma agevolativa.

Nella prassi degli uffici territoriali si riscontra la tendenza a escludere dal computo dei 183 giorni i periodi in cui la nave è ormeggiata in porti italiani, specialmente se il marittimo risiede nelle vicinanze e può rientrare quotidianamente a casa. In questi casi, l’Agenzia ritiene che il contribuente mantenga il proprio centro di interessi vitali in Italia e che l’attività svolta non possa qualificarsi come “lavoro marittimo” ai sensi della normativa agevolativa.

La distinzione tra navigazione e stazionamento

L’elemento cruciale è comprendere se, ai fini dell’esenzione fiscale, rilevi esclusivamente l’attività di navigazione o se anche i periodi di stazionamento in porto possano essere computati. L’Agenzia delle Entrate ha storicamente privilegiato un’interpretazione restrittiva, escludendo i periodi di sosta in porto dal conteggio dei 183 giorni.

Questa posizione si basa sull’assunto che il lavoro marittimo si identifichi essenzialmente con la navigazione vera e propria. I periodi di manutenzione, rimessaggio, carico e scarico merci, quando la nave è ferma in porto, non sarebbero riconducibili al concetto di attività marittima esente da tassazione.

Il principio di diritto: lavoro marittimo oltre la navigazione

La Corte di Giustizia Tributaria della Toscana, con sentenza n. 277/2024 del 26 febbraio 2024 che ha affrontato il caso di un comandante che con l’imbarcazione stazionava in acque territoriali, ha fornito un principio di diritto importante.

Il lavoro marittimo non si esaurisce nella mera attività di navigazione. La Corte ha chiarito che le attività del comandante si estendono “dalla più notoria attività di navigazione a tutto quanto altro necessario in mare o a terra“.

I giudici hanno richiamato l’art. 297 del Codice della Navigazione, che prevede che prima della partenza il comandante “deve di persona accertarsi che la nave sia idonea al viaggio da intraprendere, bene armata ed equipaggiata” e “deve altresì accertarsi che la nave sia convenientemente caricata e stivata“. Queste sono attività marittime che vengono poste in essere in assenza di periodi di navigazione.

La sentenza ha evidenziato che “richiamato il ruolo e le funzioni di un comandante, risulta evidente che il medesimo può calpestare il suolo dello Stato italiano anche per 365 giorni l’anno se risulta, effettivamente, impiegato su un’imbarcazione straniera“.

L’Agenzia delle Entrate non ha impugnato la sentenza n. 277/2024 della Corte di Giustizia Tributaria della Toscana, che è pertanto passata in giudicato nell’ottobre 2024. Questo conferisce al precedente giurisprudenziale una particolare rilevanza, potendo essere utilizzato come argomento difensivo in analoghe controversie.

Quali sono le strategie difensive più efficaci?

Ricevere un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate rappresenta un momento critico che richiede una strategia difensiva tempestiva e ben strutturata. Le difese disponibili variano in funzione della fase del procedimento e della solidità della documentazione probatoria.

Contraddittorio preventivo: l’invito al contradittorio ex art. 6-bis

Prima di notificare un avviso di accertamento, l’Agenzia delle Entrate può (e in molti casi deve) inviare uno schema di atto con invito al contraddittorio, ai sensi dell’art. 6-bis della Legge n. 212/2000. Questa fase rappresenta un’opportunità cruciale per il contribuente.

Durante il contraddittorio preventivo, legato all’adesione all’accertamento, è possibile:

  • Produrre tutta la documentazione probatoria non ancora in possesso dell’ufficio;
  • Fornire chiarimenti sulle modalità di calcolo dei 183 giorni;
  • Dimostrare l’effettività dell’imbarco con documenti complementari;
  • Evidenziare eventuali errori di fatto o di diritto nella ricostruzione dell’ufficio.

La partecipazione attiva al contraddittorio può portare l’Agenzia a ritirare la pretesa o a ridurla significativamente. In caso di mancato accordo, quanto emerso nel contraddittorio costituirà comunque materiale difensivo utile nelle fasi successive.

L’accertamento con adesione deve essere attivata con istanza nei 30 giorni dalla notifica dello schema di atto. Questa opzione per il contribuente comporta:

  • Riduzione delle sanzioni a un terzo del minimo (quindi circa 40% anziché 120%);
  • Possibilità di rateizzare il pagamento;
  • Certezza dell’importo definitivo da versare;
  • Rinuncia all’impugnazione da parte del contribuente.

Questa soluzione è particolarmente conveniente quando la documentazione probatoria presenta alcune lacune e sussistono margini di incertezza sull’esito del contenzioso.

Ravvedimento operoso

Se il marittimo si rende conto di non aver correttamente applicato il regime di esenzione, può procedere alla regolarizzazione spontanea tramite ravvedimento operoso. Questo istituto consente di beneficiare di una significativa riduzione delle sanzioni, che variano in funzione del tempo trascorso dalla violazione:

  • Entro 90 giorni: sanzione ridotta a 1/9 del minimo;
  • Entro 1 anno: sanzione ridotta a 1/8 del minimo;
  • Oltre 1 anno: sanzione ridotta a 1/7 del minimo.

Il ravvedimento operoso è particolarmente conveniente quando il marittimo non ha ancora ricevuto comunicazioni dall’Agenzia delle Entrate e vuole mettersi in regola spontaneamente.

Prevenire è meglio che difendersi

Nella mia attività di consulenza fiscale internazionale ho seguito diversi casi di lavoratori marittimi che hanno ricevuto avvisi di accertamento dall’Agenzia delle Entrate. L’esperienza accumulata in questi anni mi porta a formulare alcune considerazioni pratiche che possono fare la differenza tra una controversia costosa e una posizione fiscale solida.

La criticità maggiore che riscontro riguarda la documentazione probatoria. Troppo spesso i marittimi si affidano esclusivamente al contratto di lavoro e alle buste paga, sottovalutando l’importanza di raccogliere sistematicamente tutta la documentazione che attesti i giorni di effettivo imbarco. Quando arriva l’avviso di accertamento, recuperare documenti relativi ad anni precedenti diventa estremamente complesso, se non impossibile.

Costituire fin dall’inizio del rapporto di lavoro un “fascicolo documentale” completo che includa non solo il contratto e le buste paga, ma anche il log book, estratti di matricola, documentazione bancaria georeferenziata, fotografie con metadati di localizzazione e qualsiasi altro elemento utile a dimostrare i giorni di imbarco. Nella mia pratica professionale, i casi risolti favorevolmente sono stati quelli in cui il contribuente disponeva di un set documentale completo e organizzato fin dal primo giorno.

Un altro errore frequente è interpretare in modo superficiale il requisito dei 183 giorni. Molti marittimi ritengono che basti superare questa soglia in termini di giorni di contratto, senza preoccuparsi di dimostrare l’effettivo imbarco. L’Agenzia delle Entrate, invece, effettua verifiche puntuali sui giorni di effettiva presenza a bordo, escludendo dal conteggio i periodi non adeguatamente documentati.

La situazione della permanenza della nave in acque italiane

La permanenza prolungata della nave in acque italiane rappresenta un’altra area critica. Ho assistito casi di comandanti di superyacht che, pur essendo formalmente imbarcati per oltre 183 giorni, hanno visto contestata l’esenzione perché l’imbarcazione stazionava per mesi in porti turistici italiani e loro rientravano quotidianamente a casa. In questi casi, l’Agenzia tende a ritenere che il marittimo mantenga il proprio centro di interessi vitali in Italia e che l’esenzione non sia applicabile.

Particolarmente delicato è il tema delle navi in rimessaggio o manutenzione. Fino alla sentenza della Corte di Giustizia Tributaria della Toscana n. 277/2024, l’orientamento prevalente era di escludere dal computo dei 183 giorni i periodi in cui la nave era in secca. La sentenza ha chiarito che anche le attività di manutenzione e preparazione rientrano nel lavoro marittimo, ma questa interpretazione favorevole non è ancora consolidata in tutti gli uffici territoriali dell’Agenzia.

Accertamento in corso: serve assistenza specializzata?

La gestione di un avviso di accertamento rivolto a un lavoratore marittimo richiede competenze specifiche che combinano la conoscenza approfondita della normativa fiscale internazionale, della prassi dell’Agenzia delle Entrate e degli orientamenti giurisprudenziali più recenti. La complessità della materia rende fondamentale l’assistenza di un professionista specializzato fin dalle prime fasi del procedimento.

Perché è importante farsi assistere

L’errore più frequente è sottovalutare la complessità della contestazione, ritenendo sufficiente produrre il contratto di lavoro e le buste paga. In realtà, l’onere probatorio richiede una ricostruzione documentale completa e puntuale dei 183 giorni di imbarco, con particolare attenzione ai periodi critici (stazionamento in Italia, rimessaggio, attività a terra).

Un’assistenza specializzata consente di:

  • Analizzare la fondatezza della pretesa e individuare eventuali vizi formali o errori di fatto;
  • Raccogliere e organizzare la documentazione probatoria in modo strategico e persuasivo;
  • Impostare una strategia difensiva efficace che valorizzi i precedenti giurisprudenziali favorevoli;
  • Gestire il contraddittorio con l’Agenzia in modo professionale e documentato;
  • Valutare la convenienza dell’accertamento con adesione rispetto al contenzioso.

    Ho letto l’informativa Privacy e autorizzo il trattamento dei miei dati personali per le finalità ivi indicate.

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    Riferimenti normativi

    • Legge 16 marzo 2001, n. 88: art. 5, co. 5
    • D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR): art. 3, art. 51, co. 8-bis, art. 165
    • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471: art. 1
    • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472: art. 13
    • Legge 27 luglio 2000, n. 212: art. 6-bis
    • Codice della Navigazione: art. 297, art. 318
    • Circolare Agenzia delle Entrate n. 207/E del 16 novembre 2000: § 5.5
    • Circolare Agenzia delle Entrate n. 55/E del 20 giugno 2002
    • Risposta ad interpello n. 134/E del 25 maggio 2020
    • Risposta ad interpello n. 112/E del 31 marzo 2023
    • Risposta ad interpello n. 150/E del 2020
    • Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, terza sezione di Lucca, sentenza n. 121/2023
    • Corte di Giustizia Tributaria della Toscana, sentenza n. 277/2024 del 26 febbraio 2024 (passata in giudicato)
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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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