Lo strumento dell’affitto di azienda rappresenta oggi una opportunità per molte aziende. Pensa al caso di un’impresa che non riesce a sfruttare al massimo la propria capacità produttiva, oppure un’impresa in crisi che ha un ramo ancora redditizio. Ebbene, in questi casi (ma ce ne possono essere molti altri) questo strumento rappresenta un metodo utile per esternalizzare la propria attività riuscendo ad ottenere profitti.
Il percepimento di canoni di affitto, infatti, presenta costi notevolmente inferiori rispetto a produrre direttamente il bene da cedere. Per questo motivo l’operazione permette anche il conseguimento di ulteriori fini (gestione di una crisi aziendale, passaggio generazionale, etc.) senza il necessario e definitivo trasferimento del complesso aziendale.
Andiamo ad analizzare, adesso, le caratteristiche peculiari, civilistiche contabili e fiscali, di questa operazione aziendale. Con riguardo agli aspetti civilistici, sono esaminate con speciale attenzione le disposizioni che regolano la successione nei contratti e nei crediti/debiti relativi all’azienda affittata, nonché nei rapporti di lavoro subordinato trasferiti all’affittuario. Sotto il profilo fiscale, l’operazione è analizzata sia con riferimento alle imposte sui redditi, sia con riferimento alla fiscalità indiretta, tenendo in considerazione anche i relativi adempimenti dichiarativi.
Indice degli Argomenti
Che cos’è l’affitto di azienda?
L’affitto di azienda è un contratto attraverso il quale un imprenditore individuale o collettivo (locatore o concedente), trasferisce il godimento dell’azienda, ossia del “complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” (art. 2555 c.c.), all’affittuario, anch’egli imprenditore individuale o collettivo, il quale corrisponde in contropartita un canone periodico per un periodo di tempo determinato dalle parti. Si tratta, in pratica, di uno strumento di circolazione dell’azienda attraverso la sostituzione dell’imprenditore.
La disciplina civilistica
L’affitto di azienda è il contratto consensuale, sinallagmatico, e ad esecuzione continuata, con cui un soggetto (concedente) concede a un altro soggetto (conduttore) la disponibilità e il godimento di un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’attività produttiva.
La fattispecie non è disciplinata in maniera organica nel codice civile e, pertanto, la relativa disciplina deve essere individuata avendo riguardo alle norme dettate per l’affitto in generale, per l’usufrutto di azienda e per la cessione di azienda.
Che cos’è l’azienda?
L’articolo 2555 del codice civile definisce l’azienda come:
I tre elementi essenziali, costitutivi dell’azienda, sono, dunque:
- Il complesso di beni;
- L’organizzazione;
- Il fine di esercitare l’attività di impresa.
La possibilità di stipulare contratti di affitto aventi ad oggetto l’azienda è prevista dall’articolo 2562 del Codice Civile. Questa disposizione prevede che si applichino le medesime norme previste dall’articolo 2561 del c.c. in tema di usufrutto di azienda.
Normativa applicabile all’affitto d’azienda
Altre norme alle quali occorre fare riferimento per la disciplina dell’affitto d’azienda sono:
- L’art. 1615 c.c., che definisce “affitto” la locazione avente “per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile“;
- L’art. 2556 co. 1 e 2 c.c., in tema di forma contrattuale e di obbligo di iscrizione nel Registro delle imprese;
- L’art. 2558; co. 3 c.c., che prevede l’applicabilità della disciplina in materia di successione del cessionario nei contratti per l’esercizio dell’azienda anche all’affittuario;
- L’art. 2557 c.c., in tema di divieto di concorrenza prescritto in capo all’alienante dell’azienda ed esteso all’affittante (detto anche concedente) di essa.
Inoltre, in assenza di disposizioni specifiche, possono trovare applicazione le norme generali sul contratto. Ne deriva che all’operazione risultino applicabili, nel rispetto dei principi di specialità, le norme:
- Di cui agli artt. 1321 ss. c.c., in tema di contratto in generale, in quanto non derogate dalle norme di seguito elencate;
- Di cui agli artt. 1571 ss. c.c., in tema di contratto di locazione, compatibilmente con le norme elencate di seguito, ma con esclusione delle norme speciali previste dalla Legge n. 392/78 in tema di locazioni abitative.
Oggetto del contratto
Oggetto del contratto di affitto è una azienda, considerata come il complesso unitario di tutti i beni mobili e immobili, materiali e immateriali concessi in godimento. Beni organizzati unitariamente per la produzione di beni e servizi.
Tra l’altro, perché si abbia affitto di azienda non necessariamente occorrono tutti gli elementi che normalmente la costituiscono, ben potendo alcuni di essi – specie quelli immateriali, quale l’avviamento – mancare oppure non essere funzionanti al momento del sorgere del contratto purché il loro difetto non comprometta l’unità economica del complesso affittato e la sua potenzialità produttiva.
Inoltre, occorre distinguere le ipotesi in cui si configuri in concreto un affitto avente ad oggetto l’azienda da quelle in cui il godimento abbia ad oggetto i singoli beni produttivi che compongono l’azienda medesima. L’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità ritiene che possa rientrare nella fattispecie della cessione/affitto dell’azienda anche la cessione/affitto di una sola parte dei beni. Questo, a condizione che venga mantenuta un’organizzazione autonoma idonea a consentire di esercitare un’attività di impresa.
Forma del contratto
Ai sensi del comma 1 dell’articolo 2556 c.c., “per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto. salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto“. Emerge da tale disposizione come il legislatore non imponga l’adozione di forme particolari per il valido perfezionamento di un accordo giuridico avente ad oggetto il trasferimento di un complesso aziendale o la cessione del godimento di esso.
L’articolo 2556 comma 1 c.c. precisa, infatti, che la forma scritta è necessaria ai soli fini probatori, non ai fini della validità dell’accordo tra le parti. La medesima norma fa, peraltro, espressamente salve le forme previste “ad substantiam” (ossia a pena di nullità):
- Sia con riferimento ai singoli beni che compongono l’azienda e che con essa vengono trasferiti, ove si tratti di elementi patrimoniali – quali, a titolo esemplificativo, beni immobili o beni mobili registrati – per i quali la legge prescriva forme particolari di circolazione;
- Sia con riferimento alla natura del tipo negoziale di volta in volta adottato.
Ne deriva che il contratto è soggetto ad obbligo di:
- Forma scritta ad probationem;
- Forma scritta ad substantiam se ha durata ultra novennale e contiene beni immobili.
Successione nei contratti
La cessione del contratto, in linea generale, è disciplinata dagli artt. 1406 ss. c.c. In particolare, l’articolo 1406 c.c. stabilisce che “ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta“. Tuttavia, quando il subentro nel contratto di un soggetto terzo ad uno degli originari contraenti si realizzi nell’ambito di un’operazione di cessione d’azienda. La disciplina che si rende applicabile, in luogo di quella ordinaria, è quella contenuta nelle norme in materia di circolazione dei complessi aziendali.
Autonomia decisionale
Nello specifico, l’articolo 2558 c.c., con riferimento al subentro del cessionario dell’azienda nei contratti stipulati dal cedente per l’esercizio della stessa, prevede una maggiore autonomia decisionale delle parti del contratto. Documento mediante il quale l’azienda viene trasferita a discapito del contraente ceduto, per il quale la possibilità di opporsi alla cessione viene significativamente limitata rispetto a quanto stabilito dalla richiamata disciplina ordinaria. Tale articolo stabilisce, infatti, che:
- “se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale“;
- “il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante“.
Il comma 3 del citato art. 2558 c.c. dispone, poi, che la disciplina dettata dai primi due commi del medesimo articolo si estenda anche all’affittuario dell’azienda, per la durata dell’affitto. Pertanto, la medesima disciplina operante in materia di successione nei contratti in caso di cessione di azienda si applica anche in caso di affitto.
Crediti e debiti
Per quanto concerne il passaggio dei crediti e dei debiti, gli artt. 2559 c.c. e 2560 c.c. non prevedono una disciplina specifica per la fattispecie dell’affitto di azienda.
Crediti relativi all’azienda
L’art. 2559 co. 2 c.c. statuisce che la disciplina della cessione dei crediti prevista in ipotesi di cessione di azienda (art. 2559 co. 1 c.c. ) si applica anche all’usufrutto. Sempre se questo si estende ai crediti relativi all’azienda concessa in usufrutto, mentre non prevede la medesima estensione per il caso dell’affitto di azienda. D’altro canto, il silenzio dell’art. 2559 c.c. comporta che, quando nel contratto è pattuito il subentro dell’affittuario nei crediti, tale cessione non diviene opponibile ai terzi per effetto dell’iscrizione del contratto nel Registro delle imprese. Ma solo per effetto della notifica o accettazione ex art. 1265 c.c..
Debiti relativi all’azienda
In assenza di un espresso richiamo normativo alle ipotesi di affitto (e di usufrutto), la disciplina prevista dall’art. 2560 co. 2 c.c. (secondo cui il cedente non è liberato dai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta, se non risulta il consenso del creditore, e l’acquirente è responsabile in solido per i debiti risultanti dai libri contabili) non è applicabile in caso di affitto.
Pertanto, per i debiti delle aziende affittate anteriori alla stipula del contratto di affitto sembrerebbe rispondere, salvo diverso accordo tra le parti, solo il concedente e non l’affittuario. Analogamente, la cessazione dell’affitto (e le stesse considerazioni possono valere per l’usufrutto) e la restituzione dell’azienda al proprietario-concedente non comportano a carico di quest’ultimo, fuori delle ipotesi diversamente regolate dalla legge, la responsabilità ex art. 2560 c.c. per i debiti contratti dall’affittuario, “non essendo siffatta ipotesi riconducibile ad alcuna delle vicende traslative in relazione alle quali la norma è stata posta“.
Divieto di concorrenza
Ai sensi dell’art. 2557 co. 1 c.c., “chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta“. Come precisato dal co. 4 della medesima norma, nel caso di affitto dell’azienda il divieto di concorrenza disposto dal co. 1 vale nei confronti del locatore per la durata dell’affitto. l fondamento del divieto posto dall’art. 2557 c.c. viene individuato nel risultato economico che le parti perseguono attraverso il trasferimento d’azienda.
Esso, infatti, viene posto in essere affinché l’acquirente/affittuario, entrando in possesso di un complesso organizzato di beni contro il pagamento di prezzo, possa esercitare l’azienda avvalendosi delle capacità di produzione e di attrazione della clientela che la caratterizzano. Il divieto di concorrenza è, quindi, inteso a consentire al compratore/affittuario la piena disponibilità dell’azienda acquistata/affittata ed, in particolare, a garantire il trasferimento pieno ed effettivo, insieme al patrimonio aziendale, dell’avviamento.
Il magazzino
L’eventuale magazzino di proprietà del locatore può essere incluso tra i beni facenti parte dell’inventario iniziale. Sulla base di questo inventario viene determinato il corrispettivo del contratto. Da un punto di vista pratico, considerato il fatto che le scorte di magazzino sono soggette a deperibilità nel tempo ed a cessione a terzi, è prassi comune non includere il magazzino nell’affitto di azienda, ma piuttosto procedere con una cessione a titolo definitivo delle merci.
La cessazione del contratto
Il contratto di affitto di azienda cessa alla scadenza determinata dalle parti. Può inoltre terminare secondo le statuizioni contrattuali:
- Al termine del periodo di preavviso in caso di recesso;
- Per morte dell’affittuario, morte del locatore, fallimento dei contraenti;
- In caso di inadempimento di una delle parti: violazione dell’obbligo di corretta gestione, insolvenza dell’affittuario, etc.;
- Se previsto dal contratto, per esercizio dell’opzione di prelazione per l’acquisto a favore dell’affittuario.
Alla scadenza del contratto l’affittuario ha l’obbligo di restituire al locatore: beni che componevano l’azienda al momento della stipulazione del contratto e che ancora ne fanno parte al termine dello stesso;
- I beni ammessi dall’affittuario in attuazione del suo potere-dovere di gestire e conservare l’efficienza e l’organizzazione degli impianti, comprese quelle immobilizzazioni e quegli elementi produttivi che siano stati eventualmente integrati o sostituiti;
- I contratti già trasferiti e ancora in vita, i contratti stipulati nel periodo di durata del contratto, salvo patto contrario.
Ai sensi dell’art. 2561, comma 4, c.c. al termine del contratto di affitto dovrà essere redato un inventario a valori correnti da confrontare con l’inventario iniziale redatto in sede di stipula del contratto: le differenze tra le consistenze iniziali e finali sono regolate tra le parti mediante un conguaglio in denaro.
La disciplina fiscale
Il regime fiscale di tassazione dell’affitto di azienda sia per quanto riguarda le imposte dirette, che per quelle indirette, varia in funzione della natura del soggetto concedente. In particolare, è previsto che se l’affittante è un imprenditore individuale che affitta l’unica azienda, viene meno in capo a quest’ultimo la qualifica di imprenditore e viene meno la qualifica di soggetto passivo ai fini dell’IVA, pur conservando la partita IVA che viene di fatto congelata.
In particolare possiamo avere queste due differenti situazioni:
- Il concedente è una società o un imprenditore individuale con altre aziende – in tal caso, il concedente non perde la qualifica di imprenditore, affittando l’azienda. Pertanto, i canoni d’affitto e tutti i componenti reddituali percepiti durante il contratto concorrono a formare il reddito d’impresa,sia ai fini delle imposte dirette che dell’Irap. Ai fini IVA si tratta di un’operazione imponibile soggetta ad imposta nella misura ordinaria del 22%, oltre imposta di registro in misura fissa di €. 67;
- Il concedente è un imprenditore individuale che affitta l’unica azienda-in questo caso il concedente perde la qualifica di imprenditore, pertanto, i redditi da questo prodotti configurano ai fini Irpef redditi diversi, ai sensi dell’articolo 67, comma 1 lettera h) del Tuir ed esulano dal regime del reddito d’impresa. Il reddito imputabile al concedente è pari alla differenza positiva tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le eventuali spese sostenute per il mantenimento del complesso aziendale. L’imputazione del reddito deve avvenire secondo il principio di cassa, tenendo conto dei soli canoni effettivamente percepiti. Ai fini delle imposte indirette, i canoni sono esclusi da IVA e soggetti all’imposta di registro in misura proporzionale.
Per quanto riguarda il soggetto affittuario, invece, non si pongono particolari problemi.
Deducibilità dei canoni in capo all’affittuario
Per effetto del contratto di affitto, infatti, questi acquista la qualifica di imprenditore e, conseguentemente, i componenti reddituali negativi dallo stesso sostenuti rilevano secondo i criteri propri del reddito d’impresa. I canoni corrisposti per l’affitto dell’azienda, in quanto costi per godimento di beni di terzi, sono deducibili dal reddito d’impresa secondo gli ordinari criteri di competenza stabiliti dall’articolo 109 del DPR n. 917/86.
Adempimenti fiscali
L’Affitto d’azienda comporta l’obbligo, per il concedente e per l’affittuario, di comunicare la variazione dati IVA ex art. 35 del DPR n. 633/72, utilizzando:
- Il modello AA9/12, per le persone fisiche;
- Il modello AA7/10, per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Affinché l’affittuario possa beneficiare del plafond IVA formatosi in capo al concedente l’azienda, è necessario (art. 8 co. 4 del DPR n. 633/72):
- Che il trasferimento sia espressamente previsto nel contratto di affitto;
- Che ne sia data comunicazione all’Agenzia delle Entrate con lettera raccomandata o PEC (entro 30 giorni) oppure mediante compilazione dell’apposita sezione prevista nel modello di variazione dati IVA.
L’eventuale mancata comunicazione alle Entrate costituisce violazione di carattere formale, se il trasferimento del plafond è stabilito nel contratto stipulato fra le parti e regolarmente registrato.
Imposta di registro
Se l’operazione di affitto di azienda è imponibile ai fini IVA, in applicazione del principio di alternatività IVA-registro (art. 40 del DPR n. 131/86), l’imposta di registro è dovuta in misura fissa (200 euro). L’affitto di azienda agricola, stipulato in presenza del presupposto soggettivo IVA, risulta esente dal tributo a norma dell’art. 10 co. 1 n. 8 del DPR n. 633/72 ed, a norma dell’art. 40 del DPR n. 131/86 risulta soggetto all’imposta di registro proporzionale (nella misura sotto illustrata). Se stipulato in assenza del presupposto soggettivo IVA (come, ad esempio, nel caso di imprenditore che affitta l’unica azienda), il contratto di affitto risulta fuori campo IVA ed è soggetto all’imposta di registro proporzionale.
L’imposta di registro è dovuta (a norma dell’art. 23 co. 1 del DPR n. 131/86):
- Con l’aliquota proporzionale del 3% se viene corrisposto un unico e indistinto canone d’affitto (a norma dell’art. 9 della Tariffa, Parte I allegata al DPR n. 131/86);
- Con le diverse aliquote previste per le singole componenti aziendali se vengono previsti canoni d’affitto distinti in relazione alla parte immobiliare ed al resto dell’azienda affittata. In questo secondo caso (corrispettivi distinti), si applicheranno le seguenti aliquote:
- 2% (per i fabbricati) o 0,50% (per i terreni agricoli) sul canone relativo alla parte immobiliare (ex art. 5 della Tariffa, Parte I allegata al DPR n. 131/86) e
- 3% sul canone relativo agli altri beni (ex art. 9 della Tariffa, Parte I allegata al DPR n. 131/86).
Anche ove redatto in forma di contratto verbale, il contratto deve essere registrato in termine fisso e, quindi, è soggetto all’imposta di registro.
Norma antielusiva
Per evitare la stipula di contratti di affitto di azienda in luogo di contratti di locazione immobiliare, l’art. 35 co. 10-quater del D.L. 223/06 (conv. Legge n. 248/06) impone di applicare all’affitto di aziende la disciplina dell’imposta di registro prevista per le locazioni immobiliari, ogni qual volta sussistano entrambe le seguenti condizioni:
- Il valore complessivo dell’azienda sia costituito, per più del 50%, dal valore normale di fabbricati, determinato ex art. 14 del DPR n. 633/72;
- Le disposizioni concernenti l’applicazione dell’imposta di registro sulla locazione di fabbricati risultino meno favorevoli di quelle relative all’affitto d’azienda.
L’applicazione della disciplina della locazione di fabbricati non rende comunque applicabile l’opzione per l’imponibilità IVA alla locazione di azienda (circ. 12/2007). La seguente tabella riassume il trattamento impositivo indiretto dell’affitto di azienda comprendente immobili, operato in presenza del presupposto soggettivo IVA.
In concreto, la disciplina della locazione di fabbricati strumentali risulta sempre meno favorevole di quella dell’affitto dell’azienda.
Imposizione indiretta affitto di azienda con immobili | IVA | Imposta di registro |
---|---|---|
Se il valore degli immobili non supera del 50% il valore dell’azienda | 22% | 200 euro |
Se il valore degli immobili supera del 50% il valore dell’azienda | 22% | 1% |
L’applicazione della disciplina della locazione di fabbricati all’affitto di azienda non è tesa a rendere applicabile l’opzione per l’imponibilità IVA alla locazione di azienda, qualora la componente immobiliare risulti prevalente. Pertanto, anche ove trovi applicazione la disciplina antielusiva, l’affitto d’azienda risulta imponibile ad IVA ordinaria e non risulta esente in assenza di opzione.
Fiscalità diretta per l’imprenditore individuale
L’imprenditore individuale che affitti l’unica azienda perde lo status di soggetto passivo ai fini Iva per l’assenza del requisito soggettivo ed i canoni di locazione devono essere indicati tra i redditi diversi, assoggettati ad IRPEF (non ad IRAP). Qualora, invece, l’imprenditore individuale o la società di persone continui l’attività con altri rami di impresa, il reddito percepito deve essere considerato reddito di impresa. Questo significa che i canoni di locazione diventano fiscalmente rilevanti secondo il principio di competenza economica (art. 56 e ss del TUIR).
Fiscalità diretta per le società di capitali
Nel caso di affitto di azienda effettuato da società di capitali il reddito deve essere determinato per competenza e la tassazione deve seguire le disposizioni sul reddito di impresa (art. 55 e ss del TUIR). La proprietà degli elementi patrimoniali dell’azienda affittata resta in capo al locatore, mentre il conduttore assume la disponibilità dei beni. Per determinare il reddito del conduttore gli elementi patrimoniali dell’azienda affittata saranno assunti in base agli stessi valori fiscali che gli stessi avevano in capo al locatore.
IRAP
Ai sensi dell’art. 2561 c.c., compete all’affittuario (usufruttuario) l’onere di conservare l’efficienza dell’azienda. Le parti possono derogare a tale principio, mantenendo in capo al locatore tale onere. In assenza della predetta deroga, l’affittuario (usufruttuario) può quindi stanziare a Conto economico gli accantonamenti volti alla creazione di un apposito fondo destinato al ripristino di valore dei beni locati. Detti accantonamenti:
- Devono essere contabilizzati nella voce B.13 (e non B.10) del Conto economico, atteso che non assolvono alla funzione economica tipica prevista dall’ammortamento;
- Per le imprese che determinano il valore della produzione netta in base al bilancio (art. 5 del D.Lgs. n. 446/97), sono deducibili ai fini IRAP già nel momento del relativo stanziamento, anche se classificabili in una voce che non rileva ai fini della formazione della base imponibile.
In particolare, la deducibilità per competenza (e non per cassa) si fonda sui seguenti presupposti:
- Si tratta di accantonamenti che, in conformità al documento OIC 31, devono essere effettuati sulla base di “elementi oggettivi e valida documentazione“;
- La loro determinazione è sottratta alla discrezionalità degli amministratori laddove, ad esempio, le quote da accantonare siano stanziate sulla base delle aliquote di ammortamento fiscalmente riconosciute in deduzione, fissate dal DM 31.12.88.
Contratti di lavoro
L’affitto d’azienda, produce sui rapporti di lavoro le conseguenze di cui all’art. 2112 co. 1-4 c.c. Tale disciplina si applica ai lavoratori:
- Titolari di rapporti di lavoro subordinato vigenti al momento del trasferimento;
- Interessati dal passaggio al nuovo datore di lavoro. In caso di affitto di un ramo d’azienda, si tratta degli addetti in via esclusiva o prevalente al medesimo che vengano trasferiti (essendo possibile per il concedente trattenere gli stessi, inserendoli nella parte dell’impresa non affittata).
La prosecuzione dei contratti di lavoro
La norma, al co. 1, tutela la continuità occupazionale e la “posizione” complessivamente raggiunta dai dipendenti, facendo sì che, anche in caso di affitto d’azienda, i rapporti di lavoro instaurati con il concedente proseguano con l’affittuario:
- Automaticamente, senza che sia necessario il consenso dei lavoratori;
- Senza soluzione di continuità;
- Rimanendo immutati in tutti i loro aspetti contenutistici.
In particolare:
- È mantenuta l’anzianità di servizio maturata (ai fini, tra l’altro, degli ammortizzatori sociali) e il TFR;
- E’ mantenuto il diritto alle ferie complessivamente maturate e ai permessi non fruiti;
- Le mensilità aggiuntive (tredicesima, quattordicesima) vengono corrisposte per intero, compresa la quota maturata alle dipendenze del concedente;
- L’affittuario può continuare a beneficiare, per il periodo residuo, di eventuali agevolazioni (es. sgravi contributivi) riconosciute al concedente in relazione a determinati lavoratori coinvolti nel trasferimento;
- Si prosegue con l’assistenza fiscale relativa al modello 730 (es. conguagli) e con la trattenuta delle rate delle addizionali IRPEF;
- I conguagli fiscali e contributivi di fine anno devono tenere conto della retribuzione complessivamente percepita, sia presso il concedente che presso l’affittuario;
- L’affittuario deve rilasciare la Certificazione Unica, con i dati complessivi fiscali e i dati contributivi per le singole posizioni assicurative;
- il passaggio di personale derivante dal trasferimento determina, in capo all’affittuario, un ampliamento della base occupazionale, da considerare, ad esempio, ai fini del collocamento obbligatorio dei disabili.
Invalidità del licenziamento motivato dal trasferimento
Sostanzialmente l’affitto d’azienda non può costituire, di per sé, motivo di licenziamento, né per il concedente, né per l’affittuario. Questo, pur restando ferma la facoltà di esercitare il recesso nel rispetto della normativa vigente in materia di licenziamento individuale (art. 2112 co. 4 primo periodo c.c.). Occorre, pertanto, che sussista una giusta causa o un giustificato motivo che legittimi il provvedimento espulsivo, diverso dall’affitto del complesso aziendale. Diversamente, il recesso è nullo e il rapporto di lavoro prosegue con l’affittuario.
Corresponsione del TFR
Con riferimento al trattamento di fine rapporto, la giurisprudenza più recente risulta orientata nel senso che l’obbligo di corresponsione gravi:
- Per la quota maturata fino alla data dell’affitto d’azienda, sul concedente e sull’affittuario in solido tra di loro;
- Per la quota maturata successivamente, sull’affittuario in modo esclusivo.
Dimissioni del lavoratore
Ferma restando l’automaticità del passaggio del personale dal concedente all’affittuario, il secondo periodo dell’art. 2112 co. 4 c.c. riconosce ai lavoratori il diritto di presentare a quest’ultimo le proprie dimissioni:
- In caso di sostanziale modifica delle condizioni di lavoro;
- Nei 3 mesi successivi al trasferimento;
- Per giusta causa ex art. 2119 c.c., ossia con effetto immediato e diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.
La disciplina contabile
Per quanto riguarda gli aspetti contabili, invece, il contratto di affitto di azienda non comporta un trasferimento di proprietà dei beni. Non vi è quindi titolo affinché l’affittuario possa iscrivere nel suo stato patrimoniale quando ricevuto e perché l’affittante possa eliminare i beni oggetto del contratto dalla sua contabilità. Il contratto di affitto d’azienda viene però rilevato nel sistema dei conti d’ordine.
Esistono due metodologie per la rappresentazione contabile dell’operazione: il metodo della proprietà e il metodo della disponibilità.
La prima metodologia è senza dubbio quella più utilizzata e quella che è stata più volte confermata anche dagli orientamenti fiscali.
Il metodo della proprietà
Questa metodologia di contabilizzazione prevede:
- Da un lato, il mantenimento degli elementi patrimoniali trasferiti all’affittuario nel bilancio del concedente e,
- Dall’altro, l’iscrizione tra i conti d’ordine dell’affittuario dell’impegno verso il concedente per “beni di terzi verso l’impresa“.
Il tutto con la conseguente iscrizione nel conti d’ordine del bilancio della concedente dell’impegno di terzi “beni nostri presso terzi“. Il modello contabile prevede che l’affittuario non possa iscrivere gli elementi patrimoniali al proprio bilancio. Questo in quanto la proprietà effettiva degli elementi patrimoniali compresi nell’azienda affittata resta in capo al concedente. L’affittuario dispone dei beni ma non ne ha l’effettiva proprietà; il potere di disporre del bene non rappresenta una condizione sufficiente per permetterne l’iscrizione in bilancio. Questo tipo di contabilizzazione ha il vantaggio di evitare che i terzi possano dedurre erronee valutazioni sulla consistenza patrimoniale dell’affittuario.
Contabilizzazione degli ammortamenti
Per quanto riguarda gli ammortamenti, questi spettano al soggetto che subisce l’onere effettivo della conservazione dei beni. Pertanto solo l’affittuario ha il diritto di dedurre l’ammortamento dal suo reddito imponibile. Il proprietario dei beni dovrà nello stesso momento interrompere il processo di ammortamento sugli stessi beni. In questo modo il fondo ammortamento che si viene a creare nella contabilità dell’affittuario ha una natura “anomala“. Questo in quanto esso non nasce per rettificare valori esposti nell’attivo patrimoniale, ma al contrario rappresenta una vera e propria passività nei confronti del concedente.
Il fondo viene così a costituire una sorta di risarcimento del danno in cui l’affittuario incorre nel momento della restituzione dei beni al proprietario, rimborsandogli la perdita di valore subita dai cespiti durante il periodo dell’affitto. Per questo motivo il fondo assume la natura di un fondo rischi e oneri denominato “Fondo ripristino beni in affitto“.
Registrazione contabile dell’accantonamento a fondo ripristino beni in affitto
Accantonamento al fondo manutenzione e ripristino dei beni di azienda condotta in affitto (B.13 CE) | a | Fondo manutenzione e ripristino dei beni di azienda condotta in affitto (B.4 SP) | – | – |
Laddove, invece, le parti deroghino al principio di cui all’art. 2561 c.c., mantenendo in capo al locatore l’onere di conservare l’efficienza dell’azienda, l’ammortamento dei beni compresi nell’azienda affittata viene eseguito dal locatore e la quota di ammortamento viene imputata alla voce B.10 del Conto economico.
Ammortamento immobilizzazioni materiali (B.10.b CE) | a | F.do amm.to immobilizzazioni materiali (B.II.1-B.II.4 SP) | – | – |
Contabilizzazione delle spese di manutenzione
Locatore
I costi di manutenzione straordinaria sostenuti dal locatore sono capitalizzabili nei limiti del valore recuperabile del bene (documento OIC 16, § 49).
Spese di manutenzione (B.7 CE) IVA a credito | a | Debiti v/fornitori (D.7 SP) | – | – |
Immobilizzazioni materiali | a | Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni (A.4 CE) | – | – |
Affittuario
I costi sostenuti dall’affittuario per migliorie e spese incrementative su beni compresi nell’azienda affittata sono capitalizzabili ed iscrivibili nella voce “B.I.7 – Altre immobilizzazioni immateriali“, se le migliorie e le spese incrementative non sono separabili dai beni stessi, ossia non possono avere una loro autonoma funzionalità.
L’ammortamento dei costi in esame si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione.
Le migliorie e le spese incrementative separabili dai beni presi in locazione sono, invece, iscrivibili tra le immobilizzazioni materiali (voci da B.II.1 a B.II.5).
Spese incrementative su beni di terzi (B.I.7 SP) o Immobilizzazioni materiali (B.II.1 – B.II.5 SP) | a | Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni (A.4 CE) | – | – |
Conguaglio finale
Affittuario
Al termine del contratto, l’affittuario deve:
- rilevare, in avere, un debito verso il locatore, pari al conguaglio in denaro da corrispondere ai sensi dell’art. 2561 c.c.;
- Stornare, in dare, le quote del fondo complessivamente accantonante;
- Rilevare, in contropartita, una sopravvenienza passiva nella voce B.14 del Conto economico (documento OIC 12, § 83-84 e C.M. 4.6.98 n. 141) oppure una sopravvenienza attiva nella voce A.5 del Conto economico.
In caso di conguaglio superiore al fondo accantonato, la scrittura contabile è la seguente:
Fondo manutenzione e ripristino beni di azienda condotta in affitto (B.4 SP) Sopravvenienze passive (B.14 CE) | a | Debiti verso locatore per conguaglio finale | – | – |
Il metodo della disponibilità
Il metodo della disponibilità privilegia il principio della prevalenza della sostanza sulla forma dell’operazione. Tale metodo trova ragione nel requisito della disponibilità e del controllo economico dell’attività. L’affittuario iscrive, pertanto, le attività e le passività costituenti il complesso affittato nel suo stato patrimoniale. Iscrivendo in contropartita il debito di restituzione. Al contrario il concedente elimina le attività e le passività dal proprio stato patrimoniale.
Tale impostazione è attuabile quando vi è un completo trasferimento dei poteri gestori all’affittuario al quale spetta la facoltà di decidere in ordine alla cessione e alla sostituzione dei cespiti. Secondo questa impostazione l’ammortamento rileva come un componente negativo di reddito correlato al corrispondente valore dei cespiti ammortizzabili.
Procedure concorsuali (cenni)
Nell’analisi del contratto di affitto di azienda particolare attenzione deve essere posta anche nell’ambito delle procedure concorsuali. Prima di tutto si evidenzia che nell’ipotesi di imprenditore individuale che affitta l’unica azienda, il locatore perde la qualifica di imprenditore. Questo significa che, di fatto, decorso un anno dal trasferimento non potrà essere pronunciata la dichiarazione di liquidazione giudiziale.
Deve essere considerato, inoltre, che è possibile concedere in affitto l’azienda assoggettata a procedura concorsuale allo scopo di assicurare un salvataggio evitando la chiusura dell’azienda. Tutto questo con salvaguardia di lavoratori, fornitori, e degli altri stakeholder aziendali. Tuttavia, il contratto di affitto deve essere autorizzato dal giudice delegato.