Partecipazione dei lavoratori alle imprese: novità Legge 76/2025

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La recente approvazione della Legge 15 maggio 2025, n. 76, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 maggio 2025 n. 120 ed entrata in vigore il 10 giugno 2025, rappresenta una svolta epocale nel panorama delle relazioni industriali. La normativa affronta una problematica centrale del mondo del lavoro contemporaneo: la necessità di superare il tradizionale modello gerarchico per abbracciare forme più collaborative di gestione aziendale.

Il legislatore ha identificato nella partecipazione dei lavoratori uno strumento strategico per affrontare le sfide del mercato globale, perseguendo tre finalità fondamentali: rafforzare la collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori, preservare e incrementare i livelli occupazionali, e valorizzare il lavoro sul piano economico e sociale. Questa visione riflette le migliori pratiche europee, dove la partecipazione dei lavoratori ha dimostrato di migliorare la produttività e la competitività aziendale.

La legge introduce quattro distinte forme di partecipazione, ciascuna con specifiche modalità applicative e benefici fiscali. La partecipazione gestionale consente la collaborazione alle scelte strategiche dell’impresa; quella economica e finanziaria disciplina la distribuzione di profitti e la partecipazione al capitale; la partecipazione organizzativa riguarda il coinvolgimento nelle decisioni produttive; infine, quella consultiva prevede l’espressione di pareri e proposte sulle decisioni aziendali.

Particolarmente significativo risulta l’incremento temporaneo della soglia per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 5% sui profitti distribuiti ai lavoratori, che passa da 3.000 a 5.000 euro per il solo anno 2025, rappresentando un incentivo concreto per le imprese che intendono sperimentare questi nuovi modelli partecipativi.

La partecipazione gestionale: governance inclusiva e rappresentanza strategica

La partecipazione gestionale costituisce l’innovazione più rilevante della riforma, introducendo per la prima volta nell’ordinamento nazionale la possibilità per i lavoratori di partecipare direttamente agli organi societari con funzioni strategiche. Questa forma di partecipazione si concretizza diversamente a seconda del modello di amministrazione e controllo adottato dalla società, richiedendo sempre una duplice condizione: la previsione nella contrattazione collettiva e l’esistenza di una specifica disposizione statutaria.

Il modello tradizionale di governance

Nel sistema tradizionale, caratterizzato dalla presenza del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale, lo statuto può prevedere la partecipazione di uno o più amministratori rappresentanti gli interessi dei lavoratori dipendenti nel CdA. La designazione di questi amministratori avviene attraverso procedure definite dai contratti collettivi, che devono garantire la democraticità della scelta e il rispetto delle competenze necessarie.

I requisiti richiesti per questi amministratori sono particolarmente stringenti: devono possedere specifici requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità, equiparabili a quelli richiesti per gli amministratori ordinari. Questa scelta normativa evidenzia la volontà del legislatore di assicurare che la partecipazione dei lavoratori non comprometta la qualità della governance aziendale, ma anzi la arricchisca con prospettive diverse.

Un aspetto di particolare rilevanza pratica riguarda l’incompatibilità successiva alla cessazione del mandato. Gli amministratori designati in rappresentanza dei lavoratori non possono assumere incarichi direttivi nella medesima impresa per tre anni dalla cessazione del mandato, salvo che non li ricoprissero già precedentemente. Questa disposizione mira a preservare l’indipendenza del mandato e a evitare conflitti di interesse, garantendo che la rappresentanza dei lavoratori rimanga autentica e non strumentale.

Il modello monistico

Il modello monistico, caratterizzato dal Consiglio di Amministrazione che nominate al proprio interno il Comitato per il controllo sulla gestione, offre maggiore flessibilità nell’implementazione della partecipazione gestionale. Lo statuto può prevedere la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori sia nel Consiglio di Amministrazione che nel Comitato per il controllo sulla gestione, creando un sistema di rappresentanza articolato.

Questa duplice possibilità consente alle imprese di modulare la partecipazione in base alle proprie esigenze specifiche. La presenza nel CdA garantisce il coinvolgimento nelle decisioni strategiche, mentre la partecipazione al Comitato per il controllo offre una prospettiva privilegiata sui meccanismi di vigilanza interna. Anche in questo modello valgono le medesime incompatibilità successive previste per il modello tradizionale.

Il modello dualistico

Nel modello dualistico, caratterizzato dalla distinzione tra Consiglio di Gestione e Consiglio di Sorveglianza, la partecipazione dei lavoratori si concentra nel Consiglio di Sorveglianza. Gli statuti possono prevedere la partecipazione di uno o più rappresentanti dei lavoratori dipendenti, sempre nel rispetto delle procedure definite dai contratti collettivi e dei requisiti di professionalità e onorabilità.

Una particolarità interessante di questo modello riguarda la possibilità di prevedere la partecipazione al Consiglio di Sorveglianza di almeno un rappresentante dei lavoratori che aderiscono a piani di partecipazione finanziaria. Questa disposizione crea un collegamento diretto tra partecipazione gestionale e partecipazione economica, riconoscendo ai lavoratori-azionisti un ruolo specifico nella governance societaria.

Formazione e competenze dei rappresentanti

La formazione dei rappresentanti dei lavoratori negli organi societari rappresenta un elemento fondamentale per il successo della partecipazione gestionale. La legge prevede obbligatoriamente una formazione di durata non inferiore a 10 ore annue, che può essere svolta anche in forma congiunta tra rappresentanti di diverse aziende o settori.

Questa formazione deve essere finalizzata allo sviluppo delle conoscenze e delle competenze tecniche, specialistiche e trasversali necessarie per l’esercizio del mandato. Dal punto di vista operativo, le aziende dovranno organizzare o finanziare questi percorsi formativi, che potranno spaziare dalla governance aziendale al controllo di gestione, dalla lettura dei bilanci alle strategie competitive.

Applicabilità alle società cooperative

L’articolo 2, comma 4 della Legge n. 76/2025 estende l’applicazione delle disposizioni sulla partecipazione gestionale alle società cooperative, “in quanto compatibili“. Questa formula apre interessanti scenari applicativi in un settore già caratterizzato da principi partecipativi, richiedendo un’analisi caso per caso delle modalità di integrazione con i principi mutualistici e la struttura democratica tipica delle cooperative.

I benefici fiscali della partecipazione economica e finanziaria

L’aspetto più immediatamente attrattivo della riforma per le imprese riguarda i significativi benefici fiscali introdotti per la distribuzione degli utili ai lavoratori. La disciplina fiscale della partecipazione economica si articola su più livelli, combinando modifiche temporanee e strutturali al sistema di tassazione agevolata.

L’incremento della soglia per l’imposta sostitutiva

Per il solo anno 2025, l’articolo 5 della Legge n. 76/2025 prevede una deroga significativa alla normativa sull’imposta sostitutiva del 5% prevista dall’articolo 1, comma 182 della Legge 208/2015. L’importo massimo delle somme che possono essere assoggettate all’imposta sostitutiva passa da 3.000 euro lordi (o 4.000 euro per le aziende che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro) a 5.000 euro lordi.

Questo incremento rappresenta un vantaggio fiscale considerevole per i lavoratori, che vedono ridurre significativamente il carico tributario sui profitti ricevuti dall’azienda. Per un lavoratore che riceve 5.000 euro di partecipazione agli utili, la differenza tra tassazione ordinaria e imposta sostitutiva può superare i 1.500 euro, considerando un’aliquota IRPEF media del 35-40%.

Le condizioni per l’accesso ai benefici

La fruizione dell’incremento della soglia a 5.000 euro è subordinata al rispetto cumulativo di due condizioni specifiche, che evidenziano la volontà del legislatore di incentivare una partecipazione sostanziale e non meramente simbolica.

La prima condizione richiede che la quota di utili di impresa distribuita ai lavoratori dipendenti non sia inferiore al 10% degli utili complessivi. Questa soglia rappresenta un parametro oggettivo di valutazione della genuinità della partecipazione, evitando distribuzioni marginali che non riflettano un reale coinvolgimento dei lavoratori nei risultati aziendali.

La seconda condizione prevede che la distribuzione degli utili debba essere effettuata in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del D.Lgs. n. 81/2015. Questa previsione collega la partecipazione economica alla contrattazione collettiva, rafforzando il ruolo delle rappresentanze sindacali nella definizione delle modalità distributive.

Le disposizioni confermate della Legge n. 208/2015

Rimangono pienamente operative le disposizioni previste dall’articolo 1, commi 183-189 della Legge 208/2015, che costituiscono il quadro normativo di riferimento per la tassazione agevolata. In particolare, restano ferme la condizione reddituale che limita l’applicazione dell’imposta sostitutiva ai lavoratori del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a 80.000 euro nell’anno precedente quello di percezione.

Viene confermata la possibilità per il lavoratore di scegliere la sostituzione dei premi di risultato o delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili con beni e servizi di welfare aziendale, mantenendo il regime di favore fiscale. Questa opzione continua a rappresentare uno strumento flessibile per personalizzare il pacchetto retributivo in base alle esigenze individuali.

Resta applicabile anche la decontribuzione per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, creando un duplice vantaggio: fiscale per i lavoratori e contributivo per le aziende. Le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso continuano ad applicarsi in quanto compatibili.

L’esclusione dei premi di risultato

Un aspetto di particolare rilevanza operativa riguarda la precisazione che l’incremento della soglia a 5.000 euro per il solo 2025 non riguarda le somme erogate sotto forma di premio di risultato. Questa distinzione mantiene separate le due fattispecie, confermando che i premi di risultato continuano a essere disciplinati dalla normativa previgente con le soglie ordinarie.

Dal punto di vista pratico, questa separazione richiede alle aziende una corretta qualificazione delle somme distribuite, distinguendo chiaramente tra partecipazione agli utili (che beneficia dell’incremento di soglia) e premi di risultato (che rimangono soggetti ai limiti ordinari). La documentazione contrattuale e la motivazione economica delle erogazioni assumono quindi importanza cruciale per l’applicazione del regime fiscale appropriato.

I piani di partecipazione finanziaria

La disciplina dei piani di partecipazione finanziaria rappresenta uno degli aspetti più innovativi della riforma, fornendo alle imprese una gamma articolata di strumenti per coinvolgere i lavoratori nella proprietà e nei risultati aziendali. Questi piani possono individuare non solo gli strumenti tradizionali di partecipazione al capitale, ma anche modalità innovative come l’attribuzione di azioni in sostituzione di premi di risultato.

Gli strumenti di partecipazione al capitale

La normativa riconosce e disciplina una varietà di strumenti che le imprese possono utilizzare per realizzare la partecipazione finanziaria dei lavoratori. L’assegnazione di utili ai prestatori di lavoro dipendenti può avvenire mediante l’emissione di speciali categorie di azioni, per un ammontare corrispondente agli utili stessi. Queste azioni speciali possono essere caratterizzate da norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti, consentendo una personalizzazione delle condizioni in base alle esigenze specifiche dell’impresa e dei lavoratori.

In alternativa, l’assemblea straordinaria può deliberare l’assegnazione di strumenti finanziari diversi dalle azioni, dotati di diritti patrimoniali o amministrativi, escluso però il voto nell’assemblea generale degli azionisti. Questa opzione offre maggiore flessibilità nella strutturazione dei diritti, permettendo di bilanciare il coinvolgimento economico con la preservazione del controllo societario.

L’acquisto di azioni proprie rappresenta un’ulteriore modalità di partecipazione, particolarmente adatta per società quotate o con un mercato attivo per le proprie azioni. Questa strategia consente di destinare azioni già esistenti ai lavoratori senza alterare la struttura del capitale sociale, facilitando l’implementazione di piani di partecipazione in tempi relativamente brevi.

Infine, in caso di aumento di capitale, la società può escludere il diritto di opzione per le azioni di nuova emissione se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società controllate o controllanti. Questa possibilità crea opportunità privilegiate di investimento per i lavoratori, rafforzando il loro legame con l’azienda.

L’attribuzione di azioni in sostituzione dei premi di risultato

Una delle innovazioni più significative riguarda la possibilità di attribuire azioni in sostituzione di premi di risultato, disciplinata dall’articolo 1, comma 184-bis, lettera c) della Legge n. 208/2015. Il valore delle azioni ricevute per scelta del lavoratore in sostituzione dei premi di risultato o della partecipazione agli utili non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente né è soggetto all’imposta sostitutiva.

Questo regime fiscale di totale esenzione si applica anche se il valore eccede il limite di 2.065,83 euro previsto dall’articolo 51, comma 2, lettera g) del TUIR e indipendentemente dalle condizioni da esso stabilite. La portata di questa agevolazione è stata chiarita dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5 del 29 marzo 2018, che ha precisato che non si genera reddito imponibile anche quando l’offerta sia rivolta a categorie specifiche di lavoratori anziché alla generalità, purché in conformità alle previsioni contrattuali.

La circolare ha inoltre chiarito che l’esenzione fiscale si mantiene anche quando il valore delle azioni convertite supera il limite ordinario, quando le azioni sono cedute prima del triennio dalla conversione, o quando vengono riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro. Questa flessibilità operativa rende lo strumento particolarmente attrattivo per i lavoratori, eliminando i vincoli temporali che spesso scoraggiano l’adesione a piani di partecipazione azionaria.

L’Agevolazione sui dividendi per il 2025

L’articolo 6, comma 1, terzo periodo della Legge n. 76/2025 introduce per il solo anno 2025 un’ulteriore agevolazione fiscale specificamente dedicata ai dividendi derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato. Per un importo non superiore a 1.500 euro annui, questi dividendi sono esenti dalle imposte sui redditi per il 50% del loro ammontare.

Questa agevolazione rappresenta un incentivo aggiuntivo per i lavoratori a optare per la conversione dei premi in azioni, creando un beneficio fiscale sia al momento della conversione (esenzione totale) sia al momento della distribuzione dei dividendi (esenzione parziale). Per un lavoratore che riceve dividendi per 1.500 euro, l’esenzione del 50% comporta un risparmio fiscale significativo, considerando le aliquote IRPEF applicabili.

Dal punto di vista operativo, le aziende dovranno implementare sistemi di tracciamento per distinguere i dividendi derivanti da azioni attribuite in sostituzione di premi da quelli derivanti da altre forme di partecipazione azionaria, garantendo la corretta applicazione del regime agevolativo.

La partecipazione organizzativa

La partecipazione organizzativa rappresenta la dimensione più operativa della riforma, focalizzandosi sul coinvolgimento quotidiano dei lavoratori nei processi produttivi e organizzativi. Questa forma di partecipazione si concretizza attraverso due strumenti principali: le commissioni paritetiche per l’innovazione e i referenti specializzati per specifiche aree tematiche.

Le commissioni paritetiche per l’innovazione

La norma riconosce alle aziende la possibilità di promuovere l’istituzione di commissioni paritetiche, composte in eguale numero da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori, finalizzate alla predisposizione di proposte di piani di miglioramento e di innovazione. Queste commissioni possono occuparsi di diversi ambiti: prodotti, processi produttivi, servizi e organizzazione del lavoro.

La composizione paritetica garantisce un equilibrio tra le esigenze aziendali e le prospettive dei lavoratori, favorendo lo sviluppo di soluzioni condivise e sostenibili. L’esperienza pratica dimostra che le commissioni paritetiche sono particolarmente efficaci nell’identificare inefficienze e opportunità di miglioramento che sfuggono alla visione gerarchica tradizionale, grazie alla conoscenza diretta dei processi operativi da parte dei lavoratori

I referenti per la partecipazione organizzativa

Un’innovazione particolarmente interessante riguarda la possibilità per le aziende di prevedere nel proprio organigramma specifiche figure che agiscano in qualità di referenti per diverse aree tematiche. I referenti possono occuparsi di formazione, piani di welfare, politiche retributive, qualità dei luoghi di lavoro, conciliazione vita-lavoro e genitorialità, diversità e inclusione delle persone con disabilità.

Queste figure vengono individuate attraverso contratti collettivi aziendali, garantendo il riconoscimento sindacale del loro ruolo e delle loro funzioni. I referenti rappresentano un punto di contatto privilegiato tra la direzione aziendale e i lavoratori per specifiche tematiche, facilitando la comunicazione e la risoluzione di problematiche settoriali.

Le agevolazioni per le piccole imprese

Riconoscendo le specificità dimensionali e organizzative delle piccole imprese, la normativa prevede una deroga specifica per le imprese che occupano meno di 35 lavoratori. Queste aziende possono favorire forme di partecipazione dei lavoratori all’organizzazione attraverso gli enti bilaterali, che assumono un ruolo di supporto e facilitazione nell’implementazione di pratiche partecipative. Gli enti bilaterali, con la loro competenza settoriale e la loro funzione di intermediazione, possono fornire supporto tecnico e metodologico per l’adozione di forme partecipative adeguate alle dimensioni aziendali.

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Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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