Gli accertamenti sulle retribuzioni convenzionali

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Quali sono le principali contestazioni che effettua l'Agenzia delle Entrate sui contribuenti che applicano il regime convenzionale di determinazione dei redditi da lavoro dipendente di fonte estera?

Annualmente l’Agenzia delle Entrate effettua la propria attività di controllo nei confronti dei soggetti che presentano le dichiarazioni dei redditi. Tra questi soggetti particolare rilevanza assumono i lavoratori che hanno deciso (valutandone la presenza dei requisiti) di applicare le retribuzioni convenzionali. Come sappiamo si tratta di una modalità di determinazione del reddito da lavoro dipendente prevista dall’art. 51, co. 8-bis del TUIR, per i lavoratori che sono i possesso dei requisiti previsti dalla norma. In presenza dei requisiti, infatti, l’applicazione della convenzionale è obbligatoria o almeno per tutte quelle casistiche in cui il risultato è migliore rispetto alla tassazione ordinaria del reddito da lavoro dipendente di fonte estera.

In questo articolo andiamo a vedere la mia esperienza in merito a questo tipo di controlli e le problematiche che maggiormente vengono affrontate. Questo sia per prevenire potenziali problematiche che per capire come affrontarle in caso di contestazione.

I controlli documentali sulla dichiarazione dei redditi

Come dico sempre ai soggetti che mi contattano per una consulenza su questa tematica, nel giro di qualche anno, il controllo dell’Agenzia delle Entrate arriva. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo visto un incremento dei soggetti sottoposti a controllo documentale (ex art. 36-ter del DPR n. 600/73) da parte dell’Amministrazione finanziaria. La casistica che, spesso, ha portato alla selezione per il controllo deriva, a mia sensazione, dall’indicazione nel quadro RC dedicato ai redditi da lavoro dipendente del “reddito di fonte estera” (tramite l’apposita casellina), oppure dalla compilazione nel quadro CE del rigo dedicato al credito per imposte assolte all’estero.

Principalmente, possiamo considerare come questi, i principali canali a disposizione delle Entrate per scegliere i contribuenti da controllare. Al momento dell’arrivo della comunicazione il contribuente è chiamato a fornire la documentazione in base alla quale ha compilato la sua dichiarazione dei redditi. Indirettamente, questo significa, dimostrare di essere in possesso dei requisiti legati all’applicazione delle retribuzioni convenzionali, sul reddito da lavoro dipendente di fonte estera.

I requisiti per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali

Prima di vedere le contestazioni che speso vengono poste ai contribuenti è fondamentale riepilogare i requisiti previsti dall’art. 51, co. 8-bis del TUIR per l’applicazione della retribuzione convenzionale:

  • Residenza fiscale: Il lavoratore dipendente sia fiscalmente residente in Italia, ex art. 2 del TUIR;
  • Lavoro in settore di attività individuati dal Decreto Ministeriale: Svolgimento di lavoro dipendente all’estero in via continuativa che opera in uno dei settori di attività individuati nell’apposito decreto ministeriale pubblicato annualmente. In caso contrario, l’assenza del settore economico nel quale viene svolta l’attività dal lavoratore costituisce motivo ostativo all’applicazione del regime di vantaggio (Circolare n. 20/E/11 e Risposta a interpello n. 54/E/22);
  • Lavoro come oggetto esclusivo del rapporto: Il lavoro sia oggetto esclusivo del rapporto. Con la C.M. n. 207/2000 Ã¨ stato chiarito che è necessario stipulare uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e che il dipendente venga collocato in uno speciale ruolo estero (aspetto non necessario, quest’ultimo in caso di assunzione diretta da parte dell’impresa estera);
  • Lavoro all’estero per oltre 183 giorni nell’arco di 12 mesi: Soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni anche non consecutivi, nell’arco di 12 mesi (anche a cavallo di due anni). Per il computo dei 183 giorni rilevano, in ogni caso, il periodo di ferie, le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi (C.M. 207/2000).

L’AdE controlla che tutte le condizioni sopra elencate siano effettivamente soddisfatte. Se anche una sola condizione manca, il regime convenzionale non è applicabile e il reddito da tassare in Italia è quello effettivamente percepito all’estero (al netto delle imposte estere pagate a titolo definitivo, se applicabile la convenzione contro le doppie imposizioni).

Per approfondire: Retribuzioni convenzionali per il dipendente che lavora in più Stati.

Cosa controlla l’Agenzia delle Entrate

L’attività di controllo documentale si esplica attraverso la richiesta al contribuente di fornire la seguente documentazione. Viene lasciato un termine di circa 30 giorni per fornire (anche telematicamente) la seguente documentazione:

  • Contratto di lavoro: Tipologia, sede di lavoro, durata del distacco/assegnazione all’estero;
  • Documentazione sulla permanenza all’estero: Biglietti aerei, timbri sul passaporto, contratti di affitto all’estero, utenze estere, estratti conto bancari esteri, per dimostrare la permanenza superiore ai 183 giorni;
  • Prova della residenza fiscale in Italia: Iscrizione anagrafica (che l’AdE può contestare se ritiene fittizia), domicilio (sede principale delle relazioni personali e familiari), residenza (dimora abituale), presenza del nucleo familiare in Italia, disponibilità di immobili in Italia, utenze italiane attive, conti correnti italiani, centro degli interessi vitali (economici e sociali/affettivi);
  • Buste paga estere: Per verificare l’effettiva natura del rapporto e, in caso di contestazione del regime convenzionale, per determinare il reddito effettivo da tassare.
  • Dichiarazioni fiscali estere: Eventuali dichiarazioni presentate nel Paese estero.

Accertamenti sulle retribuzioni convenzionali: il settore lavorativo

Un primo elemento di contestazione riguarda il settore lavorativo. Non tutti i settori lavorativi, infatti, permettono l’applicazione delle retribuzioni convenzionali. Per questo, ogni anno, il Ministero pubblica un apposito decreto contenente i settori lavorativi. Tipicamente si tratta dei settori del commercio, dei trasporti, dell’industria, editoria, etc.

Esclusione per marittimi e piloti di aereo in ambito internazionale

Secondo quanto disposto dall’art. 5, co. 5 del D.L. n. 317/87, dalle pubblicazioni delle Tabelle ministeriali per le quali è applicabile la retribuzione convenzionale, non sono compresi:

“i lavoratori marittimi italiani, imbarcati su navi battenti bandiera estera e il personale di volo alle dipendente di datore di lavoro italiani o esteri“.

Questa interpretazione appare in una risposta ad interpello (non pubblicata) dell’Agenzia delle Entrate. Pertanto, per queste categorie di lavoratori l’applicazione di questo regime di tassazione del reddito risente di tale interpretazione. Pertanto, la sua applicazione si scontra con il parere negato dell’Amministrazione finanziaria. Negli ultimi anni non sono mancate contestazioni su piloti di areo in ambito internazionale che, avevano utilizzato la convenzionale come metodo per dichiarare il reddito di fonte estera percepito. Inoltre, sempre su questa tesi occorre valutare quanto previsto dall’art. 51, co.6 del TUIR.

Questo comma stabilisce che le indennità di volo (per il personale di volo) e le indennità di navigazione e di imbarco (per il personale marittimo) concorrono a formare il reddito imponibile solo per una parte del loro ammontare (tipicamente il 50%). Questo trattamento di parziale esenzione è stato pensato proprio per tenere conto delle specificità del loro lavoro (trasferte continue, disagio, ecc.). Pertanto, in questi casi, tale deve essere la modalità di tassazione (agevolata) del reddito percepito.

Individuazione del settore e della mansione nei contratti di lavoro esteri

Una delle maggiori possibilità di contestazione riguarda, spesso, un diverso inquadramento tra le mansioni previste dalle tabelle ministeriali, oppure una non inclusione del lavoratore nei settori specifici. In pratica, l’Amministrazione finanziaria attraverso l’analisi del contratto di lavoro estero, vuole individuare se lo stesso rientri in un settore lavorativo per la quale è permessa l’applicazione di questa forma di determinazione del reddito da lavoro dipendente. Per arrivare ad individuare al meglio questo requisito può essere opportuno far effettuare dal datore di lavoro estero un’integrazione al contratto di lavoro al fine di far inserire l’inquadramento che il lavoratore avrebbe avuto qualora fosse stato assunto in Italia. Questo tipo di integrazione del contratto consente di evitare la contestazione su due punti importanti, ovvero:

  • Il fatto che l’inquadramento possa essere in settore non coperto dalle tabelle ministeriali: nel caso il reddito tassabile sarebbe quello ordinario;
  • Il fatto che la mansione esercitata possa essere diversa da quella dichiarata. Ad esempio, potrebbe essere stata applicata la convenzionale con inquadramento “quadro“, quando invece le mansioni sono quelle del “dirigente“: nel caso verrebbe ricalcolato il reddito secondo la relativa tabella.

In entrambi i casi verrebbe accertato il maggio reddito non dichiarato con l’applicazione delle relative sanzioni amministrative.

Accertamenti sulle retribuzioni convenzionali: il calcolo numerico

Una seconda tipologia di contestazioni è quella che riguarda il calcolo numerico della base imponibile del reddito da lavoro dipendente dichiarata dal lavoratore. Attraverso il contratto di lavoro, le busta paga e le tabelle convenzionali l’Agenzia delle Entrate procede al controllo del calcolo effettuato dal contribuente. Sul punto, le principali tipologie di contestazione che si riscontrano riguardano l’indeducibilità dei contributi previdenziali esteri ed il calcolo del credito per imposte estere.

Indeducibilità dei contributi previdenziali esteri

Il contribuente fiscalmente residente in Italia che presta la propria attività lavorativa all’estero per conto di un datore di lavoro estero deve dichiarare quanto percepito al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato estero. È quanto affermato dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 17/E del 24.04.2015paragrafo 4.7, in risposta alle questioni interpretative in materia di IRPEF prospettate dal Coordinamento Nazionale dei Centri di Assistenza Fiscale e da altri soggetti.

Il chiarimento fornito dall’Amministrazione Finanziaria si riferisce al caso in cui non trovino applicazione le retribuzioni convenzionali. Infatti, l’art. 51, co. 8-bis del TUIR afferma che per la determinazione del reddito si prescinde da quanto previsto dai co. da 1 a 8 dello stesso articolo 51. Pertanto, i contributi previdenziali non sono deducibili dal calcolo del reddito convenzionale.

L’Agenzia delle Entrate nell’ultimo periodo sta inviando accertamenti con contestazioni legate alla deducibilità dei contributi previdenziali nel calcolo della convenzionale. Si tratta di una posizione che l’Agenzia sta tenendo cambiando orientamento rispetto al passato, e tutta in divenire. L’aspetto da considerare è che, sul tema, deve essere rilevata la sentenza n. 17747/2024 con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che, per i redditi determinati con le retribuzioni convenzionali è ammessa la deducibilità dei contributi versati nello Stato estero in ottemperanza a disposizioni di legge. Tale sentenza si allinea alla precedente della C.G.T. II Veneto n. 373/2/23. Questa ha stabilito che il diritto allo scomputo dei contributi non può essere negato sulla scorta della considerazione (errata) per cui la retribuzione convenzionale rappresenterebbe una sorta di agevolazione rimessa alla scelta del contribuente.

Calcolo del credito per imposte assolte all’estero

Il credito per imposte assolte all’estero non può mai eccedere la quota di imposta lorda italiana (IRPEF) relativa al reddito estero che ha concorso a formare imponibile in Italia. Nel regime delle retribuzioni convenzionali, il reddito di lavoro dipendente estero che viene effettivamente incluso nella base imponibile italiana non è la retribuzione reale percepita all’estero, ma la retribuzione convenzionale stabilita dal decreto ministeriale.

Nel Paese estero, il lavoratore paga le imposte locali sulla base della retribuzione effettivamente percepita in quel Paese, secondo le leggi fiscali locali. Nel quadro CE non deve essere riportato questo importo, in quanto l’art. 165 del TUIR prevede che deve concorrere a formare il credito solo la quota proporzionale di imposta in relazione alla riduzione del reddito imponibile dichiarato in Italia.

L’errore che viene commesso è proprio quello di non parametrare il credito rispetto alla riduzione del reddito imponibile dichiarato in Italia. Anche in questo caso la conseguenza è la ripresa a tassazione del reddito con l’applicazione delle sanzioni amministrative.

Cosa fare se hai ricevuto un accertamento o se vuoi prevenirlo

Se hai ricevuto una contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate sull’art. 51, co.8-bis del TUIR, è importante valutare la situazione con l’ausilio di un Dottore commercialista esperto di fiscalità internazionale. Questo per valutare cosa è possibile fare, prima che l’Agenzia concluda la propria attività di controllo. Le possibilità di valutare se e come intervenire è ancora possibile, ma è fondamentale agire nel più breve tempo.

Se, invece, desideri capire come evitare di finire in contestazioni o almeno comprendere i rischi insiti a questo tipo di regime fiscale, possiamo approfondire insieme la tua situazione in una consulenza personalizzata.

In entrambi i casi sono a disposizione per approfondire la situazione e comprendere le possibilità esistenti mettendo a tua disposizione la mia esperienza su questo tipo di casistiche maturata negli anni. Segui il link sottostante e mettiti in contatto con noi per ricevere info e preventivo per una consulenza insieme utile a risolvere i tuoi dubbi.

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