La vendita a rate con riserva della proprietà è il contratto in cui il trasferimento della proprietà avviene con il pagamento dell’ultima rata di prezzo del bene. L’acquirente ottiene immediatamente la detenzione del bene e si assume i rischi dal momento della consegna. Si tratta di una modalità di vendita che presenta una tutela maggiore per il cedente e permette al cessionario di entrare in possesso del bene da subito.
Indice degli Argomenti
- Che cos’è la vendita con riserva di proprietà?
- Il contratto con clausola di riserva di proprietà
- La cessione di immobile con riserva di proprietà nel codice civile
- Effetti del contratto
- Oggetto del contratto
- Cosa succede se il debitore è inadempiente?
- Risoluzione del contratto
- Rapporto con i terzi
- Disciplina fiscale delle vendite con riserva di proprietà
- Rilevazione in bilancio del contratto
Che cos’è la vendita con riserva di proprietà?
Nel caso della vendita di un bene è possibile che la proprietà del bene venduto non si trasferisca all’atto della stipula del contratto, o alla consegna del bene, ma solo con il pagamento dell’ultima rata del prezzo. In questo caso si parla di vendita con riserva di proprietà o con patto di riservato dominio.
Si tratta di particolari tipologie di contratti stipulati, prevalentemente, per la vendita di beni mobili. La stipula di questo tipo di contratti è legata alla forza contrattuale del soggetto venditore, in quanto consente la massima garanzia al cedente sulla vendita. L’acquirente, infatti si accolla tutti i rischi di senescenza e obsolescenza del bene, anche se la proprietà del bene non è ancora a lui stata trasferita. Questo tipo di clausola viene, solitamente, utilizzata a fronte della rateazione del prezzo, permettendo al promissario acquirente di entrare in possesso del bene solo al versamento dell’ultima rata.
La vendita con riserva di proprietà presenta alcuni aspetti peculiari rispetto alla generalità dei contratti con effetti traslativi differiti.
Il contratto con clausola di riserva di proprietà
Nel contratto di vendita con riserva di proprietà (o vendita a rate con patto di riservato dominio) le parti possono stipulare un contratto, stabilendo che l’acquirente provvederà al pagamento del bene in via dilazionata e, al contempo, che il medesimo possa divenire proprietario del bene citato, anche se ne ha già la materiale disponibilità, solo al momento del pagamento dell’ultima rata di prezzo.
L’aspetto fondamentale dello schema contrattuale in esame consiste quindi nel fatto che colui che si impegna ad acquistare il bene ne viene proprietario solo se ne paga l’intero prezzo, pur acquisendone la disponibilità precedentemente. L’istituto di questo tipo di contratto lo rinveniamo nell’alveo più generale dei contratti di vendita.
Attraverso la stipula di questo contratto si riesce a perseguire una duplice finalità:
- Da una parte vi è la tutela del venditore, in quanto il passaggio di proprietà del bene ceduto avviene solo al versamento dell’ultima rata, ovvero al completamento del pagamento dell’importo di vendita previsto;
- Il promissario acquirente, entrando immediatamente nella proprietà, fruisce del bene da subito.
La figura contrattuale della vendita con riservato dominio ha avuto una notevole diffusione nella prassi commerciale, perché è in grado di coniugare, accanto alla causa propria dei contratti traslativi della proprietà, la funzione di finanziamento a favore del compratore, e la funzione di garanzia a favore del venditore. L’istituto trova particolare applicazione con riguardo ai beni mobili registrati, agli immobili e anche nella vendita di azienda.
Per approfondire: “Il contratto di compravendita” e “La riserva di proprietà nella cessione di azienda“.
La cessione di immobile con riserva di proprietà nel codice civile
L’articolo 1523 prevede che nella vendita con riserva di proprietà, l’acquirente diviene proprietario del bene solo all’atto del pagamento dell’ultima rata del prezzo: ciò comporta che tra le parti viene stipulato un contratto di vendita che, per quanto riguarda il trasferimento di proprietà, è sottoposto ad una condizione sospensiva.
Questo significa che il prospettato acquirente, pur potendo materialmente utilizzare subito il bene oggetto della vendita, non può alienarlo a terzi. Se il prospettato acquirente non mantiene fede a tale obbligo il terzo diviene proprietario del bene solo se si tratta di una cosa mobile e se quest’ultimo è in buona fede. In tale ipotesi, però, il prospettato acquirente che ha venduto un bene non di sua proprietà è perseguibile per il reato di appropriazione indebita ai sensi dell’articolo 646 del codice penale.
Contratto con condizione sospensiva |
---|
Si tratta di una clausola contrattuale che si riferisce a un evento futuro e incerto, il cui verificarsi determina l’efficacia di un contratto. In altre parole, un contratto sottoposto a condizione sospensiva diventa valido e produce effetti giuridici solo quando si verifica l’evento specificato. Fino a quel momento, il contratto esiste formalmente, ma non è in grado di generare obblighi o diritti per le parti coinvolte. |
Effetti del contratto
A parte il trasferimento di proprietà, gli altri effetti del contratto si producono immediatamente. È per tale ragione che l’articolo 1523 del codice civile prevede che i rischi connessi alla vendita siano a carico dell’acquirente e pertanto per l’eventuale perimento del bene è responsabile l’acquirente (che quindi dovrà pagarne in ogni caso il prezzo).
Si può quindi affermare che nella “vendita con riserva di proprietà” si verifica una dissociazione tra il trasferimento della proprietà e l’assunzione dei rischi relativi alla esistenza ed alla funzionalità del bene, atteso che quando lo stesso viene consegnato al prospettato acquirente questi se ne assume i rischi della perdita o del deterioramento. Questo tipo di contratto di vendita è valido e si perfeziona con consenso delle parti sull’oggetto e sul prezzo.
Per quanto riguarda il corretto inquadramento contrattuale, l’Agenzia delle entrate, con la Risoluzione n. 28/E/2009 ha stabilito che:
Patto di riservato dominio
Il patto di riservato dominio, per il quale non è richiesta alcuna forma particolare salvo che non la imponga l’oggetto, deve essere stipulato contestualmente al contratto di vendita, e ciò allo scopo di garantire al venditore il ricevimento del corrispettivo pattuito ed al compratore il passaggio di proprietà del bene.
Peraltro, si ritiene che non sia vietata la stipulazione del patto di riservato dominio in un momento successivo alla conclusione del contratto di vendita a condizione, però, come anche riconosciuto dalla giurisprudenza, che la volontà di apporre al contratto la clausola di riserva della proprietà risulti da una documentazione ad hoc mediante il c.d. “negozio ricognitorio“.
Oggetto del contratto
Generalmente, vengono venduti con riserva di proprietà beni fungibili (si esclude però che i beni consumabili e trasformabili possano essere oggetto di questo tipo di contratto, atteso che l’utilizzazione, comportando di fatto la distruzione del bene, vanificherebbe la garanzia dell’acquirente).
Nulla esclude, tuttavia, che oggetto del contratto di vendita siano anche beni particolari e del tutto infungibili quali, ad esempio, le aziende. Inoltre, si ritiene che il “patto di riservato dominio” sia compatibile con l’alienazione di un diritto diverso da quello della proprietà, quale un diritto reale i un diritto di credito, a condizione però che tale diritto sia utilizzabile economicamente e sempre che, ovviamente, a condizione che la riserva di proprietà sia compatibile con l’esercizio del diritto ceduto (ad esempio, cessione di una servitù con il pagamento di un corrispettivo in denaro).
Cosa succede se il debitore è inadempiente?
Nel caso in cui il promissario acquirente dell’immobile si renda inadempiente vi sono delle conseguenze. A stabilire questo è l’art. 1525 del c.c., secondo il quale:
Risoluzione del contratto
Nella vendita con riserva di proprietà assume un’importanza fondamentale la disciplina della risoluzione. L’articolo 1525 del codice civile prevede che la risoluzione non può aver luogo per il mancato pagamento di una sola rata che non rappresenti più dell’ottava parte del prezzo pattuito.
Sul punto si consideri però che la giurisprudenza ha temperato la rigidità della norma, affermando che la violazione del predetto limite non comporta automaticamente il diritto a risolvere il contratto, atteso che è prima necessario valutare la situazione complessiva, ossia la possibile insolvenza del debitore, la diminuzione o la perdita delle garanzie, etc. Inoltre, è opportuno ricordare che la disposizione citata, essendo dettata allo scopo di evitare una vessazione del prospettato acquirente è inderogabile.
Effetti della risoluzione
L’articolo 1526 del codice civile prevede espressamente che in caso di risoluzione per causa addebitabile all’acquirente, il venditore, oltre a chiedere il risarcimento dell’eventuale danno, deve restituire le rate già riscosse, trattenendo un equo compenso. Lo stesso articolo dispone altresì che se il contratto prevede che il venditore possa trattenere le rate già pagate a titolo di indennità, il giudice, a cui anche il solo prospettato acquirente può rivolgersi, può ridurre l’indennità pattuita sino a farla divenire un equo compenso.
Ad esempio, nelle procedure fallimentari il Tribunale, per prassi consolidata, quando viene risolto un contratto di leasing finanziario stipulato allo scopo di acquistare un bene, obbliga la società di leasing a riprendersi il bene (anche se lo stesso è difficilmente rivendibile), è chiede alle medesime la restituzione di una parte dei canoni già versati; in tale ipotesi le predette società possono trattenere solo quella parte dei canoni che corrispondono all’utilizzo effettuato ed al risarcimento del danno subito a causa della risoluzione.
Rapporto con i terzi
La riserva della proprietà può essere opposta tanto dal compratore quanto dal venditore. Per quanto riguarda la situazione del prospettato acquirente, ove il contratto di compravendita abbia ad oggetto beni mobili, trova applicazione l’articolo 1524 del codice civile secondo cui la riserva di proprietà è opponibile ai creditori del medesimo solo nel caso in cui risulti da atto avente data certa. Nel caso in cui il contratto riguardi, invece, beni immobili e mobili registrati in pubblici registri si ritiene preferibile la tesi secondo cui deve essere attribuita priorità all’esecuzione della pubblicità (trascrizione) rispetto alla formazione dell’atto.
Nel caso del terzo acquirente del compratore (termine che comprende non solo i sub-acquirenti della cosa ma anche i creditori pignoratizi e ipotecari), trattandosi di beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri si applica la disciplina della trascrizione in modo da fare prevalere la riserva di proprietà o l’acquisto del terzo in base alla iscrizione anteriore.
Per quanto riguarda i creditori del venditore, l’articolo 1524 non fornisce alcun criterio. Alcune voci in dottrina ritengono che i creditori del venditore, non essendo prevista alcuna disciplina specifica, non siano meritevoli di tutela. In realtà, si ritiene che nel caso dei creditori dei venditori trovino applicazione i principi generali. Pertanto, per quanto riguarda i beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri, nel caso del terzo acquirente del venditore trova attuazione il principio generale della priorità della trascrizione. Per le altre categorie di beni, prevale il diritto del terzo se il suo acquisto è anteriore a quello del compratore con riserva salvo quanto stabilito dai principi generali in tema di possesso di buona fede e di revocabilità degli atti pregiudizievoli per il creditore.
Disciplina fiscale delle vendite con riserva di proprietà
Di seguito andiamo ad analizzare la fiscalità diretta che riguarda le cessioni con riserva di proprietà effettuate da privati o da aziende.
Fiscalità diretta per le cessioni dei privati
L’art. 67 del TUIR, relativo ai redditi diversi, è la normativa di riferimento per le cessioni di beni con riserva di proprietà da parte di privati. Per quanto riguarda i beni immobili occorre precisare che la vendita con riserva di proprietà produce materia imponibile solo quando la cessione avviene prima che sia decorso in quinquennio dall’acquisto. In deroga, non è applicabile la tassazione quando, nonostante la cessione avvenga nel quinquennio, l’immobile sia stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo. Sul punto vedasi le posizioni tenute dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 28/E/2009 e dalla risposta ad interpello n. 296/E/2019.
Per approfondire: “Plusvalenza cessione immobili: IRPEF o imposta sostitutiva“.
Fiscalità diretta per le cessioni effettuate da imprese
In questo caso la norma di riferimento è l’art. 109, co. 2 lett. a) del TUIR. La disposizione prevede che ai fini della determinazione del reddito di impresa, i corrispettivi delle cessioni e le spese di acquisizione si considerino sostenute:
- Per i beni immobili alla data di stipulazione dell’atto o, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale;
- Per i beni mobili alla data di consegna o spedizione o, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’atto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.
Occorre tenere in considerazione che l’art. 109 prevede che non si debba tenere conto di eventuali clausole di riserva di proprietà. Questo significa che i ricavi rilevano nel reddito di impresa:
- Per i beni mobili alla data di consegna o spedizione;
- Per i beni immobili alla data di stipula dell’atto.
Sul punto vedasi la Risposta ad interpello n. 92/E/2019 dell’Agenzia delle Entrate. Questo significa, indirettamente, che si viene a creare una differenza temporale tra effetti civilistici e fiscali del contratto di vendita con riserva di proprietà. Sotto il profilo civilistico, infatti, l’efficacia del trasferimento avviene al versamento dell’ultima rata. Sotto il profilo fiscale, invece, il momento di imponibilità si manifesta con la consegna del bene (beni mobili) o con la stipula del contratto (beni immobili).
Imposte indirette
L’art. 2, co. 2 n. 1) del DPR n. 633/72 considera cessioni anche le vendite con riserva di proprietà. In particolare, possiamo dire che la presenza di una differenza temporale tra disponibilità del bene e proprietà, comporta la classificazione di questa operazione non come cessione di beni, ma piuttosto come prestazione di servizi. In altre parole, gli atti giuridici che comportano il trasferimento della disponibilità materiale di un bene senza trasferirne la proprietà non rientrano nella categoria delle cessioni di beni ai fini Iva. Tali operazioni, invece, sono ricomprese nell’ambito delle prestazioni di servizi (come nel caso della locazione, del noleggio e del leasing).
In pratica, ai fini Iva, la consegna del bene (o la stipula dell’atto per i beni immobili) fa considerare l’operazione come effettuata ai fini Iva. Questo significa che l’imposta diviene esigibile immediatamente, senza la necessità di attendere il successivo ed eventuale verificarsi dell’effetto traslativo della proprietà ai fini civilistici.
IMU sugli immobili di spettanza de cedente sino al perfezionamento del contratto
Il venditore con riserva di proprietà di un bene immobile è tenuto al pagamento dell’IMU per tutto il periodo pattuito in cui il compratore versa le rate per l’acquisto e così fino al pagamento dell’ultima rata ed il trasferimento definitivo della proprietà in capo all’acquirente. Solo in questo momento l’acquirente diventa titolare del pagamento del tributo.
Rilevazione in bilancio del contratto
Con le disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015, per quanto riguarda la redazione del bilancio, in caso di contratti di vendita con riserva di proprietà, gli effetti contabili si verificano in modo immediato senza che abbia rilevanza il passaggio formale del diritto. Questo in relazione al principio di prevalenza della sostanza sulla forma.
Si ritiene quindi che, dal momento della consegna, il bene non debba più essere iscritto nel bilancio del venditore, ma in quello dell’acquirente/utilizzatore con contropartita un debito verso il venditore. L’acquirente, inoltre, assoggetterà ad ammortamento tale bene al fine di fare concorrere il relativo costo, pro-quota nel tempo, alla determinazione del risultato dell’esercizio. Allo stesso tempo il venditore deve rilevare la plusvalenza o minusvalenza conseguente alla vendita del bene, nonché un credito nei confronti dell’acquirente commisurato alla parte del prezzo da pagarsi a rate.
Nella nota integrativa dei bilanci del venditore e dell’acquirente si dovrà, inoltre, dare informazione dell’operazione per i suoi aspetti giuridici, contabili e sostanziali, sia con riferimento all’esercizio nel corso del quale è stipulata la vendita con riserva della proprietà, sia con riferimento ai successivi esercizi in cui ancora permane un rapporto creditorio e debitorio tra venditore e acquirente. Tale impostazione contabile presenta il vantaggio di non richiedere alcuna riconciliazione, in sede di redazione della dichiarazione dei redditi, tra la normativa civilistica e quella fiscale.