Vendere su Amazon: tasse e partita Iva per il dropshipping

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Avviare un’attività di dropshipping su Amazon rappresenta una delle soluzioni più accessibili per iniziare a vendere online senza dover gestire direttamente un magazzino o investire grandi capitali iniziali. Tuttavia, accanto all’entusiasmo per le prime vendite, emergono fin da subito dubbi su tasse, obblighi fiscali e partita Iva.

Molti si chiedono: serve davvero aprire una partita Iva? Quali tasse dovrò pagare? Come si gestisce la contabilità se vendo prodotti all’estero? Le risposte dipendono da diversi fattori, tra cui il volume delle vendite, la piattaforma scelta e il regime fiscale adottato.

Sia che tu venda tramite Amazon, sfruttando la logistica e la visibilità del marketplace, sia che tu costruisca un e-commerce indipendente con Shopify (magari usando un hosting dedicato), è fondamentale conoscere le regole fiscali italiane per evitare errori che potrebbero trasformare un’attività promettente in un problema legale o economico.

In questa guida, vedremo in modo chiaro e pratico quando è obbligatoria la partita Iva, come funziona la tassazione del dropshipping e quali differenze fiscali esistono tra Amazon e Shopify.

Obbligo di partita Iva per il dropshipping: quando serve davvero

Una delle prime domande che si pongono i nuovi venditori è se sia possibile vendere online senza partita Iva, magari iniziando in modo “occasionale”. La risposta, purtroppo, è spesso fraintesa: non è la piattaforma a determinare l’obbligo fiscale, ma la natura dell’attività.

Secondo le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, se l’attività di vendita è abituale, organizzata e continuativa, è obbligatorio aprire una partita Iva, anche se il fatturato iniziale è basso. Quindi, se stai progettando un’attività su Amazon o su Shopify con l’obiettivo di generare entrate regolari, non puoi considerarla attività occasionale.

Nel caso di Shopify, ad esempio, il venditore crea il proprio e-commerce personale, spesso appoggiandosi a un servizio di hosting esterno. In questa configurazione, tutta la responsabilità fiscale, burocratica e legale ricade sul titolare del negozio. Anche se si usano app che automatizzano ordini, spedizioni e pagamenti, non esiste alcuna esenzione fiscale legata all’automazione del processo.

Su Amazon, anche se parte della gestione logistica può essere affidata al programma FBA (Fulfillment by Amazon), resta comunque il dovere di emettere fatture regolari, tenere una contabilità ordinata e dichiarare i ricavi.

Aprire la partita Iva fin dall’inizio consente di lavorare in tranquillità, accedere a regimi agevolati (come il forfettario) e costruire un’attività solida, in regola con le norme italiane. Cercare scorciatoie può portare a sanzioni, controlli fiscali e blocco delle vendite.

Tassazione delle vendite online: aliquote, Iva e regimi fiscali

Chi avvia un’attività di dropshipping deve affrontare da subito il tema della tassazione. La scelta del regime fiscale è determinante per capire quante imposte dovrai pagare, quali adempimenti sono richiesti e come gestire correttamente la contabilità.

La maggior parte dei nuovi venditori sceglie il regime forfettario, riservato a chi ha un fatturato annuo non superiore a 85.000 euro. Questo regime prevede un’imposta sostitutiva unica (pari al 15%, ridotta al 5% nei primi 5 anni in alcuni casi) e non richiede l’applicazione dell’Iva sulle fatture emesse (maggiore attenzione, invece, alla fatturazione passiva da fornitori esteri). Inoltre, la contabilità è semplificata, anche se occorre adempiere ad esterometro ed alla fatturazione elettronica.

Tuttavia, se i volumi crescono o se si superano i limiti previsti, sarà necessario passare al regime ordinario, con l’obbligo di:

  • Applicare l’Iva sulle vendite;
  • Versare IRPEF in base agli scaglioni di reddito,
  • Contribuire alla Gestione commercianti IVS dell’INPS che prevede il versamento di contributi fissi annui, che coprono un reddito minimale, ed ulteriori contributi una volta superata la soglia reddituale.

Nel caso di vendite con Shopify, dove si utilizza un proprio sito e un servizio di hosting autonomo, tutti questi aspetti sono gestiti direttamente dal venditore. Shopify non si occupa della parte fiscale: è quindi essenziale monitorare le vendite, emettere le fatture corrette e compilare la dichiarazione dei redditi in modo puntuale.

Anche con Amazon, che fornisce un’interfaccia più strutturata e supporta alcuni automatismi (come i report delle vendite e dei pagamenti), resta comunque la responsabilità del venditore di registrare correttamente i ricavi, distinguere tra vendite nazionali ed estere e calcolare eventuali imposte dovute nei paesi di destinazione, se il volume di affari internazionale lo richiede.

Per evitare errori o sanzioni, è altamente consigliato affidarsi a un commercialista esperto in e-commerce, che sappia gestire aspetti complessi come la dichiarazione IVA trimestrale, il versamento dei contributi e la pianificazione fiscale. Se hai dubbi su questi aspetti contattaci per una consulenza fiscale online in materia di Iva nelle vendite online.

Differenze tra vendere su Amazon e Shopify dal punto di vista fiscale

Vendere su Amazon e vendere con Shopify non sono la stessa cosa, soprattutto dal punto di vista fiscale e gestionale. Ogni piattaforma ha caratteristiche proprie che influenzano il modo in cui devono essere trattati gli adempimenti fiscali, la fatturazione e il monitoraggio dei ricavi.

Amazon funziona come un marketplace centralizzato: il venditore si iscrive, carica i propri prodotti, e può decidere se gestire autonomamente la logistica oppure affidarsi al servizio FBA (Fulfillment by Amazon). Nel secondo caso, Amazon si occupa della spedizione, del reso e dell’assistenza clienti, ma non della parte contabile. Il venditore resta comunque obbligato a emettere fatture, dichiarare i guadagni e versare le imposte. Inoltre, poiché Amazon opera a livello globale, chi vende a clienti in altri paesi dell’Unione Europea deve monitorare le soglie Iva previste per ciascuno Stato e, se superate, valutare l’obbligo di identificazione Iva estera.

Shopify, invece, offre una maggiore libertà gestionale: si tratta di una piattaforma e-commerce che permette di creare un sito proprietario, completamente personalizzabile. Il venditore gestisce tutto: dal design del negozio alla configurazione del checkout, fino all’utilizzo di app e integrazioni con sistemi di pagamento, marketing o gestione magazzino. In questo caso, si utilizza spesso un servizio di hosting esterno per ospitare il sito web, e ogni aspetto dell’attività è sotto la completa responsabilità del titolare.

Dal punto di vista fiscale, per l’azienda che opera online è necessario che:

  • Vi sia l’emissione di fatture per ogni vendita, salvo casi specifici B2C, dove è possibile utilizzare il registro corrispettivi;
  • Tenere una contabilità aggiornata, per adempiere agli obblighi Iva e per le imposte sui redditi;
  • Registrare gli incassi, anche se generati tramite app o plugin collegati a una rete di affiliazioni;
  • Gestire i pagamenti internazionali, l’eventuale applicazione dell’Iva nei diversi paesi e gli obblighi fiscali connessi (valutazione del regime OSS UE).

Sia su Amazon che su Shopify, la chiave è la trasparenza fiscale. Anche se le piattaforme offrono strumenti digitali sempre più evoluti, la responsabilità ultima è sempre dell’imprenditore. L’uso di strumenti professionali per la contabilità, il supporto di un Dottore commercialista esperto e e una buona pianificazione fiscale sono essenziali per far crescere l’attività in modo stabile e sostenibile. Se hai dubbi o desideri approfondire questi aspetti contattaci per una consulenza online in materia di Iva sulle vendite online.

Consulenza fiscale online|Fiscomania.com

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