Tfr nei fondi pensione, cosa potrebbe cambiare?

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Si affaccia l'idea del TFR nei fondi pensione basato sul meccanismo del silenzio - assenso. L'esecutivo ci sta pensando nell'ambito della riforma delle pensioni e della messa a punto della Manovra 2025.

Prosegue il dibattito sulla riforma delle pensioni. Il Governo Meloni, già da inizio legislatura, aveva posto tra i principali punti del programma una modifica del sistema pensionistico che provi ad andare incontro ai lavoratori. Ma finora il ‘focus’ è stato posto solo sulle possibilità di uscita anticipata dal mondo del lavoro (senza ancora arrivare a soluzioni certe), trascurando l’importo degli assegni pensionistici. Ora spunta un’ipotesi che riguarda il TFR (Trattamento di Fine Rapporto).

Mentre infatti l’Esecutivo sta iniziando a considerare cosa potrebbe essere inserito nella Manovra 2025, sulla base delle risorse che riuscirà a racimolare, sta anche valutando l’idea di fare entrare il TFR nei fondi di pensione, in modo da garantire ai pensionati del domani assegni pensionistici più corposi. Vediamo quindi di capire in cosa consisterebbe esattamente questa idea e quali risvolti potrebbe avere.

TFR: dove è possibile destinarlo?

Innanzitutto cerchiamo di capire qual è la situazione attuale. Ad oggi, e sulla base della legge finanziaria del 2007, ciascun lavoratore può scegliere dove destinarlo avendo a disposizione 2 possibilità: lasciarlo in azienda oppure farlo andare in un fondo pensionistico complementare. Occorre però fare alcune precisazioni:

  • Quando un’azienda ha meno di 50 dipendenti resta effettivamente presso l’impresa;
  • Se l’azienda ha più di 50 dipendenti, se non lo si versa in un fondo pensione, verrà versato presso il Fondo di Tesoreria INPS.

Se viene trattenuto in azienda, una volta che il lavoratore viene licenziato o si dimette o va in pensione, quanto maturato durante il rapporto di lavoro viene liquidato per intero.

Cosa potrebbe cambiare?

Hanno fatto discutere le recenti dichiarazioni del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, il quale sembrerebbe aver prospettato l’introduzione di un vero e proprio obbligo di versamento di una parte (il 25%) del Tfr ad un fondo per la pensione complementare. Dal ministero del Lavoro invece Calderone ha voluto tranquillizzare spiegando come il meccanismo che si sta studiando esula da alcuna obbligatorietà. Continuerà a vigere la facoltatività del singolo lavoratore, ma con un incentivo a propendere per il deposito nei fondi pensionistici complementari, soprattutto con riguardo alle giovani generazioni. Sono infatti queste ultime che potrebbero giovarne per godere in futuro di un assegno pensionistico più corposo, alla luce anche della discontinuità lavorativa a cui sono spesso sottoposti.

L’idea allo studio del Governo vorrebbe che, laddove il lavoratore non si opponga espressamente comunicando di volerlo lasciare in azienda, allora questo verrebbe destinato altrove. Nel dettaglio, il dipendente avrebbe tempo 6 mesi per una decisione e in caso di mancata comunicazione vale la regola del silenzio assenso, con le somme maturate che quindi andrebbero a finanziare una futura rendita per la pensione integrativa.

Quando potrebbero arrivare le novità?

Finora si tratterebbe solo di ipotesi ma stando alle indiscrezioni, questa novità dovrebbe arrivare con l’approvazione della legge di Bilancio 2025, entrando quindi nel pacchetto “pensioni” che, su spinta della Lega, potrebbe anche prevedere l’estensione di Quota 41 per ogni lavoratore.

Tra l’altro la proposta di Calderone sembra avere il consenso di tutta la maggioranza, in quanto non avrebbe impatto sui conti pubblici, così come pure dei sindacati.

A essere invece contrarie potrebbero però essere le associazioni datoriali, dal momento che oggi per le piccole aziende quanto trattenuto nelle loro casse rappresenta ancora un aiuto importante. Non ci sarebbe invece alcuna differenza per le imprese più grandi in quanto, come visto sopra, queste hanno comunque l’obbligo di versare le somme maturate dai lavoratori nello specifico fondo Inps.

Ciò che starebbe in ogni caso alla base di questa novità sarebbe l’idea di dare uno slancio alle iscrizioni nei fondi pensionistici integrativi visto che ad oggi si calcola che in totale gli iscritti alla previdenza complementare siano i9,6 milioni, quindi il 36,9% della forza lavoro.

Conclusioni

Col 2025 potrebbe arrivare una novità. Il Governo starebbe studiando un’ipotesi volta a spingere la destinazione delle somme maturate a titolo di liquidazione nei fondi pensione complementari, per dare uno slancio a queste casse previdenziali integrative, soprattutto con riguardo ai giovani, e per favorire assegni pensionistici futuri più ricchi.

L’ipotesi è ancora al vaglio e andrà perfezionata nel dettaglio, ma se fosse confermata dovrebbe essere introdotta nella Manovra finanziaria 2025, nella quale dovrebbe essere introdotto il pacchetto riguardante la riforma delle pensioni, col benestare dei sindacati e della compagine politica della maggioranza.

In ogni caso questa nuova previsione non sarà obbligatoria come sembrava essere secondo le prime indiscrezioni, ma verrà data la facoltà di decidere ai lavoratori.

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Sabrina Maestri
Sabrina Maestri
Classe 1986, vogherese, aspirante consulente del lavoro. Appassionata di giornalismo, scrivo da anni per portali di informazione e testate giornalistiche online occupandomi di temi legati al mondo del lavoro, al fisco e bonus fiscali.
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