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Forfettario: le stock option rilevano come ricavi

Fisco InternazionaleTassazione di redditi esteriForfettario: le stock option rilevano come ricavi

L'imprenditore individuale che applica il regime forfettario e si vede assegnare un piano di stock option rappresentano un corrispettivo "in natura" per l'attività di consulenza resa classificabile tra i ricavi di cui all'art. 85, comma 1, lettera a), TUIR.

Per un imprenditore individuale che applica il regime forfettario l’attribuzione di piani di incentivazione azionaria (stock option) rappresentano compenso in natura relativo all’attività di impresa svolta in regime forfettario. Tale valore è classificabile tra i ricavi di cui all’art. 85, co. 1, lett. a) del TUIR (Risposta a interpello n. 271/E/22). Pertanto deve essere emessa fattura con il valore normale delle azioni esercitate applicando su tale valore il coefficiente di redditività (non tenendo in considerazione lo strike price).

La successiva vendita delle azioni determina l’eventuale emersione di una plusvalenza ex art. 67 del TUIR, il cui valore è dato dalla differenza tra valore di cessione e il costo di acquisto (determinato dalla somma tra lo strike price versato per l’opzione e il valore normale delle azioni che hanno concorso a formare il reddito dell’istante). Questo, a condizione che la cessione non rientri nell’attività propria di impresa del contribuente.

Trattamento fiscale delle stock option (cenni)

Ai fini fiscali la remunerazione derivante dall’esercizio dell’opzione per l’assegnazione delle partecipazioni, è rilevante.

Al riguardo, con la Risoluzione n. 29/E/01 è stato chiarito che il diritto di opzione consegue alla stipula di un contratto con il quale viene attribuito ad una parte il diritto di costituire il rapporto contrattuale finale mediante una nuova dichiarazione di volontà. Quindi, diversamente dalla parte vincolata che non è tenuta ad emettere altre dichiarazioni di consenso, l’opzionario, viceversa, per l’esercizio del diritto a lui attribuito deve manifestare espressamente la volontà di addivenire alla costituzione del contratto finale.

Pertanto, deve ritenersi che le azioni riservate al dipendente rientrano nella sua disponibilità giuridica solo nel momento in cui egli si avvale dell’opzione (exercise date) e non prima. Di conseguenza, la disciplina applicabile, in linea generale e tranne espressa previsione contraria, è quella vigente al momento in cui viene esercitato il diritto di opzione e non quella in essere quando le azioni sono state offerte.

Nel caso in cui il diritto di opzione non sia liberamente cedibile a terzi, il momento rilevante ai fini impositivi è costituito dal momento di esercizio di tale diritto, ossia alla data di exercising, indipendentemente dalla data di emissione o di consegna dei titoli stessi.

Il momento impositivo coincide, quindi, con il momento in cui le azioni riservate al dipendente rientrano nella sua disponibilità giuridica, e cioè nel momento di esercizio dell’opzione, e la base imponibile è costituita dalla differenza tra il valore normale delle azioni, determinato ai sensi dell’art. 9 TUIR al momento dell’esercizio del diritto di opzione, e quanto corrisposto dal lavoratore dipendente a fronte dell’assegnazione stessa.

Imponibilità come ricavo per i forfettari del valore normale delle stock option esercitate

Per quanto riguarda il trattamento fiscale legato all’assegnazione dei piani di stock option nei confronti del soggetto, esercente attività d’impresa in forma individuale (regime forfettario), costituisce un corrispettivo “in natura” per l’attività di consulenza resa alla società cliente (estera), classificabile tra i ricavi di cui all’art. 85, comma 1, lettera a), TUIR.

Il valore normale delle azioni assegnate a seguito dell’esercizio dell’opzione concorre alla formazione del reddito del forfettario nell’esercizio di assegnazione, senza tener conto di quanto versato dal medesimo a titolo di strike price. Pertanto, all’ammontare di tale valore normale si deve tenere conto ai fini del rispetto della soglia di ricavi o compensi per la permanenza nel regime (attualmente fissata a 85mila euro).

Sul valore normale deve essere applicato il coefficiente di redditività ordinariamente previsto per l’attività esercitata dal contribuente in regime forfettario, con l’applicazione dell’imposta sostitutiva. Pertanto, sul valore normale deve essere emessa fattura.

Successiva cessione delle azioni

L’Agenzia delle Entrate, sul punto, premette il fatto che la successiva cessione delle azioni sia estranea all’attività d’impresa svolta dal forfettario, tale cessione non determina la produzione di ricavi rilevanti ai fini del regime forfettario.

Tale operazione, invece, determina l’emersione di una eventuale plusvalenza ex art. 67 del TUIR. Tale plusvalenza, è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito per la cessione ed il costo di acquisto (determinato dalla somma tra lo strike price versato per l’opzione e il valore normale delle azioni che hanno concorso a formare il reddito dell’istante). Pertanto, tale plusvalenza deve essere qualificata quale reddito diverso da assoggettare all’imposta sostitutiva del 26%.

Disciplina IVA stock option forfettari

Con riferimento ai profili IVA, le azioni ricevute, per effetto dell’esercizio del diritto di opzione, sono il compenso per le prestazioni di servizi rilevanti ai fini IVA.

Ai sensi dell’art. 7-ter del DPR n. 633/72 le prestazioni di servizi fornite dall’istante, e remunerate con l’assegnazione di talune partecipazioni azionarie, non sono territorialmente rilevanti ai fini IVA nel territorio dello Stato in quanto prestate nei confronti di un soggetto non residente (la società committente).

Pertanto, resta l’obbligo per il contribuente in regime forfettario di emettere fattura ai sensi dell’art. 21, co. 6-bis, lett. b) del DPR n. 633/72 per la prestazione eseguita al committente extra UE con l’annotazione “operazione non soggetta a IVA“, consegnandone copia (analogica) al committente.

Sempre nel presupposto che la cessione delle azioni avvenga al di fuori dell’attività economica la predetta cessione non assume rilevanza ai fini IVA.

Compatibilità con il regime forfettario e operazioni con l’estero

Sul punto si evidenzia come non si esclude l’applicazione del regime forfettario di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, Legge n. 190/14, da parte dei soggetti che effettuano operazioni con l’estero, nel presupposto che la peculiare tipologia di operazioni non rappresenti di per sé indice di un’attività di maggiori dimensioni, incompatibile con il regime forfetario.

Conclusioni

La risposta ad interpello in commento è rilevante in quanto ammette la possibilità per il contribuente in regime forfettario di considerare come ricavi, il valore delle stock option al momento del loro esercizio (e non reddito assimilato a quello da lavoro dipendente). L’elemento da considerare è che, in questo modo, il valore fiscalmente rilevante non è dato dal valore normale delle azioni al netto del valore di assegnazione (strike price), ma esclusivamente dal valore normale a cui applicare il coefficiente di redditività utilizzato nell’attività propria esercitata.

L’unico aspetto su cui prestare attenzione è che il valore così determinato concorre al calcolo dei ricavi o compensi percepiti nell’anno in relazione al superamento della soglia massima consentita per il mantenimento del regime forfettario. Inoltre, nel caso in cui la successiva cessione delle azioni determini una plusvalenza, e qualora tale cessione non avvenga nell’ambito dell’attività di impresa esercitata si rendono applicabili le disposizioni degli art. 67 e 68 del TUIR, con applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%.

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