Home IVA nei rapporti con l'estero Splafonamento IVA: i 3 rimedi possibili

Splafonamento IVA: i 3 rimedi possibili

L'art. 7 co. 4 del D.Lgs. 471/97 punisce con la sanzione dal 100% al 200% dell'IVA chi, in mancanza dei presupposti di legge, dichiara all'altro contraente o in dogana di volersi avvalere della facoltà di acquistare beni o servizi oppure importare beni senza l'imposta o ne beneficia oltre il limite consentito.

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Nel caso in cui siano contestati all’esportatore abituale acquisti di beni senza il pagamento dell’IVA oltre il plafond disponibile si parla si splafonamento. In pratica l’esportatore abituale avrebbe dovuto pagare una maggiore IVA una volta finito il plafond a disposizione. Quando l’esportatore abituale utilizza oltre misura il plafond a sua disposizione può rimediare all’irregolarità attraverso tre modalità. Si tratta di tre possibilità  indicate dalla prassi ministeriale con la Circolare n. 50/E/2002 e n. 12/E/2010.

La prima, come vedremo, richiede l’intervento del fornitore mentre le altre due vengono effettuate direttamente dall’esportatore abituale senza alcun coinvolgimento del fornitore.

Vediamo, quindi, di seguito, quali sono le corrette procedure da seguire quando siamo di fronte ad un utilizzo superiore al consentito del plafond IVA. Infine, voglio analizzare un caso particolare, che riguarda la possibilità di dedursi l’IVA pagata a seguito di accertamento sull’esportatore che ha splafonato. Caso che riguarda la Risoluzione n. 28/E/2018.

Plafond IVA: aspetti generali

Gli operatori economici che intrattengono rapporti con l’estero si trovano nella situazione di emettere fatture senza IVA. Le cessioni di beni verso l’estero, infatti, sono operazioni “non imponibili“. Di conseguenza vi è il problema di dover assolvere l’IVA sugli acquisti effettuati. Seguendo questo schema gli esportatori abituali si troverebbero perennemente a credito di IVA. Considerata l’attesa richiesta per i rimborsi da parte dell’Amministrazione finanziaria ci sarebbe il rischio di trovarsi in uno squilibrio finanziario.

A tal proposito agli operatori definiti esportatori abituali è concesso, tramite l’istituto del plafond, di acquistare beni e servizi senza pagamento dell’IVA. Le norme di riferimento sono l’articolo 8, comma 1, lettera c) e comma 2, dello stesso articolo del DPR n. 633/72, integrati dal D.L. n. 746/83 e modificati dalla Legge n. 28/97. Norme che consentono ai soggetti che effettuano cessioni all’esportazione e operazioni assimilate, nel rispetto di talune condizioni, di poter acquistare beni e servizi evitando l’assoggettamento a imposta.

La procedura di fatturazione

Le fatture abbinate alla presentazione di una dichiarazione di intento sono emesse in regime di non imponibilità IVA in base all’articolo 8, comma 1, lettera c) DPR n. 633/72 (Natura operazione N3.5.). Il cessionario/committente le riporta tra gli acquisti, nel rigo VF17Acquisti e importazioni senza pagamento d’imposta, con utilizzo del plafond” della Dichiarazione annuale IVA.

Gli acquisti con dichiarazione di intento possono essere effettuati nei limiti del plafond disponibile ed è punito con la sanzione dal cento al duecento per cento dell’imposta, fermo l’obbligo del pagamento del tributo, chi beneficia della facoltà di acquistare o importare con dichiarazione di intento oltre il limite consentito (articolo 7, co. 4, D.Lgs. n. 471/97).

Esportatori abituali e plafond IVA

Per poter accedere a questo istituto è necessario acquisire lo status di esportatore abituale. In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera a), D.L. n. 746/83 dispone che per essere considerati esportatori abituali, è necessario:

aver effettuato nell’anno solare precedente (plafond fisso) o nei 12 mesi precedenti (plafond mobile) un ammontare di esportazioni o di altre operazioni con l’estero rilevanti, superiore al 10% del volume di affari

Senza entrare nel dettaglio delle operazioni da considerare, soddisfatta la condizione soggettiva si devono determinare i limiti entro i quali è possibile effettuare acquisti di beni e servizi senza l’applicazione dell’imposta. Ossia è necessario quantificare il plafond.

Il limite, quindi, di acquisti che possono essere effettuati senza applicazione dell’IVA è pari all’ammontare delle operazioni (compresi gli acconti) che rilevano ai fini dello status di esportatore abituale. Operazioni registrate nell’anno solare precedente o nei 12 mesi precedenti.

La dichiarazione di intento

Colui che intende effettuare acquisti utilizzando il plafond deve, prima dell’effettuazione dell’operazione, rilasciare apposita dichiarazione al fornitore in duplice esemplare denominata “dichiarazione di intento“. Una comunicazione in cui attesta, sotto la propria responsabilità, di possedere i requisiti di esportatore abituale. Con tale comunicazione chiede pertanto al fornitore di non applicare l’imposta ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del DPR n. 633/19. Detta dichiarazione deve essere numerata progressivamente e preventivamente inviata all’Agenzia delle Entrate che rilascia apposita ricevuta telematica. Successivamente, il fornitore verificherà l’esistenza della lettera di intento e procederà all’effettuazione dell’operazione senza applicazione dell’IVA.

Tipologie di plafond IVA

Prima di analizzare le cause che possono dare origine ai c.d. “splafonamenti” e le operazioni per porvi rimedio, è doveroso fare alcune considerazioni sui vari tipi di plafond. Questo in quanto è proprio dell’errata determinazione del plafond che si verificano la maggior parte degli utilizzi oltre il limite consentito.

Plafond libero e vincolato

Una prima distinzione è tra plafond libero e plafond vincolato. Per meglio comprendere si ipotizzi il seguente caso:

Ita A (primo cedente) cede a Ita B (secondo cedente) merci per €. 50.000 euro e, su incarico di Ita B, Ita A spedisce direttamente la merce in USA.
Ita B che ha acquistato da Ita A cede la merce al cliente USA per €. 60.000.

Entrambi gli operatori nazionali hanno effettuato operazioni che generano plafond. Tuttavia, con la differenza che Ita A ha generato un plafond libero per €. 50.000 e Ita B ha generato un plafond libero per  €. 50.000 pari al costo di acquisto della merce e un plafond vincolato per €. 10.000. Questa tipologia di plafond è pari alla differenza tra il prezzo di cessione triangolare e acquisto.

La differenza tra i due plafond è importante e può portare a errori e quindi a splafonamenti. Questo se non si tiene in considerazione che il plafond vincolato può essere utilizzato solo per l’acquisto di merce:

  • Da esportare o cedere nella UE;
  • Nello stato originario (senza trasformazioni, lavorazioni, montaggio etc.).

Un eventuale suo utilizzo per l’acquisto di beni o servizi diversi da quelli indicati comporterà uno splafonamento da regolarizzare nei modi che vedremo. Il plafond libero può essere, invece, utilizzato per qualsiasi acquisto.

Plafond fisso e plafond mobile

Come già accennato, il plafond può essere costituito dalle operazioni di export e assimilate, cessioni intracomunitarie effettuate:

  • Nell’anno solare precedente (plafond fisso);
  • Nei 12 mesi precedenti (plafond mobile).

L’esportatore abituale che intende avvalersi del plafond deve monitorare costantemente l’utilizzo della somma a disposizione per non incorrere nello splafonamento.

La gestione del plafond mobile è sicuramente più complessa nel calcolo. Questo in quanto l’operatore, oltre a controllare le somme utilizzate deve effettuare ogni mese la verifica dello status di esportatore abituale. Pertanto, alla fine di ogni mese deve:

  • Verificare lo status di esportatore abituale ovvero comparare le esportazioni e operazioni assimilate dei 12 mesi precedenti con il volume di affari dei 12 mesi precedenti;
  • Determinare il valore delle operazioni che hanno generato plafond nei 12 mesi precedenti (aggregato A);
  • Determinare il volume degli utilizzi netti, ovvero togliere dal totale degli acquisti con plafond effettuati nei 12 mesi precedenti il volume delle esportazioni del 13° mese precedente (aggregato B);
  • Infine, determinare l’ammontare del plafond disponibile all’inizio del mese pari all’aggregato A meno l’aggregato B.

È evidente quanto sia necessario un attento monitoraggio delle operazioni per non splafonare.

Lo splafonamento IVA da parte dell’esportatore abituale

Lo splafonamento si realizza nel momento in cui il plafond viene utilizzato oltre il limite consentito. Con il plafond fisso, uno splafonamento preclude ulteriori operazioni in esenzione nell’anno. Questo per l’evidente motivo che il plafond rimane il medesimo per tutto l’anno. Dunque, successivamente al momento in cui si è splafonato, ogni successivo acquisto in esenzione determina una ulteriore violazione. Con il plafond mobile può invece accadere che il contribuente che abbia splafonato in uno o più mesi mantenga un plafond disponibile per gli altri periodi. Ciò perché il calcolo del plafond mobile, come sopra illustrato, va calcolato ogni mese.

Lo splafonamento può accadere quando non è stato sufficientemente verificato il plafond residuo. Tuttavia, può accadere anche per motivi che non dipendono da una mancanza di controllo bensì da eventi che non erano prevedibili tra i quali:

  • Emissione di note di credito;
  • Acconti ricevuti per beni destinati all’esportazione ma di fatto mai esportati.

Lo splafonamento può riguardare sia acquisti interni (splafonamento per acquisti interni) che importazioni (splafonamento nelle importazioni).

Note di credito e plafond IVA

L’emissione delle note di credito comporta la riduzione delle operazioni originarie diminuendo, di conseguenza il plafond disponibile. Come precisato dalla Circolare n. 8/D/2003 dell’Agenzia delle dogane sono 2 i momenti temporali in cui possono essere emesse le note di credito:

  • Nello stesso anno di effettuazione dell’operazione; di conseguenza si avrà una riduzione del plafond disponibile per lo stesso periodo;
  • In un periodo successivo; conseguentemente la nota può essere emessa:
    • Immediatamente nel periodo successivo. Ciò comporta la necessità di tenerne conto nell’ammontare del plafond che si è formato nell’esercizio precedente in cui ha avuto luogo l’operazione riducendolo. Se al momento dell’emissione della nota la ditta aveva già utilizzato tutto il plafond ci si troverà di fronte a una ipotesi di splafonamento.
    • In esercizi successivi. La riduzione del plafond deve comunque avvenire per competenza e quindi intaccare l’ammontare di plafond formatosi nell’esercizio a cui fa riferimento la nota di credito. Questo potrebbe comportare splafonamento se la ditta ha utilizzato tutto il plafond originato nell’anno di riferimento della nota.

È doveroso precisare che in caso di emissione di nota di credito per restituzione di merce difettosa, l’emissione non ha effetti sul plafond. Questo in quanto la reintroduzione di beni in precedenza esportati fuori dal territorio dell’Unione Europea costituisce un’importazione a tutti gli effetti. Di conseguenza la reintroduzione non annulla la precedente esportazione non andando a intaccare il plafond creato in precedenza.

Note di debito e plafond IVA

Nella formazione del plafond bisogna considerare anche le note di debito. Con la citata circolare sono state indicazioni anche in merito all’eventuale emissione di note di debito obbligatorie ai sensi dell’articolo 26, comma 1, del DPR n. 633/72:

  • Se emesse nel corso dell’anno vanno direttamente in aumento del plafond disponibile;
  • Se emesse l’anno successivo non devono aumentare il disponibile di quell’anno ma del precedente in cui ha avuto origine l’operazione principale. Oppure, se ne può tener conto con una annotazione idonea nel prospetto di utilizzo di cui all’articolo 10, del DPR n. 435/2001;
  • Se viene emessa in esercizi successivi l’effetto è definitivamente perduto in quanto non è possibile un aumento del plafond per competenza e i termini per l’utilizzo del plafond sono scaduti.

Acconti su esportazioni e plafond IVA

Come accennato, altra causa di splafonamento può derivare dal ricevimento di acconti. La Legge n. 28/97, modificando la disciplina previgente, ha introdotto una notevole semplificazione per il calcolo del plafond. Il plafond non si forma più in base alle operazioni rilevanti effettuate nell’anno precedente, ma sulla base delle operazioni registrate. Da ciò discende, come chiarito dalla Circolare n. 145/E/98, paragrafo 7, che l’adozione del criterio di registrazione comporta che nelle ipotesi di emissione anticipata di fattura o di pagamento anticipato dei corrispettivi.

Tali importi concorrono non solo alla determinazione dello status di esportatore abituale agevolato, ma anche a quella del plafond. È ovvio che in tali casi è comunque necessario comprovare con idonea documentazione l’effettiva uscita del bene dal territorio comunitario. Infatti, in mancanza di questa prova la Circolare n. 145/E/98 chiarisce che gli importi delle accennate operazioni riducono del corrispondente ammontare la disponibilità del plafond. Questo con il conseguente obbligo di regolarizzare gli eventuali acquisti e/o importazioni effettuati senza pagamento dell’imposta con utilizzo del plafond.

Utilizzo del plafond IVA

Per determinare se si è in presenza di uno splafonamento è necessario determinare il momento in cui il plafond si considera utilizzato. Il momento temporale da tenere in considerazione è quello dell’effettuazione dell’operazione così come indicato dall’articolo 6, del DPR n. 633/72 ossia:

  • Per quanto riguarda l’acquisto di beni nazionali esso coincide con la consegna o spedizione dei beni;
  • Per quanto riguarda i servizi esso coincide con il pagamento dei corrispettivi;
  • Infine, per quanto riguarda le importazioni ai sensi dell’articolo 36, comma 2, Tuld approvato con DPR n. 43/1973, esso coincide con la data di accettazione della bolletta doganale.

Se anteriormente al verificarsi degli eventi sopra indicati viene emessa una fattura o pagato un acconto, l’operazione si considera effettuata. Questo nei limiti dell’importo fatturato o pagato alla data delle fattura o del pagamento. È importante evidenziare che il momento in cui si considera utilizzato il plafond coincide con l’effettuazione dell’operazione e non con la registrazione della fattura (come invece accade per la formazione del plafond).

Quindi nell’utilizzo devono essere computate anche le operazioni per le quali non sono ancora pervenuti i documenti, nonché le operazioni che non sono ancora state registrate. In presenza di operazioni differite ex articolo 21, comma 4, DPR n. 633/72 il cessionario dovrà quindi computare l’acquisto con riferimento alla data di emissione del documento di trasporto. Da quanto sopra è evidente quale attenzione l’esportatore abituale deve avere sull’utilizzo del plafond e come può essere facile cadere nello “splafonamento“.

Sanzioni per lo splafonamento IVA dell’esportatore abituale

In caso di utilizzo del plafond oltre il limite consentito, l’articolo 7, comma 4, D.Lgs. n. 471/97 prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell’imposta non assolta. Inoltre, i cessionari o committenti o importatori che hanno utilizzato oltre misura il plafond disponibile sono tenuti, in via esclusiva, al pagamento dell’IVA che avrebbe dovuto essere addebitata nei loro confronti. Questo in base a quanto chiarito dalla Circolare n. 23/E/1999 punto 3.4.

Se il superamento del limite consegue a mancata esportazione, da parte del cessionario e del commissionario entro i 90 giorni dall’acquisto, secondo le disposizioni di legge, la sanzione è ridotta alla metà. Mentre, non è applicata se l’imposta viene versata entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’esportazione previa regolarizzazione della fattura (Circolare n. 23/E/99). Questo può accadere, per esempio, quando abbiano concorso alla formazione del plafond acconti ricevuti su merce da esportare e a causa del cessionario o committente l’esportazione non sia poi avvenuta. In tal caso, infatti, come già precisato, la accennata operazione riduce il plafond disponibile.

Ravvedimento operoso in caso di splafonamento IVA

Il meccanismo del ravvedimento operoso permette, al contribuente che ha commesso delle irregolarità fiscali o delle omissioni, di regolarizzare spontaneamente la propria posizione. Il vantaggio è quello di ottenere una riduzione delle sanzioni applicabili. La Legge 190/14 ha introdotto nuove ipotesi di ravvedimento operoso. È possibile effettuare il ravvedimento anche dopo la constatazione della violazione e le sanzioni sono così ridotte:

  • Ravvedimento eseguito entro il 30° giorno dalla data della commissione della violazione: sanzione ridotta pari a 1/10 della minima;
  • Il Ravvedimento entro il 90° giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro il 90° giorno dall’omissione o dall’errore sanzione ridotta a 1/9 della minima;
  • Ravvedimento eseguito entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso della quale la violazione è stata commessa, o quando non è prevista la dichiarazione periodica, entro 1 anno dall’omissione o dall’errore: sanzione ridotta a 1/8 della minima;
  • Il Ravvedimento eseguito entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso della quale è stata commessa la violazione o, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro 2 anni dall’omissione o dall’errore: sanzione ridotta a 1/7 della minima;
  • Ravvedimento eseguito oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso della quale è stata commessa la violazione, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre 2 anni dall’omissione o errore: sanzione ridotta a 1/6 della minima;
  • Ravvedimento nel caso in cui la regolarizzazione avviene dopo la constatazione di violazione mediante processo verbale: sanzione ridotta a 1/5 della minima.

La regolarizzazione dello splafonamento IVA dell’esportatore abituale

La regolarizzazione può avvenire secondo tre modalità alternative illustrate nella Circolare n. 50/E/2002 (si veda anche la Circolare n. 12/E/2010, punto 3.7). Si tratta delle seguenti.

Richiesta al fornitore di una variazione in aumento di sola IVA

Richiedere al cedente o prestatore di effettuare ai sensi dell’articolo 26, del DPR n. 633/72 le variazioni in aumento dell’IVA non addebitata in fattura. In tal caso resta, comunque, a carico dell’acquirente l’obbligo del pagamento degli interessi e delle sanzioni. La ditta acquirente potrà avvalersi del ravvedimento operoso sopra illustrato.

Ipotizziamo che per un errore di contabilizzazione dell’utilizzo del plafond la ditta nel mese di maggio abbia erroneamente richiesto a un cedente nazionale altri €. 5.000 di acquisti senza l’applicazione dell’IVA. Ipotizziamo che si renda conto dell’errore nel mese di settembre dello stesso anno.

L’operazione di acquisto (imponibile e imposta) deve essere riportata in dichiarazione annuale IVA, nel quadro VF degli acquisti, nel rigo corrispondente all’aliquota applicata. Conseguentemente, l’importo della fattura in precedenza emessa dal fornitore in regime di non imponibilità non deve essere indicato nel rigo VF17. La procedure da seguire è la seguente:

  • Avvalendosi del ravvedimento operoso l’acquirente deve provvedere al versamento delle sanzioni nella misura ridotta ai sensi dell’articolo 13, D.Lgs. n. 472/97 utilizzando il modello F24. Deve essere indicato il codice tributo 8904 per le sanzioni (sanzione pecuniaria Iva ravvedimento operoso) e per gli interessi il codice tributo 1991;
  • Il versamento dell’IVA deve essere effettuato in sede di liquidazione periodica dal cedente.
  • L’acquirente registra la nota di debito ricevuta nella propria contabilità sul registro acquisti portando in detrazione l’IVA relativa.

Questa procedura ha il difetto di coinvolgere direttamente il cedente o prestatore nella regolarizzazione che deve provvedere a versare l’IVA rendendo edotto il proprio fornitore di aver splafonato. Inoltre, la procedura può risultare di difficile applicazione quando, per esempio, l’acquirente si rende conto, di aver superato il plafond per diverse fatture relative a differenti fornitori. In questo caso risulterebbe ovviamente complicato, contattare tutti i fornitori e chiedere di emettere note di debito.

Emissione di autofattura per regolarizzare l’IVA

Una alternativa alla procedura illustrata, che non coinvolge direttamente il cedente o prestatore nella regolarizzazione dell’operazione è l’autofattura. Secondo questa modalità di regolarizzazione dello splafonamento l’acquirente deve:

  • Emettere autofattura elettronica (Tipo documento TD21 – Autofattura per splafonamento). Documento contenente gli estremi identificativi di ciascun fornitore. Il numero progressivo di protocollo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond e l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata;
  • Provvedere al versamento dell’imposta oltre gli interessi e le sanzioni nella misura ridotta ai sensi dell’articolo 13, D.Lgs. n. 472/97. Questo utilizzando il modello F24, indicando per l’imposta il codice tributo del periodo in cui erroneamente è stato effettuato l’acquisto senza l’applicazione dell’Iva (esempio 6009 se ciò è avvenuto nel mese di settembre), per le sanzioni il codice 8904 e per gli interessi il codice tributo 1991;
  • Annotare l’autofattura nel registro degli acquisti;
  • Presentare l’autofattura all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio.

In questo modo, l’imposta regolarizzata confluirà nell’ammontare dell’imposta in detrazione della dichiarazione annuale e contemporaneamente nell’ammontare dei versamenti.

L’autofattura elettronica

Nell’autofattura elettronica i campi del cedente/prestatore ed i campi del cessionario/committente devono essere riportati i dati dell’esportatore abituale che emette l’autofattura. L’autofattura deve contenere gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond e l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata. Tale imposta è versata autonomamente dall’esportatore abituale in F24 indicando il codice tributo del periodo in cui erroneamente è stato effettuato l’acquisto senza applicazione dell’IVA. Per il perfezionamento dell’operazione occorre versare anche gli interessi e la sanzione ridotta. Nel file TD21 nella Compilazione del campo 2.2.1.16.1 “TipoDato” della sezione “Altridatigestionali” deve essere compilato il valore “F24”. L’autofattura è annotata nel registro degli acquisti.

Indicazioni in dichiarazione IVA

Nella dichiarazione annuale la regolarizzazione viene segnalata indicando:

  • Nel quadro VF della dichiarazione annuale IVA l’imposta a credito detraibile esposta in autofattura in corrispondenza del rigo relativo all’aliquota applicata;
  • Nel rigo della dichiarazione annuale IVA che comprende l’ammontare dei versamenti periodici, da ravvedimento, interessi trimestrali, acconto anche l’importo dell’imposta versata a seguito di regolarizzazione;
  • Il rigo variazioni in aumento dell’IVA a debito l’importo a debito corrispondente all’IVA versata. Ciò al fine di evitare una doppia detrazione che si avrebbe dovendo indicare, come sopra esposto, sia nel quadro VF sia nel quadro VL l’imposta esposta in autofattura l’IVA;
  • A seguito della regolarizzazione, la fattura o la bolletta di importazione, a suo tempo emessa senza l’applicazione dell’imposta, non potrà trovare spazio nel rigo VF17, essendo divenuta assoggettata a imposta.

Tale procedura può essere adottata solo entro il 31 dicembre dell’anno in cui si è realizzato lo splafonamento e non oltre.

Regolamento in sede di liquidazione periodica IVA

Una terza via illustrata dalla circolare per regolarizzare lo splafonamento può essere effettuata già in sede di liquidazione periodica. In tal caso l’acquirente deve:

  • Contabilizzare la maggiore imposta derivante dall’autofattura emessa e degli interessi dell’IVA a debito;
  • Versare la sanzione seguendo la procedura illustrata dalla seconda procedura;
  • Emettere autofattura elettronica;
  • Annotare l’autofattura nel registro acquisti.

Tramite questa procedura, il versamento dell’IVA non esposta in fattura viene effettuato direttamente con la liquidazione periodica.

In dichiarazione annuale IVA, l’operazione deve essere riportata nel quadro VF con imponibile ed IVA, nei versamenti del rigo VL30 (l’imposta è stata versata nella liquidazione) e nel rigo VE25 con segno “+”. L’importo della fattura del fornitore emessa in regime di non imponibilità non deve essere indicato nel rigo VF17.

Splafonamento nelle importazioni

La possibilità di applicare il ravvedimento operoso anche nello splafonamento relativo alle importazioni è stata in passato messa in discussione. L’Agenzia delle dogane ha da ultimo riconosciuto l’applicabilità dell’articolo 13, D.Lgs. n. 472/97 anche nelle ipotesi di regolarizzazione in materia di importazioni, (nota Agenzia delle dogane n. 102985/2001).

In base all’articolo 34, del DPR n. 43/73, l’imposta sulle importazioni è riconducibile nel novero dei diritti di confine, pertanto, la competenza relativa alla riscossione, anche in caso di splafonamento, spetta agli uffici doganali. Da ciò deriva che eventuali versamenti per ravvedimento operoso derivanti da splafonamento per acquisti in dogana, debbano essere regolarizzati agli uffici doganali. Anche in tale ipotesi l’imposta versata in sede di regolarizzazione è detraibile, sempreché ne ricorrano i relativi presupposti previsti dagli articoli 19 e ss., DPR n. 633/72.

Detrazione dell’IVA possibile dopo l’avvenuta regolazione dell’accertamento anche senza autofattura

Arrivati a questo punto può essere interessante andare a notare la Risoluzione n 28/E/2018 dell’Agenzia delle Entrate. Risoluzione che risponde ad un interpello formulato in materia di splafonamento IVA.

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 35/E/2013 ha chiarito la procedura da adottare nei casi in cui siano stati contestati ad esportatori abituali acquisti senza il pagamento dell’IVA oltre il limite del plafond disponibile. Agli stessi è concessa la possibilità di esercitare direttamente il diritto alla detrazione dell’IVA, di cui all’articolo 19 del DPR n. 633/72, pagata a seguito di accertamento. L’aspetto importante di questa risoluzione è il seguente.

L’Agenzia ha affermato che il cessionario committente esportatore abituale a seguito di conciliazione conclusa dopo l’accertamento ha facoltà di detrarsi l’IVA. Il cessionario, infatti, una volta versato l’intero ammontare dell’IVA dovuta a seguito di splafonamento ha diritto alla detrazione della stessa. Una volta che l’IVA è pagata non può essere negato il diritto alla detrazione della stessa. Inoltre, è stato affermato che in tal caso il cessionario committente esportatore abituale potrà anche non emettere autofattura. Questo ancorché se ne consigli l’utilizzo per avere traccia della detrazione IVA effettuata.

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