Spesso possono sorgere dubbi che riguardano la possibilità di svolgere un secondo lavoro in Italia. Secondo la normativa italiana, è possibile svolgere un secondo lavoro aggiuntivo rispetto al primo, tuttavia bisogna rispettare alcune regole per non incorrere in spiacevoli situazioni o sanzioni di vario tipo.
Bisogna fare prima di tutto una distinzione tra lavoro autonomo e dipendente, per chiarire il caso specifico. Può accadere infatti che un lavoratore dipendente desideri aggiungere un altro lavoro come dipendente e svolgere un’attività in più: in questo caso dovranno essere rispettate alcune regole per far coesistere i due lavori di tipo subordinato.
Esiste tuttavia anche la possibilità di svolgere un secondo lavoro aggiuntivo, rispetto a quello dipendente, in modalità autonoma, per cui è necessario essere provvisti di una Partita IVA con codice ATECO corretto. Tuttavia anche in questo caso, per non entrare in situazioni di conflitti o illeciti, è necessario essere sicuri di rispettare diverse regole per poter avviare un’attività autonoma insieme ad un lavoro dipendente.
Esistono diverse possibilità per cui anche i lavoratori dipendenti del settore pubblico possano aggiungere un secondo lavoro alla prima attività, anche in questo caso secondo alcuni requisiti. Infine, un lavoratore autonomo può liberamente scegliere di svolgere due attività diverse, entrambe autonome, con la propria Partita IVA. Analizziamo nell’articolo tutti i casi possibili e le regole della normativa italiana.
Secondo lavoro per dipendenti
Quella di svolgere un secondo lavoro ad oggi è una scelta molto più diffusa rispetto al passato, soprattutto con l’avvento dello smart working. Per i lavoratori dipendenti, la scelta di iniziare un secondo lavoro può essere vantaggiosa dal punto di vista economico, con l’obiettivo di arrotondare lo stipendio.
Tuttavia va sempre tenuto presente che per poter svolgere un secondo lavoro seguendo la normativa italiana, è necessario che si verifichino due requisiti:
- Il settore del nuovo lavoro non deve essere in diretta concorrenza con il primo lavoro, il divieto di non concorrenza è sancito dall’art. 2015 c.c.. Il divieto di tale obbligo da parte del lavoratore potrebbe comportare un licenziamento per giusta causa;
- Va rispettato l’orario del primo lavoro, e non possono essere superate alcune soglie massime di ore lavorate settimanalmente, per quanto riguarda lavori di tipo dipendente, ovvero le 48 ore standard.
Un lavoratore dipendente può quindi decidere liberamente di affiancare il primo lavoro ad un secondo lavoro, tuttavia molto dipende dalla tipologia di mansione svolta e dall’orario. Per un lavoratore dipendente part time, può essere molto vantaggioso affiancare un altro lavoro part time, o con contratto a chiamata, o in alternativa, un lavoro autonomo. Analizziamo tutte le situazioni.
Lavoratore dipendente con secondo lavoro dipendente
La prima situazione possibile è quella per cui un lavoratore dipendente decide di svolgere un altro lavoro come seconda mansione, sempre da dipendente. Questo significa che il lavoratore disporrà di due contratti lavorativi differenti con due imprese o aziende differenti.
In base a quanto visto sopra, per poter svolgere due lavori di questo tipo, è necessario principalmente non superare le 48 ore massime di lavoro della settimana, ed è anche necessario che le aziende per cui opera il lavoratore non siano in diretta concorrenza tra di loro.
Ogni contratto di lavoro può prevedere specifiche eventualità in cui il lavoratore può svolgere un secondo lavoro: in questo caso è necessario attenersi alle linee guida contenute nel contratto, soprattutto quando si cerca una seconda occupazione come lavoratore dipendente. Risulta possibile quindi svolgere due lavori part time, perché la normativa italiana lo prevede, quando vengono rispettate le regole viste sopra.
Questo vuol dire che il lavoratore avrà diritto ad una giornata di riposo, caratterizzata da almeno 24 ore di riposo consecutive durante la settimana. Il lavoratore inoltre deve rispettare i limiti dettati dalla concorrenza, ovvero deve lavorare nel rispetto delle procedure di ogni singola azienda per cui lavora, senza recare danno ad una delle due.
Generalmente, la norma in Italia prevede che il lavoratore che svolge un lavoro per due aziende svolga anche due mansioni differenti, oppure che il settore del secondo lavoro sia completamente differente dal primo, per evitare la concorrenza sleale e rispettare l’obbligo di riservatezza. Ricapitolando, è possibile svolgere un doppio lavoro come dipendente in entrambi i casi se:
- Il lavoratore non supera le 48 ore di lavoro settimanali;
- Il lavoratore ha accesso ad una giornata di riposo da 24 ore a settimana;
- Il lavoratore ha accesso al riposo giornaliero di 11 ore consecutive ogni 24 ore;
- Il lavoratore non agisce in modo da creare concorrenza sleale (a meno che non sia autorizzato da entrambe le aziende a svolgere la stessa mansione);
- Il lavoratore rispetti il dovere di riservatezza;
Contributi e imposte
Per quanto riguarda i contributi INPS, il lavoratore li versa per le ore svolte durante la settimana, tuttavia non viene calcolata una doppia contribuzione: le settimane non contano come doppie per l’accesso alla pensione. La quota versata per i contributi però potrebbe essere maggiore rispetto allo svolgimento di un unico lavoro.
Per quanto riguarda invece le imposte, bisogna sapere che i redditi cumulati si sommano tra loro per determinare il reddito complessivo su cui sono applicate le imposte. Nel caso di due lavori quindi l’aliquota IRPEF potrebbe essere più alta rispetto al lavoro singolo, in quanto fa riferimento alla somma complessiva dei redditi.
In fase di dichiarazione dei redditi, vanno riportati i redditi percepiti da ciascun lavoro, per cui non importa se vengono svolti due lavori, ciò che conta è lo stipendio complessivo, per l’applicazione delle tasse, in particolare l’IRPEF. In ogni caso è necessario dichiarare tutti i redditi percepiti, in mancanza di dichiarazione anche di una parte dei redditi, si può parlare di evasione fiscale.
Lavoratore dipendente e secondo lavoro autonomo
Un’altra possibilità è quella di avviare una attività di tipo autonomo insieme allo svolgimento di un lavoro come dipendente presso una azienda. In questo caso si può procedere in due modi:
- Con ritenuta di acconto nel caso di prestazione occasionale, senza superare i 5.000 euro annui;
- Con l’apertura della Partita IVA per avviare una professione autonoma o un’impresa.
Nel secondo caso, il lavoratore può continuare la propria attività dipendente e avviarne una autonoma aprendo una partita IVA e scegliendo il codice ATECO corrispondente alla professione. Anche in questo caso è fondamentale non agire in diretta concorrenza con l’azienda, per cui si consiglia di:
- Verificare la possibilità di avviare un lavoro autonomo tramite il proprio contratto;
- Parlare con il datore di lavoro chiedendo l’autorizzazione a svolgere un lavoro similare.
Anche in questo caso comunque è necessaria la massima trasparenza per non incorrere nel rischio di perdere il proprio lavoro come dipendente. Come nel caso di due lavori come dipendente, anche nel caso di apertura di una attività autonoma, è necessario che i due orari di lavoro non coincidano, e che si mantenga la riservatezza rispetto ai lavori svolti.
Contributi e imposte
Per quanto riguarda i contributi, bisogna fare una distinzione: i lavoratori dipendenti versano i contributi e le tasse tramite la propria busta paga, ovvero è il datore di lavoro, come sostituto di imposta, ad occuparsene. I lavoratori autonomi con Partita IVA invece procedono in modo autonomo, al versamento delle proprie quote da destinare all’INPS o al fisco, con l’aiuto eventualmente di un commercialista.
Nel caso di professionisti autonomi, che lavorano anche come dipendenti, è necessario iscriversi alla Gestione Separata INPS, a cui si verseranno le quote per il lavoro autonomo. Allo stesso tempo vengono anche versate le cifre maturate con il lavoro dipendente. Tuttavia in questo caso l’aliquota dei contributi dal lavoro autonomo può essere leggermente ridotta.
Lo stesso accade se il professionista è iscritto ad un Albo e versa i contributi per il lavoro autonomo ad una cassa previdenziale differente dall’INPS. Per quanto riguarda le tasse, è possibile per chi svolge un lavoro dipendente aprire una Partita IVA a regime forfettario, tuttavia senza superare il reddito lordo annuo di 30.000 euro da lavoro dipendente. In questo caso i due redditi non fanno cumulo per le tasse, ma sono gestiti separatamente.
Nel caso di lavoratori autonomi che lavorano nel settore del commercio, non è necessario iscriversi alla gestione separata commercianti, purché il reddito da lavoro dipendente risulti prevalente rispetto a quello da lavoro autonomo, e nel caso in cui il contratto di lavoro sia indeterminato e full time.
Lavoro dipendente nel pubblico e secondo lavoro
Esiste anche il caso in cui un lavoratore nel settore pubblico scelga di iniziare una seconda attività nel privato o come autonomo. In questo caso ci sono limitazioni aggiuntive rispetto ad un lavoratore dipendente, perché generalmente chi lavora a tempo pieno nel settore pubblico, non può svolgere, da contratto, una seconda attività.
Diverso è il caso di lavoratore part time nel settore pubblico, per cui il contratto potrebbe consentire lo svolgimento di un secondo lavoro, nel pubblico come nel privato. In questo caso valgono le stesse regole viste prima, tuttavia bisogna comunicare tempestivamente al datore di lavoro le proprie intenzioni, per non incorrere in sanzioni, e verificare che la possibilità sia effettivamente riscontrata dal contratto pubblico. Anche in questo caso non devono nascere conflitti di interesse tra le diverse attività svolte.
Doppio lavoro autonomo
L’ultimo caso è quello dello svolgimento di un doppio lavoro di tipo autonomo. In questo caso possono sussistere diverse situazioni.
Nel caso di doppia attività con la stessa partita IVA questo è possibile se il professionista non sia limitato da alcune regole del proprio Albo a cui è iscritto, e se aggiunge i codici ATECO corrispondenti. Anche se non ci sono limitazioni di sorta, tuttavia potrebbe essere necessario mantenere la contabilità separata, soprattutto quando le due attività sono diverse.
Se si sceglie infine per il regime forfettario, non bisogna superare il limite di fatturato di 65.000 euro annui per poter rientrare nell’agevolazione, sommando i redditi di entrambe le tipologie di lavoro.