Reverse charge trasporto merci e logistica: modifiche DL fiscale

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Il DL Fiscale elimina il requisito del prevalente impiego di manodopera, estendendo il reverse charge a tutti gli appalti di trasporto merci. In attesa dell’autorizzazione UE, resta applicabile il regime transitorio opzionale.

La disciplina del reverse charge per gli appalti nel settore della logistica e del trasporto merci continua a subire modifiche significative, con importanti ripercussioni operative per le imprese del settore. La Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024) aveva già introdotto un doppio regime per contrastare le frodi fiscali nel comparto, ma il recente DL Fiscale (n. 84/25) apporta ulteriori modifiche che ampliano considerevolmente l’ambito di applicazione della misura.

Il problema che il legislatore intende affrontare è chiaro: eliminare i rischi di evasione IVA negli appalti di servizi logistici, settore storicamente esposto a fenomeni elusivi. La soluzione individuata prevede l’estensione del meccanismo del reverse charge, che trasferisce sul committente l’obbligo di versamento dell’IVA, eliminando così il rischio di omesso versamento da parte del prestatore.

Tuttavia, l’efficacia di queste disposizioni rimane subordinata all’autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 395 della direttiva 2006/112/CE, mentre nel frattempo opera un regime transitorio opzionale che, pur approvato da mesi, non ha ancora trovato piena attuazione per mancanza del provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate.

Il quadro normativo di riferimento

Il problema che il legislatore intende affrontare è chiaro: eliminare i rischi di evasione IVA negli appalti di servizi logistici, settore storicamente esposto a fenomeni elusivi. La soluzione individuata prevede l’estensione del meccanismo del reverse charge, che trasferisce sul committente l’obbligo di versamento dell’IVA, eliminando così il rischio di omesso versamento da parte del prestatore.

L’efficacia di queste disposizioni rimane subordinata all’autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 395 della direttiva 2006/112/CE, mentre nel frattempo opera un regime transitorio opzionale che, pur approvato da mesi, non ha ancora trovato piena attuazione per mancanza del provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate.

Ampliamento dell’ambito oggettivo: addio ai vincoli contrattuali

Il DL Fiscale, attraverso l’art. 9, introduce una modifica sostanziale al comma 6-quinquies dell’art. 17 del DPR n. 633/72, eliminando una delle principali limitazioni che caratterizzavano la precedente formulazione della norma.

La versione originaria della Legge di Bilancio 2025 prevedeva l’applicazione del reverse charge esclusivamente per i contratti caratterizzati “da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma“. Questa formulazione, nella prassi applicativa, generava non poche incertezze interpretative e limitava significativamente l’operatività della misura.

Con la nuova formulazione, il meccanismo del reverse charge si applica a tutte le prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto e movimentazione di merci e prestazione di servizi di logistica, senza più alcun vincolo relativo alle caratteristiche contrattuali.

Come chiarito dalla Relazione illustrativa al decreto fiscale, l’intento è quello di estendere il perimetro di applicazione “tra gli altri, anche agli appalti di trasporto merci“, considerata la finalità antifrode della misura. Questo ampliamento è particolarmente significativo perché le caratteristiche della prevalenza di manodopera e dell’utilizzo dei beni strumentali di proprietà del committente “non sono riscontrabili nella generalità degli appalti (e subappalti) di trasporto della merce per conto terzi“.

Aspetti critici nell’individuazione del committente

Sul piano soggettivo, la circolare Assonime n. 17/2025 evidenzia possibili incertezze rispetto alla determinazione del committente quale “impresa che svolge attività di trasporto e movimentazione di merci e prestazioni di servizi di logistica”. In assenza di un criterio specifico per l’individuazione dei settori richiamati, si suggerisce l’individuazione di specifici codici ATECO, utilizzati dai soggetti passivi in sede di dichiarazione di inizio dell’attività, similmente a quanto avviene per il reverse charge nel settore dell’edilizia.

Questa lacuna normativa genera significative incertezze operative per le imprese che devono valutare se rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina, rendendo necessario un chiarimento dell’Agenzia delle Entrate sui parametri classificatori da utilizzare.

Le esclusioni dal nuovo regime

Nonostante l’ampliamento dell’ambito applicativo, il legislatore ha mantenuto alcune esclusioni specifiche dal meccanismo del reverse charge. Rimangono infatti escluse le prestazioni rese nei confronti delle amministrazioni pubbliche e degli altri enti o società per le quali si applica la disciplina dello split payment a norma dell’art. 17-ter del DPR n. 633/72.

Analogamente, sono escluse le prestazioni rese dalle agenzie per il lavoro ex art. 4 del D.Lgs. n. 276/2003, in coerenza con la disciplina generale del reverse charge che già prevede specifiche esenzioni per questi soggetti.

Queste esclusioni trovano giustificazione nella presenza di meccanismi alternativi di controllo fiscale già operanti per questi soggetti, che renderebbero ridondante l’applicazione dell’inversione contabile.

Il regime transitorio opzionale

In attesa dell’autorizzazione comunitaria necessaria per l’operatività del reverse chargedefinitivo“, l’art. 1, commi 57-63 della Legge n. 207/2024 ha introdotto un regime transitorio opzionale di particolare interesse pratico.

Questo regime consente a prestatore e committente di optare affinché il pagamento dell’IVA sulle prestazioni rese venga effettuato dal committente in nome e per conto del prestatore, che rimane però solidalmente responsabile dell’imposta dovuta. La fattura viene emessa dal prestatore ai sensi dell’art. 21 del DPR n. 633/72, mentre l’imposta è versata dal committente secondo le modalità previste dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/97, senza possibilità di compensazione.

Dal punto di vista operativo, questo meccanismo presenta notevoli vantaggi per le imprese committenti, in particolare per quelle che hanno implementato modelli organizzativi ex D.Lgs. n. 231/2001. Come evidenziato dalla prassi applicativa emersa dai numerosi procedimenti avviati dalla Procura della Repubblica contro i grandi operatori logistici, l’implementazione di controlli sul corretto adempimento IVA dei fornitori è diventata prassi consolidata nella prevenzione di reati tributari. L’applicazione del regime transitorio renderebbe superflui tali controlli, eliminando il rischio alla fonte.

Regime transitorio problematico

Restano fuori dalla clausola di salvaguardia i rapporti pregressi in relazione ai quali risultino giudizi pendenti al 1° gennaio 2025. Per questi è prevista una specifica procedura di definizione che implica:

  • Il pagamento dell’IVA accertata, senza sanzioni e interessi;
  • In alternativa, la prova dell’assolvimento dell’imposta da parte del prestatore.

Secondo Assonime, il trattamento differenziato riservato a tali rapporti appare irragionevole alla luce della ratio della clausola di salvaguardia, che tiene conto dell’incertezza interpretativa per il passato. Vengono inoltre auspicati chiarimenti ufficiali circa i mezzi per provare l’assolvimento dell’imposta da parte del prestatore, ritenendo che a tal fine possa essere idoneo anche il certificato dei carichi pendenti risultanti al sistema informativo dell’Anagrafe tributaria.

Aspetti operativi problematici irrisolti

La circolare Assonime evidenzia tre aspetti problematici del regime transitorio che necessitano di chiarimenti:

  1. Portata dell’opzione: se il regime transitorio, a seguito dell’opzione esercitata, esplichi effetti per tutte le prestazioni ricevute da un determinato prestatore o se sia possibile limitare la portata dell’opzione a quelle rese in esecuzione di un determinato contratto;
  2. Efficacia temporale: se l’opzione abbia efficacia rispetto alle prestazioni già materialmente rese, ma non ancora pagate o fatturate;
  3. Regime sanzionatorio: i particolari effetti e il relativo regime sanzionatorio nei casi in cui l’IVA sia stata applicata dal prestatore ma risulti non dovuta, con la conseguente possibilità di recupero dell’imposta da parte del committente.

Impatto finanziario sui prestatori

Un aspetto critico evidenziato da Assonime riguarda l’impatto finanziario negativo che il nuovo regime può avere sui prestatori del servizio. La loro posizione creditoria nei confronti dell’Erario verrebbe infatti accresciuta, stante il mancato incasso dell’imposta sulle prestazioni. Per tutelare la posizione di tali soggetti, si suggerisce di includerli tra coloro che possono beneficiare dell’erogazione dei rimborsi IVA in via prioritaria (art. 38-bis comma 10 del DPR n. 633/72).

I subappalti

Una delle modifiche più significative introdotte dal DL Fiscale riguarda la gestione dei rapporti di subappalto nell’ambito del regime transitorio. Il decreto chiarisce espressamente che l’opzione per il versamento dell’IVA può essere esercitata autonomamente da tutti i soggetti che intervengono nella catena dei subappalti.

Come specificato nella Relazione illustrativa, la facoltà esercitata da un subappaltatore “non è subordinata alla circostanza che dell’esercizio della medesima opzione si siano avvalsi anche tutti gli altri subappaltanti e subappaltatori, né, necessariamente, il committente e il primo appaltatore“. In sostanza, l’esercizio dell’opzione da parte del committente e del primo appaltatore non rappresenta una condizione necessaria per l’applicazione del regime anche nei rapporti di subappalto.

Questa previsione ha un impatto operativo rilevante, poiché consente una gestione flessibile del regime transitorio lungo tutta la filiera contrattuale, evitando che l’eventuale inerzia di un soggetto della catena impedisca l’applicazione del meccanismo agli altri rapporti.

Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate

Nonostante la chiarezza delle disposizioni normative, l’applicazione concreta del regime transitorio rimane al momento impossibile. Il comma 63 dell’art. 1 della Legge n. 207/2024 rinvia infatti a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate per l’individuazione dei termini e delle modalità di attuazione del regime opzionale.

A oltre cinque mesi dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2025, questo provvedimento non è ancora stato emanato, lasciando le imprese del settore in una situazione di incertezza operativa. In particolare, manca il modello dedicato che il committente dovrebbe utilizzare per comunicare all’Agenzia delle Entrate l’esercizio dell’opzione.

Questa situazione di stallo rappresenta un evidente limite all’efficacia della misura, considerando che molte imprese del settore logistico sarebbero interessate ad applicare immediatamente il regime transitorio per eliminare i rischi connessi ai controlli fiscali sui fornitori.

Le prospettive di applicazione e l’autorizzazione UE

L’efficacia definitiva del reverse charge nel settore della logistica rimane subordinata all’autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea. Il precedente del D.L. n. 124/2019, che prevedeva l’inversione contabile per gli appalti ad alta intensità di manodopera con estensione a tutte le imprese committenti, dimostra la complessità di questo iter autorizzativo.

La Commissione UE, con parere COM (2020) 243 final del 22 giugno 2020, aveva infatti contestato l’applicabilità di quella norma, richiedendo l’attuazione limitata a specifici settori economici. La Legge di Bilancio 2025 ha recepito questa indicazione, circoscrivendo l’ambito applicativo alle prestazioni rese nei confronti di imprese operanti nel settore dei trasporti, movimentazione merci e logistica.

La specificità settoriale della nuova disciplina dovrebbe facilitare l’ottenimento dell’autorizzazione comunitaria, anche se i tempi di questo processo rimangono incerti. L’esperienza maturata negli anni con il reverse charge edilizio suggerisce che l’efficacia della misura dipenderà in larga parte dalla chiarezza delle disposizioni attuative e dalla tempestività degli interventi interpretativi dell’Agenzia delle Entrate sui nodi operativi ancora irrisolti.

Modifica dell’aliquota IVA per smaltimento rifiuti

La Legge di Bilancio 2025 ha disposto il passaggio all’aliquota IVA ordinaria (22%) per le prestazioni di conferimento in discarica e di incenerimento senza recupero efficiente di energia, precedentemente soggette ad aliquota ridotta (10%).

Questa modifica evidenzia maggiori oneri gravanti in capo a coloro che non sono soggetti passivi d’imposta, come accade tipicamente per gli enti locali, che non potranno detrarre l’IVA assolta e dovranno sostenere un maggior costo per i servizi di smaltimento.

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Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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