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Reddito da lavoro dipendente in Italia svolto da soggetti non residenti: tassazione

Fisco NazionaleFiscalità del lavoroReddito da lavoro dipendente in Italia svolto da soggetti non residenti: tassazione

Redditi da lavoro dipendente svolto in Italia da parte di soggetti non residenti sono soggetti a tassazione in Italia. Criteri di collegamento e modalità di tassazione del reddito.

Considerata la grande confusione che nella pratica osservo su questo argomento voglio fare il punto della situazione sui redditi di lavoro dipendente in Italia percepiti da soggetti non residenti. In particolare, con il presente articolo voglio andare a descrivere il regime tributario italiano legato ai redditi che derivano da rapporti di lavoro alle dipendenze o sotto la direzione di altri svolto da persone non residenti nel territorio dello Stato italiano. Non costituisce, invece, oggetto del presente contributo l’analisi delle disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia ed aventi ad oggetto il riparto della potestà impositiva tra i due Stati contraenti con riferimento ai redditi da lavoro dipendente.

Vediamo, quindi, come sono tassati i redditi di lavoro dipendente in Italia percepiti da parte di soggetti non residenti.

Condizioni per l’imputazione dei redditi di lavoro dipendente in Italia di non residenti

Il punto di partenza di ogni ragionamento è individuare le condizioni al verificarsi delle quali il reddito derivante da attività di lavoro dipendente è soggetto ad imposta in Italia. Questo, in relazione a lavoratori persone fisiche non residenti fiscalmente nel nostro Paese.

La norma di riferimento è costituita dall’articolo 23, comma 1, lettera c) del DPR n 917/86 (TUIR). Questo articolo prevede che, nei confronti dei soggetti non residenti, sia rilevante in Italia il reddito di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato. Di fatto, quindi, il criterio di collegamento del reddito da lavoro dipendente è dato dal concreto svolgimento dell’attività lavorativa sul territorio dello Stato italiano. A nulla rileva la residenza del lavoratore in quanto a radicare la pretesa impositiva italiana su quel reddito è lo svolgimento dell’attività nel territorio dello Stato.

Ragionando in modo indiretto, non assumono, quindi, una valenza decisiva (se non meramente indiziaria) né lo status di residente (o meno) in Italia del soggetto datore di lavoro né l’esistenza, sul territorio italiano, di una sua stabile organizzazione. Quello che, invece, rileva è il concreto svolgimento dell’attività lavorativa nel territorio dello Stato.

Attività lavorativa svolta con carattere di stabilità

Il criterio di collegamento individuato dall’articolo 23 del DPR n. 917/86 che integra la potestà impositiva italiana, è legato al fatto che la prestazione di lavoro sia svolta in Italia con un carattere di stabilità. Pertanto, non sono ricomprese le prestazioni lavorative eseguite in Italia per effetto di mere occasionali trasferte (spostamenti effettuati in relazione a rapporti di lavoro la cui sede stabile sia collocata in un altro Stato).

Il rapporto di lavoro subordinato pur sempre richiede una persistenza ideale, nel tempo, dell’obbligo di porre l’attività lavorativa a disposizione del datore. Pertanto, affinché il vincolo di disponibilità possa determinare un reddito imponibile in Italia in capo ad un lavoratore quivi non residente occorre che esso concerna attività da svolgersi sul territorio dello Stato italiano. Quindi, da questi presupposti è possibile affermare quanto segue:

  • Le trasferte occasionali in Italia da parte di dipendenti non residenti, i cui rapporti di lavoro prevedano che la loro sede stabile sia in uno Stato diverso non generano redditi imponibili in Italia;
  • La presenza stabile di un lavoratore in Italia determina, il più delle volte, che questi acquisisca la residenza fiscale (e quindi sia assoggettato a tassazione su base mondiale, in ragione del vincolo personale stabilito col territorio italiano).

Quindi, da ciò ne discende che le disposizioni qui oggetto di commento riguardano, prevalentemente, i cd. “frontalierinon residenti. Ovvero coloro che vivono in altro Stato e si recano in Italia per attività lavorative rientrando quotidianamente al proprio domicilio. Allo stesso modo queste disposizioni interessano anche le persone che, ancorché non residenti in Italia (perché, per esempio, conservano i propri affetti ed interessi personali al di fuori del territorio dello Stato), siano distaccate presso soggetti distaccatari operanti in Italia.

Per approfondire: “Aspetti fiscali e previdenziali del distacco del lavoratore dipendente“.

Regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente in Italia da un soggetto non residente

Vediamo adesso le modalità di determinazione del reddito di lavoro dipendente, assoggettato a tassazione in Italia. Sul punto occorre evidenziare che sono soggette ad imposizione tutte le somme ed i valori (dei beni e servizi) percepiti, a qualunque titolo, in relazione al rapporto di lavoro.

Il sistema italiano di imposizione del reddito di lavoro dipendente si caratterizza, quindi, per un criterio di onnicomprensività della retribuzione: costituisce reddito qualsiasi utilità percepita dal lavoratore la quale discenda dal rapporto di lavoro. Possono esserne esempi, fringe benefit, compensi legati a relocation, etc.

In linea generale, deve trattarsi di una utilità che si ponga rispetto al lavoratore in una relazione di consequenzialità. Questo indipendentemente dal soggetto (datore di lavoro o meno) che abbia erogato le utilità. Questo significa che possono costituire redditi da lavoro anche utilità rese da soggetti terzi rispetto al datore di lavoro, purché concesse in ragione del rapporto stesso. Deve essere, infine, precisato che ciò che rileva è il principio di cassa e cioè rilevano i compensi effettivamente incassati fino nell’anno fino al 12 gennaio dell’anno solare successivo.

Oneri deducibili e degli oneri detraibili per le persone fisiche non residenti

Per determinare l’esatta determinazione del prelievo tributario nei confronti di soggetti non residenti si deve guardare all’articolo 24 del DPR n 917/86. Questa disposizione prevede che possono essere dedotti dal reddito imponibile IRPEF gli oneri personali sostenuti dal contribuente. Il riferimento è dato dal sostenimento di spese che possono rientrare tra le “detrazioni per oneri” e “detrazioni per tipologia di lavoro“.

Questa possibilità è stata concessa in relazione al fatto che l’IRPEF è un’imposta personale, in quanto va a riflettere la situazione di ogni singolo contribuente. Questo anche per quanto riguarda i redditi di lavoro dipendente in Italia di soggetti non residenti.

Quello che deve essere sottolineato, tuttavia, è che il sistema di deduzioni e detrazioni personali accordato ai soggetti residenti è superiore rispetto a quello concesso ai non residenti. Questi soggetti, infatti, possono godere di un sistema di deduzioni e detrazioni maggiormente limitato, a parità di capacità contributiva con un soggetto residente.

Per approfondire: “Oneri deducibili e detraibili dalla dichiarazione dei redditi“.

Deduzioni e detrazioni non spettanti ai non residenti

Volendo riassumere, per quanto riguarda i redditi di lavoro dipendente in Italia svolti dai soggetti non residenti, la possibilità di sfruttare deduzioni e detrazioni è limitata. In particolare, ai soggetti non residenti non sono concessi:

  • Alcuni oneri deducibili di carattere strettamente personale. Come, ad esempio, gli assegni periodici di mantenimento in favore del coniuge disposti da un giudice in conseguenza di una separazione o di un divorzio e i contributi previdenziali versati a forme pensionistiche complementari;
  • Le deduzioni e le detrazioni per spese di carattere sanitario sostenute dal contribuente nel suo interesse ed in quello dei suoi familiari.

La ragione per cui al soggetto non residente non spettano tutte le deduzioni e detrazioni dei soggetti residenti è data dal fatto che questi oneri dovrebbero essere riconosciuti dall’ordinamento di residenza del lavoratore (è non dallo Stato dove svolge l’attività lavorativa).

La deroga per i c.d. “non residenti Schumaker

Quanto detto sino a questo momento, tuttavia, trova una deroga per quei lavoratori che possono essere definiti come “non residenti Schumaker“. In particolare, il comma 3-bis dell’art. 24 del DPR n. 917/86 estende il regime di determinazione dell’IRPEF dovuta dai soggetti residenti in Italia, ai soggetti residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea (UE) o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), che assicuri un adeguato scambio di informazioni. Questo a condizione che vengano rispettate alcune condizioni:

  • Il reddito prodotto dal soggetto nel territorio italiano sia pari almeno al 75% del reddito complessivamente prodotto;
  • Che lo stesso non goda di analoghe agevolazioni fiscali nello Stato di residenza.

Sul punto è successivamente intervenuto il Decreto Ministeriale (D.M.) del 21 settembre 2015 a disciplinare come ottenere questa agevolazione. In particolare, spetta al sostituto di imposta italiano che eroga il reddito da lavoro dipendente l’applicazione:

  • Degli oneri deducibili dal reddito complessivo;
  • Delle detrazioni dall’imposta lorda.
Documentazione da produrre

A tal fine, i lavoratori dipendenti non residenti sono chiamati ad autocertificare al sostituto d’imposta:

  • Lo Stato nel quale risultano avere la residenza fiscale;
  • Di aver prodotto in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente conseguito nel periodo d’imposta. Assunto al lordo degli oneri deducibili e comprensivo dei redditi prodotti anche al di fuori dello Stato di residenza;
  • Di non godere nel Paese di residenza e in nessun altro Paese diverso da questo di benefici fiscali analoghi a quelli richiesti nello Stato italiano.

Per approfondire: “Chi sono i non residenti Schumaker?“.

Modalità di assolvimento dell’imposizione sui redditi di lavoro dipendente in Italia di soggetti non residenti

In questo contributo hai analizzato la differente modalità di tassazione dei redditi di lavoro dipendente in Italia di soggetti non residenti. Tassazione che differisce da quella percepita da persone fisiche residenti che svolgono la stessa attività. In base alla normativa domestica, ai sensi dell’art. 23 del DPR n. 600/73 il datore di lavoro è soggetto all’obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’IRPEF sulle somme e sui valori erogati in favore del lavoratore alle proprie dipendenze. Questo per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente di cui all’art. 51 del TUIR.

Tuttavia, deve essere evidenziato come la determinazione del reddito imponibile risulti, in questi casi, maggiormente complessa. Questo in quanto nel caso del lavoratore non fiscalmente residente in Italia questi è soggetto a tassazione esclusivamente sui redditi prodotti in Italia (Stato della fonte), ex art. 3 del TUIR. Tale principio viene poi ancora più dettagliatamente esplicitato dall’art. 23 del TUIR, il quale afferma che il lavoro dipendente prodotto in Italia viene individuato dall’attività lavorativa effettivamente prestata in Italia dal lavoratore.

Criterio di collegamento: luogo di svolgimento dell’attività lavorativa

Stante quanto detto sinora, quindi, non necessariamente il lavoratore dipendente (non residente) subisce una ritenuta a titolo d’acconto sul reddito percepito da fonte italiana. Tale ritenuta deve riguardare soltanto la parte di reddito prodotta in Italia. In ogni caso, e cioè sia che la ritenuta sia applicata sia che non lo sia, il sostituito (dipendente) dovrà presentare una propria dichiarazione dei redditi in Italia. Dichiarazione nella quale il soggetto non residente deve indicare il reddito da lavoro dipendente realizzato a fronte di attività di lavoro svolte sul territorio dello Stato italiano. Con la stessa determinerà l’imposta lorda corrispondente, dalla quale detrarrà le ritenute d’acconto subite nel corso del rapporto di lavoro.

Possibilità di esonero dalla ritenuta per il datore di lavoro italiano

Nel caso in cui il lavoratore non residente presenti apposita domanda in cui viene allegata la certificazione di residenza fiscale estera (rilasciata dall’autorità fiscale estera ex art. 4 del modello di Convenzione OCSE) e dalla documentazione in grado di provare l’effettivo esercizio di attività lavorativa all’estero, il datore di lavoro può non operare ritenute alla fonte italiane (risposta n. 521/E/2019).

Da un punto di vista pratico, tuttavia, deve essere evidenziato che il rilascio della certificazione di residenza fiscale sopra citata, richiede che l’Amministrazione finanziaria dello Stato estero di residenza del lavoratore abbia già certificato che tale soggetto sia stato assoggettato a tassazione per i redditi da questi prodotti nel proprio Stato (secondo il principio della wordwide-taxation). Questo significa che il rilascio di tale certificazione non può che avvenire in un momento successivo rispetto a quello in cui il datore di lavoro italiano si trova a dover applicare le ritenute sul reddito da lavoro dipendente.

Quindi, operativamente, la possibilità di esenzione da ritenuta per il lavoratore dipendente non residente che presta attività di lavoro anche all’estero non è perseguibile. Il datore di lavoro, quindi, è in ogni caso chiamato a rilasciare al lavoratore dipendente la Certificazione Unica attestante i redditi imponibili in Italia e le ritenute subite. Nella CU devono trovare indicazione il numero dei giorni effettivamente lavorati in Italia ed il reddito imponibile corrispondente a tali giornate.

Chiarimenti di prassi sulla ritenuta del datore di lavoro italiano sul dipendente non residente

Per quanto riguarda l’obbligo di applicazione della ritenuta a titolo di acconto ex art. 23 DPR n. 600/73 sono da segnalare due importanti chiarimenti di prassi, ovvero la risposta n. 521 del 13 dicembre 2019 e la n. 36 del 7 febbraio 2020.

Prendiamo il caso di un soggetto fiscalmente residente in Germania, ex art. 4 della Convenzione tra Italia e Germania, titolare di un reddito da lavoro italiano sottoscritto con la stabile organizzazione italiana di un’impresa tedesca. Il lavoro viene svolto sia in Italia che all’estero.

L’Agenzia delle Entrate nei suoi documenti di prassi citati afferma che il sostituto di imposta italiano ha la possibilità di escludere dalla base imponibile la quota di reddito da lavoro prestato all’estero da lavoratore non residente. Per quanto riguarda la determinazione della base imponibile si deve fare riferimento al rapporto tra:

  • Il numero dei giorni durante i quali la prestazione lavorativa è svolta in Italia;
  • Il periodo totale dei giorni che da diritto ad ottenere la retribuzione.

Il tutto, avendo cura di osservare criteri omogenei per individuare i giorni indicati al numeratore ed denominatore di questo calcolo.

Criteri del working days e della physical presence entrambi validi

Per effettuare il calcolo di cui sopra, ovvero per individuare la remunerazione erogata al lavoratore oggetto di ritenuta a titolo di acconto italiana è possibile effettuare il calcolo con due metodi differenti. Si tratta dei seguenti:

  • Metodo del working days. Il rapporto tra il numero dei giorno durante i quali la prestazione lavorativa è stata svolta in Italia ed il periodo complessivo che da diritto alla retribuzione;
  • Metodo della physical presence. Il rapporto tra il numero dei giorni trascorsi in Italia dal lavoratore e la totalità dei giorni dell’anno solare.

Evidentemente, si tratta di due metodologie di calcolo diverse che possono portare a risultati ben diversi tra di loro. Nel caso del working days si prendono in considerazione solo i giorni effettivamente lavorati in Italia, mentre nella physical presence si tiene in considerazione anche i giorni non lavorati (es. ferie, festività, congedi per malattia, giorni non lavorati come i fine settimana, etc). Ebbene, l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 17/E/2017 (collegata alla tematica delle agevolazioni per il rientro dei lavoratori in Italia), afferma che entrambi i metodi sono validi, ma a condizione che sia rispettata l’omogeneità di calcolo tra numeratore e denominatore della formula.

Conclusioni e consulenza fiscale online

Sei un soggetto non fiscalmente residente in Italia? Percepisci redditi da lavoro dipendente da parte di un ente dello Stato?

Se lavori in Italia devi prestare particolare attenzione alla tua presenza stabile nel Paese. Infatti, il rischio, in questi casi è quello collegato all’acquisizione della residenza fiscale italiana. Cosa questa, che comporta, l’assoggettamento alle ordinarie disposizioni del TUIR al reddito da lavoro dipendente. Questo significa che, la disciplina indicata nel presente articolo riguarda esclusivamente i lavoratori che operano in Italia come frontalieri o comunque in un periodo di distacco dall’estero. Particolarmente interessanti, invece, sono le considerazioni che riguardano i soggetti “non residenti Schumaker” ovvero quei soggetti che in virtù del fatto che almeno il 75% del reddito viene prodotto in Italia, possono beneficiare delle detrazioni per carichi di famiglia in Italia (certificando di non percepirle all’estero).

Detto questo, se hai dubbi nel capire come dichiarare il tuo reddito e di quali deduzioni e detrazioni puoi usufruire contattaci per il consulto con un esperto, ti aiuteremo a risolvere i tuoi dubbi e ad applicare le disposizioni fiscali che ti riguardano.

Domande frequenti

Come viene tassato il reddito da lavoro dipendente in Italia per i non residenti?

I non residenti sono tassati solo sui redditi prodotti in Italia, incluso il reddito da lavoro dipendente svolto in Italia.

I non residenti devono presentare una dichiarazione dei redditi in Italia?

Sì, se hanno generato reddito in Italia, i non residenti devono presentare una dichiarazione dei redditi in Italia per i redditi prodotti nel paese.

Come vengono gestite le doppie imposizioni per i non residenti?

L’Italia ha stipulato convenzioni contro le doppie imposizioni con molti paesi. Queste convenzioni determinano in quale paese si paga l’imposta e come evitare la doppia tassazione.

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