La regola generale prevista dall’art. 1372 c.c. prevede che il contratto sociale possa essere sciolto solamente per mutuo consenso o nei casi stabiliti dalla legge. Uno di questi casi, che presentano sempre il carattere dell’eccezionalità (altrimenti verrebbe meno la forza vincolante del contratto), è il recesso del socio. Si tratta della disciplina prevista dall’art 2285 c.c., vale a dire la facoltà attribuita al singolo partecipante di sciogliersi unilateralmente dal vincolo che lo unisce agli altri soci.
Il recesso del socio nelle società di persone assume un carattere peculiare, considerato il vincolo personale che lega i soci di società di persone. Per questo motivo il recesso nelle società di persone è consentito solo in determinate ipotesi.
Il recesso del socio di società di persone genera il diritto a percepire una somma di danaro che rappresenti il valore della quota posseduta. A fronte del diritto di recesso del socio conseguono adempimenti civilistici e riflessi contabili. In particolare, l’importo corrisposto al socio in occasione del recesso può risultare costituito da due componenti:
- Rimborso della quota capitale. Spetta in proporzione alla quota di partecipazione detenuta nella società. Prevede il rimborso della quota di capitale sociale versato e la distribuzione delle riserve. Sia di utili che di capitale;
- Differenza da recesso. Dovuta dal riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del complesso aziendale alla data dello scioglimento del rapporto sociale, rispetto ai valori contabili del patrimonio.
Andiamo ad analizzare, quindi, le disposizioni del codice civile del TUIR per quanto riguarda il recesso del socio da società di persone.
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Recesso del socio da società di persone: il codice civile
Il recesso del socio dalle società di persone (articolo 2285 cc) rientra tra i casi di scioglimento singolo del rapporto societario. Questo significa che il rapporto che si scioglie è esclusivamente quello tra un singolo socio e la società stessa. Di fatto, ogni socio che desideri svincolarsi da una società semplice, in nome collettivo e in accomandita semplice può farlo liberamente ma:
- Con preavviso (se la società è stata costituita a tempo indeterminato);
- Convenzionalmente (nei casi e nei modi previsti dall’accordo societario) e
- Per giusta causa (nelle società a tempo determinato).
Sul tema la Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 17154/2017 ha fornito alcune interessati precisazioni sul recesso del socio da società di persone. In particolare, la seguente:
Di fatto, quindi, il socio che recede dalla società di persone rimane responsabile personalmente per tutte le obbligazioni sociali, comprese quelle tributarie e sociali, esistenti sino al momento dello scioglimento del rapporto sociale. Questo significa che la responsabile termina solo per il futuro, ma per le obbligazioni passate il socio receduto rimane responsabile.
Articolo 2285 del codice civile
Entrando nel dettaglio di questa disciplina analizziamo cosa prevede l’articolo 2285 del codice civile in tema di recesso del socio di società di persone. In particolare, all’interno di questo articolo viene precisato che:
- Ogni socio può recedere dalla società quando questa è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci;
- Può inoltre recedere nei casi previsti nel contratto sociale ovvero quando sussiste una giusta causa;
- Nei casi previsti nel primo comma il recesso deve essere comunicato agli altri soci con un preavviso di almeno tre mesi.
Un socio di società di persone (come ad esempio di una SNC o di un SAS), in pratica, può decidere di recedere dalla società quando lo desidera, qualora la società sia contratta a tempo indeterminato (da verificare nel contratto sociale sottoscritto). Nel caso occorre una comunicazione di preavviso di almeno tre mesi, per poter esercitare il diritto di recesso da parte del socio. In tutti gli altri altri casi, per esercitare il diritto di recesso occorre che vi siano specifiche casistiche individuate nel contratto sociale, oppure in caso di giusta causa.
Appare evidente, quindi, come sia fondamentale per il socio che intende recedere verificare preliminarmente se la società è contratta a tempo indeterminato (quindi con possibilità libera di recesso, o recesso “ad nutum“) o a tempo determinato (con recesso limitato a determinate casistiche o in caso di giusta causa).
Nullo il patto di rinuncia al diritto di recesso
Deve essere considerato nullo l’accordo che stabilisce che il socio possa rinunciare preventivamente al diritto di recesso nelle ipotesi dell’articolo 2285 del codice civile. Sono per contro modificabili contrattualmente le modalità relative all’esercizio del diritto. Come ad esempio la durata del termine di preavviso, a condizione che queste non comportino in pratica una soppressione della difesa del socio.
La ratio del diritto di recesso
La disciplina legata all’esercizio del diritto di recesso del socio media, quindi, fra due esigenze:
- Da un lato si vuole tutelare la libertà individuale. Si consente di limitare il vincolo contrattuale e nel contempo garantire la libertà di iniziativa economica come rinuncia ad una attività economica già intrapresa con altri;
- Dall’altra si vuole assicurare stabilità all’assetto societario. Si vuole evitare che il soggetto possa arbitrariamente e pretestuosamente ritirarsi dalla compagine sociale, compromettendone il raggiungimento delle finalità o la stessa esistenza.
Conseguenza del recesso è, infatti, la liquidazione delle quota al socio uscente. Tale quota, necessariamente, si traduce in un esborso finanziario che è tanto più elevato, quanto più consistente l’entità della partecipazione.
Tipologie di recesso
Stante quanto detto sinora è necessario andare ad analizzare in dettaglio le due tipologie di recesso del socio dal società di persone. Mi riferisco al:
- Recesso “ad nutum” di cui all’articolo 2285 comma 1 del codice civile;
- Recesso per giusta causa di cui all’articolo 2285 comma 2 del codice civile.
Recesso “ad nutum” | Art. 2285 co.1 cc
Quando la società è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci ogni socio può recedere dalla società. Il recesso avviene comunicando la propria volontà di recedere agli altri soci con preavviso di almeno tre mesi. In questi casi il recesso è subordinato al solo onere di preavviso, per il quale, peraltro, non è richiesta alcuna forma particolare. Potendo ciò desumersi anche da comportamento concludente conseguente a dichiarazione verbale.
Deve essere inoltre ricordato che, decorso il termine di durata della società, può verificarsi l’ipotesi di proroga tacita (ossia in assenza di modificazione espressa del contratto sociale). In tale ipotesi (prevista dall’articolo 2273 c.c.: “la società è tacitamente prorogata a tempo indeterminato quando, decorso il tempo per cui fu contratta, i soci continuano a compiere le operazioni sociali”) la società stessa subisce la modifica in società a tempo indeterminato, anche in tal caso con le relative conseguenze in ordine al diritto di recesso. Anzi, ancor più esplicito è l’articolo 2307 c.c., ai sensi del quale “in caso di proroga tacita ciascun socio può sempre recedere dalla società, dando preavviso a norma dell’art. 2285”.
Al fine di verificare la possibilità di esercitare il recesso “ad nutum” è fondamentale verificare la situazione della durata della società, dal contratto sociale, anche in relazione ad una possibile proroga tacita (in assenza di modifiche espresse dal contratto sociale).
Recesso per giusta causa | Art. 2285 co. 2 cc
Per quanto riguarda il recesso per giusta causa, è stato affermato che la facoltà: “va necessariamente ricondotta alla altrui violazione di obblighi contrattuali, ovvero alla violazione dei doveri di fedeltà, lealtà, diligenza o correttezza inerenti alla natura fiduciaria del rapporto sottostante”. Oltre a ciò, va ricordato che il diritto compete ex lege anche al socio che:
- Non ha concorso alla decisione di trasformazione in società di capitali (articolo 2500‐ter c.c.);
- Al socio che non abbia acconsentito alla fusione (articolo 2502 c.c.) e
- Nelle ipotesi dettate dall’articolo 2497‐quater per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento.
Sempre in ordine alle cause di recesso, ricordo che esso spetta anche nei casi previsti nel contratto sociale. In tale ambito, si è affermato: “è legittimo prevedere nei patti sociali di società di persone una clausola che ammette, ed eventualmente disciplina, il recesso parziale”.
Quanto alla dichiarazione di recesso, essa è un atto unilaterale recettizio costituita da una manifestazione di volontà. Non ha carattere formale e può risultare anche da comportamento concludente.
Che cosa si intende per giusta causa di recesso?
Il punto di partenza è che, in concreto, risulta alquanto difficoltoso stabilire quando siamo di fronte ad una “giusta causa di recesso“. La giurisprudenza ha sempre interpretato in modo restrittivo il concetto di giusta causa, identificandola in tutti quei fatti riconducibili alla violazione di obblighi contrattuali, e di fedeltà, di diligenza e correttezza, incidenti sulla natura fiduciaria del rapporto sociale.
Il recesso per giusta causa, quindi, diventa una giustificata reazione ad un comportamento illegittimo degli altri soci, condotta che va a minare il rapporto fiduciario sul quale si basano le società di persone. Sostanzialmente, quindi, è insufficiente a determinare una giusta causa di recesso il disaccordo su una qualsiasi pretesa, o un qualunque pretestuoso motivo di dissenso.
In questo senso è di fondamentale importanza dimostrare come vi sia stato un comportamento di altri soci volto alla palese violazione dei obblighi del contratto sociale che possano avere determinato una mancanza di fedeltà, diligenza o correttezza in relazione alla natura fiduciaria del contratto sociale.
Motivazioni soggettive di giusta causa di recesso
Per questo motivo il diritto di recesso per giusta causa può essere validamente esercitato nei seguenti casi:
- In presenza di una reiterata violazione da parte del socio-amministratore dell’obbligo di rendere conto della gestione sociale e dell’andamento economico della società (sul punto vedasi Trib. Pavia 19 aprile 1991);
- Quando vi è una emarginazione costante di alcuni soci amministratori, effettuata tramite l’affidamento di lavori meno importanti, il rifiuto di porre a loro disposizione le scritture contabili, l’assunzione di decisioni di rilievo per l’azienda al di fuori di preventive consultazioni;
- Il socio venga, senza motivo, escluso dalla gestione degli affari sociali;
- Il caso di gravi irregolarità nella tenuta delle scritture contabili da parte di altro socio amministratore, in concomitanza con un’attività sociale irrimediabilmente passiva;
- Quando l’altro socio abbia subito protesti di assegni bancari e vaglia cambiari all’epoca del recesso.
Motivazioni oggettive riguardanti il soggetto recedente
La dottrina ha ampliato la casistica riguardante la ricorrenza della giusta causa di recesso, non limitandola agli inadempimenti e alle scorrettezze degli altri soci. Possono essere considerate, infatti, cause di recesso anche altri fatti rilevanti di carattere oggettivo, riguardanti il soggetto recedente. Possono essere motivo di giusta causa di recesso le seguenti fattispecie:
- L’esistenza di un dissidio insanabile tra i soci che si riflette sulla gestione dell’impresa, ostacolando in tal modo il conseguimento dell’oggetto sociale;
- Modifiche essenziali al contratto di società deliberate a maggioranza, quando questo è ammesso dall’atto costitutivo. Se si cambiano gli aspetti essenziali del contratto, non si vede perché non concedere al socio dissenziente l’uscita dalla società, come previsto per le società di capitali dall’art. 2437c.c.;
- La perdita di misura notevole dei conferimenti;
- La condotta immorale dei soci;
- Ipotesi di mancata esclusione di un socio quando se ne verificano i presupposti.
Motivazioni soggettive che riguardano il venir meno della figura del socio
Le fattispecie integranti la giusta causa di recesso includono anche fatti sopravvenuti, di carattere straordinario, che incidono sulle qualità essenziali della figura personale del socio. Si tratta di tutte quelle fattispecie che impediscono al socio quella collaborazione fattiva, su cui deve essere imperniato il rapporto sociale. Sono esempi di questa casistica di giusta causa di recesso, i seguenti:
- Intervenuta dichiarazione di interdizione o inabilitazione. L’incapacità totale o parziale del socio, infatti, rende inidonea e difficoltosa la sua partecipazione sociale, da attuarsi attraverso rappresentanza o assistenza;
- Caso del socio d’opera che non sia più in grado di prestare la sua attività nell’impresa. Questa ipotesi, va detto, determina una situazione che contrasta con lo scopo sociale, consistente nello svolgimento in comune di un’attività economica;
- Il caso del socio che per malattia o per età avanzata non sia più in grado di seguire gli affari della società. Il carattere peculiare della società di persone, in specie l’importanza che ha in esse l’attività dei soci e l’affidamento che deve permanere tra essi giustifica questa causa. La stessa situazione quando la società non ha di per sé durata elevata ma ha dei soci già molto anziani, per cui la pur breve durata della società (10 o 20 anni) sommata all’età di un dato socio, fa si che per lui questa sia una durata a tempo indeterminato (App. Bologna 5 aprile 1997, Trib. Milano 13 novembre 1989).
Il contratto di società stesso può essere integrato andando ad indicare a titolo esemplificativo quali fatti possano integrare la giusta causa di recesso, con l’effetto di prevenire controversie sull’idoneità della causa stessa. L’accertamento in ordine alla sussistenza di una giusta causa e alle altre condizioni di ammissibilità del recesso è demandato alla valutazione del giudice di merito ed è sottratto al sindacato di legittimità, se congruamente motivato ed immune da vizi logici e giuridici.
Liquidazione della quota del socio receduto
Una volta individuate le modalità e le fattispecie principali che integrano le ipotesi di recesso del socio occorre andare ad analizzare la fase della liquidazione della quota del socio receduto. Su questo punto, la norma di riferimento è l’art. 2289 c.c., il quale individua per ogni caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio (morte, recesso, esclusione) detta le regole per la liquidazione della quota del socio recedente. In particolare, la normativa prevede quanto segue:
- Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota;
- La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento;
- Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime;
- Salvo quanto è disposto nell’articolo 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.
Al socio recedente, quindi, spetta una somma di denaro che rappresenti il valore della quota. Questo significa, indirettamente, che il socio receduto, non ha dunque diritto alla restituzione dei beni conferiti, nemmeno se i beni sono stati conferiti in godimento. In pratica, il socio che recede non può mai ottenere indietro eventuali conferimenti effettuati in società, ma soltanto una quota in denaro.
Ad esempio il recesso di un socio che aveva conferito un macchinario in società, non può prevedere la restituzione del macchinario al socio. Stessa cosa per qualsiasi tipo di conferimento.
In secondo luogo, quanto alla liquidazione della quota, la stessa è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento: si tratta di un c.d. bilancio straordinario che deve essere predisposto dagli amministratori. Sulla base di tale situazione ed in base alla quota sul capitale detenuta dal socio receduto che viene determinata la somma in denaro a questi spettante.
Adempimenti degli amministratori: il bilancio straordinario
E’ compito degli amministratori redigere un bilancio straordinario della società alla data di liquidazione del socio. Questo bilancio, redatto a valori correnti, è di fondamentale importanza perché determina il valore della società. Questi, infatti, è la base per determinare il valore della quota del socio. In tutte le fattispecie di recesso, infatti, è di fondamentale importanza che il socio che recede possa verificare l’operato degli amministratori nella predisposizione della quota di liquidazione.
Il consiglio che posso darti, se sei un socio che sta recedendo dalla società, è di farti assistere da un tuo Commercialista di fiducia. In questo modo potrai verificare l’operato degli amministratori nella determinazione della tua quota di liquidazione. Non lasciare che questa quota sia determinata forfettariamente, ma è un tuo diritto ottenere il valore della quota spettante in relazione al valore economico della società. Molto spesso ci si dimentica questo aspetto (o addirittura non lo si conosce) e si finisce per accettare quote di liquidazione molto diverse da quelle che per legge sono previste. Se firmi un accordo con la società assicurati di averlo fatto tutelando al massimo i tuoi interessi. Per questo devi avere al tuo fianco un professionista.
Il pagamento della quota di liquidazione del socio
L’ultima fase della procedura di liquidazione della quota del socio è il pagamento. L’importo della quota spettante al socio deve essere liquidato dalla società nel termine massimo di 6 mesi dal giorno in cui il recesso si verifica.
Che cosa accade se il valore della quota non viene liquidato?
Il relativo credito del socio è un credito di valuta, avendo fin dall’origine ad oggetto una somma di denaro. Tuttavia la svalutazione monetaria assume rilievo solo qualora, non essendo avvenuto il pagamento entro i sei mesi, diventino applicabili i principi sul risarcimento del danno conseguenti alla mora del debitore.
Il registro delle imprese
Il recesso del socio da società di persone rappresenta una modifica del contratto sociale. Questo significa che tale variazione prevede precisi obblighi pubblicitari. Gli amministratori della società, infatti, sono tenuti a comunicare l’avvenuto recesso al Registro delle Imprese della Camera di Commercio. Solitamente, è compito degli amministratori effettuare questa comunicazione. Questa comunicazione è fondamentale per il socio receduto.
Come abbiamo visto in precedenza il socio che recede rimane obbligato in solido per tutti i debiti precedenti al suo recesso. Ebbene, fino a quando non avviene l’iscrizione del recesso nel Registro delle Imprese, il socio per i terzi rimane responsabile per le obbligazioni sociali. In effetti, poiché la modifica del contratto sociale può avvenire successivamente all’esercizio del recesso e l’exit del socio non è opponibile ai terzi senza che esso sia stato iscritto nel Registro delle imprese. A meno che si provi che i terzi ne erano a conoscenza: art. 2300, comma 3, cc.
Nella pratica professionale posso assicurarti che ci sono tempi medio lunghi prima che le società di persone comunichino il recesso del socio. Naturalmente, hanno i loro motivi per farlo. Se tu sei il socio receduto, invece, questa situazione non va molto bene. Vediamo, in che modo puoi difenderti.
La comunicazione al Registro Imprese del socio receduto
Per prassi è ammissibile che l’evento del recesso sia comunicato al Registro Imprese da parte dello stesso socio receduto (e non dalla società). Questa situazione potrebbe verificarsi qualora il socio, pur avendo dato comunicazione di recesso, non venga convocato per la redazione dell’atto modificativo. In attesa della modifica del contratto sociale della relativa iscrizione nel Registro delle imprese, può certamente corrispondere all’interesse del socio receduto l’iscrizione nel Registro delle imprese del proprio recesso. Soltanto una volta avvenuta l’iscrizione nel registro cessano per il socio receduto le responsabilità per i debiti societari pregressi.
Aspetti contabili
Ai fini della liquidazione della quota del socio receduto occorre prendere a base la situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. In pratica si tratta di redigere un bilancio straordinario, che deve esprimere la valutazione della società a valori correnti, tenendo conto dell’avviamento.
Il contratto sociale può, peraltro, derogare alle suddette disposizioni. Potrà, per esempio, prevedersi che la liquidazione della quota avvenga in base all’ultimo bilancio approvato o mediante attribuzione di beni sociali, ma parrebbero non ammissibili clausole che impongano la liquidazione della quota al valore nominale della stessa.
Recesso del socio d’opera
Quanto al socio d’opera, anch’egli ha diritto ad una somma di denaro che ne rappresenti il valore, rapportato alla situazione del Patrimonio sociale netto nel giorno in cui si verifica il recesso, con la sola differenza, rispetto al socio capitalista, che questi ha diritto anche al rimborso del proprio conferimento. Ossia ad una quota del capitale, che al socio d’opera, in ragione della specificità del suo apporto ovviamente, non spetta.
Liquidazione della quota con valore negativo
Può inoltre accadere che la liquidazione della quota assuma valore negativo. In tal caso al socio (illimitatamente responsabile) la società non potrà chiedere di effettuare versamenti in proporzione per coprire le relative perdite. In quanto la possibilità non è contemplata dalla norma; parrebbe però possibile, per la società e i soci superstiti, compiere atti conservativi sul patrimonio del socio uscente.
Disciplina fiscale
L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. n.64/E/08, ha affermato che l’importo spettante al socio recedente, corrispondente ad una frazione del capitale economico della società, risulta solitamente superiore al valore della corrispondente quota del Patrimonio netto contabile. Inoltre, viene indicato che tale differenza, generalmente definita “differenza da recesso”, può derivare dall’esistenza di plusvalenze latenti sui beni dell’attivo, da valori di avviamento e dalla quota parte degli utili in corso di maturazione alla data del recesso. In sintesi, l’importo corrisposto al socio in occasione del recesso risulta costituito da due componenti:
Rimborso della quota capitale
A seguito della liquidazione della quota detenuta dal socio uscente, la società procederà quindi per la parte afferente al rimborso del valore nominale della partecipazione all’annullamento della quota di Capitale sociale detenuta dal socio e alla corrispondente riduzione delle eventuali riserve, sia di utili che di capitale, spettanti al socio. Tali operazioni, di natura esclusivamente patrimoniale, non avranno alcuna rilevanza sulla determinazione del reddito imponibile della società.
Differenza da recesso
Tale importo concretizza, a parere dell’Agenzia, un componente negativo rilevante ai fini della determinazione del reddito della società. Occorre, infatti considerare che tale differenza, come detto, origina da plusvalenze latenti del complesso aziendale, che rimangono implicite nel patrimonio sociale anche dopo il recesso dei socio. In particolare, secondo la risoluzione:
- Le plusvalenze implicite nel patrimonio e l’avviamento (derivante dalla effettiva valorizzazione economica della società rispetto ai valori storici indicati in bilancio), quando realizzati, costituiranno componenti positivi di reddito e saranno assoggettati a tassazione, in base al principio di trasparenza, in capo ai soci superstiti;
- L’utile in corso di formazione alla data del recesso, unitamente a quelli conseguiti nella restante parte dell’esercizio, saranno invece, tassati per trasparenza in capo ai soci superstiti alla fine dell’esercizio stesso.
Trattamento fiscale della quota del socio receduto
L’articolo 20‐bis del DPR n. 917/86 stabilisce, infatti, che:
Essa qualifica, quindi, quali “redditi da partecipazione” e pertanto redditi d’impresa, quantomeno nell’ipotesi in cui si receda da società di persone commerciali, come SNC e SAS. Diversamente, in ipotesi di recesso da società semplice, il reddito che ne potrebbe eventualmente derivare sarebbe qualificabile nella categoria dei redditi diversi, oppure, nella categoria dei redditi rivenienti dall’esercizio di arti e professioni.
I redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società di persone nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale devono fare riferimento, nel contempo, ai soli fini della determinazione del reddito da assoggettare a tassazione, alle regole dettate dal Legislatore per gli utili derivanti dalla partecipazione in società di capitale dall’articolo 47, comma 7, del DPR n. 917/86.
Importo da assoggettare a tassazione
Tale ultima disposizione definisce le modalità da seguire per determinare l’importo da assoggettare a tassazione in capo al socio recedente. A tal fine vanno poste a raffronto:
- Le somme o il valore normale dei beni riconosciuti al socio per effetto del recesso;
- Il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta dal socio medesimo.
La differenza positiva risultante da tale raffronto, derivando dalla partecipazione in una società di persone, assume natura di reddito d’impresa. Come tale deve essere tassata in capo al socio uscente secondo il generale principio di competenza che sottende alla determinazione di tale reddito, almeno nel caso in cui si receda da società commerciale. Diversamente, in ipotesi di recesso da società semplici, il reddito che ne potrebbe eventualmente derivare sarebbe tassabile per cassa.
Sul punto l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 64/E/2008 ha chiarito che le somme percepite dal socio uscente di una società di persone commerciale assumono la categoria reddituale da cui traggono origine. Pertanto, assunto che il reddito prodotto dal socio ha natura di reddito da partecipazione, è necessario stabilire se il socio che ha esercitato il recesso possa beneficiare del regime della tassazione separata ex art. 17 comma 1 lett. l) del TUIR.
Secondo questa disposizione, si applica la tassazione separata se tra l’esercizio del recesso e la costituzione della società sono trascorsi più di cinque anni. Deve essere precisato che non rileva, per determinare il quinquennio, la data a partire dalla quale il socio uscente sia divenuto titolare della partecipazione, ma assume rilievo solo la data di costituzione della società.
Il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio receduto
Particolare attenzione deve essere attribuita alla determinazione del costo fiscale della partecipazione del socio receduto. In particolare, ex art. 47, co. 7 del TUIR, il costo fiscale della partecipazione si determina, in linea generale, aggiungendo al conferimento iniziale i versamenti a titolo patrimoniale effettuati dal socio quali:
- I versamenti in denaro o in natura, a fondo perduto o in conto capitale;
- La rinuncia ai crediti vantati nei confronti della società.
In ogni caso, tale valore risente anche del fatto che lo stesso deve essere aumentato o diminuito rispettivamente dei redditi e delle perdite fiscali imputati al socio e deve essere ridotto – sino a concorrenza dei redditi imputati – in ragione degli utili effettivamente distribuiti.
Quadro RM in caso di tassazione separata
In caso di applicazione della tassazione separata ai proventi percepiti dal socio, questi deve andare a compilare la sezione II del quadro RM del modello Redditi, che riguarda “Redditi soggetti a tassazione separata e ad imposta sostitutiva”. Il contribuente ha, comunque, la possibilità di optare per la tassazione ordinaria IRPEF del reddito, barrando l’apposita casella nel quadro RM e procedendo sempre alla sua compilazione.
Il reddito, poi, deve essere riportato nel quadro RH (indicando il codice “5”) del modello Redditi PF (Redditi da partecipazione in società di persone ed assimilate), indicando la quota di partecipazione al reddito della società al momento del recesso. Di fatto, quindi, la scelta per la tassazione ordinaria del reddito comporta la contemporanea compilazione sia del quadro RM che del quadro RH.
Conclusioni
Il recesso del socio da una società di persone rappresenta una delle situazioni più delicate nella vita di un’impresa. Questo atto, che vede un socio decidere di uscire dalla compagine sociale, può avere ripercussioni significative sia per la struttura della società sia per gli equilibri interni tra i soci rimanenti. La normativa italiana prevede specifiche condizioni e modalità per l’esercizio del diritto di recesso, al fine di tutelare sia il socio recedente sia la società stessa.
È fondamentale che il socio, prima di prendere una decisione così importante, sia pienamente consapevole delle implicazioni legali, economiche e operative del suo recesso. Allo stesso tempo, la società deve essere preparata a gestire le conseguenze dell’uscita di un socio, assicurandosi che ciò avvenga nel rispetto delle norme e nel migliore interesse dell’impresa.
In ogni caso, l’operazione non dovrebbe essere vista solo come un momento di crisi o di rottura, ma anche come un’opportunità per riflettere sulla direzione e sulla strategia dell’impresa, e per rafforzare i legami tra i soci rimanenti. La consulenza di un esperto legale o di un commercialista può essere di grande aiuto per navigare in questo processo complesso, garantendo che tutte le parti coinvolte siano tutelate e che la transizione avvenga nel modo più fluido possibile.
Domande frequenti
Il diritto di recesso può essere esercitato nei casi previsti dalla legge o dal contratto sociale. Ad esempio, modifiche sostanziali al contratto sociale, trasformazione della società o fusioni possono costituire validi motivi per il recesso. Tuttavia, è essenziale consultare il contratto sociale, poiché potrebbero esserci specifiche clausole o limitazioni.
Il socio recedente ha diritto alla restituzione del valore della sua quota, determinato in base alla situazione patrimoniale della società al momento del recesso. Questo valore può essere definito attraverso una perizia o secondo criteri stabiliti nel contratto sociale.
Il recesso di un socio può avere diverse ripercussioni operative, a seconda del ruolo e dell’importanza del socio all’interno della società. Se il socio recedente aveva competenze o responsabilità cruciali, potrebbe essere necessario ristrutturare alcune operazioni o cercare sostituzioni.
In caso di controversie tra il socio recedente e la società o gli altri soci, è possibile ricorrere a una mediazione o a un arbitrato, se previsto dal contratto sociale. In assenza di tali clausole, o se la mediazione non porta a una soluzione, le parti possono rivolgersi all’autorità giudiziaria per risolvere la disputa.
Nel caso nel termine di sei mesi il socio rimasto deve reintegrare la pluralità oppure mettere in liquidazione la società, oppure proseguire singolarmente l’attività, magari trasformando l’attività in SRL.