Il principio contabile nazionale OIC 11 interpreta ed integra le norme del codice civile contenute nell’art. 2423-bis in materia di principi di redazione del bilancio, elencando e dettagliando i diversi postulati che rappresentano le basi normative di riferimento da cui partire affinché il bilancio sia redatto con chiarezza e sia in grado di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziare della società e il risultato economico d’esercizio (art. 2423 c.c.).
Prudenza, prospettiva della continuità aziendale, rappresentazione sostanziale, competenza, costanza nei criteri di valutazione, rilevanza, comparabilità. Sono questi i postulati oggetto del principio contabile che i redattori del bilancio sono tenuti a rispettare al fine di soddisfare in modo adeguato e non ambiguo le esigenze informative dei vari stakeholder.
Postulati che rispecchiano la tradizionale cultura contabile italiana, basata sui principi di civil law e finalizzati alla determinazione del valore contabile delle imprese al fine di garantire la tutela dei creditori, contrariamente ai principi contabili internazionali IAS/EFRS che invece tendono a garantire l’esposizione in bilancio del valore economico (valore corrente) al fine di tutelare gli investitori sia attuali che potenziali.
Postulati del bilancio
Il documento OIC 11 rappresenta il Framework dei principi contabili nazionali, vale a dire il documento che delinea le linee guida e i comportamenti contabili da utilizzare nella redazione del bilancio. Dopo aver specificato il ruolo interpretativo ed integrativo dei principi contabili rispetto alle norme del codice civile in materia di bilancio (artt. 2423 e ss. c.c.), nonché il ruolo ricoperto dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) e la preminente funzione informativa del documento di bilancio nel soddisfare le attese di conoscenza sulla gestione aziendale di tutti i soggetti, sia interni che esterni, l’OIC si sofferma ad analizzare sette postulati del bilancio, alcuni dei quali rappresentano una mera duplicazione di quanto già in merito è previsto dagli articoli del codice civile. I postulati richiamati nel documento di prassi sono i seguenti:
- A. Prudenza;
- B. Prospettiva della continuità aziendale;
- C. Rappresentazione sostanziale;
- D. Competenza;
- E. Costanza nei criteri di valutazione;
- F. Rilevanza;
- G. Comparabilità
A) PRUDENZA
Il postulato della prudenza, ispirato alla cultura ragionieristica continentale, mira a garantire primariamente, soprattutto mediante il principio valutativo del costo storico e la contabilizzazione delle perdite prospettiche ancorché non ancora realizzate, la tutela dei creditori.
Contrariamente a quanto accade nei Paesi anglosassoni, dove l’attenzione nella stesura del bilancio viene posta a tutela degli investitori e dove quindi i principi contabili devono essere in grado di evidenziare il valore economico (corrente) dell’impresa e la sua capacità di produrre prospetticamente reddito, nel nostro Paese, ritenuta preminente la tutela dei creditori, l’attenzione viene posta sulla valutazione prudente delle varie poste del bilancio in modo da non sovrastimare il reale valore dell’impresa. Ed è a corollario della prudenza che il legislatore prevede che le valutazioni degli elementi patrimoniali avvengano sulla base del costo storico e non del valore di mercato, e che solo le perdite, anche se non definitivamente realizzate, devono essere iscritte in bilancio, mentre i profitti non realizzati non devono essere contabilizzati.
Il postulato in esame è indicato al punto n. 1 del primo comma dell’art. 2423-bis c.c., rubricato “Principi di redazione del bilancio”, che testualmente recita:
1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività.
Come specificato dall’OIC, esso si concretizza nella regola valutativa generale asimmetrica di imputare a conto economico solo i ricavi effettivamente realizzati, mentre i costi dovranno essere attribuiti all’esercizio di riferimento anche se non sono stati sostenuti ma solo stimati. Valutare le poste del bilancio secondo prudenza comporta di conseguenza la ragionevole cautela nelle stime in condizioni di incertezza.
Quanto appena precisato è richiamato dalle successive disposizioni dell’art. 2423-bis, ed in particolare:
- Dal punto n. 5, secondo cui: “gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente”;
- Dal punto n. 2, secondo cui: “si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio”
- Dal punto n. 4, secondo cui: “si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo”
L’effetto asimmetrico nella contabilizzazione dei componenti economici richiamato da queste norme simsostanzia in definitiva con la prevalenza del principio della prudenza rispetto a quello della competenza economica. Infatti, gli utili che di fatto non vengono realizzati non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite devono riflettersi in bilancio anche se solo presunte. Le uniche eccezioni in tal senso sono specificamente individuate dal codice civile, come ad esempio nel caso di variazioni positive e negative del fair value degli strumenti finanziari derivati e degli utili e perdite su cambi non realizzati, derivanti dalla conversione di attività e passività in valuta non ancora regolate alla data di chiusura dell’esercizio.
L’OIC poi richiama anche altre fattispecie in cui si riflette il postulato della prudenza. In particolare:
- Relativamente all’OIC 25 “Imposte sul reddito” viene stabilito che gli utili derivanti dall’iscrizione di imposte anticipate sono rilevati solo se ragionevolmente certi, contrariamente alle imposte differite, per la contabilizzazione delle quali non è prevista una specifica prudenza contabile;
- Relativamente all’OIC 31 “Fondi rischi e oneri e TFR” viene stabilito che le attività e gli utili potenziali, anche se probabili, non devono trovare collocazione in bilancio nel rispetto del principio della prudenza.
B) PROSPETTIVA DELLA CONTINUITÀ AZIENDALE
Il primo comma dell’art. 2423-bis c.c., al punto n. 1 richiama, oltre il principio della prudenza, anche quello della continuità aziendale:
1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività.
Secondo il disposto normativo, la valutazione delle voci di bilancio deve essere effettuata in modo prudente, considerando allo stesso tempo che l’attività d’impresa sia effettivamente in essere, dunque non in liquidazione, dovendosi in questo caso rispettare altri criteri valutativi contenuti sia nel codice civile che nel principio contabile OIC 5.
Dunque, da un lato la prudenza, come precedentemente delineata, e dall’altro la prospettiva della continuità aziendale, che in pratica si sostanzia in un’attenta valutazione prospettica sulla effettiva capacità dell’impresa di produrre reddito relativamente ad un congruo arco temporale di riferimento, che l’OIC identifica almeno pari ai dodici mesi successivi alla data rispetto alla quale il bilancio viene chiuso.
Nell’ipotesi in cui dalla predetta valutazione risulti molto probabile che in futuro l’impresa non sia più capace di continuare a produrre ricchezza, sarà necessario riportare dettagliatamente tale informativa nella nota integrativa del bilancio, indicando i fattori di rischio, le incertezze individuate circa la stessa capacità di produrre reddito e le azioni necessarie che l’impresa ha intenzione di intraprendere per fronteggiare tali circostanze. In effetti è ciò che si è avuto con i bilanci chiusi al 31/12/2020, quando molte imprese, dato il forte clima di incertezza generato dall’emergenza sanitaria da Covid-19 ed alla conseguente crisi economica che ne è scaturita, si sono trovate a nutrire forti incertezze sul futuro e in molti casi a valutare ragionevolmente l’incapacità di produrre redditi (nonostante gli aiuti di Stato garantiti) e quindi di continuare ad operare sui mercati.
Il postulato in esame deve essere rispettato in sede di valutazione delle poste di bilancio anche quando l’impresa valuta che ci sia ragionevole certezza dell’incapacità di produrre redditi futuri ma non abbia ancora accertato, alla data di chiusura del bilancio, le cause del suo eventuale scioglimento ex art. 2484 c.c. In tal caso dovrà comunque essere riportata in nota integrativa la descrizione di tali circostanze e i loro effetti sulla situazione patrimoniale ed economica dell’impresa. Il mancato rispetto del principio contabile potrà essere derogato solo quando viene accertata dagli amministratori una delle cause di scioglimento contemplate dall’art. 2484 c.c.
C) RAPPRESENTAZIONE SOSTANZIALE (SOSTANZA dell’operazione o del contratto)
L’art. 6 co. 3 lett. b) D. LGS. n.139/2015, di attuazione della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d’esercizio e consolidati, ha introdotto il postulato della rappresentazione sostanziale aggiungendo il punto 1- bis all’art. 2423-bis c.c., secondo cui:
1-bis) la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto.
Ciò significa che chi redige il bilancio è chiamato ad effettuare un’attenta analisi relativamente alle operazioni aziendali e ai contratti stipulati al fine di individuare i diritti e gli obblighi da essi scaturenti. Sarà tenuto poi ad operare un confronto tra gli stessi e le disposizioni previste dai principi contabili e stabilire quale sia la corretta iscrizione o la cancellazione dei relativi elementi patrimoniali ed economici. Sarà necessario, cioè, tener conto dell’aspetto sostanziale dell’operazione.
L’OIC, nel descrivere le motivazioni che hanno portato ad elaborare alcuni dei postulati oggetto del documento di prassi, precisa che l’aggiornamento del principio contabile avvenuto nel 2018 ha tenuto conto, tra le altre, anche delle modifiche introdotte dal D. LGS. n.139/2015 in relazione al n. 1-bis dell’art. 2423-bis del c.c., intese a dare valore all’aspetto sostanziale delle operazioni aziendali. Per tale ragione -precisa l’OIC- il postulato della rappresentazione sostanziale permette al redattore del bilancio di farvi ricorso anche qualora si trovi di fronte alla scelta del trattamento contabile da seguire per tutte quelle fattispecie non disciplinate dai principi contabili emanati dall’OIC. Data infatti l’impossibilità di questi ultimi di prevedere dettagliatamente tutte le possibili fattispecie concrete che possono delinearsi nel corso di una gestione aziendale, il redattore del bilancio è tenuto ad applicare il principio della rappresentazione sostanziale laddove una determinata fattispecie non sia puntualmente disciplinata dagli stessi principi, assumendo così egli stesso il ruolo di interprete dei fatti di gestione.
D) COMPETENZA
Il postulato della competenza è indicato ai punti n. 3 e n. 4 dell’art. 2423-bis c.c., a norma dei quali nella redazione del bilancio:
- 3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data
- dell’incasso o del pagamento;
- 4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la
- chiusura di questo.
La competenza rappresenta il postulato in base al quale si definiscono le condizioni che vengono assunte come utili al fine di individuare i costi e i ricavi pertinenti economicamente ad un dato periodo amministrativo. Più precisamente, può essere definito come il criterio temporale attraverso cui i componenti positivi e quelli negativi del reddito d’esercizio vengono imputati al conto economico al fine di determinare il risultato del periodo considerato.
In base al postulato della competenza economica, la rilevazione di un fatto aziendale deve essere contabilmente attribuita all’esercizio nel quale si è verificata la relativa manifestazione economica indipendentemente a da quella finanziaria, che può verificarsi anche in periodi amministrativi diversi. Esso si basa fondamentalmente su due principi:
- PRINCIPIO DELLA REALIZZAZIONE DEI RICAVI, secondo cui sono di competenza del periodo i ricavi finanziariamente conseguiti per i quali l’impresa abbia sostenuto i costi necessari alla sua realizzazione;
- PRINCIPIO DELL’INERENZA DEI COSTI, secondo cui sono di competenza del periodo i costi che hanno trovato copertura nei relativi ricavi e abbiano ceduto la propria utilità all’impresa.
Più in dettaglio, in base ai principi appena richiamati, i ricavi saranno considerarti di competenza quando sono realizzati, ossia quando il processo produttivo dei beni e dei servizi sarà completato e si sarà avuto il loro scambio sul mercato con il conseguente passaggio sostanziale (e non solo formale) del titolo di proprietà, che per i beni si ha, di norma, con la spedizione e per i servizi quando gli stessi sono resi e fatturabili.
I costi, invece, per essere considerati di competenza devono essere correlativi ai ricavi. Ciò in sostanza significa che, una volta stabiliti i ricavi di competenza, si dovranno imputare a conto economico quei costi che ad essi saranno associati. I costi già sostenuti finanziariamente ma non connessi ai ricavi imputati all’esercizio saranno rinviati al futuro nella misura in cui possano contribuire all’ottenimento di altri ricavi nei futuri esercizi.
Quindi, per determinare il reddito di competenza di un dato periodo amministrativo non basterà calcolare la semplice differenza tra i ricavi finanziariamente conseguiti (per i quali, cioè, si siano avuti i relativi incassi) e i costi finanziariamente sostenuti (per i quali, cioè, siano stati effettuati i relativi pagamenti). Sarà necessario includere anche le rettifiche operate agli stessi relativamente alla parte di essi da consegnare alla competenza dei periodi successivi. Dato il principio di continuità aziendale, alla fine di un periodo amministrativo non tutti i processi saranno compiuti, per cui si avranno processi ancora in svolgimento che si concluderanno solo in periodi successivi.
Tali processi sono iniziati con l’acquisizione dei fattori produttivi e non si sono conclusi, nel periodo considerato, con il conseguimento dei relativi ricavi; oppure, sono iniziati con il conseguimento dei ricavi ma non si sono conclusi, nel periodo considerato, con l’effettuazione delle relative prestazioni da parte dell’impresa.
Nel primo caso si registreranno delle rimanenze attive, cioè disponibilità di fattori produttivi e prodotti, mentre nel secondo si avranno rimanenze passive, vale a dire ricavi anticipati rispetto alle relative prestazioni. In un’ottica reddituale saranno quindi considerati come componenti positivi e negativi di reddito da rinviare a futuri esercizi in quanto non di competenza del periodo in base ai principi della realizzazione dei ricavi e dell’inerenza dei costi.
Mentre in un’ottica patrimoniale saranno componenti di natura economica, attivi e passivi, in quanto beni disponibili e obbligazioni da rendere a terzi.
Il principio di continuità aziendale, inoltre, implica che bisogna tener conto anche dei rischi in essere a fine periodo che si stima possano produrre effetti negativi sul reddito dei periodi successivi, come nel caso di maggiori costi da sostenere in futuro in relazione a cicli produttivi compiuti, o alle perdite che possono colpire i processi in corso, cioè le attività e le passività del capitale, rendendo le prime recuperabili a valori inferiori a quelli di costo e le seconde estinguibili a valori superiori a quelli per cui erano sorte. Tali rischi
saranno considerati tra i componenti negativi di reddito e inseriti come costi o perdite future presunte.
E) COSTANZA NEI CRITERI DI VALUTAZIONE
Al punto n. 6 dell’art. 2423-bis c.c. viene stabilito che:
6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. Il comma due dello stesso articolo, inoltre, stabilisce una deroga in relazione a questo punto:
Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.
Mediante il postulato della costanza dei criteri di valutazione si ottiene un’omogenea misurazione dei risultati conseguiti dall’impresa nel corso del tempo, fornendo informazioni più coerenti e di agevole accesso da parte dei destinatari del bilancio e permette di ridurre anche il grado di discrezionalità degli amministratori nella stesura dello stesso. Sotto questo profilo, più che un postulato in sé, il criterio sembra essere una specificazione della regola generale della chiarezza.
Quanto alla deroga concessa dal codice civile, specifiche disposizioni in merito sono contenute nel principio OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, che prevede le procedure applicative da seguire in caso gli amministratori dovessero adottare cambiamenti dei criteri di valutazione.
F) RILEVANZA
Il bilancio, tra le sue diverse funzioni, deve soddisfare nel miglior modo possibile le esigenze informative di una pluralità di soggetti, per cui le informazioni in esso contenute devono essere utili e soprattutto rilevanti, cioè tali per cui la loro omissione o la loro errata indicazione potrebbe influenzare le decisioni che i loro destinatari assumono sulla base dei documenti contabili di bilancio.
Per quantificare la rilevanza si tiene conto sia di aspetti qualitativi che quantitativi:
- quantitativi: si considera la dimensione degli effetti economici della transazione o un altro evento rispetto alle grandezze di bilancio. I valori di bilancio presi come riferimento è un processo valutativo che può variare da caso a caso, ma sarà comunque necessario dare prevalenza a quegli elementi che maggiormente interessano i destinatari del bilancio;
- qualitativi: si riferiscono ad aspetti peculiari dell’operazione o dell’evento, l’importanza dei quali potrebbe essere tale da influenzare le decisioni dei destinatari del bilancio.
Il postulato si riflette anche nel dispositivo previsto dall’art. 2423, comma 4, c.c., secondo cui:
“Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta.
Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione”.
Il legislatore, quindi, nel rispetto del principio di rilevanza prevede che possano esserci deroghe ai principi codicistici, sempreché siano tali da non influenzare le scelte dei destinatari del bilancio, siano cioè irrilevanti. Sotto tale profilo, come nel caso del postulato della costanza dei criteri di valutazione, il principio esaminato si risolve in ultima analisi come un corollario del principio di chiarezza.
I principi contabili OIC forniscono, perlopiù a titolo d’esempio e in modo non esaustivo, indicazioni su taluni casi per i quali potrebbe essere ammessa la possibilità di operare deroghe a regole contabili, ovviamente sempre se si tratti di deroghe i cui effetti non siano tali da incidere sulle scelte dei destinatari del bilancio.
G) COMPARABILITÀ
Il postulato della comparabilità dei bilanci è contenuto nell’art. 2423-ter, comma 5, c.c:
“Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo della voce
corrispondente dell’esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative all’esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e l’adattamento o l’impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa”.
Il postulato può essere inteso in una duplice accezione:
- comparabilità sostanziale, che si traduce nella costanza di applicazione dei criteri di valutazione;
- comparabilità formale, che attiene alla costanza della struttura dei prospetti contabili componenti il bilancio.
In merito alla comparabilità del primo tipo, l’OIC precisa che essa dipende dall’esistenza di fatti economici similari contabilizzati in bilancio con gli stessi criteri e che possa essere garantita per una stessa impresa per i bilanci che fanno riferimento a diverse date (comparabilità temporale) solo se sussistono le seguenti condizioni:
- Che la forma di presentazione sia costante: che le voci, cioè, siano esposte in modo che possano essere facilmente comparabili;
- Che i criteri di valutazione adottati siano mantenuti costanti nel tempo;
- Che dei mutamenti strutturali (come ad esempio le acquisizioni, le fusioni o le incorporazioni) e degli eventi di natura eccezionale ne sia data puntuale informazione in nota integrativa Del postulato della comparabilità viene fornita una più dettagliata applicazione pratica nel principio OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, fatti intervenuti
- Dopo la chiusura dell’esercizio”, in cui sono analizzati anche gli effetti che si producono sul bilancio comparativo a seguito dei cambiamenti di principi contabili o di correzione di errori rilevanti.