Come avviare l’attività di chef a domicilio nel 2025: dalla scelta del regime fiscale agli adempimenti obbligatori, con analisi dei costi e opportunità di risparmio fiscale.
Lo chef a domicilio è un lavoratore autonomo che svolge la propria attività direttamente a casa dei propri clienti. Negli ultimi anni, questa la figura professionale si è molto evoluta ed è cambiata fino ad essere stimata in ogni ambiente. Scegliere di fare lo chef è, ad oggi, quasi come diventare medico, almeno come era percepito ai tempi dei nostri nonni.
I guadagni non mancano. Infatti, in genere uno chef o capocuoco arriva a guadagnare dai 3.000 ai 7.000 euro al mese. Senza dimenticare, poi, che ci sono le ben note eccezioni che arrivano a guadagnare cifre astronomiche. Tuttavia, aprire un ristorante comporta non poche difficoltà, soprattutto se si tiene conto dell’iter burocratico e delle spese a cui far fronte. E diciamocelo anche lavorare da dipendenti presso il titolare di un ristorante, potrebbe non essere entusiasmante.
Proprio per tale ragione che è nata la figura dello chef a domicilio. Quest’ultimo cucina direttamente a casa dei clienti – o presso altre location adeguatamente attrezzate – che possono scegliere le pietanze da gustare durante il pranzo o la cena all’interno di un menù con varie opzioni. Laddove tu intenda lavorare come freelancer, tuttavia, dobbiamo ricordarti che alla stregua di qualsiasi lavoratore autonomo dovrai aprire una partita IVA.
Indice degli argomenti
- Inquadramento normativo e fiscale
- Codice ATECO e classificazione dell’attività
- Regime forfettario: l’opzione fiscale più vantaggiosa
- Procedura di apertura della partita IVA: step operativi
- SCIA e autorizzazioni sanitarie: quando sono necessarie
- Costi di apertura e gestione
- Strategie di tax planning
- Obblighi contabili e fatturazione
- Aspetti assicurativi e tutela patrimoniale
- Consulenza fiscale online
Inquadramento normativo e fiscale
Lo chef a domicilio opera come libero professionista autonomo che presta servizi di preparazione pasti direttamente presso l’abitazione del cliente. Dal punto di vista normativo, questa attività rientra nella categoria dei servizi alla persona disciplinati dall’articolo 2222 del Codice Civile come contratto d’opera intellettuale, quando prevale l’elemento creativo e personalizzato del servizio.
La distinzione fondamentale rispetto al catering tradizionale riguarda il luogo di preparazione: mentre il catering prevede la preparazione in laboratorio con successiva consegna, lo chef a domicilio utilizza esclusivamente la cucina del committente. Questa caratteristica determina significative semplificazioni dal punto di vista igienico-sanitario e autorizzativo, eliminando l’obbligo di disporre di un laboratorio a norma HACCP.
Percorso formativo
Per diventare uno chef a domicilio non basta avere una grande passione per la cucina, sebbene è fondamentale. Questa da sola non è sufficiente, nonostante rappresenti un ingrediente di primaria importanza. Per quanto riguarda poi la formazione è quella tradizionale della scuola alberghiera.
È quindi necessario seguire almeno i tre anni iniziali di Istituto Alberghiero. Trascorsi i quali potrai acquisire la qualifica di operatore di cucina di servizi di sala e di bar oppure di operatore di ricevimento. Mentre nel biennio successivo andrai a specializzarti e conseguire il diploma da Tecnico dei Servizi di Ristorazione. Questo consentirà un primo accesso al modo del lavoro, dove tramite la pratica potrai specializzarti.
Per coloro che vogliono diventare chef esistono anche una serie di scuole accreditate che danno la possibilità di fare uno stage e conseguire il diploma, qualora il corso venga superato con successo.
E’ poi altresì possibile avviare l’attività anche seguendo percorsi formativi alternativi a quello della scuola alberghiera. Ci sono diverse opportunità, si può scegliere tra:
- Dei corsi teorici e pratici in scuole e accademie di cucina professionali;
- Dei corsi, che dopo il periodo di formazione, prevedono degli stage in ristoranti per un certo tempo.
Per gli amatori che si avvicinano al mondo della cucina, è possibile anche seguire dei corsi online. Quest’ultima però è un’alternativa non sempre da preferire, in quanto è tendenzialmente rivolta a coloro che praticano a livello amatoriale la cucina. Si consiglia di conseguire un diploma o comunque partecipare a corsi di formazione professionali.
Codice ATECO e classificazione dell’attività
La scelta del codice ATECO corretto rappresenta un passaggio cruciale che influenza regime fiscale, contributi previdenziali e possibilità di accesso a incentivi. Per l’attività di chef a domicilio, i codici più appropriati sono:
Il codice ATECO 56.21.00 “Catering per eventi e banqueting” risulta il più utilizzato quando l’attività prevede anche la fornitura degli ingredienti e un servizio strutturato. Questo codice permette l’accesso al regime forfettario con coefficiente di redditività del 40% e aliquota sostitutiva ordinaria del 15%, ridotta al 5% per i primi cinque anni.
In alternativa, il codice ATECO 96.09.09 “Altri servizi per la persona” può essere scelto quando prevale l’aspetto consulenziale e formativo, come nel caso di chef che offrono anche corsi di cucina personalizzati. Questo codice presenta un coefficiente di redditività del 67% ma permette maggiore flessibilità operativa.
La scelta tra i due codici deve essere ponderata attentamente con il proprio commercialista, considerando il mix di servizi offerti e la strategia di sviluppo aziendale prevista. Un’errata classificazione iniziale può comportare contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate e la perdita di benefici fiscali.
Regime forfettario: l’opzione fiscale più vantaggiosa
Il regime forfettario introdotto dalla Legge n. 190/2014 e modificato dalla Legge di Bilancio 2025 rappresenta la scelta fiscale ottimale per la maggioranza degli chef a domicilio. I requisiti di accesso prevedono ricavi annui non superiori a 85.000 euro e l’assenza di rapporti di lavoro dipendente con redditi superiori a 35.000 euro annui.
I vantaggi fiscali di questo regime fiscale sono particolarmente significativi per chi inizia l’attività. L’aliquota sostitutiva del 5% per i primi cinque anni (che sostituisce IRPEF, addizionali e IRAP) permette un risparmio fiscale che può superare i 15.000 euro annui rispetto al regime ordinario. Dopo il quinquennio agevolato, l’aliquota sale al 15%, comunque estremamente competitiva rispetto alle aliquote IRPEF progressive.
Dal punto di vista contabile, il regime forfettario prevede semplificazioni sostanziali: esonero dalla tenuta delle scritture contabili, dall’applicazione dell’IVA in fattura, dagli obblighi di fatturazione elettronica verso privati. Questi aspetti si traducono in un risparmio sui costi di gestione amministrativa quantificabile in circa 2.000-3.000 euro annui.
Il calcolo del reddito imponibile avviene applicando il coefficiente di redditività del 40% sui ricavi (per il codice ATECO 56.21.00). Ad esempio, con ricavi di 50.000 euro, il reddito imponibile sarà di 20.000 euro, su cui si applicherà l’aliquota del 5% per un’imposta di soli 1.000 euro.
Procedura di apertura della partita IVA: step operativi
L’apertura della partita IVA per chef a domicilio richiede una sequenza precisa di adempimenti che devono essere completati entro specifiche tempistiche per evitare sanzioni.
La prima fase consiste nella presentazione del modello AA9/12 all’Agenzia delle Entrate, da effettuarsi entro 30 giorni dall’inizio dell’attività. Il modulo può essere presentato telematicamente tramite il portale “Fatture e Corrispettivi” con SPID o CIE, oppure attraverso un intermediario abilitato. Nella compilazione è fondamentale indicare correttamente il codice ATECO, il regime fiscale prescelto e la data di inizio attività effettiva.
Contestualmente all’apertura della partita IVA, occorre procedere con l’iscrizione alla Gestione Separata INPS tramite il modello telematico disponibile sul portale INPS. L’aliquota contributiva per il 2025 è fissata al 26,07% del reddito imponibile (non dei ricavi), con possibilità di richiedere la riduzione al 24% in caso di iscrizione ad altra forma previdenziale obbligatoria.
La Comunicazione Unica al Registro Imprese presso la Camera di Commercio competente rappresenta il terzo adempimento fondamentale. Il costo dell’iscrizione varia tra 50 e 100 euro a seconda della provincia, con diritto annuale di circa 53 euro per le imprese in regime forfettario.
SCIA e autorizzazioni sanitarie: quando sono necessarie
La questione delle autorizzazioni sanitarie per lo chef a domicilio presenta peculiarità specifiche che lo distinguono dalle attività di ristorazione tradizionale. La normativa di riferimento è il Regolamento CE 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, recepito in Italia con diverse interpretazioni regionali.
Quando l’attività si svolge esclusivamente presso il domicilio del cliente utilizzando le sue attrezzature e ingredienti, generalmente non è richiesta la SCIA sanitaria né l’attestato HACCP per il luogo di preparazione. Il professionista deve comunque possedere l’attestato di formazione HACCP personale (corso di 8-12 ore con costo medio di 50-100 euro) e rispettare le norme igieniche durante la preparazione.
La situazione cambia se lo chef acquista e trasporta gli ingredienti. In questo caso, diventa necessaria la notifica sanitaria all’ASL competente tramite SCIA, con indicazione dei mezzi di trasporto utilizzati e delle modalità di conservazione degli alimenti. Alcune ASL richiedono anche un piano di autocontrollo semplificato.
Per attività che prevedono la preparazione parziale in laboratorio proprio (ad esempio, salse o preparazioni base), diventa obbligatoria la disponibilità di un laboratorio a norma con requisiti strutturali specifici: pavimenti lavabili, pareti piastrellate fino a 2 metri, sistemi di aerazione, servizi igienici separati. L’investimento iniziale per l’adeguamento di un locale può variare tra 15.000 e 30.000 euro.
Costi di apertura e gestione
L’investimento iniziale per avviare l’attività di chef a domicilio risulta significativamente contenuto rispetto ad altre attività nel settore ristorazione. I costi di apertura si articolano in diverse componenti che richiedono un’attenta pianificazione finanziaria.
I costi amministrativi iniziali comprendono l’apertura della partita IVA (gratuita se effettuata in autonomia, 150-300 euro con commercialista), l’iscrizione alla Camera di Commercio (100-150 euro), il corso HACCP (50-100 euro) e l’eventuale SCIA sanitaria (marca da bollo 16 euro più eventuali diritti ASL variabili per regione). Il totale dei costi burocratici iniziali si attesta quindi tra 200 e 600 euro.
L’attrezzatura professionale rappresenta un investimento variabile in base al livello di servizio offerto. Il kit base comprende coltelli professionali (300-800 euro), termometro digitale (50-100 euro), abbigliamento professionale (150-300 euro), contenitori per trasporto alimenti a norma (200-400 euro). Per un servizio di alto livello, possono aggiungersi attrezzature specialistiche come roner per cottura sottovuoto (400-800 euro) o sifone per spume (100-200 euro).
I costi di gestione annuali includono i contributi INPS (26,07% del reddito imponibile, con minimo 4.200 euro annui circa), l’assicurazione RC professionale (500-1.200 euro annui in base ai massimali), il commercialista per la gestione contabile in regime forfettario (800-1.500 euro annui), il diritto camerale annuale (53 euro) e i costi di marketing e promozione (variabili, stimabili in 2.000-5.000 euro annui per un’attività in fase di avviamento).
Strategie di tax planning
La pianificazione fiscale strategica può generare risparmi significativi e ottimizzare il carico tributario complessivo. Nel regime forfettario, la deduzione forfettaria dei costi richiede particolare attenzione alla gestione dei ricavi per massimizzare l’efficienza fiscale.
Una strategia efficace prevede la concentrazione degli investimenti nei primi cinque anni di attività, quando l’aliquota è al 5%. Gli acquisti di attrezzature, formazione professionale e sviluppo del brand in questo periodo beneficiano di fatto di una tassazione ridotta. È consigliabile programmare gli investimenti più significativi entro il quarto anno, per ammortizzarne l’impatto prima del passaggio all’aliquota del 15%.
La gestione ottimale dei ricavi vicino alla soglia degli 85.000 euro richiede particolare attenzione. Superare anche di poco questo limite comporta l’uscita dal regime forfettario dall’anno successivo, con conseguente aumento del carico fiscale e degli adempimenti. Strategie legittime includono la dilazione di alcuni incassi all’anno successivo tramite accordi contrattuali o la diversificazione attraverso l’apertura di una seconda partita IVA per attività complementari ma distinte (ad esempio, consulenza o formazione).
Per chi prevede una crescita oltre la soglia forfettaria, la costituzione di una SRL semplificata o ordinaria può risultare vantaggiosa. La flat tax al 15% per gli utili reinvestiti introdotta dalla Legge di Bilancio 2024 rende questa opzione particolarmente interessante per fatturati superiori a 100.000 euro annui.
Deduzioni e detrazioni
Nonostante il regime forfettario non preveda la deduzione analitica dei costi, esistono opportunità di risparmio fiscale attraverso deduzioni e detrazioni specifiche applicabili al reddito complessivo IRPEF, legato al percepimento di redditi imponibili.
I contributi previdenziali versati alla Gestione Separata INPS sono integralmente deducibili dal reddito, riducendo la base imponibile. Per un reddito di 20.000 euro, i contributi di circa 5.200 euro riducono l’imponibile a 14.800 euro, generando un risparmio fiscale di 260 euro con aliquota al 5%.
Obblighi contabili e fatturazione
Gli obblighi amministrativi per lo chef a domicilio in regime forfettario risultano notevolmente semplificati, ma richiedono comunque attenzione per evitare sanzioni.
La fatturazione deve avvenire con numerazione progressiva annuale, indicando la dicitura “Operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, commi 54-89, Legge 190/2014 – Regime forfettario“. Non si applica IVA né ritenuta d’acconto. Per prestazioni verso privati consumatori finali, non sussiste l’obbligo di fatturazione elettronica, mentre per clienti business (ristoranti, hotel, aziende) la fattura elettronica è obbligatoria dal 1° gennaio 2024.
La conservazione documentale richiede l’archiviazione di tutte le fatture emesse e ricevute per 10 anni. Nonostante l’esenzione dalla contabilità ordinaria, è consigliabile mantenere un registro cronologico delle operazioni per monitorare l’andamento dell’attività e verificare il rispetto del limite di ricavi.
Gli adempimenti periodici comprendono la liquidazione trimestrale dei contributi INPS tramite F24 (scadenze 31 maggio, 31 agosto, 30 novembre e 28 febbraio), la dichiarazione dei redditi annuale tramite modello Redditi PF con quadro LM per il regime forfettario, e il versamento dell’imposta sostitutiva in due rate (acconto 40% entro il 30 novembre, saldo entro il 30 giugno).
Aspetti assicurativi e tutela patrimoniale
La copertura assicurativa adeguata rappresenta un elemento fondamentale per la protezione patrimoniale dello chef a domicilio. I rischi professionali specifici richiedono polizze mirate che vadano oltre la semplice RC professionale.
La polizza RC professionale deve coprire danni a terzi derivanti dall’attività lavorativa, inclusi danni da intossicazione alimentare, allergie non dichiarate, danni a proprietà del cliente durante il servizio. I massimali consigliati partono da 1.000.000 euro per sinistro, con premi annuali tra 500 e 1.200 euro in base al fatturato e alle garanzie accessorie.
La tutela del patrimonio personale può beneficiare della costituzione di un fondo patrimoniale o trust familiare per segregare asset personali dai rischi d’impresa. Questi strumenti, da valutare con consulenza specializzata, proteggono l’abitazione principale e altri beni da eventuali azioni di creditori professionali.
Consulenza fiscale online
L’avvio dell’attività di chef a domicilio richiede una pianificazione accurata che consideri tutti gli aspetti fiscali, previdenziali e normativi. La scelta del regime fiscale, la corretta classificazione dell’attività e l’ottimizzazione del carico tributario possono determinare risparmi di migliaia di euro annui e garantire la compliance normativa.
La nostra esperienza ci permette di offrire strategie personalizzate che massimizzano i vantaggi fiscali nel rispetto della normativa. Dalla costituzione iniziale all’accompagnamento nella crescita, forniamo consulenza integrata che include pianificazione fiscale strategica, ottimizzazione contributiva, protezione patrimoniale e supporto per l’accesso a finanziamenti agevolati.
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