Buoni pasto: trattamento fiscale per azienda e dipendenti

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Scopri come funzionano i buoni pasto nel 2025: limiti di esenzione fino a 8 euro, deducibilità integrale per le aziende e possibile aumento a 10 euro, in caso di conferma del DDL di Bilancio 2026.

I buoni pasto rappresentano oggi uno degli strumenti di welfare aziendale più diffusi in Italia, con oltre 3,5 milioni di lavoratori che li utilizzano quotidianamente. Ma quanti sanno davvero come funzionano dal punto di vista fiscale? La disciplina prevede esenzioni significative per i dipendenti e deducibilità integrale per le imprese, eppure molte aziende non sfruttano appieno questo benefit o commettono errori nella gestione. Con le novità normative in arrivo per il 2026 e il dibattito sull’innalzamento della soglia di esenzione da 8 a 10 euro, è il momento giusto per fare chiarezza. Ad oggi, rappresentano uno dei benefit più diffusi e apprezzati da imprese e collaboratori.

Cosa sono i buoni pasto

I buoni pasto (“ticket restaurant“) costituiscono prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto erogate dal datore di lavoro ai dipendenti. Secondo l’Allegato II.17 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 numero 36, il buono pasto è un documento di legittimazione, anche in forma elettronica, che attribuisce al titolare il diritto a ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono.​ La definizione di questo strumento è data dall’art. 2, co. 1, lett. c), D.M. 122/2017:

“il documento di legittimazione, anche in forma elettronica (…) che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione”

La normativa attuale, contenuta nell’articolo 51, comma 2, lettera c) del TUIR, prevede che i buoni pasto non concorrano a formare il reddito di lavoro dipendente entro limiti giornalieri ben precisi. Il sistema si inserisce in una logica più ampia di welfare aziendale, dove il datore di lavoro può scegliere tra diverse modalità per assicurare la pausa pranzo ai dipendenti: servizio mensa diretto, convenzioni con ristoranti, indennità sostitutiva in denaro etc.​​

La ratio della detassazione risiede nella volontà del legislatore di agevolare le erogazioni ai dipendenti che si ricollegano alla necessità di provvedere alle esigenze alimentari del personale durante l’orario di lavoro. L’Agenzia delle Entrate ha più volte ribadito questo principio, riconoscendo la natura particolare di questo benefit rispetto ad altre forme di compenso.​

Caratteristiche

Le caratteristiche che devono possedere i buoni (sia in forma cartacea che elettronica) sono le seguenti:

  • Non sono cedibili;
  • Non sono commercializzabili;
  • Non sono convertibili in denaro;
  • Sono utilizzabili soltanto dal titolare;
  • Non sono cumulabili oltre il limite sancito che, dall’introduzione del D.M. 122/17, corrisponde a 8 buoni al giorno.

Lavoratori beneficiari

I buoni possono essere erogati in favore di:

  • Lavoratori subordinati, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario giornaliero non preveda una pausa per il pasto;
  • Titolare di un rapporto di collaborazione (esempio co.co.co.).

Le aziende non sono obbligate ad erogarli, a meno che questi non siano espressamente previsti nei contratti collettivi o nella contrattazione di secondo livello o individuale.

In assenza di disposizioni limitative si ritiene che i buoni siano spendibili anche nei giorni in cui il dipendente non presti attività di lavoro.

Lavoratori part time

Per i lavoratori part time la posizione dell’Amministrazione finanziaria è evoluta nel tempo. Inizialmente l’Agenzia richiedeva l’esistenza di un periodo giornaliero di pausa per la consumazione del pasto, escludendo di fatto i lavoratori part time dal regime agevolato. Con la risoluzione 30 ottobre 2006 numero 118, tale posizione è stata superata: anche quando l’articolazione dell’orario di lavoro non prevede il diritto alla pausa pranzo, è possibile beneficiare dell’agevolazione.

Lavoratori in smart working

La disciplina si applica anche ai dipendenti in smart working. L’Agenzia delle Entrate lo ha chiarito con la risposta a interpello 22 febbraio 2021 numero 123 e con l’interpello della Direzione Regionale Lazio febbraio 2021 numero 956-2631/2020. Questa apertura ha particolare rilievo dopo l’emergenza pandemica, che ha reso strutturale il lavoro agile in molte realtà aziendali.

Amministratori

Il trattamento fiscale dei buoni concessi agli amministratori varia in funzione della natura del rapporto. Nel caso di amministratore collaboratore, si applica la disciplina prevista dall’articolo 51 del TUIR per quanto riguarda il soggetto percipiente, trattandosi di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente. Lato società, opera la disciplina dell’articolo 95 del TUIR con deducibilità integrale dei costi.​

Quando l’attività di amministratore rientra nell’oggetto della professione esercitata, come nel caso di un commercialista, i compensi in natura vengono attratti nel reddito di lavoro autonomo. Le spese per i buoni pasto sostenute direttamente dall’impresa committente non costituiscono compensi in natura per il professionista ai sensi dell’articolo 54, comma 3 del TUIR. Se invece l’amministratore professionista acquista i buoni e richiede un rimborso analitico delle relative spese, qualora il pagamento avvenga mediante mezzi tracciabili, il rimborso non è tassato per effetto dell’articolo 54, comma 2-bis del TUIR.​

Amministratori senza compenso

Nelle società di persone può verificarsi che gli amministratori non ricevano un compenso specifico per l’attività svolta, essendo remunerati con gli utili della società. L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 13 dicembre 2019 numero 522, ha affermato che in assenza di compenso i benefit assolvono una funzione essenzialmente remunerativa e devono essere assoggettati a tassazione. Tuttavia questa impostazione appare criticabile: l’assenza di corrispettivo per la carica può essere fisiologica, ma non per questo gli amministratori che ricevono un benefit sono sottratti alle regole di determinazione del loro reddito.

Soci lavoratori di società di persone

La qualità di socio di società di persone è compatibile con quella di lavoratore dipendente nel caso in cui vi sia la sussistenza del vincolo di subordinazione. In tale caso dovrebbero ritenersi applicabili le regole previste per il dipendente ordinario.

Gli esercizi convenzionati

Il servizio sostitutivo di mensa effettuato attraverso i buoni pasto deve essere esercitato dai soggetti che possono effettuare:

  • Somministrazione di alimenti e bevande;
  • Attività di mensa aziendale;
  • Vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore alimentare;
  • La vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari;
  • La vendita al dettaglio e la vendita a consumo sul posto dei prodotti provenienti da propri fondi effettuata dagli imprenditori agricoli, coltivatori diretti e dalle società semplici esercenti attività agricola;
  • Nell’ambito dell’attività di agriturismo, con somministrazione di pasti e bevande, costituiti prevalentemente dai prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona;
  • Nell’ambito dell’attività di ittiturismo;
  • La vendita al dettaglio di prodotti alimentari.

La tassazione per il dipendente sopra la soglia esente

L’art. 51, co. 2, lett. c) del TUIR prevede che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo di:

  • 4 euro in formato cartaceo, 
  • 8 euro in formato elettronico.

Fino a tali importi vi è esclusione dal reddito da lavoro dipendente. Viene consentita la cumulabilità dei singoli buoni, ancorché nel limite di 8.

Soltanto il maggiore valore deve essere soggetto a tassazione. Quindi, coloro che ricevono buoni in formato cartaceo sono esenti da contribuzione e tassazione fino ad un massimo di 4 euro al giorno, la cifra corrisponde al valore facciale del buono. Coloro che ricevono buoni in formato elettronico sono esenti fino ad un valore massimo di 8 euro al giorno.

Un aspetto ulteriore riguarda il rapporto tra buoni pasto e la soglia generale di esenzione dei fringe benefit. L’Agenzia delle Entrate ha precisato con la risoluzione 29 marzo 2010 numero 26 che l’importo dei buoni eccedente i limiti specifici non può essere assorbito dalla soglia di esenzione prevista dall’articolo 51, comma 3 del TUIR. Attualmente questa soglia ordinaria è fissata a 1.000 euro annui, elevati a 2.000 euro per i dipendenti con figli a carico.

Secondo quanto stabilito dal Ministero dello Sviluppo economico, i buoni pasto elettronici e cartacei 2022 possono essere utilizzati solo dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche quando l’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo, e dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato.

Esempio di calcolo di tassazione in busta paga per il dipendente

Cartacei

  • Valore del buono pasto: € 10,00
  • Numero di Buoni: 15
  • Totale: € 10,00 x 15 = € 150,00
  • Valore dei buoni: € 150,00
  • Quota imponibile IRPEF da inserire in busta paga: € 90,00 (calcolato come € 6,00 per 15 buoni)
  • INPS da versare (aliquota 9,19%): € 8,27 (calcolato su € 90,00)
  • IRPEF da versare (aliquota convenzionale al 43%): € 38,70 (calcolato su € 90,00)

Elettronici

  • Valore del buono pasto: € 10,00
  • Numero di Buoni: 15
  • Totale: € 10,00 x 15 = € 150,00
  • Valore dei buoni: € 150,00
  • Quota da inserire in busta paga: € 30,00 (calcolato come € 2,00 per 15 buoni)
  • INPS da Versare (aliquota 9,19%): € 2,78 (calcolato su € 30,00)
  • IRPEF da Versare (aliquota convenzionale al 43%): € 12,90 (calcolato su € 30,00)

La deducibilità fiscale del costo per l’azienda 

Per l’azienda che acquista i buoni pasto da distribuire ai dipendenti, il costo che sostiene è totalmente deducibile per competenza ai fini delle imposte dirette (IRPEF/IRES/IRAP). Questo significa che il costo relativo all’acquisto dei buoni deve essere dedotto in riferimento al periodo d’imposta in cui il dipendente ha usufruito del servizio buono pasto.

In merito alla totale deducibilità del costo di acquisto, con la Circolare n. 6/E/2009 (§ 8) l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

“Atteso che la fornitura dei ticket restaurant rappresenta un servizio sostitutivo di mensa, si ritiene che la limitazione della deducibilità al 75% (fissato per le spese di vitto e alloggio) non sia applicabile alle spese sostenute dal datore di lavoro per il loro acquisto. Tali spese, infatti, analogamente a quelle relative ad una convenzione con un esercizio pubblico, rappresentano il costo per l’acquirente di un servizio complesso non riconducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande”

Il datore di lavoro non dovrà operare nessuna ritenuta contributiva e previdenziale sul valore dei buoni pasto come stabilito dall’art. 51, comma 2, lett. c), TUIR, il quale non concorre alla determinazione della retribuzione imponibile ai fini contributivi, come riporta la Circolare INPS n. 15/22.

Le aziende possono scegliere anche decidere di erogare un’indennità sostitutiva di mensa, ossia una somma erogata direttamente in busta paga a integrazione della retribuzione mensile. In questo caso, però, le somme sono interamente soggette a tassazione contributiva e fiscale, al versamento di quote INPS, TFR, IRAP e IRES su IRAP.

Per i liberi professionisti e le ditte individuali senza dipendenti la deduzione dei costi sostenuti per l’acquisto dei buoni è ammessa, ai fini delle imposte dirette, nella misura del 75%, per un importo massimo nel limite del 2% del fatturato, mentre le regole concernenti l’IVA rimangono invariate rispetto a quelle previste per il datore di lavoro. 

Disciplina contabile

Sotto il profilo contabile, i costi per i buoni pasto distribuiti ai dipendenti si rilevano nella voce “B.7 – Costi per servizi” del Conto economico e non, invece, nella voce “B.9 – Costi per il personale” (documento OIC 12, § 63), in applicazione del criterio di classificazione dei costi per natura. In contropartita, si rileva il debito verso la società che emette i buoni, nella voce “D.7 – Debiti verso fornitori” del passivo di Stato patrimoniale.

Deducibilità del costo per il professionista

Il principio di integrale deducibilità dei costi sostenuti per l’acquisto di buoni pasto affermato nella Circolare n. 6/E/09 (§ 8) opera nel caso in cui il professionista assegni i buoni ai propri dipendenti. Nonostante l’assenza di chiarimenti ufficiali, i costi dovrebbero essere deducibili nei limiti previsti dall’art. 54 co. 5 del TUIR, vale a dire al 75% e per un importo non superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.

Principio di cassa allargato

Il momento di tassazione dei buoni pasto per il dipendente è regolato dal principio di cassa allargato previsto dall’articolo 51, comma 1 del TUIR. Secondo tale disposizione, si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono.​

La Circolare 326 del 1997 ha precisato che questa disposizione sancisce un principio obbligatorio che comporta l’automatica retrodatazione ai fini fiscali dei pagamenti effettuati a inizio anno. Quindi, nel caso in cui il dipendente riceva i buoni maturati nel 2025 entro il 12 gennaio 2026, questi si considerano percepiti fiscalmente nel 2025. Questo meccanismo ha rilevanza pratica per il calcolo delle ritenute fiscali e per la compilazione della Certificazione Unica.

Disciplina IVA

Per quanto riguarda la disciplina IVA applicabile ai buoni pasto, in base alle modifiche intervenute ad opera dell’articolo 83, co. 28-bis del D.L. n. 112/08, le imprese hanno facoltà di detrarre interamente l’IVA (con aliquota del 4%) relativa alle spese sostenute in relazione ai servizi alberghieri e di ristorazione (nel rispetto del principio di inerenza), ivi comprendendo anche i costi per l’acquisto di buoni pasto. La base imponibile è costituita dal prezzo convenuto tra le parti, non rilevando la circostanza che tale prezzo sia pari, inferiore o superiore al valore facciale indicato nel buono pasto.

La prestazione resa dagli esercizi o dalle mense convenzionate alla società emittente i buoni è soggetta ad aliquota IVA del 10% ai sensi del n. 121 della Tabella A, Parte III, allegata al DPR n. 633/72 (Risoluzione n. 75/E/20, Risoluzione n. 63/E/05 e R.M. 49/96). Si tratta, infatti, di una somministrazione di alimenti e bevande non riconducibile tra quelle effettuate presso mense aziendali.

Certificazione dei corrispettivi

Gli esercenti che accettano i buoni pasto come mezzo di pagamento della somministrazione di alimenti e bevande e che sono soggetti all’obbligo di memorizzazione e invio dei corrispettivi ex art. 2 co. 1 del D.Lgs. n. 127/15. Con maggiore dettaglio, tali operatori sono tenuti a:

  • Memorizzare il corrispettivo in tutto od in parte non riscosso collegato al ticket restaurant;
  • Emettere il documento commerciale indicando l’importo pagato mediante ticket.

Gli importi dei ticket devono essere inclusi nel totale dei corrispettivi inviati tramite registratori telematici, nonostante siano oggetto di successiva fatturazione verso la società che emette i buoni. L’imposta deve essere computata soltanto nella liquidazione relativa al periodo in cui si è verificato il pagamento del controvalore del buono o in cui è stata emessa, in via anticipata, la fattura.

Vantaggi per dipendenti e aziende

Il sistema dei buoni pasto genera vantaggi concreti per entrambe le parti del rapporto di lavoro. Per i dipendenti, fino alle soglie indicate, i buoni rappresentano un concreto sostegno economico totalmente esentasse. Attraverso l’integrazione di buoni, si ottiene un reddito annuo detassato destinato all’alimentazione calcolabile in 880 euro nel caso del formato cartaceo e in 1.760 euro nel caso del formato elettronico.

Per le aziende, la convenienza deriva dalla deducibilità integrale dei costi e dalla detrazione dell’IVA al 4 per cento. Inoltre, i buoni pasto costituiscono uno strumento di retention e motivazione del personale che non comporta incrementi dei costi contributivi. La flessibilità del sistema consente alle imprese di modulare il benefit in base alle diverse esigenze organizzative, offrendo soluzioni differenziate per categorie di dipendenti che operano in contesti lavorativi diversi

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