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Lavoro in Svizzera: devo pagare le imposte in Italia?

Fiscalità InternazionaleTassazione di redditi esteriLavoro in Svizzera: devo pagare le imposte in Italia?

Ti sei trasferito a Berna? Hai un lavoro in Svizzera e vuoi sapere se devi pagare le imposte in Italia? Voglio rispondere definitivamente a questa domanda, dandoti gli strumenti giusti per capire quando, in caso di redditi esteri, sei tenuto a pagare le imposte anche in Italia. Tutte le informazioni per i soggetti che percepiscono redditi da lavoro in Svizzera.

Lavori a Berna o a Lugano e vuoi sapere se devi dichiarare anche in Italia i tuoi redditi? Hai passato un periodo di lavoro in Svizzera, e adesso ti chiedi se devi presentare la dichiarazione dei redditi in Italia?

In questo articolo troverai le risposte a queste domande e se tutto questo non basta potrai chiedere la mia consulenza. Negli ultimi anni trasferirsi in cerca di fortuna all’estero è stata la strada praticata da molti. Sia studenti che lavoratori hanno scelto per motivi diversi la Svizzera come Paese nel quale raggiungere i propri obiettivi: studio, oppure lavoro e carriera.

Sono sicuro che se stai leggendo questo articolo molto probabilmente è perché stai effettuando un’attività di lavoro in Svizzera. Oppure ci hai lavorato nel corso dell’ultimo anno e vuoi sapere se sei tenuto a dichiarare in Italia i redditi esteri che hai percepito. Come avrai avuto modo di constatare personalmente, la tassazione dei redditi percepiti all’estero è sempre un aspetto che genera molta confusione. Questo in quanto vi sono vari aspetti da tenere in considerazione per capire dove devono essere tassati i redditi percepiti all’estero.

Vi sono poi differenze a seconda della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato estero ove il reddito è stato percepito. Per questo motivo, dare una risposta generale non è mai possibile, ma è sempre opportuno andare ad analizzare in dettaglio ogni situazione.


Lavoro in Svizzera e mantenimento della residenza fiscale in Italia

Il primo aspetto da chiarire è che questo articolo non riguarda genericamente tutte le situazioni di lavoro in Svizzera. Voglio occuparmi di una fattispecie in particolare, lasciando poi per tutte le altre la possibilità di contattarmi direttamente. La fattispecie di partenza è quella che riguarda i redditi da lavoro in Svizzera percepiti da un soggetto che rimane fiscalmente residente in Italia, che si chiede se e come sia tenuto a dichiarare nel nostro Paese questi redditi. Voglio farti un esempio concreto prendendo spunto da un caso reale che mi è capitato qualche tempo fa. Prendiamo il caso di Lucia che ha trascorso 18 mesi a Zugo nel corso dello scorso anno per lavorare dipendente in una multinazionale.

La situazione di partenza

Lucia, dopo vari lavori saltuari ha deciso di trasferirsi dall’Italia proprio per sfruttare questa prestigiosa opportunità. L’obiettivo è quello di pensare ad un rinnovo e ad un contratto stabile. Contratto che permetterebbe anche al resto della sua famiglia di spostarsi in Svizzera. Lucia, infatti, si è sposata da poco, e suo marito in questo periodo è rimasto in Italia, ove lavora come professionista nel settore sanitario. Lucia, una volta ricevuta la proposta di lavoro, non ci ha pensato due volte, e nel giro di 10 giorni si è trasferita a Zugo. Incosciente della corretta procedura da adottare per il trasferimento all’estero Lucia non si è iscritta all’AIRE. Questo aspetto, assieme alla sua situazione familiare non le ha permesso di effettuare un corretto trasferimento di residenza fiscale all’estero.

Lucia mi ha contattato perché è dubbiosa circa il da farsi per quanto riguarda la sua dichiarazione dei redditi in Italia. Deve presentarla? Che tassazione riceverà sui redditi esteri che ha percepito? Prendendo spunto da questa situazione e prendendola come base per la risposta voglio fornirti alcuni consigli utili se ti trovi anche tu in questa situazione. Sono sicuro che sono molti gli italiani, soprattutto studenti, ad avere un lavoro in Svizzera, magari temporaneo, per qualche mese o anno (manager, ingegneri, architetti, consulenti, ma anche persone in cerca di fortuna), e si chiedono se sono tenuti a pagare le imposte sui redditi anche in Italia. Non è raro il caso in cui  questi lavoratori italiani domiciliati all’estero, ignorino di dover pagare le imposte sul reddito anche in Italia. Vediamo, quindi, di dare una risposta chiara a questo argomento.


La residenza fiscale dei contribuenti

Sempre più italiani sognano di trasferirsi e andare a vivere in Svizzera, un paese poco distante dai confini italiani ma che non conosce crisi. Una qualità della vita più alta, stipendi adeguati e bassa disoccupazione fanno di questa nazione una possibile alternativa per chi vuole veramente cambiare vita. E decidere di trasferirsi in Svizzera e trovare lavoro non è nemmeno difficile come sembra.

Il concetto fondamentale per stabilire ove un soggetto sia tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti è quello di “residenza fiscale“. Nel nostro ordinamento tale definizione è indicata dall’articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86 (TUIR). È in base al concetto di residenza fiscale, infatti, che trova applicazione la potestà impositiva, a livello fiscale, di ogni Nazione. Secondo questa disposizione, un soggetto si considera fiscalmente residente in Italia se, alternativamente, verifica almeno una delle seguenti condizioni:

  • Ha la residenza nel territorio dello Stato, ex art. 43 co. 2 c.c. – La residenza deve essere individuata nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale, con intenzione di rimanervi;
  • Ha il domicilio nel territorio dello Stato. Per domicilio, deve intendersi “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“);
  • È presente nel territorio dello Stato (considerando anche le frazioni di giorno);
  • Salvo prova contraria, risulta iscritto nelle anagrafi della popolazione residente, presso i vari Comuni.

Worldwide taxation principle

Il mantenimento della residenza fiscale in Italia, come nel caso affrontato, comporta necessariamente l’obbligo di pagare le imposte sui redditi in Italia anche sui redditi prodotti all’estero. Questo significa obbligo di dichiarare in Italia i redditi che, nell’esempio, Lucia ha percepito in Svizzera.

Questo, infatti, è quanto prevede il principio della World Wide Taxation, previsto dall’articolo 3 del TUIR. Questo principio è uno dei pilastri fondamentali su cui si basa il nostro sistema tributario, ed anche quello di molti dei sistemi fiscali dei Paesi europei.

Il concetto è molto semplice. Un soggetto è tenuto a pagare le imposte (ovunque esse siano prodotte e/o percepite), in un unico Stato, quello di residenza. Per attenuare la doppia imposizione è possibile poi ottenere un credito di imposta per le eventuali altre imposte già pagate nei Paesi ove i redditi sono stati percepiti (tassazione nello Stato della fonte). Riassumendo, quindi, un lavoratore Italiano che svolge la sua attività lavorativa e ha la sua vita all’estero, ha ugualmente l’obbligo del versamento delle imposte sul reddito anche in Italia in concomitanza di almeno uno dei seguenti requisiti:

  • Essere residente in Italia, per almeno 183 giorni all’anno (la maggior parte dell’anno solare).
  • Essere iscritto nelle anagrafi comunali della popolazione residente in Italia (quindi, non essere iscritto all’AIRE).
  • Avere eletto nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio o la propria residenza , ai sensi dell’articolo 43 del codice civile.

Per approfondire: “AIRE: Anagrafe degli Italiani residenti all’estero“.


Criteri di collegamento della residenza fiscale in Italia

I criteri sopra indicati utili per verificare la residenza fiscale sono alternativi tra loro. In pratica, è sufficiente realizzare anche soltanto una di quelle fattispecie per essere considerati fiscalmente residenti in Italia.

Se applichiamo quelle condizioni alla situazione descritta del caso di Lucia, possiamo fare alcune osservazioni. Prima di tutto, vi è un legame con l’Italia legato al domicilio, ovvero il luogo dove si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari. La presenza del coniuge che vive e lavora stabilmente in Italia, determina la presenza del suo domicilio in Italia. Inoltre, la mancata iscrizione AIRE, rappresenta una presunzione legale relativa di residenza in Italia. Teoricamente Lucia avrebbe la possibilità di superare la mancata iscrizione AIRE, ma per il concetto di domicilio legato al coniuge in Italia, la residenza fiscale per la normativa nazionale è in Italia.

La normativa convenzionale

Accanto alla normativa fiscale nazionale Italia e Svizzera hanno siglato una Convenzione contro le doppie imposizioni. Questa normativa, sovranazionale, prevede all’art. 4 dei criteri per identificare la residenza fiscale del contribuente che si trovi in una situazione di “dual residence“. Si tratta di una situazione dove sia Italia che Svizzera, per le loro normative interne, possono considerare residente fiscalmente il soggetto nel proprio territorio. In questo caso è necessario andare ad analizzare le c.d. “tie breaker rules“. Solo dove una di questa offre una risposta diretta verso un unico Stato questo diventa quello di residenza fiscale.

La prima di queste regole riguarda l’abitazione permanente. Si tratta di individuare una sola abitazione dove il soggetto risiede stabilmente. Nel caso di Lucia, vi sarebbe l’abitazione Svizzera, ma anche quella italiana dove risiede il marito. La seconda regola riguarda il c.d. “centro degli interessi vitali“, ovvero il centro degli interessi economici, patrimoniali e familiari di un soggetto. Anche in questo caso la situazione non porta ad una soluzione verso un unico Stato. La regola successiva è il soggiorno abituale. Nella situazione Lucia non è in grado di dimostrare un soggiorno abituale in Svizzera in quanto il tempo trascorso è parzialmente in Svizzera ed in parte in Italia, senza una prevalenza netta, svolgendo anche attività di lavoro in smart working. A questo punto l’ultima regola è quella legata alla cittadinanza, che di fatto, porta la residenza fiscale in Italia.

Quindi, come si trasferisce la residenza fiscale all’estero?

Come abbiamo visto, mantenere la propria iscrizione anagrafica in Italia e, comunque, i propri collegamenti familiari, economici, patrimoniali, etc comporta il mantenimento della residenza fiscale in Italia e quindi l’obbligo di dichiarare in Italia tutti i propri redditi. Per questo motivo, per evitare questa situazione è necessario cancellare domicilio e residenza dall’Italia e non risultare iscritti all’anagrafe di paesi italiani per almeno 183 giorni dell’anno in corso. Ma questo potrebbe non bastare. Per lo stato italiano, infatti, bisogna anche spostare gli “interessi vitali”. Cambiare la residenza ma mantenere famiglia (ipoteticamente, coniugi e figli) in Italia, avere una macchina che circola in Italia e una casa intestata in Italia continuerà a rendere il lavoratore in soggetto a residenza fiscale italiana.

Per questo motivo è fondamentale comprendere bene la propria situazione personale per individuare la propria residenza fiscale e capire i propri obblighi fiscali. Per questo al termine dell’articolo puoi trovare il link per contattarmi direttamente per ricevere una consulenza personalizzata sulla tua situazione.

Criteri di collegamento dei redditi da lavoro estero di soggetti fiscalmente residenti in Italia

Una volta individuata la residenza fiscale in Italia di Lucia, sia sulla base della normativa fiscale nazionale che convenzionale occorre interrogarsi sui criteri di collegamento del reddito da lavoro dipendente prodotto all’estero.

In base a quanto previsto dall’art. 3 del TUIR, i soggetti fiscalmente residenti in Italia sono tenuti alla dichiarazione dei redditi sia di fonte italiana che di fonte estera. Questo, anche se questi ultimi hanno già scontato le imposte nel Paese estero in cui il reddito è stato prodotto. Per questo motivo, quindi, Lucia è tenuta ogni anno a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia e dichiarare i redditi esteri.

Tassazione del reddito da lavoro dipendente prodotto in Svizzera con residenza fiscale in Italia

Il reddito percepito dal contribuente, residente in Italia, a fronte della propria attività di lavoro dipendente, svolta in Svizzera rientra nell’ambito applicativo dell’art. 15, par. 1 della Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni. Tale disposizione prevede una tassazione esclusiva dei redditi da lavoro dipendente nello Stato di residenza del contribuente, a meno che tale attività non sia svolta nell’altro Stato contraente. In questo caso il reddito deve essere assoggettato a tassazione concorrente in entrambi in Paesi.

Quindi, questo significa che Lucia è tenuta ad assoggettata a tassazione concorrente in Italia (Stato di residenza del contribuente) e in Svizzera (Stato della fonte del reddito). L’eventuale doppia imposizione del reddito deve essere eliminata in Italia, ai sensi delle disposizioni contenute nell’art. 24, par. 2 della Convenzione per evitare le doppie imposizioni e dall’art. 165 del TUIR.

Le eventuali giornate di lavoro effettuate da Lucia in Italia, come attività di smart working, devono essere assoggettate ad imposizione esclusiva nel nostro Paese (in quanto, tale ipotesi, Stato di residenza e Stato della fonte coincidono). Vedasi la risposta ad interpello n. 171/E/2023.

Lavorare in Svizzera per oltre 183 giorni con residenza italiana: le retribuzioni convenzionali

Il caso preso in esame all’inizio dell’articolo è quello di un soggetto che si è trovato a svolgere attività di lavoro in Svizzera, con la forma che conosciamo come “lavoro dipendente” per conto di un datore di lavoro residente in Svizzera. Quando il numero di giorni di lavoro in Svizzera supera i 183 nell’arco di dodici mesi, nonostante trovino applicazione le disposizioni sopra citate dell’art. 15, par. 1 della Convenzione, la normativa tributaria nazionale prevede una particolare forma di imposizione. Sul punto, l’articolo 51, comma 8, del DPR n. 917/86 prevede quanto segue:

Si tratta di un’agevolazione che consente di tassare non il reddito da lavoro effettivamente percepito, ma previsto dalle retribuzioni convenzionali. Tuttavia, per poter applicare concretamente questa normativa, è necessario che il settore economico in cui viene svolta l’attività da parte del lavoratore dipendente sia previsto nel Decreto ministeriale che determina le retribuzioni convenzionali. In concreto, per poter applicare le retribuzioni convenzionali per la tassazione del reddito in Italia è necessario che il lavoratore abbia un contratto di lavoro nel quale è indicato il ruolo e la retribuzione che avrebbe avuto in Italia per quella stessa mansione.

È facile ritenere, quindi, che questa possibilità sia di più facile attuazione per i dipendenti di multinazionali, inviati a lavorare in un Paese diverso dall’Italia. In tutti gli altri casi chiedere l’applicazione di questa norma è sicuramente più difficile. Come, nel nostro esempio nel caso di Lucia.

Possibilità di attenuazione della doppia imposizione sul reddito

Come abbiamo visto, il lavoro in Svizzera da parte di un soggetto residente in Italia, può comportare il pagamento delle imposte sui redditi nel nostro Paese. Questo è quanto è dovuto, almeno per il nostro caso preso in esame, in quanto Lucia si trova a dover pagare le imposte sia in Svizzera(se dovute) che in Italia, a fronte di uno stesso reddito percepito.

Al fine di evitare questa doppia imposizione, conseguente al pagamento delle imposte sui redditi nel Paese di residenza del dichiarante oltre che nel Paese di produzione del reddito, sia la convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Svizzera (Gazzetta ufficiale n 49 del 1979), sia il TUIR, prevedono un principio generale di divieto della doppia imposizione, per cui la stessa imposta non può essere applicata più volte su uno stesso reddito. Per potere applicare concretamente questo principio ci viene in aiuto l’articolo 165 del DPR n. 917/86.

Tale articolo prevede che le imposte pagate a titolo definitivo sui redditi prodotti all’estero siano ammesse in detrazione dall’imposta netta, scaturente dal conguaglio di fine anno o dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo, fino alla concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra redditi prodotti all’estero e reddito complessivo.

Imposte a titolo definitivo

A prima vista può sembrare complicato, ma in pratica l’articolo 165 del DPR n. 917/86 prevede che il nostro lettore, cittadino Italiano, che sostanzialmente svolge la sua vita all’estero ma continua ad essere iscritto all’anagrafe comunale della popolazione residente abbia l’obbligo di contribuire alle imposte sul reddito in Italia. Nella sua dichiarazione dei redditi italiana, avrà diritto ad un abbattimento dell’IRPEF (l’imposta sui redditi) pari all’ammontare delle imposte pagate in Svizzera a titolo definitivo (non devono essere presi in considerazione gli acconti). Questo credito, comunque, non potrà mai superare la quota di IRPEF relativa al reddito estero.

Ad esempio se per un reddito pari a 1.000 euro la tassazione in Svizzera è pari a 22% ed in Italia pari al 23% il nostro lettore verserà all’Amministrazione finanziaria Italiana tutta la tassazione dovuta del 1%. Infatti, l’imposta da pagare in Italia è quella differenziale rispetto a quella dovuta nel Paese ove si è percepito il reddito. In questo modo viene correttamente applicato il principio di divieto di doppia imposizione di uno stesso reddito, previsto dall’articolo 165 del DPR n. 917/86.

Cosa possiamo imparare dall’esame di questo caso?

Prima di tutto è bene ribadire che in questi casi è fondamentale consultare un Commercialista esperto in fiscalità internazionale. Quando si intende trasferirsi all’estero per periodi maggiori di 6 mesi, sia per studio che per lavoro, in modo da pianificare correttamente gli adempimenti fiscali conseguenti. Non potendo tuttavia generalizzare in quanto ogni situazione personale ha le sue peculiarità.

Quello che posso dirti è che se un cittadino Italiano svolge la sua vita (personale e/o lavorativa) all’estero, per evitare il pagamento delle imposte sul reddito anche in Italia dovrebbe trasferire la propria residenza fiscale all’estero, iscrivendosi all’AIRE. La questione però non si risolve così semplicemente. È necessario che il contribuente che intende trasferirsi all’estero sposti con se i suoi principali interessi di tipo personale e familiare. Il tutto senza sottovalutare gli aspetti economici e patrimoniali.

Un soggetto che vuole trasferirsi all’estero lasciando la sua famiglia in Italia o i suoi principali interessi economici e/patrimoniali in Italia sarà sicuramente soggetto a controlli ed accertamenti. Per questo è bene pianificare con cura ed in anticipo questi aspetti legati alla normativa fiscale. Questo, anche se potrà sembrarvi poco conveniente, vi consentirà di risparmiarvi in futuro un possibile lungo e costoso contenzioso fiscale con l’Amministrazione finanziaria.


Consulenza fiscale online

Anche tu ti sei trasferito all’estero e vuoi saperne di più sulla tua posizione fiscale? Lavori in Svizzera e vuoi sapere dove pagare le imposte?

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Utilizza il nostro servizio di consulenza fiscale online dedicato agli aspetti legati alla residenza fiscale ed al suo trasferimento all’estero, ed alle modalità di tassazione dei redditi esteri. Sarai ricontattato nel più breve tempo e potrai interagire ed ottenere la consulenza di un professionista preparato ed esperto in fiscalità internazionale. Di seguito il link per accedere al servizio.


Domande frequenti

Lingue Parlate in Svizzera

Le lingue parlate in Svizzera sono 4: italiano, francese, tedesco e romancio.
Se non conosci francese o tedesco, puoi concentrare la tua ricerca di lavoro in Canton Ticino, la regione della Svizzera dove si parla l’italiano.
Se la tua conoscenza delle altre lingue è buona, puoi allargare la tua ricerca anche agli altri cantoni.
La conoscenza dell’inglese è richiesta per aziende che operano in ambito internazionale, ma non necessaria nella maggior parte dei casi.
Tutto dipende da che tipo di lavoro vuoi trovare e dalle tue ambizioni personali e professionali.

Documenti necessari per il lavoro in Svizzera

Tutti gli italiani, in quanto cittadini dell’Unione Europea, possono infatti vivere e lavorare in Svizzera senza dover richiedere complicati permessi o visti particolari.
Bisogna comunque richiedere un permesso di soggiorno all’ufficio di migrazione, entro 14 giorni dal tuo arrivo in Svizzera, semplicemente presentando la tua carta d’identità o un passaporto valido, una copia del tuo contratto di locazione e una fotografia formato passaporto, oltre ad una copia del contratto di lavoro.

Lavoratori frontalieri con la Svizzera

Un soggetto italiano che si reca quotidianamente in Svizzera per svolgere la propria attività lavorativa è considerato un Frontaliere.
La normativa fiscale italiana offre una particolare agevolazione verso questi soggetti.
Infatti, la tassazione del reddito di questi soggetti avviene esclusivamente in Italia, ove possono beneficiare di una franchigia di € 7.500. Il reddito superiore alla franchigia subisce normale tassazione IRPEF.
Per approfondire questo argomento ti lascio a questo contributo dedicato: “Frontalieri italiani: regime fiscale di tassazione

I permessi di dimora in Svizzera

In conclusione abbiamo deciso di inserire un breve riepilogo dei diversi permessi di dimora previsti in Svizzera. Si tratta dei seguenti.

PERMESSO L

Le persone che hanno intenzione di vivere in Svizzera per un periodo di tempo solitamente inferiore ad un anno, possono richiedere il permesso di tipo L. Per ottenere questo tipo di permesso è necessario dimostrare un rapporto lavorativo con un datore di lavoro svizzero, presentando una copia di un contratto di lavoro della durata compresa tra tre mesi e un anno.

I rapporti di lavoro inferiori a tre mesi non necessitano di un permesso, ma in questo caso le condizioni di soggiorno sono regolate tramite una procedura di notifica.

PERMESSO B

Permesso adatto per chi è intenzionato a vivere in Svizzera per lunghi periodi. Il permesso di dimora di tipo B ha una durata di 5 anni e viene rilasciato nel caso si possa dimostrare di avere un contratto di lavoro svizzero di almeno 365 giorni, o meglio ancora a tempo indeterminato.

Ogni 5 anni questo permesso può essere prolungato se esistono le stesse condizioni iniziali. In caso l’interessato è disoccupato da oltre 12 mesi consecutivi, la prima proroga può essere limitata ad un anno.

PERMESSO C

Il permesso di tipo C è un permesso di domicilio che viene rilasciato dopo 5 o 10 anni di dimora in Svizzera. La Segreteria di Stato della migrazione (SEM) stabilisce la data a partire dalla quale le autorità cantonali possono rilasciare il permesso di domicilio.

Si tratta inoltre di un permesso illimitato e senza particolari condizioni e i cittadini dell’Unione Europea possono ottenere il permesso C dopo una dimora regolare e ininterrotta di cinque anni secondo gli accordi di domicilio e di considerazioni di reciprocità.

PERMESSO G

Il permesso di tipo G è dedicato ai frontalieri, cioè stranieri che risiedono in zone di confine (Como, Varese etc), ed esercitano un’attività lucrativa in Svizzera (compreso un lavoro da dipendenti). I frontalieri sono tenuti a rientrare almeno una volta alla settimana presso il proprio domicilio all’estero e beneficiano della mobilità geografica e professionale all’interno dell’intera zona di frontiera della Svizzera.

Il permesso per frontalieri di tipo C è valevole per cinque anni purché sia presente un contratto di lavoro di durata indeterminata o superiore ad un anno.

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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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