Requisiti richiesti per l’ottenimento dell’agevolazione dei lavoratori impatriati laureati, ex art. 16, co. 2, D.Lgs. n. 147/15: 1) possesso di un titolo di laurea e svolgimento di attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi 2) hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più.
L’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/15 disciplina il regime dei lavoratori impatriati al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori esteri. L’agevolazione fiscale riguarda sia cittadini italiani che stranieri che decidono di venire a vivere in Italia in modo stabile, rispettando alcune condizioni. Verificandosi le condizioni richieste dalla norma, infatti, è possibile godere di una riduzione imponibile dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia. Questi concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 30%, a meno che il soggetto con trasferisca la sua residenza in una delle regioni del Sud d’Italia. Nel caso la base imponibile si riduce al 10% del reddito. Trattasi di un’agevolazione temporanea, applicabile per un quinquennio. Questo, a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi. Tuttavia, l’agevolazione può essere estesa per ulteriori cinque anni in caso di acquisto di bene immobile in Italia o di presenza di un figlio a carico (nei secondi cinque anni la detassazione è al 50% del reddito).
L’agevolazione per i lavoratori impatriati si divide in due rami:
- Lavoratori impatriati, con i requisiti di cui al comma 1 del D.Lgs. n. 147/15;
- Lavoratori impatriati “laureati” con i requisiti di cui al comma 2 del D.Lgs. n. 147/15.
In questo articolo mi voglio concentrare sui requisiti richiesti dal comma 2 del D.Lgs. n. 147/15. Mi riferisco ai requisiti richiesti per i lavoratori impatriati laureati. Si tratta di alcuni requisiti da rispettare per i lavoratori dotati di laurea. Da precisare che per l’ottenimento dell’agevolazione possono essere verificate, alternativamente, i requisiti di cui al comma 1 o 2 dell’articolo 16.
Cominciamo!
Lavoratori impatriati laureati: i requisiti del co. 2
Il comma 2 dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/15 definisce i requisiti richiesti per i lavoratori impatriati laureati. Sono destinatari del beneficio fiscale in esame:
- I cittadini dell’Unione Europea o
- Di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale.
Questi soggetti devono soddisfare i seguenti requisiti:
- Essere in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, o
- Avere svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Al riguardo, la Circolare n 17/E/2017, Parte II, paragrafo 3.2, precisa che per accedere al regime fiscale previsto per i lavoratori impatriati, devono avere i seguenti requisiti:
- Essere in possesso di un titolo di laurea;
- Avere svolto continuativamente un’attività di lavoro o studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più;
- Essere cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale;
- Svolgere attività di lavoro autonomo o dipendente prevalentemente sul territorio italiano.
Vediamo, adesso, in dettaglio i requisiti richiesti dalla norma.
Il periodo di svolgimento di attività di lavoro o studio all’estero
Uno dei principali elementi di dubbio sui requisiti richiesti per i lavoratori impatriati laureati riguarda il periodo di lavoro o studio all’estero. Sul punto è necessario fare riferimento a quanto precisato dalla citata Circolare n. 17/E/2017, la quale ha precisato quanto segue.
Circolare n. 17/E/2017 – Periodo di lavoro o studio all’estero |
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“il requisito dello svolgimento dell’attività di lavoro o studio all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non deve necessariamente far riferimento all’attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro. È sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi. Infine, relativamente all’attività di studio, tale requisito è soddisfatto a condizione che il soggetto consegua la laurea o altro titolo accademico post lauream aventi la durata di almeno due anni accademici” |
Questo significa che il rispetto del requisito dei due anni di lavoro o studio all’estero non deve necessariamente riguardare gli ultimi due anni. È sufficiente che il lavoratore abbia maturato questo requisito nel corso del suo periodo di residenza fiscale estera.
I contribuenti che vogliono accedere al beneficio, devono, tra l’altro, essere in possesso di un titolo di laurea (o altro titolo accademico post lauream con durata di almeno 2 anni accademici). Inoltre, deve aver svolto continuativamente un’attività di lavoro o di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ma non necessariamente nei 2 anni precedenti il rientro.
Per quanto riguarda la docenza il periodo di ventiquattro mesi si ritiene compiuto se l’attività è stata svolta per due anni accademici continuativi. Questo è quanto previsto dalla Risposta ad interpello n. 220 del 2019.
Periodo minimo all’estero
Per fruire dell’agevolazione è necessario che il soggetto prima di rientrare in Italia, abbia svolto attività tale qualificata attività lavoro docenza o ricerca all’estero per un periodo minimo e ininterrotto di almeno due anni accademici consecutivi. Il periodo può non necessariamente essere nei due anni immediatamente precedenti il rientro. Questo, a patto che, successivamente, venga a svolgere la detta attività in Italia trasferendovi la residenza.
La norma non definisce quale debba essere il periodo minimo di residenza estera. Requisito che invece è ben specificato per i casi previsti dal comma 1 dell’articolo 16. Situazioni per le quali è richiesta una permanenza all’estero per i cinque periodi di imposta.
L’Agenzia – nella Risposta n. 32/2018 – ribadisce quanto già affermato con la Risoluzione 51/E del 7 luglio 2018, ovvero quanto segue.
Risposta a interpello n. 32/E/2018 – Residenza estera minima di due anni |
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“considerato, tuttavia, che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, la scrivente ritiene che, per tali soggetti, la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”. |
Attività di lavoro o studio continuativa
All’interno di questo requisito ovvero i 24 mesi di lavoro o studio all’estero, vi è una ulteriore particolarità da verificare. Questa attività di lavoro o studio deve essere continuativa ed ininterrotta. Sul punto sono rilevanti i chiarimenti forniti dalla Risposta ad interpello n 272/2019.
Il caso era quello di contribuente che nella verifica dei requisiti di cui all’articolo 16, comma 2, potrebbe non aver maturato il requisito della continuità dell’attività di lavoro estero. Questo, in quanto l’istante ha dovuto sospendere l’attività lavorativa per 15 giorni a seguito del cambio di lavoro. L’Agenzia delle Entrate, non ha ritenuto rilevante il fatto che l’attività lavorativa sia stata interrotta per un breve periodo per cause non dipendenti dal lavoratore. Quello che possiamo dire è che attività continuativa e ininterrotta si ritiene quando non vi è responsabilità del lavoratore in caso di interruzione dell’attività.
Requisito della residenza fiscale in Italia
In relazione all’acquisizione della residenza fiscale nel territorio dello Stato la Circolare n. 17/E/2017 precisa quanto segue.
Circolare n. 17/E/2017 – Residenza fiscale nel territorio dello Stato |
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“la norma prevede espressamente che il docente o il ricercatore acquisisca la residenza fiscale nel territorio dello Stato (Cfr. Parte I) e che ciò avvenga in conseguenza dello svolgimento della attività lavorativa in Italia” |
Questo significa che, il lavoratore che trasferisce la propria residenza fiscale in Italia deve farlo a seguito ed in conseguenza dell’inizio di attività lavorativa in Italia. Allo stesso modo del co. 1 dell’art. 16 l’Agenzia delle Entrate rende applicabile il requisito (ulteriore) del c.d. “collegamento stretto” tra acquisizione della residenza fiscale in Italia del lavoratore ed inizio dell’attività lavorativa in Italia. Di fatto, quindi, deve essere documentato in modo chiaro che l’impatrio in Italia è conseguenza dell’attività lavorativa che ivi si andrà a svolgere. Si tratta di un aspetto molto importante in quanto non presente nella norma ed oggetto di chiarimenti di prassi da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’argomento è stato affrontato ed approfondito in questo contributo: “Impatriati e verifica del requisito del collegamento stretto“.
Conclusioni e consulenza fiscale
Dunque, può beneficiare del regime di favore per gli impatriati il cittadino italiano che:
- Per i due periodi d’imposta antecedenti quello in cui si rende applicabile l’agevolazione:
- Non deve essere iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente;
- Non deve aver avuto nel territorio italiano il centro principale dei suoi affari e interessi, né la dimora abituale.
L’applicazione del bonus impatriati per lavoratori laureati non è affatto semplice. L’Agenzia delle Entrate nonostante numerosi documenti di prassi emessi non ha fornito chiarimenti dettagliati. Questo significa che, sostanzialmente, vi sono ancora alcuni elementi di incertezza.
I due elementi da verificare comunque sono:
- Il possesso di un titolo di laurea e lo svolgimento continuativo di un’attività di lavoro dipendente, autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi;
- Lo svolgimento di un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
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