L’iscrizione all’AIRE comporta l’uscita dal regime forfettario solo dall’anno successivo al verificarsi della causa ostativa, senza necessità di rettificare le fatture già emesse nell’anno di perdita del requisito della residenza italiana.
La perdita della residenza fiscale italiana con conseguente iscrizione all’AIRE rappresenta una delle problematiche più frequenti per i professionisti che operano in regime forfettario. Il quesito centrale riguarda gli effetti temporali della cessazione del regime agevolato e l’eventuale necessità di correggere le fatture già emesse senza IVA e ritenuta d’acconto.
Con la risposta ad interpello n. 149/2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti definitivi sulla questione: l’iscrizione all’AIRE determina l’uscita dal regime forfettario solo dall’anno successivo, senza obbligo di rettifica delle fatture precedentemente emesse. Una soluzione che tutela la certezza dei rapporti fiscali e semplifica gli adempimenti dei contribuenti.
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Il quadro normativo del regime forfettario
Il regime forfettario, disciplinato dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190/2014, rappresenta un sistema fiscale agevolato riservato alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in possesso di specifici requisiti. Tra questi, particolare rilevanza assume il requisito della residenza fiscale italiana.
L’articolo 1, comma 57, lettera b), della legge n. 190/2014 stabilisce espressamente che non possono avvalersi del regime forfettario “i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 percento del reddito complessivamente prodotto“.
La norma delinea quindi un principio generale di esclusione per i non residenti, temperato da eccezioni specifiche per i residenti UE/SEE che mantengano un collegamento economico significativo con l’Italia. Naturalmente, il trasferimento della residenza fiscale all’estero, per essere concreto, deve portare alla riduzione anche degli interessi economici in Italia. Pertanto, la naturale conseguenze diventa, almeno nella maggior parte dei casi, la necessità di chiudere la partita IVA prima del trasferimento.
Le modalità di cessazione del regime forfettario
La disciplina delle cause di cessazione del regime forfettario è regolata dal comma 71 dell’articolo 1 della legge n. 190/2014, come modificato dall’articolo 1, comma 54, lettera b), della legge n. 197/2022. La norma distingue chiaramente tra due tipologie di cessazione: quella ordinaria, con effetto dall’anno successivo, e quella immediata, limitata al superamento della soglia di 100.000 euro di ricavi o compensi.
Nel primo caso, il regime cessa “a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57“. Nel secondo caso, più specifico, “il regime forfetario cessa di avere applicazione dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti sono superiori a 100.000 euro“.
Questa distinzione assume carattere fondamentale nella prassi operativa, poiché solo il superamento della soglia dei 100.000 euro comporta effetti immediati con necessità di correzioni fiscali in corso d’anno.
L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
La Circolare n. 10/E del 10 aprile 2019, al punto 3.3, ha chiarito che “il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno il requisito di cui al comma 54 ovvero si verifica una delle cause ostative previste dal comma 57“. Significativamente, la circolare precisa che “a differenza di quanto previsto per il regime fiscale di vantaggio di cui al D.L. n. 98 del 2011, non è contemplata la cessazione del regime in corso d’anno“.
La successiva Circolare n. 32/E del 5 dicembre 2023 ha ulteriormente specificato che “il sopraggiungere di una delle predette cause ostative in corso d’anno determina la fuoriuscita dal regime a partire dall’anno successivo“, ribadendo il principio della cessazione differita nel tempo.
L’Agenzia ha inoltre precisato che l’unica eccezione a questo principio generale riguarda “l’aver percepito ricavi o compensi per un importo superiore al limite di 100.000 euro“, che “comporta l’immediata cessazione del regime forfetario a partire dal momento stesso del superamento“.
Il caso specifico dell’iscrizione AIRE
Nella risposta ad interpello n. 149/2025, l’Agenzia delle Entrate ha affrontato il caso di un ingegnere iscritto all’AIRE con decorrenza 15 maggio 2024, pur avendo ricevuto comunicazione dell’esito della richiesta solo a febbraio 2025. Il contribuente aveva ipotizzato la necessità di “rettificare la relativa fatturazione dell’anno d’imposta 2024, e pertanto emettere le relative note credito ed emettere le fatture con regime fiscale ordinario“.
L’Agenzia ha chiarito che l’iscrizione all’AIRE, configurando una causa ostativa di cui al comma 57, lettera b), “non abbia prodotto la fuoriuscita immediata (già dal periodo d’imposta 2024) dell’istante dal regime fiscale agevolato“. Di conseguenza, il contribuente “non transitando automaticamente al regime ordinario nel periodo d’imposta in cui si è verificata la causa di esclusione, non deve ‘correggere’, come ipotizzato, le fatture già emesse, nel corso dell’anno 2024, senza applicazione dell’IVA e della ritenuta d’acconto“.
Implicazioni operative e pratiche
Dal punto di vista operativo, questa interpretazione comporta significative semplificazioni per i professionisti che perdono la residenza fiscale italiana. Non sussiste alcun obbligo di emissione di note di credito per le fatture già emesse senza IVA, né di ricalcolo delle ritenute d’acconto non applicate. Il regime forfettario mantiene la sua validità per l’intero anno fiscale, indipendentemente dal momento in cui si verifica l’iscrizione all’AIRE.
Nella prassi professionale, è tuttavia opportuno documentare adeguatamente la data di perdita della residenza fiscale, considerando che l’iscrizione all’AIRE ha valore costitutivo ai fini dell’anagrafe tributaria. La comunicazione tardiva dell’esito della richiesta, come nel caso esaminato dall’Agenzia, non incide sulla decorrenza degli effetti fiscali.
Per il periodo d’imposta successivo, il contribuente dovrà necessariamente transitare al regime ordinario, con applicazione di IVA sulle operazioni attive e soggezione a ritenuta d’acconto sui compensi percepiti, salvo che non ricorra una delle eccezioni previste per i residenti UE/SEE.
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La risposta ad interpello n. 149/2025 conferma l’orientamento consolidato dell’Agenzia delle Entrate sulla cessazione differita del regime forfettario. L’iscrizione all’AIRE, pur comportando la perdita di un requisito essenziale per l’accesso al regime agevolato, non determina effetti immediati sulla fatturazione in corso, garantendo certezza e continuità nei rapporti commerciali.
Questa soluzione interpretativa tutela il principio di affidamento del contribuente e semplifica gli adempimenti fiscali, evitando complesse operazioni di rettifica che potrebbero generare incertezze operative e potenziali contenziosi. Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Come Dottore commercialista esperto di fiscalità internazionale posso aiutarti a valutare e risolvere i tuoi dubbi su questa materia.
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