La tutela della maternità si sostanzia in un periodo di astensione dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici durante la gravidanza. Durante questo periodo l’INPS per le lavoratrici iscritte alla gestione separata, oppure la cassa di previdenza privata del professionista iscritto ad ordine o albo professionale, eroga un contributo economico a sostegno del reddito. Tale indennità rappresenta un contributo che viene erogato in sostituzione del reddito da lavoro autonomo percepito dalla lavoratrice in maternità. Pertanto, devono essere tenuti in considerazione gli obblighi legati alla dichiarazione di questo provento.
La norma inquadra l’indennità di maternità come un’indennità sostitutiva del reddito, non come un ricavo o un compenso.
Chi sono i beneficiari dell’indennità di maternità erogata dall’INPS?
L’indennità di maternità erogata dall’INPS viene erogata alle lavoratrici dipendenti e alle lavoratrici autonome iscritte alla gestione separata. Nello specifico, il congedo di maternità rappresenta un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che viene riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio. Tuttavia, al verificarsi di specifiche condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro può essere usufruita dal padre (c.d. “congedo di paternità“).
Le categorie di lavoratori che possono usufruire del congedo di maternità sono le seguenti:
- Lavoratrici dipendenti assicurate all’INPS anche per la maternità;
- Apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti con un rapporto di lavoro in corso all’inizio del congedo;
- Disoccupate o sospese, secondo quanto previsto dall’articolo 24 del Testo Unico maternità/paternità (TU);
- Lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato che, nell’anno di inizio del congedo, siano in possesso della qualità di bracciante con iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (articolo 63 del TU);
- Lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti), secondo quanto previsto dall’articolo 62 del TU;
- Lavoratrici a domicilio (articolo 61 del TU);
- Lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità dell’articolo 65 del TU);
- Lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS e non pensionate, tenute però a versare il contributo con l’aliquota maggiorata prevista dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. La relativa indennità è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa;
- Lavoratrici dipendenti da amministrazioni pubbliche (incluse le lavoratrici dipendenti ex INPDAP ed ENPALS) le quali sono tenute agli adempimenti previsti dalla legge in caso di maternità verso l’amministrazione pubblica dalla quale dipendono e da cui percepiscono la relativa indennità, corrispondente al trattamento economico, secondo quanto disposto dagli articoli 2 e 57 del TU.
È opportuno ricordare che, a determinate condizioni anche le lavoratrici autonome iscritte a casse di previdenza private, a determinate condizioni previste dalla cassa, possono usufruire di una somma erogata a titolo di congedo di maternità.
L’indennità di maternità deve essere dichiarata? è soggetta a tassazione?
L’indennità di maternità percepita dalla lavoratrice autonoma è reddito che deve essere assoggettato a tassazione. A chiarire questo aspetto ci pensa il co. 2 dell’art. 6 del TUIR, secondo il quale:
“I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati”. |
In pratica l’indennità riconosciuta a fronte della maternità delle lavoratrici rappresenta un provento percepito in sostituzione del reddito da lavoro autonomo. Questo significa che tale indennità deve essere assoggettata a tassazione nello stesso modo in cui sarebbe stato tassato il reddito che va a sostituire. Pertanto, il provento deve essere inserito nel corrispondente quadro della dichiarazione dei redditi relativo al reddito da lavoro autonomo che va a sostituire. A chiarire questo aspetto è intervenuta anche l’Amministrazione finanziaria con la Circolare n. 17/E/2012 dove è stato precisato che l’indennità percepita in sostituzione di una delle categorie di reddito previste dall’art. 6, co. 1 del TUIR, rappresenta reddito della stessa categoria di quello sostituito.
Per le lavoratrici dipendenti il percepimento dell’indennità confluisce all’interno del quadro RC dedicato ai redditi da lavoro dipendente all’interno del modello 730 e viene ordinariamente assoggettata ad IRPEF.
Per le lavoratrici autonome, invece, le casistiche che si possono presentare sono le seguenti:
- Indicazione nel quadro RE del modello Redditi: per le lavoratrici autonome che applicano il regime della contabilità semplificata. In particolare, il provento deve essere inserito nel rigo RE3 “altri proventi” e deve essere applicata la ritenuta d’acconto che deve essere inserita nel rigo RE26;
- Indicazione nel quadro RF (rigo RF2) o RG (rigo RG10 “altri componenti positivi”) per le imprenditrici individuali che operano in contabilità ordinaria o in semplificata;
- Indicazione nel quadro LM (rigo LM2) del modello Redditi: per le lavoratrici autonome che applicano il “regime forfettario“.
Come funziona la maternità per le lavoratrici dipendenti?
L’indennità di maternità viene corrisposta alle lavoratrici dal datore di lavoro, il quale anticipa il pagamento per conto dell’Inps e lo conguaglia con il versamento dei contributi tramite il modello DM/10 (pagamento a conguaglio). In pratica, l’INPS eroga l’80% della retribuzione al lavoratore. Successivamente, il datore di lavoro eroga la differenza risultante tra l’indennità INPS lordizzata e la retribuzione normale che sarebbe spettata alla lavoratrice non in congedo. Il costo del lavoro che rimane a carico dell’azienda, quindi, è pari all’1,4%.
Per le lavoratrici dipendenti l’indennità di maternità è a carico dell’INPS, costituisce un reddito fiscale, ma non entra nella base imponibile per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (sul presupposto che tali indennità non hanno natura retributiva).
Come funziona la maternità per le partite Iva iscritte alla gestione separata INPS?
L’ammontare dell’indennità di maternità erogata dall’INPS per le lavoratrici in possesso di partita Iva, iscritte alla gestione separata INPS, consiste nel versamento di cinque mensilità (2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo il parto) retribuite all’80% del reddito professionale dichiarato nel secondo anno precedente a quello in cui viene presentata la domanda di indennità all’INPS. La disposizione di riferimento è l’art. 66 del D.Lgs. n. 151/01.
Il presupposto per ricevere l’indennità in commento è il rispetto della regolarità contributiva. Per le lavoratrici autonome l’indennità è a carico dell’INPS (o della Cassa Previdenziale privata), contribuisce alla formazione del reddito fiscale e costituisce base imponibile per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (vedasi il decreto del ministro del Lavoro 12 luglio 2007 e le circolari INPS n. 64/2010 e n. 46/2006).
Come si presenta la domanda per l’indennità all’INPS?
Per la presentazione della domanda è possibile procedere tramite patronato oppure dal sito INPS, accedendo con le proprie credenziali Spid, Cie o Cns alla sezione “tutti i servizi” per poi accedere allo specifico servizio “Acquisizione domanda indennità di maternità“. La richiesta può essere inviata solo una volta che il parto è avvenuto.
Con la circolare n. 66/E/2018 l’INPS ha specificato che alle lavoratrici è riconosciuta un’indennità di maternità per un periodo di 5 mesi decorrenti dall’ingresso in famiglia anche per i minori di età superiore a 6 anni al momento dell’adozione o affidamento preadottivo (in precedenza era stabilito appunto il limite dei 6 anni) e spetta per l’intero importo anche se il minore raggiunge i 18 anni durante il periodo indennizzabile. In caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale, il periodo indennizzabile è di 5 mesi e un giorno e decorre dall’ingresso in Italia del minore (e non più dall’ingresso in famiglia) e anche in tale caso l’indennità è corrisposta per l’intero, anche se il minore raggiunge i 18 anni nel periodo indennizzabile.
L’indennità di maternità rientra nel calcolo dei 65mila euro ai fini dell’accesso/permanenza nel regime forfettario?
Come abbiamo visto la tassazione dei proventi percepiti in sostituzione dei redditi rientranti nelle categorie di cui all’art. 6, co. 1 del TUIR devono seguire i medesimi criteri di tassazione dei redditi “sostituiti”. Quindi, l’indennità percepita dal lavoratore autonomo che applica il regime forfettario, deve seguire gli stessi criteri di tassazione. Tuttavia, come indicato nella Circolare n. 17/E/2022 l’indennità di maternità non deve essere considerata in relazione alla verifica del limite dei compensi minimi legati all’accesso/permanenza nel regime forfettario (di cui al co. 96, art. 1 Legge n. 244/07. Questo in quanto tale provento non rappresenta ricavo o compenso riferito alla somma dei ricavi e dei compensi derivanti dalle diverse attività esercitate, come risulta evidente dall’articolo 68, comma 2, del D.Lgs. n. 151/01, secondo cui:
“alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti attività commerciali è corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa data effettiva del parto, una indennità giornaliere pari all’80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo 1“ |
Ad esempio: ipotizziamo una professionista che, a fronte di compensi percepiti pari a 50.000 euro, ha ricevuto un’indennità di maternità di importo pari a 17.000 euro, per un reddito complessivo annuo pari a 67.000 euro. Tale professionista può legittimamente continuare ad applicare il regime forfettario, ai sensi della Legge n. 190/2014. Tuttavia, questi è chiamata assoggettare all’imposta sostitutiva del 15% (o del 5%) l’importo di 67.000 euro
Pertanto, queste somme devono essere indicate nel quadro LM per le contribuenti minime o forfettarie (rigo LM2)
Riferimenti normativi
– D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 6; – D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 68; – Agenzia delle Entrate, circolare 30 maggio 2012, n. 17/E; – Legge 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1; – Circolare n. 64 del 2010 INPS; – Circolare n. 66 del 2018 INPS; |