I lavoratori impatriati in Italia, agevolazione di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 147/15, devono verificare il requisito dei due anni di residenza in Italia dal momento del loro impatrio. I due anni di presenza in Italia non solo solari ma da verificare in relazione al mantenimento, per il periodo in oggetto, della residenza fiscale italiana. Questo è quanto indicato dalla Circolare n. 17/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate.

Uno dei requisiti che sono chiamati a verificare i lavoratori impatriati, di cui all’art. 16, co. 1, del D.Lgs. n. 147/15, riguarda la permanenza in Italia per almeno due anni (attraverso la residenza). Di fatto, significa che il lavoratore che chiede l’applicazione di questa particolare agevolazione fiscale è chiamato a restare sul territorio nazionale per un periodo di almeno due anni dal proprio impatrio.

Si tratta di un requisito molto importante, spesso sottovalutato, e che se non rispettato può comportare conseguenze molto importanti per il lavoratore impatriato. In particolare, il comma 3 dell’articolo 16, rimanda al decreto attuativo della norma l’individuazione delle cause di decadenza dal beneficio in questione. Sul punto, quest’ultimo documento stabilisce che: “Il beneficiario degli incentivi di cui al predetto articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, decade dal diritto agli stessi laddove la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni. In tal caso si provvede al recupero dei benefici già fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi”.

Quindi, è possibile desumere che il mancato rispetto della permanenza in Italia per almeno due anni comporti l’automatica decadenza dall’agevolazione in commento, con l’obbligo della restituzione del beneficio fruito (fin dal momento della richiesta) con l’applicazione di sanzioni ed interessi. Nel caso, le sanzioni applicabili sarebbero quelle di infedele dichiarazione dei redditi, con una sanzione base che va dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta (IRPEF) e non versata. Per questo motivo è utile andare ad approfondire il requisito del rispetto dei due anni di residenza in Italia per il lavoratore impatriato.

Cosa si intende per “due anni di presenza in Italia” per i lavoratori impatriati?

Abbiamo detto che in virtù del co. 3 dell’art. 16 del D.Lgs. n. 147/15 il beneficiario dell’agevolazione che trasferisce la propria residenza fuori dall’Italia prima che siano trascorsi due anni dal suo trasferimento nel territorio dello Stato decade dall’agevolazione. Per approfondire questo aspetto è utile rifarsi ai chiarimenti forniti dalla Circolare n. 17/E/2017 (§ 3.6) dell’Agenzia delle Entrate.

Nel documento in esame viene precisato che il biennio di permanenza nel territorio dello Stato decorre dal periodo di imposta in cui il lavoratore diviene fiscalmente residente. Questo, in coerenza con il presupposto dell’agevolazione in esame, basato sulla acquisizione della residenza fiscale ai sensi dell’articolo 2 del TUIR (oppure, ma questo non è nel documento in commento in quanto oggetto di intervento più recedente, attraverso il rispetto delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, ove esistenti).

Ne consegue, ad esempio, che, nel caso in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di marzo dell’anno “n”, e abbia pertanto acquisito la residenza fiscale per l’intero anno (in quanto soddisfa il requisito della residenza per la maggior parte
del periodo di imposta), il biennio potrà ritenersi compiuto il 3 luglio dell’anno “n+1”, vale a dire una volta trascorsi i 183 giorni previsti dal richiamato articolo 2, comma 2, del TUIR, che ne determinano la residenza fiscale per l’intero anno.

Nel caso, invece, in cui il lavoratore si sia trasferito in Italia nel mese di novembre dell’anno “n”, e non può quindi essere considerato fiscalmente residente in Italia in detto anno, il biennio comincerà a decorrere dal periodo di imposta successivo (anno “n+1”) e potrà ritenersi compiuto il 3 luglio dell’anno “n+2”, una volta trascorsi i 183 giorni di cui al citato articolo 2, comma 2, del TUIR.

Detto criterio di determinazione del periodo di permanenza in Italia diverge da quello previsto dall’articolo 7 della legge n. 238 del 2010, che non fa riferimento al concetto di residenza fiscale bensì alla data di prima fruizione del beneficio.

Non conta la scadenza del contratto di lavoro ma il mantenimento della residenza

L’Agenzia delle Entrate nel documento in commento effettua un’altra precisazione importante. Infatti, slega il mantenimento della residenza dal mantenimento dell’attività lavorativa per un periodo continuativo. Nella Circolare vene riportato che: “in caso di contratto di lavoro dipendente a tempo determinato avente scadenza anteriore al decorso del biennio, ovvero in ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato anteriormente allo scadere del biennio per cause non imputabili al lavoratore, questi non decade dall’agevolazione purché non trasferisca la residenza fuori dall’Italia prima del biennio“.

Questo significa che il lavoratore impatriato in Italia non decade dall’agevolazione se il proprio contratto di lavoro viene risolto prima dei due anni, a patto che tale lavoratore mantenga la propria residenza in Italia (alla ricerca di una nuova occupazione, per la quale potrebbe procedere con l’applicazione dell’agevolazione).

Espatrio prima dei due anni di residenza con decadenza e sanzioni

L’Agenzia delle Entrate, quindi, precisa che i due anni di residenza in Italia del beneficiario dell’agevolazione devono essere verificati in relazione alla permanenza della residenza fiscale in Italia per il periodo considerato. Questo significa, di fatto, che in alcuni casi il periodo effettivo di permanenza potrebbe anche essere inferiore ai 24 mesi (vedi il primo dei due esempi precedenti). Si tratta di un chiarimento importante, utile per tutti quei soggetti che, per vari motivi, stanno pensando di tornare all’estero dopo un periodo in Italia usufruendo dell’agevolazione.

Un soggetto beneficiario dell’agevolazione che decide di espatriare nuovamente, spostando la propria residenza fiscale all’estero prima del termine dei due anni di residenza fiscale è chiamato a restituire l’agevolazione di cui ha fruito. La restituzione avviene, solitamente, attraverso la presentazione della dichiarazione dei redditi italiana, nella quale emergerà il maggiore debito nei confronti dell’Erario. Su tale importo dovranno poi essere computate le sanzioni amministrative per infedele dichiarazione e gli interessi di mora. Naturalmente, nei termini di decadenza previsti, tale soggetto potrebbe comunque essere assoggettato ad un accertamento fiscale, al fine di verificare la sua situazione e gli importi versati.

Impatriati e verifica dei due anni in Italia: consulenza fiscale

L’agevolazione legata ai lavoratori impatriati in Italia è un’agevolazione molto importante ma che, come ho avuto più volte occasione di indicare negli articoli precedenti, presenta alcune problematiche importanti. Prima tra tutte l’impossibilità di usufruire per il contribuente di un interpello probatorio. Questa impossibilità si traduce, inevitabilmente, in un’assunzione di responsabilità sul contribuente istante in merito all’autocertificazione dei requisiti richiesti. Per questo motivo è di fondamentale importanza essere in possesso di tutte le informazioni ed i chiarimenti utili al fine di poter inquadrare correttamente la propria posizione. Il mio intento, con questi articoli sul tema, è proprio quello di fornirti maggiori informazioni sull’argomento.

Il rispetto dei due anni di residenza fiscale è importante, soprattutto se stai pensando di tornare all’estero nel caso in cui, magari, l’esperienza di ritorno in Italia non stia proseguendo nel modo migliore (es. contratto non rinnovato, etc). Per questo motivo, per evitarti l’applicazione di sanzioni e la restituzione del beneficio fruito, è opportuno eseguire correttamente il calcolo del periodo obbligatorio di mantenimento della residenza fiscale in Italia.

Se lo desideri posso esserti di aiuto per approfondire i chiarimenti di prassi esistenti e la normativa in vigore. Tieni presente che la consulenza non può verificare la presenza dei requisiti richiesti per l’agevolazione. Quello che posso fare è esclusivamente aiutarti a comprendere rischi e problematiche insite in questa agevolazione in modo che tu possa prendere poi, in totale autonomia, le decisioni che riterrai maggiormente opportune.

Cosa NON comprende la consulenza?

La valutazione della situazione personale in ordine alla presenza o meno dei requisiti previsti. Su questo aspetto non possiamo intervenire, ogni scelta o valutazione è personale.

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