Lo svolgimento di funzioni pubbliche nel territorio di uno Stato estero sono imponibili esclusivamente in questo Stato e non anche nello Stato di residenza fiscale del soggetto percettore. Questo è il criterio di collegamento del reddito previsto dall’art. 19 del modello di Convenzione OCSE, rubricato “funzioni pubbliche“.

Tassazione dei redditi da funzioni pubbliche: la Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 1210 del 21.01.2020, sez. V, su un caso di un privato residente in Italia, sancendo che le somme percepite per servizi resi negli Emirati Arabi non sono imponibili in Italia. La sentenza in commento appare alquanto particolare, in quanto ribalta:

  • Sia le considerazioni di prassi dell’Agenzia delle Entrate sulla tassazione dei redditi derivanti da funzioni pubbliche;
  • Sia i chiarimenti indicati nel commentario del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni in merito all’art. 19 “Redditi derivanti da funzioni pubbliche“.

La Cassazione ha indicato che tutti i redditi percepiti all’estero per attività lavorative svolte a vantaggio dello Stato estero rientrano all’interno delle remunerazioni per lo svolgimento di funzioni pubbliche di cui all’art. 19 della Convenzione contro le doppie imposizioni.

Criteri di collegamento per i redditi da funzioni pubbliche

La Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni Italia-Emirati Arabi Uniti, stabilisce, infatti che le remunerazioni per lo svolgimento di funzioni pubbliche sono tassate soltanto nello stato che le eroga.

Art. 19 Convenzione Italia/EAU:

Le remunerazioni diverse dalle pensioni pagate da uno Stato contraente o una sua suddivisione politica o amministrativa o da un suo ente locale a una persona fisica, in corrispettivo ai servizi resi a detto Stato o a detta suddivisione o ente, solo imponibili soltanto in questo Stato

Art. 19 Convenzione contro le doppie imposizioni Italia/EAU

Il caso in esame, riguardava una persona fisica, residente in Italia, al quale era stato contestato, da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’omessa presentazione della dichiarazione dei compensi che aveva percepito a Dubai. Si trattava di compensi derivanti dalla consulenza e la promozione di una disciplina equestre.

L’Agenzia delle Entrate, con un’interpretazione difforme a quanto ha poi sancito la Cassazione, reputava che i compensi fossero imponibili in Italia. Questo, in quanto rientranti tra i redditi derivanti da attività svolta nell’interesse dello stato estero e come tali tassabili in Italia, in via esclusiva, secondo quanto previsto dall’art. 19 della Convenzione.

La commissione tributaria regionale, ha condiviso l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate e annullava la sentenza di primo grado favorevole al contribuente.

Avverso, quanto statuito è stato proposto ricorso per Cassazione, la quale, ha ribaltato l’esito.

La Corte di Cassazione ha statuito che l’art. 19 della Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni, anche se rubricato “funzioni pubbliche” , stabilisce la competenza fiscale dello Stato estero di tutti i compensi del non residente, anche agendo in forza di un rapporto privatistico, ottenuti dallo svolgimento del servizio richiesto dal governo, laddove vi siano profili di interesse pubblico.

La definizione di funzione pubblica data dalla Cassazione

La Corte di Cassazione dà un’interpretazione oggettiva della funzione pubblica. Questa, infatti, vi include qualunque attività che vada a vantaggio dello Stato, a prescindere dalla qualificazione del rapporto su cui si basa. Il modello OCSE e il commentario del modello, sembrano invece, muoversi in una diversa direzione. Secondo questa interpretazione restrittiva, l’art. 19 ha sostituito il termine remunerazione con i termini “salario, retribuzione e altri retribuzioni similari”, allo scopo di evidenziare che la disposizione si applica soltanto ai dipendenti dello stato. Non troverebbe applicazione per coloro che forniscono “servizi di interesse generale indipendenti”.

Secondo questa interpretazione, nel caso di specie troverebbe applicazione l’art. 14 della Convenzione, in quanto il contribuente agiva come privato fornitore di servizi. La Suprema Corte potrebbe essere stata “influenzata” dalla circostanza che la Convenzione contro le doppie imposizioni del 1995, ha mantenuto invariato il termine remunerazione per disegnare i compensi erogati dallo stato estero e assoggettati al regime fiscale impositivo esclusivo estero, senza applicare le indicazioni fornite dal commentario.

Tassazione dei redditi derivanti da funzioni pubbliche: conclusioni

La sentenza della Cassazione in commento fornisce una interpretazione particolare del concetto di “funzioni pubbliche“. Tuttavia, proprio per la sua unicità, non si ritiene che debba essere questa l’interpretazione corretta per quanto riguarda i criteri di collegamento da utilizzare per la tassazione dei redditi derivanti da funzioni pubbliche svolti all’estero. Tali redditi, infatti, devono ritenersi tassabili soltanto nello Stato di erogazione del reddito. Questo, evitando la doppia imposizione attraverso il criterio dell’esenzione nello Stato di residenza fiscale del percettore. Tale principio risulta essere quello previsto dall’art. 19 del modello di convenzione OCSE, ripreso poi nella Convenzione tra Italia e gli EAU, e dallo stesso commentario alla convenzione. Ad avviso di chi scrive deve essere questa l’impostazione del criterio di collegamento utile per i redditi derivanti da funzioni pubbliche svolte all’estero.

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