Problemi di doppia residenza Italia-Dubai: cosa fare

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Guida operativa per evitare contestazioni fiscali e dimostrare l’effettivo trasferimento di residenza fiscale negli Emirati.

Sempre più italiani scelgono Dubai per la sua fiscalità agevolata e le opportunità professionali, ma questo trasferimento nasconde un’insidia che pochi considerano fino a quando non arriva l’accertamento dall’Agenzia delle Entrate. La doppia residenza fiscale tra Italia e Dubai non è solo una questione burocratica: significa rischiare di pagare le tasse in Italia, affrontare sanzioni pesanti e dover dimostrare, spesso davanti al giudice tributario, che il trasferimento è stato reale. Il problema nasce dal fatto che gli Emirati Arabi Uniti sono inseriti nella lista dei Paesi a fiscalità privilegiata, e questo comporta che l’Agenzia delle Entrate presuma automaticamente che tu sia rimasto fiscalmente residente in Italia, anche se sei iscritto all’AIRE e hai un visto emiratino.

Questa presunzione legale, prevista dall’articolo 2 comma 2-bis del TUIR, inverte l’onere della prova: non tocca al Fisco dimostrare che sei rimasto in Italia, ma sei tu a dover provare che te ne sei andato davvero.

La doppia residenza fiscale si verifica quando due Stati considerano la stessa persona residente fiscale contemporaneamente, ciascuno applicando i propri criteri. Per l’Italia conta dove hai la residenza anagrafica, il domicilio o la dimora abituale per più di 183 giorni all’anno. Per gli Emirati, invece, serve principalmente la presenza fisica su base annua e un visto di residenza valido, oppure l’applicazione di criteri alternativi più flessibili. Quando entrambi i requisiti si sovrappongono, nasce il problema della doppia imposizione potenziale: anche se Dubai non applica imposte sul reddito personale, l’Italia può pretendere la tassazione worldwide su tutti i tuoi redditi ovunque prodotti. La Convenzione contro la doppia imposizione tra Italia ed Emirati Arabi Uniti (ratificata con Legge n. 309/1997) prevede regole specifiche per risolvere questi conflitti, ma applicarle correttamente richiede documentazione ineccepibile e una pianificazione attenta che deve iniziare prima del trasferimento, non dopo.

L’ostacolo della presunzione legale di residenza

Quando decidi di trasferirti a Dubai, ti imbatti immediatamente in una normativa antielusiva pensata proprio per scoraggiare i trasferimenti verso Paesi a fiscalità privilegiata. L’articolo 2 comma 2-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi stabilisce che i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe e iscritti all’AIRE che si trasferiscono negli Emirati Arabi (inseriti nel Decreto Ministeriale 4 maggio 1999 tra i Paesi black list) sono considerati ancora residenti fiscali in Italia salvo prova contraria. Questa presunzione legale relativa significa che l’iscrizione all’AIRE non basta: devi dimostrare attivamente di aver spostato il tuo centro di interessi vitali e la tua vita effettiva a Dubai. La presunzione vale anche se hai fatto un trasferimento “mediato“, passando prima per un altro Paese non black list, come ha confermato la Cassazione con ordinanza n. 14240/2021.

La ratio di questa norma è evidente: il legislatore teme che molti trasferimenti siano solo apparenti, mantenendo in realtà la vita reale e gli interessi economici in Italia per evitare la tassazione. Per questo motivo, l‘onere probatorio ricade interamente su di te. Non puoi limitarti agli adempimenti formali come l’iscrizione AIRE o l’ottenimento del visto: devi costruire un fascicolo documentale che dimostri in modo inequivocabile il trasferimento effettivo. Questo significa raccogliere sistematicamente prove della tua presenza fisica negli Emirati, dei tuoi legami economici, professionali e personali nel nuovo Paese, e contemporaneamente documentare la cessazione dei rapporti significativi con l’Italia. L’Agenzia delle Entrate può avviare accertamenti fino a otto anni dopo per contestare la residenza, ed in caso di attività detenute in Paesi black list e non dichiarate i termini di accertamento raddoppiano rispetto a quelli ordinari.

Le disposizioni convenzionali prevalenti sulla norma interna

La normativa, art. 169 del TUIR e 75 del DPR n. 600/73 oltre che la giurisprudenza hanno chiarito un principio fondamentale: la presunzione interna può essere superata applicando i criteri convenzionali previsti dalla Convenzione Italia-EAU. La Corte di Cassazione con ordinanza n. 35284/2024 ha stabilito che i criteri convenzionali prevalgono sulla presunzione nazionale, permettendo al contribuente di dimostrare la residenza fiscale negli Emirati secondo le regole dell’articolo 4 della Convenzione.

Questo significa che devi concentrarti sui criteri del tie-breaker: dimora permanente, centro degli interessi vitali, dimora abituale e, in ultima istanza, nazionalità. La sentenza ha anche chiarito che l’assenza di tassazione negli Emirati non impedisce l’applicazione della Convenzione, confermando che puoi essere fiscalmente residente a Dubai senza dover pagare imposte né lì né in Italia, se rispetti tutti i requisiti. Tuttavia, questa battaglia giurisprudenziale comporta costi legali significativi e anni di contenzioso, motivo per cui prevenire il problema con un trasferimento ben documentato è sempre la scelta migliore.

Cosa fare concretamente per evitare la doppia residenza

Il primo passo fondamentale è l’iscrizione all’AIRE, ma con una tempistica strategica. Devi presentare la richiesta di iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero prima di superare i 183 giorni di permanenza in Italia nell’anno fiscale, altrimenti rimarrai comunque residente italiano per quell’anno per il criterio temporale. Puoi effettuare la richiesta online tramite il portale Fast.it utilizzando SPID, oppure presentandoti direttamente al Consolato italiano di Dubai o all’Ambasciata di Abu Dhabi se risiedi in quell’Emirato. I documenti necessari includono il certificato di residenza locale (Ejari per gli immobili), copia del visto di residenza emiratino, Emirates ID, e prova di domicilio effettivo. Dal primo gennaio 2024 esiste anche un obbligo sanzionatorio: chi non si iscrive all’AIRE pur avendone l’obbligo può ricevere sanzioni da 200 a 1.000 euro per ogni anno di mancata iscrizione, fino a un massimo di cinque anni.

L’importanza del Tax Residency Certificate

Il secondo elemento cruciale è ottenere il Tax Residency Certificate (TRC) dalla Federal Tax Authority degli Emirati. Questo certificato ufficiale attesta la tua residenza fiscale negli EAU ed è indispensabile per applicare i benefici della Convenzione contro le doppie imposizioni. Per ottenerlo devi dimostrare di aver trascorso almeno 183 giorni negli Emirati nei dodici mesi precedenti alla richiesta, avere un visto di residenza valido, e presentare documentazione che comprovi la presenza effettiva nel Paese.

I documenti richiesti includono Emirates ID, passaporto, visto di residenza, contratto di affitto registrato (Ejari), estratti conto bancari emiratini degli ultimi sei mesi, bollette delle utenze a tuo nome, e se sei lavoratore dipendente anche il contratto di lavoro e i certificati degli stipendi. Il TRC ha validità annuale e deve essere rinnovato ogni anno. Dal 3 ottobre 2025 la Federal Tax Authority ha modificato il sistema di pagamento: ora l’intera quota deve essere versata anticipatamente al momento della domanda e in caso di rigetto non viene rimborsata, rendendo fondamentale presentare una richiesta corretta al primo tentativo.

Nella maggior parte dei casi di accertamento su residenti Dubai che seguiamo, l’errore principale è non aver raccolto sistematicamente le prove di presenza fisica. L’Agenzia delle Entrate chiede sempre l’elenco completo degli ingressi e uscite dagli Emirati per verificare i giorni effettivi di permanenza.

La prova del centro degli interessi vitali

Il terzo pilastro riguarda la prova del centro degli interessi vitali spostato a Dubai. Non basta dimostrare dove sei fisicamente, devi anche provare che i tuoi legami economici, professionali e familiari più stretti sono negli Emirati. Dal punto di vista economico, questo significa aprire un conto corrente principale a Dubai e utilizzarlo per le operazioni ordinarie, trasferire eventuali investimenti finanziari significativi presso istituzioni locali o comunque ridurre drasticamente quelli italiani, e se hai attività imprenditoriali costituire società negli Emirati che rappresentino il tuo core business.

Sul piano professionale, devi avere un contratto di lavoro o un’attività imprenditoriale effettiva negli EAU, con clienti, fatturazione e operatività reali nel territorio emiratino. L’aspetto familiare è particolarmente delicato: se il tuo coniuge e i tuoi figli restano in Italia, l’Agenzia delle Entrate userà questo elemento per sostenere che il tuo centro di interessi vitali è rimasto nel nostro Paese. Quando possibile, il trasferimento dell’intero nucleo familiare rafforza enormemente la tua posizione, documentabile con iscrizioni scolastiche dei figli a Dubai, assistenza sanitaria locale per la famiglia, e contratto di affitto di un’abitazione adeguata alle dimensioni del nucleo.

Gli errori da evitare assolutamente per la nostra esperienza

Per la mia esperienza, nell’attività di assistenza nei confronti di accertamenti, le principali problematiche riscontrate riguardano gli aspetti indicati di seguito.

Mantenimento legami economici significativi con l’Italia

Il primo errore fatale è mantenere legami economici significativi in Italia pensando che tanto “sono iscritto all’AIRE“. Se conservi la proprietà della tua abitazione principale in Italia e continui a utilizzarla regolarmente, se mantieni partecipazioni qualificate in società italiane con ruoli gestionali attivi, se continui ad essere amministratore di società italiane presenziando fisicamente ai consigli di amministrazione, stai fornendo all’Agenzia delle Entrate tutti gli elementi per contestare il trasferimento. Non significa che devi vendere tutto prima di partire, ma devi ridurre drasticamente i legami patrimoniali significativi e soprattutto dimostrare che il centro dei tuoi interessi economici si è spostato a Dubai. Un caso che vedo spesso nella pratica professionale riguarda imprenditori che costituiscono una società a Dubai ma continuano a gestire operativamente le società italiane da remoto, mantenendo il grosso del fatturato e degli asset in Italia: questa configurazione è una bandiera rossa per il Fisco.

Documentazione mancante sulla presenza fisica

Il secondo errore riguarda la documentazione della presenza fisica. Molti contribuenti ottengono il visto emiratino con la regola del Golden Visa o dell’investimento immobiliare, ma poi trascorrono effettivamente la maggior parte dell’anno in Italia o in altri Paesi europei. Gli Emirati non richiedono una permanenza continuativa minima annuale per mantenere il visto in molti casi, basta entrare una o due volte l’anno, ma questo non ti rende residente fiscale agli occhi dell’Italia. L’Agenzia delle Entrate chiederà sempre i tabulati completi degli ingressi e uscite sia dall’Italia che dagli Emirati, incrociandoli con le transazioni delle carte di credito, le prenotazioni aeree e alberghiere, e qualsiasi altro elemento che dimostri dove hai trascorso fisicamente le tue giornate. Se i conti non tornano e risulta che hai passato più di 183 giorni in Italia, l’accertamento è inevitabile e la presunzione di residenza italiana diventa quasi impossibile da superare.

Obblighi di monitoraggio fiscale nell’anno di espatrio

Molti contribuenti completano correttamente l’iscrizione AIRE e ottengono il TRC, ma dimenticano di dichiarare nel quadro RW gli investimenti e i patrimoni detenuti all’estero, nell’anno di espatrio. Questa omissione comporta sanzioni dal 3% al 15% del valore non dichiarato per ogni anno, che salgono al 6-30% se gli asset sono nei Paesi black list.

Il riferimento va all’anno di espatrio quando l’iscrizione AIRE avviene nella seconda parte dell’anno. Questo significa mantenere per tutto l’anno la residenza fiscale in Italia. Pertanto, si è tenuti a dichiarare nel quadro RW della dichiarazione dei redditi tutte le attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero: conti correnti a Dubai, investimenti finanziari, immobili, partecipazioni societarie.

L’omessa compilazione del quadro RW comporta sanzioni amministrative che vanno dal 3% al 15% del valore delle attività non dichiarate per ogni anno, con un raddoppio al 6-30% per gli asset detenuti in Paesi black list come gli Emirati (anche se oggi gli EAU scambiano informazioni). Inoltre, per le attività detenute in questi Paesi i termini di accertamento raddoppiano, passando da cinque a dieci anni. Se hai attività finanziarie non dichiarate, scatta anche una presunzione di reddito non dichiarato (ex articolo 12 del D.L. n. 78/2009), con sanzioni del 120% delle imposte dovute più gli interessi.

Convenzione contro le doppie imposizioni e casi pratici

La Convenzione tra Italia e Emirati Arabi Uniti firmata il 22 gennaio 1995 e ratificata con Legge 309/1997 è lo strumento principale per risolvere i conflitti di residenza fiscale tra i due Stati. L’articolo 4 della Convenzione prevede le tie-breaker rules, cioè i criteri ordinati gerarchicamente per determinare quale dei due Paesi ha diritto a considerarti residente fiscale quando entrambi applicano i loro criteri nazionali. Il primo criterio è la dimora permanente: sei residente dove hai un’abitazione disponibile permanentemente. Se hai abitazioni in entrambi i Paesi, si passa al secondo criterio: il centro degli interessi vitali, cioè dove sono le tue relazioni personali ed economiche più strette. Se anche questo è incerto, conta la dimora abituale, ovvero dove trascorri effettivamente più tempo. In ultima istanza prevale la nazionalità, ma essendo tu italiano questo criterio ti penalizza.

Imprenditore italiano trasferito con legami rimasti in Italia

Prendiamo un caso concreto che ho seguito recentemente: un imprenditore italiano, socio al 40% di una società di software in Italia, si trasferisce a Dubai aprendo una società di consulenza negli Emirati. Mantiene però l’appartamento di proprietà a Milano dove vivono ancora sua moglie e i suoi due figli che frequentano le scuole italiane. L’imprenditore trascorre 140 giorni all’anno a Dubai per seguire la nuova società, 180 giorni in Italia con la famiglia, e il resto del tempo in giro per il mondo per lavoro.

Si iscrive correttamente all’AIRE e ottiene il TRC dagli Emirati. Dopo due anni arriva l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate: nonostante l’iscrizione AIRE e il TRC, il centro degli interessi vitali è rimasto in Italia. La famiglia vive stabilmente in Italia, l’appartamento di Milano resta la dimora familiare, la partecipazione nella società italiana continua a generare dividendi significativi.

Il contribuente ha perso la causa in primo grado, ha dovuto pagare le imposte arretrate su tutti i redditi più sanzioni del 90% aumentate di un terzo per i redditi esteri, per un totale di circa 180.000 euro tra imposte, sanzioni e interessi per le due annualità contestate.

Manager trasferito con la famiglia

Al contrario, un caso positivo riguarda un manager dipendente che ottiene un trasferimento lavorativo negli Emirati per una multinazionale. Trasferisce l’intera famiglia a Dubai, i figli si iscrivono alla scuola internazionale, vende l’appartamento in Italia mantenendo solo una piccola quota nella casa dei genitori come investimento passivo senza utilizzo personale. Trascorre 290 giorni all’anno negli Emirati con rientri sporadici in Italia solo per vacanze. Raccoglie sistematicamente tutta la documentazione: movimenti aerei, bollette, estratti conto, certificati scolastici dei figli.

Dopo quattro anni arriva una richiesta di chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate, ma fornendo l’intero fascicolo documentale la pratica si chiude senza accertamento. Questo caso dimostra che quando il trasferimento è effettivo e ben documentato, la presunzione può essere superata senza arrivare al contenzioso. La chiave è stata la preparazione preventiva: dall’inizio del trasferimento il contribuente ha raccolto sistematicamente ogni prova, sapendo che prima o poi l’Agenzia delle Entrate avrebbe fatto verifiche incrociate.

Criteri di residenza fiscale: Italia vs. Emirati Arabi Uniti

Criterio/NormativaItalia (Art. 2 Tuir)Emirati Arabi Uniti (Decreto Ministeriale 2023)Differenze chiave
Tempo di permanenza (Regola dei 183 giorni)Sì: Se il soggetto è nel territorio italiano per più di 183 giorni (anche non consecutivi) nell’anno.Sì: Se il soggetto risiede negli EAU per almeno 183 giorni nell’anno solare.Entrambi i Paesi usano il criterio temporale, ma l’Italia considera anche il domicilio e la residenza anagrafica, rendendo il solo criterio temporale non esclusivo.
Iscrizione all’Anagrafe (AIRE)Sì (formale): Residenza anagrafica iscritta per la maggior parte del periodo d’imposta. L’iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) è l’elemento formale più forte per negare la residenza in Italia.Non applicabile: L’equivalente è l’iscrizione anagrafica (Residency Visa), che è propedeutica ma non l’unico criterio.Criticità: Per l’Italia, l’iscrizione AIRE non è sufficiente se il centro degli interessi è rimasto in Italia (vedi art. 2, comma 2-bis Tuir).
Centro degli interessi vitali (domicilio)Sì (sostanziale): Se il soggetto ha il suo domicilio in Italia (sede principale degli affari, legami familiari e affettivi, interessi economici). Questo criterio prevale spesso sul dato anagrafico.Sì (sostanziale): Se il soggetto ha il suo centro degli interessi finanziari ed economici negli EAU (redditi principali, investimenti).Il concetto di “centro degli interessi” è cruciale e viene valutato caso per caso dall’Agenzia delle Entrate (fatti e prove concrete).
Certificato di residenza fiscale (TRC)Rilasciato dall’Agenzia delle Entrate: Solo se sono soddisfatti i requisiti formali e sostanziali di residenza in Italia.Rilasciato dal Ministero delle Finanze (MoF): Richiede l’aver risieduto per 183 giorni o l’essere titolare di un residency visa e disporre di una sede di attività o di un’abitazione permanente.Il TRC emiratino è una prova documentale a sostegno della residenza negli EAU ai fini della Convenzione.
Presunzione di residenzaSì: L’iscrizione all’Anagrafe in Italia crea una presunzione di residenza fiscale italiana (superabile con prova contraria).No: Negli EAU non esiste una presunzione analoga basata sull’anagrafe.

Consulenza fiscale personalizzata

Il trasferimento della residenza fiscale a Dubai richiede una pianificazione accurata che consideri la tua situazione personale, familiare e patrimoniale. Ogni caso è diverso e comporta rischi specifici che vanno valutati preventivamente. Se stai valutando il trasferimento o se hai già spostato la residenza ma vuoi verificare di aver fatto tutto correttamente, una consulenza personalizzata può farti evitare errori costosi e contenziosi con l’Agenzia delle Entrate che si trascinano per anni.

Nel mio studio seguo regolarmente contribuenti che si trasferiscono negli Emirati, aiutandoli a costruire fin dall’inizio il fascicolo documentale adeguato e a evitare i comportamenti che potrebbero innescare contestazioni. La consulenza prevede l’analisi della tua situazione specifica, l’identificazione dei punti di debolezza nella tua posizione, la predisposizione di una strategia operativa con timeline e adempimenti da rispettare, e il supporto nella raccolta e organizzazione della documentazione probatoria.

Contattami per una consulenza personalizzata sul trasferimento della residenza fiscale negli Emirati Arabi Uniti e sulla gestione dei rapporti con l’Agenzia delle Entrate italiana.

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    Riferimenti normativi

    • Legge 28 agosto 1997, n. 309
    • DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, articolo 2 commi 1 e 2-bis
    • Decreto Ministeriale 4 maggio 1999
    • Ordinanza Corte di Cassazione 18 dicembre 2023, n. 35284
    • Legge 30 dicembre 2023, n. 213 – Introduzione sanzioni per mancata iscrizione AIRE
    • DL 28 giugno 1990, n. 167 convertito in Legge 4 agosto 1990, n. 227
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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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