L’art. 4 del D.Lgs. n. 209/23 ha modificato la definizione di residenza fiscale delle persone fisiche nell’art. 2, co. 2 del TUIR. Nei precedenti articoli ho analizzato i requisiti validi a partire dal 2024 legati alla residenza (ai sensi dell’art. 43 del codice civile) e della presenza fisica nel territorio dello Stato. In questo contributo, intendo approfondire, la nuova definizione di domicilio, valida ai fini fiscali.
Indice degli Argomenti
La definizione di domicilio per la residenza fiscale delle persone fisiche
A partire dal 2024 la definizione di domicilio indicata nell’art. 2, co. 2 del TUIR non è più legata all’art. 43 del codice civile. Il citato art. 43 individua come domicilio il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
Il nuovo art. 2, co. 2 del TUIR il domicilio della persona fisica si individua come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le sue relazioni personali e familiari. Si tratta di una riscrittura completa del precedente riferimento che, sino a questo momento, ha portato ad importanti critiche da più parti della dottrina. Rispetto al passato, quindi, ci si discosta dagli interessi di tipo economico patrimoniale per concentrarsi sugli interessi di tipo familiare. Questo tipo di impostazione pare andare in una direzione diversa rispetto al passato e non conciliabile con quanto previsto dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi siglate dall’Italia.
Concetto di domicilio slegato dai criteri Convenzionali di residenza
Andando a leggere la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 209/23, la nuova definizione di domicilio legata al “luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari e del contribuente” è legata ad un criterio sostanziale derivante “dalla prassi internazionale e dalla Convenzioni contro le doppie imposizioni“.
Tale indicazione, tuttavia, non appare in linea con le disposizioni convenzionali. Nelle situazioni di conflitto di residenza fiscale (“dual residence“), l’art. 4, par. 2 del modello OCSE di Convenzione richiama prima il concetto di abitazione permanente. Qualora questa vi sia in entrambi gli stati si passa al centro degli interessi vitali, inteso come luogo dove si sviluppano le relazioni personali ma anche quelle economiche. Solo in terza ipotesi si prende in considerazione lo Stato in cui la persona soggiorna abitualmente. Solo in ultima istanza si passa al criterio della cittadinanza del soggetto.
Il legislatore nazionale, invece, sembra discostarsi da questo tipo di valutazioni (maggiormente globali) per individuare un criterio principale per dirimere le valutazioni: quello degli interessi personali e familiari. L’applicazione in maniera apodittica di tale principio potrebbe portare ad una maggiore difficoltà di individuare in modo diretto e prevalente le relazioni personali di un soggetto (sia da parte dell’Amministrazione finanziaria nei suoi controlli), sia anche da parte del contribuente. Potrebbero, infatti, crearsi situazioni dove un componente della famiglia con un figlio si spostano all’estero mente un altro componente resta in Italia. Per il contribuente trasferito occorre capire quale sia il suo interesse familiare prevalente, quello del figlio espatriato assieme a lui, o quello dell’altro coniuge rimasto in Italia. Situazioni di questo tipo, assai frequenti nella normalità della vita di molti soggetti, potrebbero creare problematiche nell’individuazione della residenza fiscale, con un proliferare di contestazioni e di possibili contenziosi.
Per questo motivo sarebbe auspicabile l’individuazione di alcuni elementi che possano portare a circoscrivere la portata dell’interesse familiare del contribuente ed anche che tipo di valutazione deve essere data agli interessi economici e patrimoniali. Questi, ad esempio, potrebbero assumere valenza secondaria rispetto agli interessi familiari e personali, oppure, potrebbero proprio non essere più presi in considerazione. Una scelta oppure l’altra potrebbero portare a valutazioni molto diverse ed a scelte rilevanti per i contribuenti che intendo trasferire la propria residenza all’estero.
Rilevanza delle relazioni personali e familiari
Per individuare la residenza fiscale di un soggetto diventa rilevante l’individuazione del luogo (Stato) dove sono radicate le sue principali relazioni personali e familiari. Secondo questo criterio, quindi, potrebbe risultare residente il soggetto che, pur non avendo in Italia i propri interessi lavorativi (lavorando all’estero) e patrimoniali (presenza di patrimonio rilevante all’estero) abbia, tuttavia, mantenuto in Italia la propria famiglia.
La circolare n. 20/E/24 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito la nozione di “relazioni personali e familiari“. Rientrano nella definizione sia i rapporti tipici disciplinati in passato (come ad esempio il rapporto di coniugio o il rapporto di unione civile), sia le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità che esprimono un radicamento con il territorio dello Stato (ad esempio, nel caso di coppie conviventi). Allo stesso tempo, può assumere rilievo la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente nella misura in cui risulti da elementi certi, come ad esempio, l’iscrizione annuale a un circolo culturale o sportivo.
Ecco un elenco delle principali relazioni e connessioni personali e familiari che un espatriato potrebbe mantenere in Italia, e che vengono prese in considerazione:
Legami familiari
I principali legami familiari che possono essere presi in considerazione dall’Amministrazione finanziaria in un controllo su un espatriato:
- Presenza del nucleo familiare: La presenza del coniuge/partner convivente e/o dei figli in Italia è uno degli indicatori più forti del mantenimento del centro degli interessi personali nel Paese. I figli, ancora piccoli o non autosufficienti possono essere il principale legame familiare;
- Residenza/domicilio dei figli: Dove i figli vivono abitualmente e frequentano le scuole;
- Frequenza delle visite ai familiari: Visite regolari e prolungate a genitori, fratelli o altri parenti stretti che risiedono in Italia. La rilevanza è l’abitualità della visita e quindi del legame;
- Supporto economico a familiari: L’invio di denaro o il sostegno economico a familiari residenti in Italia. Il legame familiare può essere dimostrato anche attraverso i flussi finanziari estero su Italia del contribuente. Non dimentichiamoci che l’analisi dei flussi finanziari in ingresso in Italia è una banca dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate (attraverso le segnalazioni antiriciclaggio degli istituti bancari);
- Luogo abituale di riunione familiare: Se l’Italia rimane il luogo dove la famiglia si riunisce per festività o occasioni importanti. Anche in questo caso, l’abitualità e la frequenza del ritrovo, magari presso un’abitazione del nucleo familiare, può essere valutato come elemento di collegamento.
Legami sociali e culturali
Anche l’individuazione di legami sociali e culturali rileva nell’analisi della posizione dell’espatriato in caso di controllo. In questo caso, gli elementi che possono essere presi in considerazione riguardano:
- Amicizie strette: Mantenimento di un’intensa vita sociale e di amicizie significative con visite frequenti potrebbero rappresentare collegamento con l’Italia;
- Iscrizione a circoli e associazioni: Essere soci di club sportivi (palestre, golf club, circoli nautici), associazioni culturali, ricreative, professionali o di volontariato, rappresenta un’indicatore del mantenimento del legame con il nostro Paese;
- Partecipazione alla vita comunitaria: Coinvolgimento attivo in attività locali, eventi, comitati o gruppi locali;
- Frequenza abituale di luoghi: Tornare regolarmente negli stessi luoghi di ritrovo, ristoranti, bar o luoghi di svago, può essere elemento preso in considerazione;
- Mantenimento di abbonamenti: Sottoscrizioni a riviste, giornali, pay-TV o servizi con fatturazione in Italia.
Tutti questi elementi vengono maggiormente presi in considerazione, come elementi di collegamento, nel momento in cui il contribuente mantiene in Italia, a qualsiasi titolo, un’abitazione a disposizione.
Esempi di relazioni personali e familiari in Italia
Si pensi al caso di una persona che si iscrive all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero “AIRE” e inizia a lavorare all’estero, ma mantiene in Italia, a propria disposizione, a qualunque titolo, una casa lasciandovi attive le relative utenze, nella quale continua a rientrare nei fine settimane e dove trascorre alcuni periodo di astensione dal lavoro. Tali casistiche possono rappresentare elementi sintomatici del mantenimento del legame stretto con il territorio dello Stato e potrebbero dar luogo all’individuazione del domicilio nel nostro Paese.
Ulteriore esempio potrebbe essere quello in cui, senza integrare alcun ulteriore requisito di residenza ex art. 2 del TUIR il soggetto mantenga contemporaneamente in Italia e nello Stato estero un’abitazione di proprietà . Nell’abitazione italiana sono presenti i figli, nati da un primo matrimonio, mentre nella casa all’estero vive l’attuale coniuge del soggetto. Quest’ultimo lavora ordinariamente in Italia, si reca frequentemente in vari Paesi per viaggi professionali nonché nello Stato estero durante i fine settimana e i periodi di astensione dal lavoro. Durante l’anno il soggetto permane mediamente 145 giorni in Italia, 120 giorni nello Stato estero e 100 giorni in altri Paesi.
In questo caso non è immediata l’individuazione dello Stato estero in cui si concentrano le relazioni personali e familiari, che potrebbero essere equivalenti in entrambi i Paesi (avendo il soggetto i figli in Italia e la moglie nello Stato estero). In tal caso, si ritiene che un utile criterio possa essere individuato nel periodo di permanenza fisica sul territorio dello Stato. Nella fattispecie, il soggetto potrebbe risultare residente in Italia.
Il concetto di domicilio nella giurisprudenza di legittimità (cenni)
La giurisprudenza di legittimità nel recente passato ha sempre preso a riferimento la definizione di domicilio civilistico ed a quello individuato dalla Corte di giustizia nella sentenza C-262/09. La stessa indica che tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione per determinare la residenza come centro degli interessi della persona:
- La presenza fisica della persona e dei suoi familiari;
- La disponibilità di un’abitazione;
- Il luogo dove i figli frequentano la scuola;
- Il luogo di esercizio delle attività professionali;
- La presenza di interessi patrimoniali;
- Legami con organismi o ruoli operativi in società , etc.
Si tratta di elementi che sono in grado di ricondurre la volontà della persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, attraverso un’abituatine di vita. In caso di presenza di legami personali e professionali in stati diversi, il luogo della sua residenza è legato ad una valutazione globale di tutti gli elementi di fatto rilevanti. Se la valutazione globale non permette una chiara individuazione deve essere data preminenza ai legami personali.
Dello stesso tenore deve essere ricordata la Sentenza n. 13803/01 della Cassazione, ma anche nelle sentenze n. 959 e 961 del 2015 della Cassazione nella n. 12311 del 2016. Inoltre anche le successive n. 6117 del 2019 e n. 1748 del 2021.
Più recentemente la Cassazione ha mostrato maggiore interesse verso la preminenza degli interessi economici rispetto a quelli familiari. Vedasi le sentenze n. 24246 e 29576 del 2011. Vi è poi la sentenza n. 6501 del 2015 e l’ordinanza n. 32992 del 2018. Successivamente, ad affermare e ribadire questo concetto è sia la sentenza n. 15314 del 23 aprile 2021 e l’ordinanza n. 16954 del 25 maggio 2022 della Corte di Cassazione.
Quello che si può desumere da queste sentenze è che, di fatto, i giudizi dei giudici cambiano di volta in vota in relazione alle singole circostanze ed alla capacità del contribuente di documentare e dimostrare la propria situazione di fatto.
Consulenza fiscalità internazionale
Il nuovo concetto di domicilio sembra non attribuire alcun peso agli interessi economici e patrimoniali della persona. Pertanto, pare che se una persona che vive all’estero, con i suoi familiari, mantenendo interessi economici in Italia, curandoli dall’estero, trascorrendo in Italia meno di 183 giorni, potrebbe considerarsi residente all’estero. Conseguenza, questa, che gli consentirebbe di non dichiarare in Italia redditi di fonte estera, e nemmeno i proventi finanziari derivanti dagli investimenti italiani.
Al contrario, una situazione dove interessi economici e patrimoniali sono collegati al Paese estero, ma viene mantenuto un legame personale o familiare in Italia, potrebbero portare alla configurazione del domicilio nel nostro Paese (e quindi la residenza fiscale). Si tratta, evidentemente, di valutazioni da condurre caso per caso, sulla base di elementi fattuali, tenuto conto della varietà di casistiche che possono concretamente verificarsi e dalla molteplicità di elementi che, nelle differenti situazioni, possono essere presi in considerazione.
Consulenza fiscale online| Fiscomania.com
Se desideri approfondire la tua situazione personale in relazione alla tassazione ad aspetti legati alla fiscalità internazionale contattaci. Potrai contare sull’esperienza e la competenza del Dott. Federico Migliorini.