Il termine "criptoattività" o "crypto-asset", in assenza di un quadro normativo definito, è utilizzato a volte per indicare le sole criptovalute, altre volte per comprendere anche i token fungibili (di cui fanno parte le stesse criptovalute) e quelli non fungibili.
Nel Crypto-Asset Reporting Framework posto in consultazione dall’OCSE il 22.3.22, i crypto-asset vengono definiti come rappresentazioni digitali di valore basate su registri distribuiti protetti crittograficamente o su tecnologie analoghe, per convalidare e proteggere le transazioni ed in cui la proprietà di tale valore può essere trasferito ad altri soggetti in modalità digitale.
Nella proposta di regolamento relativo ai mercati delle cryptoattività, "Markets in Crypto-assets" (COM/2020/593-MiCA) le cryptoattività sono definite come “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”.
Tali definizioni fanno propendere per una definizione dei crypto-asset ampia e comprensiva di tutte le tipologie di cryptoattività in circolazione quali ad esempio valute virtuali, token fungibili, NFT.
L’impossibilità di ricondurre ad una sola categoria i vari strumenti compresi nella generica definizione di crypto-asset non rende possibile ipotizzare un trattamento univoco IVA per le operazioni ad essi correlate.
L’agenzia delle entrate si è pronunciata sul trattamento Iva delle cryptoattività nell’ambito di quattro documenti di prassi:
Risoluzione 2.9.2016 n. 72 in cui è stato esaminato il tema delle cryptovalute e, facendo riferimento alla sentenza Hedqvist, l’Agenzia ha affermato che l’attività di acquisto e vendita di bitcoin remunerata da commissioni, costituisce ai fini Iva una prestazione di servizi esente art. 10 co. 1 n. 3 del DPR 633/72 riconducibile quindi alle “operazioni relative a valute estere aventi corso legale e a crediti in valute estere”;
Risposte ad interpello 28.9.2018 n. 14 e 20.4.2020 n. 110 in cui l’agenzia è intervenuta sul trattamento Iva degli utility token; nel caso specifico si trattava di token emessi da una società nei confronti di un consorzio che pagava alla società una fee per accesso e utilizzo di piattaforma; tale operazione è stata qualificata come prestazione di servizi ex art 3 co 1 del DPR 633/1972, soggetta ad Iva con aliquota ordinaria.
Risposta ad interpello 12.10.2022 n. 508 in cui l’agenzia è intervenuta sul trattamento Iva delle attività di mining qualificando nel caso specifico tali operazioni non rilevanti ai fini Iva poiché caratterizzate dall’assenza di un legame sinallagmatico tra il prestatore del servizio (“miner”) ed il committente.
I presupposti di applicazione dell’Iva
Di seguito verrà analizzato il trattamento Iva delle operazioni connesse alle criptovalute e ai non fungible token (NFT). Ai sensi dell’art. 1 del DPR n. 633/1972, l’Iva si applica “sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi eff...
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