Controlli fine anno forfettari: la checklist completa

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Vuoi continuare con il regime forfettario nel 2026? Devi verificare ricavi, spese per dipendenti e cause ostative entro il 31 dicembre 2025. Ti spieghiamo punto per punto cosa controllare per evitare sorprese e fuoriuscite non volute.

Si avvicina la fine del 2025 e per chi opera in regime forfettario è tempo di bilanci. Non si tratta solo di tirare le somme dell’anno: devi verificare se mantieni i requisiti per continuare con la flat tax anche nel 2026. Un controllo che molti sottovalutano, ma che può costarti caro. Superare una soglia di pochi euro o dimenticare una causa ostativa significa passare al regime ordinario dall’anno prossimo, con tutto quello che comporta: IVA, contabilità ordinaria, maggiori adempimenti.

La verifica non è automatica. Sei tu che devi monitorare i tuoi incassi, le spese per collaboratori e dipendenti, le partecipazioni societarie. L’Agenzia delle Entrate controlla questi aspetti con crescente attenzione: dal 2024 i forfettari sono nel mirino di controlli mirati, basati sull’incrocio dei dati di fatturazione elettronica e delle certificazioni uniche. Meglio prevenire che trovarsi un accertamento.

Il regime forfettario è applicabile a condizione che tu resti dentro precisi limiti di ricavi, non superi le spese per il personale e non incorra in specifiche cause di esclusione. Questi requisiti vanno verificati anno per anno: se perdi anche uno solo, dal 2026 dovrai applicare il regime ordinario. C’è però un’eccezione importante da conoscere: chi supera i 100.000 euro di incassi fuoriesce immediatamente, già nel 2025.

Verifica dei ricavi: la soglia degli 85.000 euro

Il primo controllo riguarda i ricavi o compensi incassati durante il 2025. Non devi superare € 85.000 per restare nel regime forfettario anche il prossimo anno. Attenzione: conta quello che hai effettivamente incassato, non quanto hai fatturato. Vale il principio di cassa puro.

Facciamo un esempio concreto. Hai emesso una fattura da € 5.000 il 20 dicembre 2025 ma il cliente ti paga il 15 gennaio 2026. Questo importo non rileva per il 2025: entrerà nel conteggio dell’anno prossimo. Viceversa, se incassi nel 2025 una fattura emessa a novembre 2024, quella somma conta per quest’anno. Questo meccanismo può giocare a tuo favore o contro, dipende da come gestisci gli incassi negli ultimi giorni dell’anno.

Il limite va sempre ragguagliato ad anno se hai aperto la partita IVA in corso d’esercizio. Chi ha iniziato l’attività il 1° luglio 2025 non può incassare € 85.000 in sei mesi e restare nel regime. Devi calcolare: € 85.000 diviso 365 giorni, moltiplicato per i giorni effettivi di attività. In questo caso, il limite diventa circa € 46.575 (€ 85.000 x 200 giorni / 365). Se superi questa soglia riproporzionata, dal 2026 passi al regime ordinario.

Non tutti i compensi rientrano nel calcolo. L’indennità di maternità, ad esempio, non conta ai fini della soglia anche se viene tassata come reddito forfettario. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate: trattandosi di un’erogazione assistenziale, non concorre alla verifica degli € 85.000. Vale lo stesso per eventuali risarcimenti assicurativi non legati direttamente all’attività professionale.

Se svolgi più attività con codici ATECO diversi, devi sommare tutti i ricavi e compensi. Non hai soglie separate per ciascuna attività: il limite di € 85.000 è unico e comprensivo. Un commercialista che ha anche un’attività di formazione, per esempio, deve conteggiare entrambi i flussi di cassa.

Tieni un prospetto aggiornato degli incassi mese per mese. Quando ti avvicini a € 75.000-€ 80.000, inizia a pianificare: puoi chiedere ai clienti di posticipare i pagamenti a gennaio 2026 se vuoi restare sotto soglia. Ricorda però che tale strategia va valutata anche sotto il profilo della continuità del rapporto professionale e della tua liquidità.

La fuoriuscita immediata oltre i 100.000 euro

Dal 2023 esiste una seconda soglia da monitorare con ancora più attenzione: € 100.000 di incassi nell’anno. Se superi questo limite, fuoriesca dal regime immediatamente, già nel 2025. Non aspetti il 2026: diventi contribuente ordinario dal momento dell’incasso che ti fa sforare.

Le conseguenze sono immediate e complesse. Supponi di aver incassato € 98.000 fino al 30 novembre e il 10 dicembre arrivi un bonifico da € 15.000. Con questo pagamento superi i € 100.000 e scatta la fuoriuscita. Da quel momento devi applicare l’IVA a tutte le operazioni: quella da € 15.000 appena incassata va integrata con nota di variazione per aggiungere l’IVA, e tutte le fatture successive devono riportare l’imposta.

Ai fini delle imposte dirette, l’intero reddito del 2025 viene tassato con le regole ordinarie. Non paghi più l’imposta sostitutiva del 15%: il tuo reddito sarà assoggettato all’IRPEF con le aliquote progressive dal 23% al 43%, più addizionali regionali e comunali. La differenza è sostanziale: su un reddito imponibile di € 50.000, con il forfettario paghi € 7.500 di tasse, con l’IRPEF ordinaria superi facilmente i € 15.000.

La Circolare 32/E del 2023 ha precisato che questa soglia deve essere verificata in termini assoluti. Non si applica il ragguaglio ad anno: se apri partita IVA il 1° settembre 2025 e incassi € 105.000 in quattro mesi, fuoriesca lo stesso. Il legislatore ha voluto evitare che attività stagionali o concentrazioni di incassi permettessero di aggirare il limite.

Devi anche istituire immediatamente i registri IVA e iniziare la liquidazione periodica. Se prima eri esonerato da questi adempimenti, ora devi tenere il registro delle fatture emesse e quello degli acquisti, oltre a presentare la comunicazione delle liquidazioni periodiche (LIPE). Un carico amministrativo non indifferente che arriva all’improvviso.

Limite delle spese per personale dipendente

Il secondo requisito oggettivo riguarda le spese sostenute per lavoro dipendente e accessorio: non possono superare € 20.000 lordi annui. Molti forfettari ignorano questo vincolo o lo sottovalutano, ma rappresenta una causa di esclusione automatica.

Nel calcolo rientrano le retribuzioni dei dipendenti, i compensi per prestazioni occasionali, le somme pagate ai collaboratori a progetto e gli utili corrisposti agli associati in partecipazione con apporto di solo lavoro. Include anche quanto paghi per prestazioni di lavoro svolte da familiari, anche se non formalizzate con un contratto scritto. Questo aspetto sfugge a molti: il figlio che aiuta occasionalmente in ufficio e riceve qualche compenso non tracciato può far superare il limite.

Vale sempre il principio di cassa: conta quanto hai effettivamente pagato nel 2025, non quanto hai maturato o quanto pagherai l’anno prossimo. Se hai un dipendente assunto a dicembre e paghi gli stipendi a gennaio, quei costi non rilevano per il 2025 ma per il 2026. Lo stesso discorso fatto per i ricavi si applica specularmente alle spese.

Un commercialista che ha uno studio con una segretaria part-time retribuita € 1.200 lordi al mese, per esempio, totalizza € 14.400 annui e resta nei limiti. Ma se decide di assumere un praticante a marzo con € 800 mensili lordi, arriva a € 22.400 annui e supera la soglia. Dal 2026 dovrà passare al regime ordinario, a meno che non riduca i costi riportandoli sotto i € 20.000.

I contributi previdenziali obbligatori versati alla gestione separata INPS o alle casse professionali non rientrano in questo limite. Riguarda solo le spese per lavoro di terzi. Anche i costi per consulenze professionali occasionali (un avvocato, un grafico) non contano: sono normali spese d’esercizio che nel regime forfettario non hai comunque modo di dedurre analiticamente.

Cause ostative: partecipazioni societarie

Le cause di esclusione rappresentano l’ostacolo più insidioso perché non riguardano importi ma situazioni qualitative. La prima e più frequente concerne le partecipazioni in società. Devi verificare se possiedi quote in società di persone o di capitali e, in caso affermativo, valutare se costituiscono causa ostativa.

Per le società di persone la regola è semplice e severa: qualsiasi partecipazione in società in nome collettivo, in accomandita semplice o in società semplice (se produce reddito d’impresa o professionale) impedisce il regime forfettario. Non conta la percentuale: anche l’1% di una snc ti esclude. L’unica eccezione riguarda le società semplici che producono solo reddito fondiario o agrario.

Se hai ereditato quote societarie durante il 2025, hai tempo fino al 31 dicembre per cederle. La causa ostativa si verifica alla fine dell’anno: se entro quella data hai dismesso la partecipazione, puoi restare nel regime forfettario anche nel 2026. Ma devi agire subito: vendere quote societarie richiede tempo per atti notarili e formalità.

Per le società a responsabilità limitata il discorso è più articolato. Non basta possedere quote: devi verificare due condizioni cumulative. Primo, devi avere il controllo della società ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, quindi detenere la maggioranza dei voti in assemblea. Secondo, l’attività della srl deve essere direttamente riconducibile a quella che svolgi come forfettario.

La riconducibilità si verifica quando le due attività appartengono alla stessa sezione ATECO 2007. Un ingegnere che possiede il 60% di una SRL di ingegneria è in causa ostativa. Ma non basta: devi anche fatturare alla società controllata. Se non ci sono rapporti economici tra te e la SRL, o se quest’ultima non deduce i costi per i tuoi servizi, la causa ostativa non scatta. Lo ha chiarito la circolare 9/E del 2019.

Un esempio chiarisce la complessità. Marco detiene il 70% di una srl che opera nella consulenza informatica. Anche lui come forfettario svolge consulenze IT. Sembra una causa ostativa. Ma se Marco nel 2025 non ha fatturato nulla alla sua srl, oppure se la srl non ha dedotto quei costi (magari perché ha deciso di non considerarli inerenti), la causa ostativa non sussiste. La verifica va fatta anno per anno.

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Rapporti prevalenti con il datore di lavoro

Un’altra causa ostativa riguarda chi svolge attività prevalentemente nei confronti del datore di lavoro attuale o di quello che lo è stato nei due anni precedenti. Prevalentemente significa oltre il 50% dei tuoi ricavi annui. Se nel 2025 hai fatturato € 60.000 di cui € 35.000 all’azienda per cui lavoravi fino al 2023, dal 2026 perdi il regime.

La norma vuole evitare le false partite IVA: dipendenti che si trasformano in autonomi solo sulla carta ma continuano a lavorare in via esclusiva o quasi per l’ex datore. Il criterio è economico: conta l’ammontare dei compensi, non il numero di fatture. Anche una sola fattura mensile da € 3.000 verso l’ex datore, se rappresenta la maggior parte dei tuoi incassi, attiva la causa ostativa.

La verifica deve essere fatta sul dato definitivo di fine anno. Non conta la situazione intermedia: se a giugno hai fatturato prevalentemente all’ex datore ma poi nei mesi successivi acquisisci altri clienti riequilibrando il portafoglio, a dicembre potresti essere sotto il 50% e salvare il regime. Per questo conviene monitorare costantemente il rapporto tra fatturato verso l’ex datore e fatturato totale.

Dal 2025 è stata introdotta un’importante novità: i contratti misti. Puoi lavorare sia come autonomo che come dipendente part-time per lo stesso soggetto senza incorrere nella causa ostativa, se sussistono tre condizioni. Il contratto da dipendente deve essere part-time tra il 40% e il 50%, il datore deve avere almeno 250 dipendenti, e le attività che svolgi nei due ruoli devono essere diverse. Un ingegnere che lavora part-time nell’ufficio tecnico e come autonomo fa formazione del personale può beneficiarne.

Molti professionisti che aprono partita IVA dopo aver lasciato un impiego commettono l’errore di concentrare subito il portafoglio clienti sull’ex datore, convinti che la causa ostativa guardi solo al rapporto di lavoro cessato. Invece la norma blocca chi opera “prevalentemente” verso quel soggetto, indipendentemente dal tipo di interruzione del rapporto.

Redditi da lavoro dipendente e pensione

Un’ulteriore causa ostativa riguarda i redditi da lavoro dipendente o assimilati percepiti nell’anno precedente. Per applicare il regime forfettario nel 2025, non devi aver superato € 35.000 lordi nel 2024. Questa soglia temporaneamente elevata (il limite ordinario è € 30.000) rappresenta una deroga valida solo per il 2025 e per il 2026 (approvazione della Legge di Bilancio).

Dal 2027, salvo ulteriori proroghe, si tornerà al limite di € 30.000. Questo significa che se nel 2025 hai percepito € 33.000 come dipendente, potrai restare forfettario nel 2026. Si tratta di un aspetto da tenere presente nella pianificazione di medio periodo.

Il vincolo non si applica se il rapporto di lavoro è cessato durante l’anno precedente. Puoi aver guadagnato € 40.000 come dipendente fino a settembre 2024, dimetterti, e da ottobre aprire partita IVA in regime forfettario. L’importante è che al 31 dicembre 2024 il rapporto di lavoro non sussistesse più e che non ne sia iniziato uno nuovo. Se però percepisci una pensione, il limite torna ad applicarsi.

Nella soglia non rientrano i redditi tassati separatamente come il TFR. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 102/E/20. Invece i premi di risultato, anche se tassati con aliquota sostitutiva, vanno inclusi nel conteggio (risposta 398/2020). Questi dettagli fanno la differenza quando ti trovi vicino al limite.

Un caso particolare riguarda chi si dimette a fine anno. Supponi di lavorare come dipendente tutto il 2024 con € 28.000 lordi, di dare le dimissioni a dicembre 2024 e di aprire partita IVA a gennaio 2025. Puoi applicare il regime forfettario nel 2025 perché il rapporto è cessato nell’anno precedente e non hai superato € 35.000. Ma devi assicurarti che le dimissioni siano effettive e che non nasca contestualmente un rapporto di consulenza prevalente con l’ex datore, altrimenti scatta l’altra causa ostativa.

Quando scatta la fuoriuscita

Se uno dei requisiti viene meno o si verifica una causa ostativa, la fuoriuscita dal regime forfettario opera dal periodo d’imposta successivo. Perdi i requisiti nel 2025, passi al regime ordinario dal 1° gennaio 2026. Hai quindi alcuni mesi per prepararti: puoi valutare se conviene la contabilità semplificata o quella ordinaria, organizzare i registri, scegliere un software gestionale adeguato.

L’eccezione è il superamento dei € 100.000: in quel caso esci immediatamente, nello stesso anno. Devi applicare l’IVA dalla fattura che ti fa sforare e tutto il reddito del 2025 sarà tassato con IRPEF ordinaria. È l’unica ipotesi di fuoriuscita in corso d’anno prevista dalla normativa attuale.

La verifica deve essere fatta con riferimento ai dati certi al 31 dicembre. Non puoi basarti su presunzioni o stime: conta quello che effettivamente hai incassato, pagato, posseduto. Se sei in dubbio su un’operazione al 30 dicembre, meglio consultare subito un commercialista. Sbagliare la valutazione e restare indebitamente nel forfettario espone a sanzioni pesanti in sede di accertamento.

L’Agenzia delle Entrate può verificare il rispetto dei requisiti anche a distanza di anni. I termini di accertamento decadono dopo il quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione. Se nel 2025 applichi indebitamente il regime forfettario, l’Agenzia può accertarti fino al 31 dicembre 2030. Le sanzioni sono pari al 70% delle maggiori imposte dovute, riducibili a un terzo in caso di acquiescenza.

Tabella soglie e fuoriuscita regime forfettario

RequisitoConseguenze Decorrenza fuoriuscitaNote
Ricavi/compensi incassati
> 85.000 € (fino a 100.000 €)
Passaggio al regime ordinario (o semplificato)1° gennaio 2026 (anno successivo)Fino a 100k€ si rimane forfettari per l’anno in corso. Si fattura con IVA dal 2026.
Ricavi/compensi incassati
> 100.000 €
Fuoriuscita immediata dal regime. Obbligo IVA e IRPEF da subito.Stesso anno 2025 (dall’operazione di superamento)L’IVA va applicata alla fattura che fa sforare i 100k€ e a tutte le successive. Si ricalcola l’anno fiscale come ordinario.
Spese personale dipendente
> 20.000 € (lordi)
Passaggio al regime ordinario1° gennaio 2026 (anno successivo)Il limite include retribuzioni, contributi e oneri accessori per dipendenti e collaboratori.
Redditi lavoro dipendente
> 35.000 € (percepiti nel 2025) â€‹
Esclusione dal regime forfettario1° gennaio 2026 (anno successivo)Verifica sui redditi percepiti nel 2025 per determinare l’accesso/permanenza nel 2026. Se il rapporto di lavoro è cessato nel 2025, la causa di esclusione non opera.

Gli errori più comuni nella verifica

L’esperienza professionale mostra alcuni errori ricorrenti che portano a valutazioni sbagliate. Il primo riguarda i rimborsi spese. Molti forfettari ricevono dai clienti rimborsi per trasferte, alberghi, pasti e pensano di non doverli conteggiare nei ricavi. Invece nel regime forfettario ogni somma incassata, anche a titolo di rimborso, rientra nel calcolo della soglia di ricavi.

Un consulente che nel 2025 fattura € 75.000 per prestazioni e riceve € 12.000 di rimborsi spese ha incassato € 87.000 complessivi. Supera la soglia e dal 2026 dovrà passare al regime ordinario. Non importa che parte di quei soldi siano stati utilizzati per pagare hotel e ristoranti: nel forfettario vale il principio del ricavo lordo e il coefficiente di redditività tiene già conto forfettariamente di tutti i costi.

Un secondo errore riguarda il ragguaglio ad anno. Chi apre partita IVA in corso d’anno spesso non calcola correttamente il limite riproporzionato. Non basta dividere € 85.000 per 12 mesi: devi contare i giorni effettivi di attività. Se inizi il 15 marzo hai 291 giorni di attività e il limite diventa € 67.767. Superare questo importo significa uscire dal regime, anche se oggettivamente hai incassato meno di € 85.000.

Molti dimenticano di verificare le cause ostative legate a partecipazioni ereditate. Ricevi in eredità una quota di società di famiglia a giugno 2025 e pensi che non cambi nulla per la tua attività individuale. Invece quella partecipazione, se è in una società di persone, ti impone di fuoriuscire dal regime forfettario. Devi cederla entro il 31 dicembre o accettare di passare al regime ordinario nel 2026.

Un ultimo errore comune riguarda i compensi incassati a cavallo d’anno. Emetti una fattura a dicembre 2025 che il cliente paga a gennaio 2026. Quell’importo non va conteggiato per il 2025, ma molti sbagliano e lo includono guardando solo alle fatture emesse. Conta il momento dell’incasso, sempre. Questo vale sia per i ricavi che per le spese del personale.

Consulenza fiscale online

I controlli di fine anno richiedono un’analisi accurata della tua situazione specifica. Ogni caso presenta variabili che solo un professionista può valutare correttamente: il tuo codice ATECO, i rapporti con clienti che sono stati datori di lavoro, le partecipazioni societarie ereditate o acquisite, i compensi al confine tra le soglie.

Un commercialista esperto ti aiuta a verificare se hai i requisiti per restare nel regime forfettario, calcola con precisione il ragguaglio ad anno se hai iniziato l’attività in corso d’esercizio, valuta la riconducibilità tra la tua attività e quella di eventuali società controllate. Se sei vicino a una soglia, può suggerirti strategie legittime per rientrare nei limiti o prepararti al passaggio al regime ordinario minimizzando l’impatto fiscale.

Il costo di una consulenza preventiva è irrisorio rispetto al rischio di applicare indebitamente il regime e trovarti poi un accertamento. L’Agenzia delle Entrate incrocia i dati di fatturazione elettronica, certificazioni uniche, dichiarazioni precompilate. Le incongruenze emergono rapidamente. Meglio investire qualche ora con un professionista ora che affrontare contestazioni tra due o tre anni, quando le sanzioni si sommano agli interessi.

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    Fonti

    • Art. 1, commi da 54 a 89, L. 23 dicembre 2014 n. 190
    • Art. 1, comma 54, lett. a) e comma 71, L. 29 dicembre 2022 n. 197
    • Circolare Agenzia delle Entrate 5 dicembre 2023 n. 32/E
    • Circolare Agenzia delle Entrate 10 aprile 2019 n. 9/E
    • Art. 1, comma 12, L. 30 dicembre 2024 n. 207

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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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